domenica 10 luglio 2011
Siamo tutti seminatori
Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi meditiamo la Parabola del Seminatore attraverso la riflessione di mons. Roberto Brunelli:
"Ecco, il seminatore uscì a seminare?" E' l'inizio della parabola al centro del vangelo di oggi (Matteo 13,1-23); un inizio semplice, quasi banale, come ovvio ne pare il seguito: nella difficile campagna palestinese di allora, la semente sparsa "a pioggia" solo in parte cade sul buon terreno, dove darà frutto; in larga misura si perde sull'arido sentiero, o tra i sassi, o tra i rovi.
Salvo eccezioni, tutte le parabole presentano simili tratti di vita comune, a prima vista di scarso interesse: una pesca misera o abbondante, un uomo assalito dai ladri lungo una strada solitaria, un padre alle prese con le smanie dei figli, due uomini che vanno a pregare, una donna che s'accorge di aver smarrito una moneta, un'altra invischiata nel malfunzionamento della giustizia? Ci si può chiedere donde derivi il fascino di queste storielle, ancora vivo dopo duemila anni, in un mondo così profondamente cambiato. La risposta, paradossalmente, sta proprio nel fatto che esse non presentano situazioni straordinarie, ma partono sempre dai piccoli problemi in cui ci troviamo invischiati o che sappiamo potrebbero domani riguardare anche noi: i problemi di tutti, di sempre, sostanzialmente gli stessi di duemila anni fa, cambiati soltanto nelle modalità esteriori. Per questo ci coinvolgono, nell'uno o nell'altro tutti ci possiamo riconoscere; ma mentre spesso noi li viviamo in modo superficiale, annoiati o infastiditi, le parabole ce ne fanno scoprire una dimensione più profonda, che li toglie dalla banalità e conferisce anche al quotidiano tutto lo spessore della vita vera.
La parabola del seminatore ne è un esempio chiaro. Gesù la racconta, come lui stesso poi spiega, per paragonare il seminatore a Dio, la semente alla sua Parola, e i diversi tipi di terreno ai diversi modi in cui gli uomini si pongono di fronte ad essa. Chi non la accoglie resta arido come la strada; i sassi e i rovi indicano chi accoglie la Parola magari con entusiasmo ma superficialmente, senza lasciarle mettere radici, sicché alle prime difficoltà a metterla in pratica la abbandonano; solo chi davvero la fa propria darà frutti abbondanti. La parabola è dunque un invito a non essere superficiali riguardo alla fede, a prendere coscienza che accoglierla con coerenza dà valore ad ogni istante della vita.
Ma in trasparenza dalla parabola si deduce anche altro. Ad esempio che Dio non si disinteressa degli uomini; il fatto che rivolga loro la sua parola dimostra quanto egli si curi di orientarli al bene. In tal senso la parabola riprende un tema già presente nell'Antico Testamento, come si può leggere tra le altre in una bella pagina dei profeti scelta oggi quale prima lettura (Isaia 55,10-11): "Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della parola uscita dalla mia bocca?".
La parabola del seminatore sottintende inoltre che, come Dio sparge la sua Parola sugli uomini, così fa ciascuno di noi: le nostre parole, quelle dette e quelle non dette quando invece si dovrebbe, quelle vocali e quelle mute fatte di gesti e comportamenti, non sono mai senza conseguenze; come il sasso nello stagno, sempre producono onde che si allargano a dismisura, arrivano lontano, producono negli altri reazioni, giudizi, atteggiamenti. Tante volte non ci pensiamo, ma tutti siamo seminatori. E allora, se da un lato la consapevolezza di incidere sugli altri dà senso ad ogni nostro momento e quindi afferma che in realtà la vita non è mai banale, dall'altro c'è da chiedersi che semente gettiamo intorno a noi. La differenza tra il seminatore-Dio e il seminatore-uomo sta anche in questo: Dio sparge sempre semente buona, che dà frutti copiosi in chi la accoglie, mentre noi sappiamo anche spargere semi avvelenati, che fanno soffrire. Forse a volte non ce ne rendiamo conto, ed è la nostra scusante; ma a maggior ragione dobbiamo valutare con cura quello che seminiamo.
"Ecco, il seminatore uscì a seminare?" E' l'inizio della parabola al centro del vangelo di oggi (Matteo 13,1-23); un inizio semplice, quasi banale, come ovvio ne pare il seguito: nella difficile campagna palestinese di allora, la semente sparsa "a pioggia" solo in parte cade sul buon terreno, dove darà frutto; in larga misura si perde sull'arido sentiero, o tra i sassi, o tra i rovi.
Salvo eccezioni, tutte le parabole presentano simili tratti di vita comune, a prima vista di scarso interesse: una pesca misera o abbondante, un uomo assalito dai ladri lungo una strada solitaria, un padre alle prese con le smanie dei figli, due uomini che vanno a pregare, una donna che s'accorge di aver smarrito una moneta, un'altra invischiata nel malfunzionamento della giustizia? Ci si può chiedere donde derivi il fascino di queste storielle, ancora vivo dopo duemila anni, in un mondo così profondamente cambiato. La risposta, paradossalmente, sta proprio nel fatto che esse non presentano situazioni straordinarie, ma partono sempre dai piccoli problemi in cui ci troviamo invischiati o che sappiamo potrebbero domani riguardare anche noi: i problemi di tutti, di sempre, sostanzialmente gli stessi di duemila anni fa, cambiati soltanto nelle modalità esteriori. Per questo ci coinvolgono, nell'uno o nell'altro tutti ci possiamo riconoscere; ma mentre spesso noi li viviamo in modo superficiale, annoiati o infastiditi, le parabole ce ne fanno scoprire una dimensione più profonda, che li toglie dalla banalità e conferisce anche al quotidiano tutto lo spessore della vita vera.
La parabola del seminatore ne è un esempio chiaro. Gesù la racconta, come lui stesso poi spiega, per paragonare il seminatore a Dio, la semente alla sua Parola, e i diversi tipi di terreno ai diversi modi in cui gli uomini si pongono di fronte ad essa. Chi non la accoglie resta arido come la strada; i sassi e i rovi indicano chi accoglie la Parola magari con entusiasmo ma superficialmente, senza lasciarle mettere radici, sicché alle prime difficoltà a metterla in pratica la abbandonano; solo chi davvero la fa propria darà frutti abbondanti. La parabola è dunque un invito a non essere superficiali riguardo alla fede, a prendere coscienza che accoglierla con coerenza dà valore ad ogni istante della vita.
Ma in trasparenza dalla parabola si deduce anche altro. Ad esempio che Dio non si disinteressa degli uomini; il fatto che rivolga loro la sua parola dimostra quanto egli si curi di orientarli al bene. In tal senso la parabola riprende un tema già presente nell'Antico Testamento, come si può leggere tra le altre in una bella pagina dei profeti scelta oggi quale prima lettura (Isaia 55,10-11): "Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della parola uscita dalla mia bocca?".
La parabola del seminatore sottintende inoltre che, come Dio sparge la sua Parola sugli uomini, così fa ciascuno di noi: le nostre parole, quelle dette e quelle non dette quando invece si dovrebbe, quelle vocali e quelle mute fatte di gesti e comportamenti, non sono mai senza conseguenze; come il sasso nello stagno, sempre producono onde che si allargano a dismisura, arrivano lontano, producono negli altri reazioni, giudizi, atteggiamenti. Tante volte non ci pensiamo, ma tutti siamo seminatori. E allora, se da un lato la consapevolezza di incidere sugli altri dà senso ad ogni nostro momento e quindi afferma che in realtà la vita non è mai banale, dall'altro c'è da chiedersi che semente gettiamo intorno a noi. La differenza tra il seminatore-Dio e il seminatore-uomo sta anche in questo: Dio sparge sempre semente buona, che dà frutti copiosi in chi la accoglie, mentre noi sappiamo anche spargere semi avvelenati, che fanno soffrire. Forse a volte non ce ne rendiamo conto, ed è la nostra scusante; ma a maggior ragione dobbiamo valutare con cura quello che seminiamo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento