venerdì 22 luglio 2011

Imparando con le Lettere Apostoliche - Quarantasettesimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Oggi riprendiamo il cammino di meditazione della Lettera ai Galati con un nuovo passo che continuiamo a meditare insieme a Sant'Agostino d'Ippona: 

 Capitolo 4

 1Ecco, io faccio un altro esempio: per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pure essendo padrone di tutto; 2ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre. 3Così anche noi quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. 4Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, 5per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. 6E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! 7Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.

8Ma un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, eravate sottomessi a divinità, che in realtà non lo sono; 9ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi, ai quali di nuovo come un tempo volete servire? 10Voi infatti osservate giorni, mesi, stagioni e anni! 11Temo per voi che io mi sia affaticato invano a vostro riguardo.

12Siate come me, ve ne prego, poiché anch'io sono stato come voi, fratelli. Non mi avete offeso in nulla.13Sapete che fu a causa di una malattia del corpo che vi annunziai la prima volta il vangelo; 14e quella che nella mia carne era per voi una prova non l'avete disprezzata né respinta, ma al contrario mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù.

15Dove sono dunque le vostre felicitazioni? Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darmeli. 16Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? 17Costoro si danno premura per voi, ma non onestamente; vogliono mettervi fuori, perché mostriate zelo per loro. 18È bello invece essere circondati di premure nel bene sempre e non solo quando io mi trovo presso di voi, 19figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi! 20Vorrei essere vicino a voi in questo momento e poter cambiare il tono della mia voce, perché non so cosa fare a vostro riguardo.

21Ditemi, voi che volete essere sotto la legge: non sentite forse cosa dice la legge? 22Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. 23Ma quello dalla schiava è nato secondo la carne; quello dalla donna libera, in virtù della promessa. 24Ora, tali cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due Alleanze; una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, rappresentata da Agar 25- il Sinai è un monte dell'Arabia -; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. 26Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre. 27Sta scritto infatti:

Rallègrati, sterile, che non partorisci,
grida nell'allegria tu che non conosci i dolori del parto,
perché molti sono i figli dell'abbandonata,
più di quelli della donna che ha marito.

28Ora voi, fratelli, siete figli della promessa, alla maniera di Isacco. 29E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito, così accade anche ora. 30Però, che cosa dice la Scrittura? Manda via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non avrà eredità col figlio della donna libera. 31Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma di una donna libera.

COMMENTO 

Ora io dico: L’erede finché è bambino non si differenzia in nulla dal servo, sebbene sia padrone di tutto, ma è sotto i tutori e gli amministratori fino al tempo stabilito dal padre. Così anche noi, finché siamo stati bambini, eravamo asserviti agli elementi del mondo. Si può indagare in che senso, stando alle parole di questa similitudine, siano stati sotto gli elementi del mondo i giudei, che avevano ricevuto la legge, la quale prescriveva loro di adorare l’unico Dio creatore del cielo e della terra. Il significato del presente brano potrebbe tuttavia essere un altro. E mi spiego. Antecedentemente l’Apostolo ha presentato la legge come un pedagogo 78 sotto il quale si trovava il popolo giudaico, ora parla di elementi del mondo come di tutori e amministratori, ai quali erano asserviti i pagani. In tal modo quel figlio ancora bambino, cioè il popolo che per l’unità della fede faceva parte dell’unica discendenza di Abramo, essendo adunato e di fra i giudei e di frammezzo alle genti, al tempo della sua infanzia era stato in parte sotto il pedagogo che è la legge (e questo per quella parte che era stata adunata dal giudaismo) e in parte sotto gli elementi del mondo ai quali aveva servito come a tutori e amministratori: cosa accaduta a quella parte che era stata adunata dal paganesimo. A questi ultimi l’Apostolo vede congiunta anche la sua persona, poiché non dice: Quando eravate bambini eravate sottoposti agli elementi del mondo, ma: Quando eravamo bambini eravamo asserviti agli elementi del mondo. Ed effettivamente l’espressione non vuol riferirsi ai giudei, dai quali Paolo traeva origine, ma, almeno in questo passo, ai pagani. Anche fra questi ultimi infatti egli poteva a buon diritto collocarsi in quanto era stato inviato ad evangelizzarli.

30. Dopo queste affermazioni precisa che, giunta la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio per liberare quell’erede che, quando era bambino era asservito in alcuni alla legge come a suo pedagogo, in altri invece agli elementi di questo mondo, che fungevano da tutori e amministratori. Dice: Dio mandò il suo Figlio fatto da donna. Scrivendo donna intende persona di sesso femminile, secondo il modo di esprimersi degli Ebrei. Così, quando a proposito di Eva si dice: La creò donna 79, non si intende " moglie ", cioè una che aveva avuto rapporti col marito. Stando infatti al libro, questi rapporti Eva li ebbe soltanto dopo che furono scacciati dal paradiso. Riguardo poi all’espressione: fu fatto, l’Apostolo la usa per indicare il Verbo che assunse la natura creata. In effetti quanti nascono da donna non allora nascono da Dio, ma è allora che Dio li crea in quanto li fa nascere, come avviene per tutte le creature. Aggiunge che fu fatto sotto la legge perché egli fu circonciso e venne presentata per lui l’offerta prescritta dalla legge 80. Né deve sorprendere che egli si sia sottoposto alle pratiche legali da cui avrebbe liberato coloro che dalle stesse erano tenuti in schiavitù. Non altrimenti egli volle accettare anche la morte per liberare quanti erano sottoposti alla mortalità. E continua: Affinché conseguiamo l’adozione a figli. Se parla di adozione è per farci capire la netta distinzione per la quale unico è il Figlio di Dio. Noi infatti siamo figli di Dio per un suo dono e una condiscendenza della sua misericordia; Cristo invece è Figlio per natura, essendo ciò che è il Padre. Dicendo poi: Conseguiamo di nuovo e non semplicemente " conseguiamo ", vuol indicare che tale privilegio noi l’avevamo perduto in Adamo, a causa del quale siamo diventati mortali. Quando dunque scrive: Per redimere coloro che erano sotto la legge, si riferisce alla liberazione di quel popolo che quand’era bambino era come uno schiavo affidato al pedagogo; e la frase è in connessione con l’altra ove si dice: Fatto sotto la legge. La successiva espressione invece: Affinché conseguiamo di nuovo l’adozione a figli, è in connessione con le parole: Fatto da donna. Otteniamo infatti l’adozione perché colui che era [Figlio] unico non disdegnò di rendersi partecipe della nostra natura nascendo da una donna. In tal modo egli non è solo l’Unigenito, condizione in cui non ha fratelli, ma anche il Primogenito tra molti fratelli 81. Due infatti sono le cose che aveva asserito: Fatto da donna, e: Fatto sotto la legge. Solo che nella risposta segue l’ordine inverso.

31. Al popolo ebraico congiunge adesso quel popolo che da bambino era stato schiavo sotto la cura di tutori e amministratori, era stato cioè servo degli elementi di questo mondo. Ora perché i pagani non pensassero di non essere figli non essendo stati sotto il pedagogo, dice: Poiché dunque siete figli, Dio ha immesso nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà, Padre! Pone due nomi affinché dal secondo sia interpretato il primo: infatti dicono la stessa cosa Abbà e Padre. Non è inutile, anzi è stilisticamente elegante, l’aver usato parole di due lingue diverse che significano la stessa cosa. Si allude con ciò alla universalità di quel popolo chiamato all’unica fede dal giudaismo e dalla gentilità; e pertanto la parola ebraica si riferisce ai giudei, quella greca ai pagani, mentre l’identico significato dei due termini denota l’unità nella stessa fede e nello stesso Spirito. Analogamente, nella Lettera ai Romani, là dove viene affrontato il problema affine della pace in Cristo fra giudei e pagani, scrive: Non avete ricevuto lo spirito della schiavitù per [ricadere] di nuovo nel timore, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione a figli, nel quale gridiamo: Abbà, Padre! 82 A buon diritto parte dalla presenza e dal dono dello Spirito Santo quando si propone di dimostrare ai pagani che appartengono all’eredità promessa. L’evangelizzazione dei gentili non ebbe luogo infatti se non dopo l’ascensione del Signore e la discesa dello Spirito Santo, mentre i giudei cominciarono ad abbracciare la fede quando il Figlio di Dio era ancora uomo mortale, come descrive il Vangelo. A quello stesso tempo risale, è vero, l’episodio della cananea, di cui il Signore loda la fede 83, e quello del centurione, del quale Cristo disse che non aveva trovato in Israele una fede pari alla sua 84; tuttavia, a parlare con proprietà è da dirsi che l’evangelizzazione dei giudei avvenne già in quel tempo, come si ricava con chiarezza dalle parole dello stesso nostro Signore quando, replicando alle suppliche della cananea, disse di non essere stato inviato se non alle pecore perdute della casa di Israele 85. Allo stesso modo, nell’inviare i discepoli, disse: Non allontanatevi per andare sulle strade dei gentili e non entrate nelle città dei Samaritani. In primo luogo andate dalle pecore perdute della casa d’Israele 86. Dei gentili viceversa parla il Signore come di " un altro ovile ", quando afferma: Ho altre pecore che non sono di questo ovile, aggiungendo però che anche quelle avrebbe radunate perché uno fosse il gregge e uno il pastore 87. Questo però quando sarebbe accaduto se non dopo la sua glorificazione? E in effetti dopo la sua resurrezione mandò i discepoli anche nel mondo pagano, obbligandoli peraltro a restare per un certo tempo a Gerusalemme, finché non avessero ricevuto lo Spirito Santo da lui promesso 88. Similmente l’Apostolo. Prima aveva scritto: Dio mandò il suo Figlio, fatto da donna, nato sotto la legge, per redimere coloro che erano sotto la legge, e così noi ricevessimo l’adozione a figli 89. Gli restava da provare che la stessa adozione a figli si sarebbe estesa anche ai pagani, che non erano sotto la legge; e proprio questo insegna ora sottolineando che il dono dello Spirito Santo è stato concesso a tutti. Non diversamente si comportò Pietro con i giudei che avevano accettato la fede quando dinanzi a loro dovette difendersi per aver battezzato il centurione Cornelio senza averlo fatto circoncidere. Disse che non aveva potuto negare il battesimo di acqua a persone che davano segni evidenti d’aver ricevuto lo Spirito Santo 90. Allo stesso irrefutabile argomento è ricorso antecedentemente anche Paolo, quando ha detto: Questo solo voglio sapere da voi: Lo Spirito Santo l’avete ricevuto praticando le opere della legge ovvero prestando ascolto alla [predicazione della] fede? 91 E poco dopo: Colui che vi dona lo Spirito e opera segni miracolosi in mezzo a voi, lo fa per le opere della legge o per l’ascolto prestato alla fede? 92 Non diversamente nel testo che stiamo trattando dice: Poiché siete figli di Dio, Dio ha riversato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo, e questo Spirito grida: Abbà, Padre!

32. Andando avanti mostra in maniera chiarissima che tutto questo vale anche per coloro che erano passati alla fede provenendo dal paganesimo; a loro infatti è indirizzata la Lettera. Egli scrive: Pertanto non esiste più il servo ma il figlio, richiamandosi alla mente quanto detto sopra, e cioè: L’erede, finché è bambino, non differisce in nulla dal servo. E prosegue: Se poi è figlio, è anche erede per Dio; per un dono cioè della misericordia di Dio, non per le promesse fatte ai Patriarchi, dai quali il pagano non traeva origine secondo la carne come i giudei. Era tuttavia anch’egli figlio di Abramo, di cui imitava la fede, meritandone il dono dalla misericordia del Signore. Dice ancora: Ma allora non conoscevate Dio e adoravate quegli dèi che per natura non sono Dio. Appare con certezza che non sta scrivendo ai giudei ma ai pagani, ed è per questo che non dice: " Abbiamo adorato ", ma: Adoravate. Se ne deduce con tutta probabilità che anche prima parlava dei gentili, quando affermava che erano sottoposti agli elementi del mondo e li servivano come tutori e amministratori 93. In effetti questi elementi per loro natura non sono certo delle divinità, né in cielo né in terra, dove [il pagano colloca] molti dèi e molti dominatori. Per noi al contrario non c’è che un unico Dio Padre, da cui derivano tutte le cose e noi siamo in lui, e unico è il Signore Gesù Cristo, ad opera del quale esistono tutte le cose e noi parimenti siamo per opera sua 94. Affermando che voi adoravate dèi che per natura non sono Dio mostra con efficacia che Dio per natura è il solo, vero Dio, e con questo nome si intende la Trinità da chiunque ha nel grembo del cuore integra e completamente sana la fede cattolica. Quanto agli altri che non sono dèi, antecedentemente li ha chiamati tutori e amministratori, perché non esiste nessuna creatura - e sono creature tanto gli esseri che rimasero nella verità, dando gloria a Dio, quanto quelli che non sono rimasti nella verità avendo cercato la gloria propria -, voglio dire che non c’è creatura la quale, volendo o nolendo, non sia al servizio della provvidenza divina; ma quanti con la volontà concordano con la provvidenza, compiono il bene; quanti invece non vogliono accordarsi con lei, in loro si compiono i decreti della giustizia. Se infatti gli angeli disertori insieme con il loro principe, il diavolo, non meritassero veramente il nome di tutori e amministratori incaricati dalla provvidenza divina, il Signore non avrebbe chiamato il diavolo " principe di questo mondo ", né l’Apostolo, usando della sua autorità si sarebbe servito di lui per ottenere l’emendamento di certi individui. Dice infatti in un altro testo: Li ho consegnati a satana perché imparino a non bestemmiare 95; e altrove aggiunge: Per la loro salvezza. Scrive testualmente: Io di persona, assente col corpo ma presente nello spirito, ho giudicato come se fossi presente colui che ha agito in questo modo. Riuniti e voi e il mio spirito nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, con la potestà del Signore nostro Gesù Cristo, [ho decretato] di consegnare quel tale in potere di satana per la rovina del corpo e così lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù 96. Viene da pensare a un magistrato agli ordini del legittimo imperatore: egli non può fare se non quello che è a lui permesso. Ugualmente i tutori e gli amministratori di questo mondo non possono fare se non quello che consente loro il Signore. A lui infatti nulla è nascosto, come invece succede all’uomo; né c’è qualcosa dov’egli sia meno potente, per cui i tutori e gli amministratori, che stanno sotto la sua giurisdizione, possano compiere, nelle cose a loro sottoposte, secondo il potere di ciascuno, alcunché senza il permesso di Dio e a sua insaputa. Non s’imputa comunque a loro ciò che viene compiuto per loro mezzo secondo un piano di giustizia, ma l’intenzione con cui essi lo compiono. Dio infatti non ha tolto alla creatura ragionevole la libera volontà, pur avendo riservato a se stesso il potere di ordinare con giustizia anche gli ingiusti. È questo un argomento che in altri libri abbiamo trattato spesso 97, con più ampiezza e in maniera più esauriente. I pagani possono dunque aver adorato il sole, la luna, le stelle, il cielo, la terra e altre creature simili o magari gli stessi demoni. È certo però che in ogni caso essi si trovavano sotto il potere di tutori e di amministratori.

33. Le espressioni che seguono vengono purtroppo a complicare la questione, che ormai consideravamo più o meno risolta. In tutta la Lettera infatti l’Apostolo fa vedere che la fede dei Galati non era messa in pericolo da altri se non da alcuni provenienti dalla circoncisione, i quali volevano ricondurli all’osservanza delle pratiche carnali della legge, quasi che in esse stesse la salvezza. In questo passo invece, unico in tutta la Lettera, sembra rivolgersi a persone che volevano tornare alle superstizioni del paganesimo. Scrive infatti: Ora invece che conoscete Dio, anzi siete da Dio conosciuti, come fate a tornare agli elementi deboli e miseri, cui volete assoggettarvi di nuovo come facevate in passato? Siccome egli non si rivolge ai circoncisi ma ai pagani, come appare da tutta la Lettera, dicendo: Voi tornate non intende certo affermare che volevano tornare alla circoncisione, che mai si erano praticata, ma agli elementi deboli e miseri cui - dice - volete assoggettarvi di nuovo come in passato. L’espressione bisogna per forza intenderla come riferita ai pagani, ai quali prima aveva detto: Ma allora, non conoscendo Dio, adoravate dèi che per natura non sono dèi 98. Qual è dunque la servitù sotto la quale essi vogliono tornare? A quale servitù si riferiscono le parole: Come fate a ritornare agli elementi deboli e miseri, cui volete assoggettarvi di nuovo come in passato?

34. Potrebbe sembrare che simile interpretazione sia maggiormente rafforzata dal seguito del discorso, dove si dice: Osservate i giorni, i mesi, gli anni e le stagioni. Temo di aver faticato inutilmente in mezzo a voi. È questo un errore molto diffuso tra i pagani, i quali nell’intraprendere delle attività o nel pronosticare gli eventi della vita o degli affari si attengono ai giorni, ai mesi, agli anni e alle stagioni segnati dagli astrologi e dai caldei. Tuttavia potrebbe anche non essere necessario prendere il testo come riferito ad errori del mondo pagano. Eviteremmo così la stranezza che Paolo si allontani improvvisamente e con leggerezza dal proseguire l’argomento che si era proposto e che sta sviluppando dall’inizio alla fine. Egli potrebbe continuare ancora la trattazione di quelle cose che in tutta la Lettera dimostra all’evidenza doversi evitare. In realtà anche i giudei osservavano servilmente i giorni, i mesi, gli anni e le stagioni quando si attenevano in maniera carnale all’osservanza del sabato, dei noviluni, del mese dei nuovi frutti e di ogni settimo anno, che chiamano " sabato dei sabati ". Tutte queste osservanze erano figura di realtà avvenire e, se rimasero anche dopo la venuta di Cristo, divennero come una superstizione per chi, ignorandone il senso che rivestivano, le osservava ritenendole apportatrici di salvezza. L’Apostolo insomma direbbe ai pagani: Cosa vi giova l’esservi liberati dalla schiavitù sotto la quale vi trovavate quando adoravate gli elementi del mondo se ad essi ora ritornate sedotti dai giudei? Costoro, non rendendosi conto del tempo della libertà che hanno conseguita, oltre alle opere della legge che valutano in maniera carnale sono per di più asserviti a prescrizioni d’ordine temporale come in passato lo eravate voi. Ma voi perché volete tornare all’antica schiavitù e osservare come loro i giorni, i mesi, gli anni e le stagioni, di cui foste schiavi prima di credere in Cristo? È noto infatti che l’andare del tempo è regolato dagli elementi di questo mondo, cioè dal cielo, dalla terra, dal moto e dall’ordine degli astri. Questi " elementi del mondo " li definisce " deboli " perché variano secondo un’apparenza inconsistente e instabile, " miseri " perché hanno bisogno della forma suprema e stabile impressa in loro dal Creatore, affinché siano così come sono.

35. Scelga il lettore l’interpretazione che preferisce, purché però si renda conto che osservare superstiziosamente questi elementi temporali comporta un così grave pericolo per l’anima che l’Apostolo si sente in dovere di aggiungere al nostro testo: Nei vostri riguardi ho come un timore di aver lavorato inutilmente in mezzo a voi. Sono parole che si leggono assai di frequente e alle quali si annette la massima autorità presso le Chiese del mondo intero; eppure le nostre assemblee sono piene di gente che si fa suggerire dagli astrologi i tempi per fare o non fare determinate cose. Questi tali non di rado arrivano al punto di venire da noi per darci suggerimenti affinché non iniziamo una costruzione o altre cose simili nei giorni che essi chiamano " egizi ". In realtà non sanno, poverini, nemmeno dove posano i piedi, come si suol dire. Ma ammettiamo pure che il nostro testo si debba intendere delle osservanze a cui superstiziosamente si attengono i giudei. Quale speranza possono mai avere quei meschini che, volendo fregiarsi del nome di cristiani, regolano la loro vita disordinata sulla base dei " lunari "? Come non ricordare che anche a voler computare dai Libri divini, dati da Dio al popolo ebraico ancora carnale, le fasi del tempo, leggendo il testo alla maniera dei giudei l’Apostolo concluderebbe: Ho timore, riguardo a voi, d’aver lavorato inutilmente in mezzo a voi. Eppure se si scopre che uno, magari catecumeno, osserva il sabato secondo il rituale giudaico, si fa baccano nella comunità. Ecco invece che tantissimi fra i battezzati, con estrema audacia vengono a dirci in faccia: È il due del mese, quindi non mi metto in viaggio. A stento e solo a poco a poco riusciamo a proibire pratiche come queste, e lo facciamo sorridendo per non farli arrabbiare, ma anche pieni di timore che restino sorpresi quasi che si trattasse di novità. Guai a noi, peccatori, che ci spaventiamo solo delle cose inattese e inaspettate, e non del male a cui siamo abituati, sebbene proprio per lavarci da tali peccati il Figlio di Dio abbia versato il suo sangue! Anche se si tratta di colpe gravi che chiudono inesorabilmente contro chi le commette il regno di Dio, a forza di vederle frequentemente siamo spinti a lasciar correre e a forza di lasciar correre oggi e domani si crea, almeno per alcune di esse, come una necessità di commetterle. E magari non succeda, Signore, che le commettiamo tutte, quelle colpe che non siamo riusciti ad impedire!

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