mercoledì 28 settembre 2011

Alle sorgenti della Pietà - XIV parte

Torniamo a meditare (eccezionalmente oggi per impossibilità di ieri) con l'opera di don Luigi Fusina che ha raccolto alcune meditazioni rivolte a semplici fedeli e capaci di sollecitare in loro un senso di meditazione e riflessione sulle grandi verità che generano nell'anima la vera pietà cristiana. Continua la meditazione profonda sul grande mistero dell'Incarnazione che continua a sconvolgere e stupire gli animi degli uomini per via del fatto che sembra davvero inconcepibile vedere un Essere Superiore incarnarsi nella fragile realtà umana: 

- Capitolo 12 - "...E SI E FATTO UOMO" 

 IL VERBO SI E' FATTO CARNE 

 E ' questa, come abbiamo detto, la realtà centrale del cristianesimo davanti alla quale il credente cade commosso in adorazione ed in rendimento di grazie. Nel seno della Vergine Maria, come in una meravigliosa cattedrale, il Figlio di Dio, la Seconda Persona della Santissima Trinità, si è sposato con la nostra misera carne umana, cioè con la nostra natura di uomini, così da formare con essa una cosa sola! Notate bene: il Figlio di Dio non ha preso una persona umana, ossia uno di noi: in- tal caso si sarebbe unito soltanto ad un uomo, a quell'uomo. No! Egli ha assunto la natura umana, non una persona umana: in tal modo si è unito in maniera mirabile e misteriosa a quanti posseggono questa natura, quindi ad ogni creatura umana. La natura umana è quella cosa che noi uomini abbiamo in comune; ciascuno però la possiede individualmente e personalmente. La natura umana è ciò che ci fa essere uomini e ci fa capaci di agire da uomini e non da angeli o da animali. Noi infatti siamo per natura uomini: pensiamo da uomini, amiamo da uomini, ci comportiamo sempre in ogni cosa da uomini. Il gatto, invece, vive e agisce da animale, perché la sua natura non è umana, ma animalesca. L'angelo a sua volta si comporta da spirito, perché la sua natura è spirituale, non umana. L'angelo non ha, ad esempio, i limiti della nostra carne (la malattia, la sofferenza, la morte) perché è un essere spirituale.

Noi siamo esseri umani composti di corpo e di spirito: siamo mortali per il corpo, immortali per lo spirito. Noi facciamo parte di una specie vivente tra le innumerevoli specie che hanno popolato e popolano la Terra: noi siamo la specie umana La Bibbia, pur chiamando ciascuno con il proprio nome per sottolineare l'individualità delle persone, quando parla di tutti usa un termine concreto, ci unisce tutti in un solo essere e ci chiama: adàm, il terrestre. Noi tutti formiamo una sola natura umana, una sola specie: siamo i terrestri. Io sono un terrestre, tu sei un terrestre, tutti noi siamo terrestri, cioè composti di materia e di spirito.

 Ebbene il Figlio di Dio, per redimere questo terrestre peccatore, si è fatto a sua volta terrestre "in tutto simile a noi, eccetto il peccato" dice San Paolo. Perché eccetto il peccato? Perché il peccato non è nella natura umana, ma è nelle persone. E' la persona che pecca, non la sua natura umana. II peccato, infatti, è un atto individuale, personale, responsabile e perciò imputabile a colui che lo ha commesso.

Il Figlio di Dio, facendosi uomo, non ha assunto una persona umana, un uomo, ma soltanto la natura della specie umana: ha assunto un corpo come il nostro e un'anima spirituale come la nostra. Il corpo lo ha preso dalla carne della Vergine Maria, l'anima è stata creata direttamente da Dio, come la nostra. Ma mentre per me la creazione dell'anima ha comportato la creazione di una persona umana, il mio io, per Gesù non è stato così. L'io di Gesù, la sua Persona, esisteva già ab aeterno, da sempre: è la Seconda Persona della Santissima Trinità, la persona del Figlio. Questa Persona Eterna, ha fatto suoi e il corpo e l'anima diventando così uomo: "et homo factus est!" Notate bene questa frase del Credo: et homo factus est! E' la medesima che troviamo nel Vangelo di Giovanni: "E il Verbo si è fatto carne". Dire carne e dire uomo è la stessa cosa. Notate come noi non possiamo dire: mi sono fatto uomo! Ma solo sono stato fatto uomo.

Prima io non esistevo. C'è stato qualcuno che mi ha fatto, e mi ha fatto uomo. Non mi sono fatto da me!

THEOTOCOS - MADRE DI DIO

Di Gesù invece la Bibbia dice: " il Verbo si è fatto carne!" (Gv 1,14). Il Verbo, cioè il Figlio di Dio, esisteva ancora prima di farsi carne: Egli esiste da sempre perché è eterno! Ma, come insegna San Paolo, "quando arrivò il tempo stabilito, Dio mandò il Figlio Suo, nato da donna" (Gal 4,4). Colui che esiste ab aeterno come Figlio di Dio, cominciò ad esistere nella nostra storia e sulla nostra terra anche come figlio di una donna. Non sono due persone distinte, una che esiste in Cielo e che viene ad abitare in quell'altra che esiste sulla terra come insegnava Nestorio nel secolo V. Nestorio credeva e insegnava questo errore: in Gesù ci sono due nature: la natura spirituale ed unica di Dio e la natura carnale dell'uomo. Inoltre, egli diceva, in Gesù ci sono pure due persone: la Persona del Figlio di Dio e la persona del figlio di Maria. In altre parole in Gesù ci sono - sempre secondo Nestorio - due esseri: Dio e l'uomo. L'uomo sarebbe come posseduto dalla Persona del Figlio di Dio, più o meno come avviene per coloro che sono posseduti dal demonio. Ne viene di conseguenza - dice ancora Nestorio - che Maria non può e non deve essere chiamata Madre di Dio ma semplicemente Madre di Cristo, ossia madre dell'uomo posseduto da Dio.

La Chiesa condannò come eretica, cioè falsa, questa interpretazione del Mistero dell'Incarnazione, e proclamò, nel Concilio di Efeso del 431, che Gesù è veramente Dio, come pure è veramente uomo. In Lui una sola è la Persona: quella eterna del Figlio, la seconda Persona della Santissima Trinità, mentre invece sono due le nature: quella divina e quella umana. Perciò Maria è vera Madre di Dio per cui può e deve essere chiamata così e non soltanto Madre di Gesù.

Tutto questo discorso potrà sembrarvi astruso e difficile. Difficile sì, lo ammetto, ma non astruso. Anzi esso è quanto mai concreto e incide profondamente nella nostra vita a patto che lo accogliamo in noi mediante la fede. Domandiamoci infatti perché mai il Figlio di Dio si è fatto uomo, ha preso cioè la natura umana e non anche la persona di un uomo.

Assumendo la nostra natura Egli ha assunto un po' ciascuno di noi, si è incarnato, in un certo senso, in ciascuno di noi. Egli non si è fatto quell'uomo, ma si è fatto uomo. Non ha sposato quell'uomo, ma ha sposato l'uomo. In altre parole Egli, rimanendo nella sua Persona di Figlio di Dio, si è unito mediante una sua propria carne umana, a tutti gli uomini che furono, che sono e che saranno cosicché tutti gli uomini che Lo avessero accolto, potessero partecipare alla sua figliolanza divina. Ecco come ce ne parla la Bibbia: "Dio mandò suo Rglio, nato da donna, ...perché ricevessimo l'adozione a figli" (Gal 4,5), cioè perché diventassimo in Lui suoi figli adottivi. E ancora: "A coloro che lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli cioè che credono in Lui" (Gv 1,12). Ecco chiaro allora il disegno di Dio: per rendere gli uomini partecipi della sua natura divina Egli si fa uomo, cioè fa propria la nostra natura umana composta di corpo e spirito. Da quel momento Dio è anche uomo e ogni uomo, se vuole, può partecipare alla vita stessa di Dio.

IL SEGNO DELL'ACCOGLIENZA: L'Eucaristia

 Che cosa devo fare? Semplicemente credere, cioè accogliere il dono di Dio che mi viene offerto, ossia accogliere Gesù. Noi esprimiamo visibilmente questa accoglienza di fede quando ci accostiamo alla Santa Comunione Eucaristica. Dio, rappresentato dal celebrante, ci offre suo Figlio fatto uomo, presente sotto le specie del pane e del vino. Noi accogliamo questo Figlio e Lo facciamo nostro mangiando e bevendo. Ma questo gesto è un gesto sacramentale: esso raffigura e concretizza la fede. "E' il Corpo di Cristo" ci dice il celebrante mostrandoci la particola prima di mettercela in bocca come fa la mamma con il suo bambino. E noi rispondiamo: "Amen!", che vuol dire: è proprio così! lo credo! Poi, con la semplicità dei piccoli, apriamo le nostre labbra e ci lasciamo nutrire dalla nostra mamma che è la Chiesa, come il bambino si lascia nutrire dalla sua mamma.

A qualcuno piace di più ricevere la comunione in mano, per meglio esprimere la propria maturità! E' questione di abitudini e di gusti! lo però preferisco riceverla in bocca, perché amo di più essere trattato come un piccolo bambino, nutrito con tanto amore dal Padre e da Maria: il cibo santo che ricevo infatti è Gesù stesso, il Figlio di Dio e di Maria.

Comunque si faccia, il gesto sacramentale significa sempre lo stesso mistero: Dio mi dona suo Figlio fatto uomo, quel Figlio che esiste da sempre come Dio, ma che è nato dal seno di Maria come uomo! Egli me lo dona perché la vita divina ed eterna che è in Gesù, diventi anche mia: la mia nuova vita di figlio di Dio: "Colui che mangia di Me vivrà per Mc" (Gv 6,57).

IL SEGNO DELL'ACCOGLIENZA: il Matrimonio

Vi è un altro gesto sacramentale mediante il quale ci viene significato e donato questo mistero del Dio fatto uomo: è il matrimonio. Abbiamo accennato sopra come il seno di Maria sia stato la cattedrale immacolata e santa dove il Verbo di Dio ha sposato la nostra carne umana facendola sua per sempre. Non è affatto un gioco di parole o di fantasia; è realtà autentica, solo che noi siamo poco abituati a questo modo di parlare ed a riflettere a fondo sulle cose di Dio. Già nell'Antico Testamento i profeti hanno paragonato l'amore di Dio per il popolo eletto al fidanzamento e all'amore coniugale. Infatti la caratteristica dell'amore coniugale è il dono di se all'altro ed il frutto di questo amore è l'unione. "L'uomo lascerà suo padre e sua madre per donarsi alla donna - dice la Bibbia - i due saranno una carne sola" (Gn 2,24) ossia una realtà nuova formata dall'unione di due persone. Il matrimonio è una seconda nascita: muore l'individuo e nasce la coppia e la famiglia, muore l'egoismo e nasce l'amore che si dona!

Ebbene la Bibbia dell'Antico Testamento ci parla di Dio come di un fidanzato che ha visto una povera donna sola, abbandonata da tutti, preda dei violenti, schiava dei malvagi. Egli ha amato questa donna, l'ha riscattata a caro prezzo, l'ha rivestita di ricchi ornamenti, l'ha fatta regina piena di splendore e di bellezza. Potete leggere queste pagine commoventi nel libro del profeta Osea o anche in quello del profeta Isaia.

Gesù riprende il discorso e si presenta a noi come lo sposo celeste venuto sulla terra per celebrare il matrimonio con la sua fidanzata, cioè con l'umanità. Non per nulla ha scelto una festa nunziale, a Cana di Galilea, per manifestarsi come Colui che porta il vero vino inebriante dell'amore di Dio. E non per nulla ha voluto che ciò avvenisse per la preghiera di Maria! Maria non è soltanto la Madre del Verbo Incarnato: ne è anche la Sposa e la Compagna: Mater Domini, Sponsa Verbi, Socia Christi la chiamavano giustamente i Padri della Chiesa.

- Mater Domini: la madre di Dio in quanto Gli ha dato la vita umana. Lo ha generato come uomo.

- Sponsa Verbi: la sposa immacolata del Verbo, perché ha riassunto in sè tutta l'umanità quando ha dato il consenso alle nozze della natura divina con la natura umana in Cristo, Dio e uomo.

- Socia Christi: la compagna del Salvatore, perché da Lui assunta quale Madre di tutti gli uomini, collaboratrice nella sua opera di redenzione in nome ed in persona di tutta la Chiesa.

Il Concilio Vaticano II parla di questo ruolo sponsale di Maria nel cap. 8° della costituzione "Lumen Gentium" dove insegna che in Maria si riassume tutta la Chiesa. Del resto anche San Paolo, sia pure indirettamente, accenna a Lei quando descrive le meraviglie che l'amore nunziale di Cristo compie nella Chiesa Sua Sposa: la rende pura e senza macchia, gloriosa, senza difetto e senza ruga, tutta bella! E dov'è che la Chiesa raggiunge il vertice della sua immacolatezza, della sua santità, della sua bellezza e della sua gloria se non nella Madonna? Ecco, amici, il grandioso mistero d'amore che esprimiamo nel Credo quando diciamo: "et homo factus est! E si è fatto uomo!". E' una grandiosa realtà che coinvolge non solo Gesù e la Madonna, ma anche noi, sia personalmente, che collettivamente presi. Mediante il battesimo, infatti, veniamo uniti all'umanità che il Verbo ha sposato e diventiamo membra del suo Corpo che è la Chiesa. Mediante l'Eucaristia, il Matrimonio e gli altri sacramenti noi partecipiamo allo sposalizio ed al convito nuziale di Cristo con l'umanità redenta.

Mediante il nostro sforzo e la nostra virtù cooperiamo a rendere sempre più pura e santa e gloriosa la Sposa del Verbo, cioè la Chiesa.

Infine noi viviamo nell'intimità del nostro essere, l'unione misteriosa del Figlio di Dio con la carne umana, perché Egli vive in noi e ci unisce sempre più strettamente a sè mediante l'amore che lo Spirito Santo effonde nel nostro cuore.

Il cristianesimo, amici, è un mistero d'amore e di unione. Quindi un mistero di gioia e di salvezza!

La Madonna ci aiuti a comprenderlo e a viverlo sempre più come l'ha vissuto Lei!

CONTEMPLAZIONE

Immagina di essere presente alle nozze di Cana e di partecipare al colloquio tra Gesù e sua Madre. Cerca di penetrare con fede e umiltà nel profondo del mistero. Quelle nozze alludono al matrimonio cristiano nel quale Gesù si fa presente sacramentalmente quale mistico sposo della Chiesa che dona il "vino nuovo", simbolo dello Spirito Santo.

Vangelo di Giovanni cap. 2

 Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi glíene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». 

Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Efesini cap. 5

 Il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, alfine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Questo mistero è grande; lo dico in ríferimento a Cristo e alla Chiesa!

martedì 27 settembre 2011

Familiaris Consortio - La famiglia cristiana - XLI

Continuiamo il percorso familiare e reimmergiamoci nelle parole della Familiaris Consortio del "Beato" Giovanni Paolo II. Dopo aver visto i tempi e le strutture della pastorale familiare, scopriamo oggi quali sono gli attori, cioè gli operatori attivi di tale pastorale:

PARTE QUARTA

LA PASTORALE FAMILIARE: TEMPI, STRUTTURE, OPERATORI E SITUAZIONI  

III. Operatori della pastorale familiare

Oltre che la famiglia - oggetto, ma anzitutto soggetto essa stessa della pastorale familiare - vanno ricordati anche gli altri principali operatori in questo particolare settore.

I vescovi ed i presbiteri

73. Il primo responsabile della pastorale familiare nella diocesi è il vescovo. Come Padre e Pastore egli dev'essere particolarmente sollecito di questo settore, senza dubbio prioritario, della pastorale. Ad esso deve consacrare interessamento, sollecitudine, tempo, personale, risorse; soprattutto, però, appoggio personale alle famiglie ed a quanti, nelle diverse strutture diocesane, lo aiutano nella pastorale della famiglia. Avrà particolarmente a cuore il proposito di far sì che la propria diocesi sia sempre più una vera «famiglia diocesana», modello e sorgente di speranza per tante famiglie che vi appartengono. La creazione del Pontificio Consiglio per la Famiglia va vista in questo contesto: essere un segno dell'importanza che attribuisco alla pastorale della famiglia nel mondo, e al tempo stesso uno strumento efficace per aiutare a promuoverla ad ogni livello.

I vescovi si valgono in modo particolare dei presbiteri, il cui compito - come ha espressamente sottolineato il Sinodo - costituisce parte essenziale del ministero della Chiesa verso il matrimonio e la famiglia. Lo stesso si dica di quei diaconi, ai quali eventualmente venga affidata la cura di questo settore pastorale.

La loro responsabilità si estende non solo ai problemi morali e liturgici, ma anche a quelli di carattere personale e sociale. Essi devono sostenere la famiglia nelle sue difficoltà e sofferenze, affiancandosi ai membri di essa, aiutandoli a vedere la loro vita alla luce del Vangelo. Non è superfluo notare che da tale missione, se esercitata col dovuto discernimento e con vero spirito apostolico, il ministro della Chiesa attinge nuovi stimoli ed energie spirituali anche per la propria vocazione e per l'esercizio stesso del ministero.

Tempestivamente e seriamente preparati a tale apostolato, il sacerdote o il diacono devono comportarsi costantemente, nei riguardi delle famiglie, come padre, fratello, pastore e maestro, aiutandole coi sussidi della grazia e illuminandole con la luce della verità. Il loro insegnamento e i loro consigli, quindi, dovranno essere sempre in piena consonanza col Magistero autentico della Chiesa, in modo da aiutare il Popolo di Dio a formarsi un retto senso della fede da applicare, poi, alla vita concreta. Tale fedeltà al Magistero consentirà pure ai sacerdoti di curare con ogni impegno l'unità nei loro giudizi, per evitare ai fedeli ansietà di coscienza.

Pastori e laici partecipano, nella Chiesa, alla missione profetica di Cristo: i laici, testimoniando la fede con le parole e con la vita cristiana; i pastori, discernendo in tale testimonianza ciò che è espressione di fede genuina da ciò che è meno rispondente alla luce della fede; la famiglia, in quanto comunità cristiana, con la sua peculiare partecipazione e testimonianza di fede. Si avvia così un dialogo anche tra i pastori e le famiglie. I teologi e gli esperti di problemi familiari possono essere di grande aiuto a tale dialogo, spiegando esattamente il contenuto del Magistero della Chiesa e quello dell'esperienza della vita di famiglia. In tal modo l'insegnamento del Magistero viene meglio compreso e si spiana la strada al suo progressivo sviluppo. Giova tuttavia ricordare che la norma prossima e obbligatoria nella dottrina della fede - anche circa i problemi della famiglia - compete al Magistero gerarchico. Rapporti chiari tra i teologi, gli esperti di problemi familiari e il Magistero giovano non poco alla retta intelligenza della fede ed a promuovere - entro i confini di essa - il legittimo pluralismo.

Religiosi e Religiose

74. Il contributo che i religiosi e le religiose, e le anime consacrate in genere, possono dare all'apostolato della famiglia trova la sua prima, fondamentale e originale espressione proprio nella loro consacrazione a Dio, che li rende «davanti a tutti i fedeli... richiamo di quel mirabile connubio operato da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, per cui la Chiesa ha Cristo come unico suo sposo» («Perfectae Caritatis», 12), e testimoni di quella carità universale che, per mezzo della castità abbracciata per il Regno dei cieli, li rende sempre più disponibili per dedicarsi generosamente al servizio divino e alle opere di apostolato.

Di qui la possibilità che religiosi e religiose, membri di Istituti secolari e di altri Istituti di perfezione, singolarmente o associati, sviluppino un loro servizio alle famiglie, con particolare sollecitudine verso i bambini, specialmente se abbandonati, indesiderati, orfani, poveri o handicappati; visitando le famiglie e prendendosi cura dei malati; coltivando rapporti di rispetto e di carità con famiglie incomplete, in difficoltà o disgregate; offrendo la propria opera di insegnamento e di consulenza nella preparazione dei giovani al matrimonio e nell'aiuto alle coppie per una procreazione veramente responsabile; aprendo le proprie case all'ospitalità semplice e cordiale, affinché le famiglie possano trovarvi il senso di Dio, il gusto della preghiera e del raccoglimento, l'esempio concreto di una vita vissuta in carità e letizia fraterna come membri della più grande famiglia di Dio.

Vorrei aggiungere l'esortazione più pressante ai responsabili degli Istituti di vita consacrata, a voler considerare - sempre nel sostanziale rispetto del carisma proprio ed originario - l'apostolato rivolto alle famiglie come uno dei compiti prioritari, resi più urgenti dall'odierno stato di cose.

Laici specializzati

75. Non poco giovamento possono recare alle famiglie quei laici specializzati (medici, uomini di legge, psicologi, assistenti sociali, consulenti, ecc.) che sia individualmente sia impegnati in diverse associazioni e iniziative, prestano la loro opera di illuminazione, di consiglio, di orientamento, di sostegno. Ad essi possono bene applicarsi le esortazioni che ebbi occasione di rivolgere alla Confederazione dei Consultori familiari di ispirazione cristiana: «E' un impegno il vostro, che ben merita la qualifica di missione, tanto nobili sono le finalità che persegue e tanto determinati, per il bene della società e della stessa comunità cristiana, sono i risultati che ne derivano... Tutto quello che riuscirete a fare a sostegno della famiglia è destinato ad avere un'efficacia che, travalicando il suo ambito proprio, raggiunge anche altre persone ed incide sulla società. Il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia» (num. 3-4 [29 Novembre 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1453).

Recettori e operatori della comunicazione sociale

76. Una parola a parte è da riservare a questa categoria tanto importante nella vita moderna. E' risaputo che gli strumenti della comunicazione sociale «incidono, e spesso profondamente, sia sotto l'aspetto affettivo e intellettuale, sia sotto l'aspetto morale e religioso, nell'ambito di quanti li usano», specialmente se giovani (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali [7 Aprile 1969]: ASS 61 [1969] 455). Essi, perciò, possono esercitare un benefico influsso sulla vita e sui costumi della famiglia e sulla educazione dei figli, ma al tempo stesso nascondono anche «insidie e pericoli non trascurabili» (Giovanni Paolo PP. II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1980 [1· Maggio 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II» III, 1 [1980] 1042, e potrebbero diventare veicolo - a volte abilmente e sistematicamente manovrato, come purtroppo accade in diversi Paesi del mondo - di ideologie disgregatrici e di visioni deformate della vita, della famiglia, della religione, della moralità, non rispettose della vera dignità e del destino dell'uomo.

Pericolo tanto più reale, in quanto «l'odierno modo di vivere - specialmente nelle nazioni più industrializzate - porta assai spesso le famiglie a scaricarsi delle loro responsabilità educative, trovando nella facilità di evasione (rappresentata, in casa, specialmente dalla televisione e da certe pubblicazioni), il modo di tenere occupati tempo ed attività dei bambini e dei ragazzi» (Giovanni Paolo PP. II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1981, 5 [10 Maggio 1980]: «L'Osservatore Romano», 22 Maggio 1981). Di qui «il dovere... di proteggere specialmente i bambini e ragazzi dalle "aggressioni" che subiscono dai mass-media», procurando che l'uso di questi in famiglia sia accuratamente regolato. Così pure dovrebbe stare altrettanto a cuore alla famiglia cercare, per i propri figli, anche altri diversivi più sani, più utili e formativi fisicamente, moralmente e spiritualmente, «per potenziare e valorizzare il tempo libero dei ragazzi e indirizzarne le energie» (Ibid).

Poiché, poi, gli strumenti della comunicazione sociale - al pari della scuola e dell'ambiente - incidono spesso anche in notevole misura sulla formazione dei figli, i genitori, in quanto recettori, devono farsi parte attiva nell'uso moderato, critico, vigile e prudente di essi, individuando quale influsso esercitano sui figli, e nella mediazione orientativa che consenta «di educare la coscienza dei figli ad esprimere giudizi sereni e oggettivi, che poi la guidano nella scelta e nel rifiuto dei programmi proposti» (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: ASS 61 [1969] 456).

Con eguale impegno i genitori cercheranno di influire sulla scelta e preparazione dei programmi stessi, mantenendosi in contatto - con opportune iniziative - con i responsabili dei vari momenti della produzione e della trasmissione, per assicurarsi che non siano abusivamente trascurati o espressamente conculcati quei valori umani fondamentali che fanno parte del vero bene comune della società, ma, al contrario, vengano diffusi programmi atti a presentare, nella loro giusta luce, i problemi della famiglia e la loro adeguata soluzione. A tal proposito il mio predecessore di venerabile memoria., Paolo VI, scriveva: «I produttori devono conoscere e rispettare le esigenze della famiglia, e questo suppone, a volte, in essi un vero coraggio, e sempre un alto senso di responsabilità. Essi, infatti, sono tenuti ad evitare tutto ciò che può ledere la famiglia nella sua esistenza, nella sua stabilità, nel suo equilibrio, nella sua felicità. Ogni offesa ai valori fondamentali della famiglia - si tratti di erotismo o di violenza, di apologia del divorzio o di atteggiamenti antisociali dei giovani - è un'offesa al vero bene dell'uomo (Ibid.).

Ed io stesso, in analoga occasione, facevo rilevare che le famiglie «devono poter contare in non piccola misura sulla buona volontà, sulla rettitudine e sul senso di responsabilità dei professionisti dei media: editori, scrittori, produttori, direttori, drammaturghi, informatori, commentatori ed attori» (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1980: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 1 [1980] 1044). Perciò è doveroso che anche da parte della Chiesa si continui a dedicare ogni cura a queste categorie di operatori, incoraggiando e sostenendo, nello stesso tempo, quei cattolici che vi si sentono chiamati e ne hanno le doti, ad impegnarsi in questi delicati settori.

lunedì 26 settembre 2011

Scopriamo Santa Maria Faustina Kowalska - Trentunesimo appuntamento

 Torniamo ad approfondire la figura di Santa Faustina Kowalska, nota come l'Apostola della Divina Misericordia.  Il Diario ci mostra oggi, ancora una volta, quella nota dicotomia tra amore e sofferenza che contraddistingue, in modo particolare, l'anima della Santa: 

V.VIII.1933.
 
Festa della Madre di Dio della Misericordia. Oggi ho ottenuto una grande ed incomparabile grazia, puramente interiore, per la quale ringrazierò Dio in questa vita e per tutta l'eternità... Gesù mi aveva detto che Gli sarebbe piaciuto soprattutto che meditassi la Sua dolorosa Passione. In seguito a questa meditazione molta luce si riversa sulla mia anima. Chi vuole imparare la vera umiltà, mediti la Passione di Gesù. Quando medito la Passione dì Gesù, riesco ad aver chiara la nozione di molte cose, che prima non riuscivo a capire. Io desidero essere simile a Te, o Gesù, a Te crocifisso, maltrattato, umiliato. O Gesù, imprimi nella mia anima e nel mio cuore la Tua umiltà. Ti amo, Gesù, alla follia. Amo Te annientato, come Ti descrive il profeta, che per le grandi sofferenze non riusciva a scorgere in Te l'aspetto umano. In tale stato Ti amo, Gesù, alla follia. Dio Eterno ed immenso, che cosa ha mai fatto di Te l'amore?...

11.X.33. Giovedì. Ho cercato di fare l'ora santa ma l'ho cominciata con grande difficoltà. Una certa nostalgia cominciò a lacerarmi il cuore. La mia mente ne fu talmente offuscata che non riuscivo a comprendere nemmeno le semplici formule delle preghiere. E in questo modo passò per me un'ora dì preghiera, o meglio di lotta. Decisi di pregare un'altra ora, ma le sofferenze interiori aumentarono: una grande aridità ed un grande sconforto. Decisi di pregare per una terza ora. In questa terza ora di preghiera, che decisi di fare in ginocchio senza alcun appoggio, il mio corpo cominciò a reclamare un po di riposo. Io però non cedetti in nulla. Misi le braccia a forma di croce e senza pronunciare una parola, andai avanti così con la forza della volontà. Dopo un po' mi tolsi l'anello dal dito e chiesi a Gesù di guardare quell'anello, che è il segno della nostra unione eterna ed offrii a Gesù i sentimenti che avevo il giorno dei voti perpetui. Poco dopo sentii che il mio cuore era inondato da un'onda d'amore; all'improvviso il raccoglimento dello spirito; il silenzio dei sensi; la presenza di Dio che investe l'anima. So questo soltanto, che ci siamo Gesù ed io. L'ho visto con lo stesso aspetto che aveva quando lo vidi qualche momento dopo i voti perpetui, mentre facevo l'ora santa. Gesù si è presentato improvvisamente davanti a me privo delle vesti, coperto di piaghe su tutto il corpo, con gli occhi inondati dì sangue e di lacrime, col volto deturpato, coperto di sputi. D'un tratto il Signore mi ha detto: «La sposa deve essere simile al suo Sposo ». Compresi queste parole fino in fondo. Qui non c'è possibilità di alcun dubbio. La mia somiglianza con Gesù deve avvenire attraverso la sofferenza e l'umiltà. «Vedi quello che ha fatto con Me l'amore per le anime degli uomini. Figlia Mia, nel tuo cuore trovo tutto quello che Mi rifiuta un così grande numero di anime. Il tuo cuore è di riposo per Me. Spesso conservo le grandi grazie verso la fine delle preghiere ». Una volta che avevo fatto una novena allo Spirito Santo riguardo al confessore, il Signore mi rispose: « Te l'ho fatto conoscere prima che i Superiori ti inviassero qui. Come ti comporterai tu col confessore, così Mi comporterò Io con te. Se gli terrai nascosta anche la più piccola delle Mie grazie, anch'Io Mi nasconderò davanti a te e rimarrai sola ». Ed io mi comportai secondo il desiderio di Dio ed una profonda pace regnò nella mia anima. Ora comprendo quanto Dio difenda i confessori, e quanto stia dalla loro parte. Un consiglio del reverendo dr. Sopocko. « Senza umiltà non possiamo piacere a Dio. Esercitati nel terzo grado dell'umiltà, cioè non solo non ricorrere a spiegazioni e giustificazioni, quando ci rimproverano qualche cosa, ma rallegrarsi dell'umiliazione. Se le cose di cui mi parli, provengono veramente da Dio, prepara la tua anima a grandi sofferenze. Incontrerai disapprovazioni e persecuzioni; ti considereranno un'isterica ed una stravagante; ma Dio non ti risparmierà la Sua grazia. Le vere opere di Dio incontrano sempre difficoltà e sono contraddistinte dalla sofferenza. Se Dio vuole realizzare qualche cosa, prima o poi la realizza, nonostante le difficoltà e gli ostacoli; e tu frattanto armati di tanta pazienza ». Quando il reverendo dr. Sopocko andò in Terra Santa, in quel periodo confessò la comunità il padre gesuita Dabrowski.

In una delle mie confessioni mi domandò se mi rendevo conto della vita superiore che c'è nella mia anima e che è ad un grado estremamente alto. Risposi di rendermene conto e di conoscere quello che avviene nel mio intimo. Alla mia risposta il Padre replicò: « Non le è lecito, sorella, distruggere quanto ha dentro l'anima, né mutarlo di sua iniziativa. Non in tutte le anime è evidente la grande felicità, che si trova nella vita interiore, la quale presso di lei, sorella, è visibile perché vi è in un grado altissimo. Stia attenta, sorella, a non sciupare queste grandi grazie di Dio, grande per loro [la frase è rimasta interrotta]. Però questo Padre in precedenza mi aveva sottoposto a molte prove. E quando gli dissi che il Signore voleva da me quelle cose, prese gioco di me e mi ordinò di andare a confessarmi alle otto di sera. E quando andai alle otto, il frate converso stava chiudendo la chiesa. E quando gli dissi di far sapere al Padre che ero venuta e che era stato il Padre a dirmi di andare a quell'ora, il buon fraticello andò ed avvertii il Padre. Il Padre gli ordinò di rispondere che a quell'ora i Padri non confessano. E me ne tornai a casa senza aver fatto niente e non mi confessai più da lui, ma feci per lui un'ora di adorazione e certe mortificazioni, per impetrargli da Dio lumi per conoscere le anime. Ma quando il reverendo dr. Sopocko partì e lui lo sostitui, fui costretta ad andare a confessarmi da lui. Eppure, sebbene prima non avesse voluto riconoscerle, ora mi obbliga ad una grande fedeltà a queste ispirazioni spirituali. Talvolta Dio permette che avvenga così, ma sia lodato in ogni cosa. Occorre tuttavia una grande grazia per non vacillare.

domenica 25 settembre 2011

Si fa presto a dire sì

Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo la Parola di Cristo che ci continua a chiamare a lavorare nella Sua Vigna, attraverso il commento di mons. Roberto Brunelli:

Si ricorderà il vangelo di domenica scorsa: il padrone (Dio) chiama tutti a lavorare nella sua vigna (il suo Regno); chiama ad ogni ora del giorno (ad ogni età della vita) però dà a tutti lo stesso compenso (la vita eterna). Il vangelo di oggi (Matteo 21,28-32) riprende l'argomento, per coglierne un altro aspetto: troviamo ancora l'esempio del lavorare nella vigna, per valutare l'atteggiamento di chi vi è chiamato.
Un padre vi manda un suo figlio, il quale risponde di non averne voglia ma poi ci va, mentre un secondo figlio dice di sì ma poi non mantiene la parola. Segue la domanda di Gesù ai suoi ascoltatori: "Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?" La risposta è ovvia, ma non altrettanto la considerazione che segue, sconcertante per noi come dev'essere stata per chi allora ascoltava il Maestro: "In verità vi dico, i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio". Non tutti, è ovvio; non automaticamente: ma anche a chi pubblicamente rifiuta Dio è data la possibilità di convertirsi e, come il primo figlio della parabola, nei fatti eseguire la volontà del Padre. Invece non si illudano quelli che mostrano un atteggiamento devoto, si riempiono la bocca di professioni di fede, ma a somiglianza del secondo figlio hanno il cuore da un'altra parte e agiscono di conseguenza. "Dicono e non fanno": è il ripetuto rimprovero di Gesù ai farisei, i quali ostentavano una grande pietà mentre profittavano di ogni scappatoia per badare ai propri interessi: a loro Gesù preferiva altri, disprezzati dalla gente ma capaci di cambiare vita, come il pubblicano Zaccheo che riparò ai suoi torti (Luca 19,1-10) o l'anonima peccatrice che si gettò ai piedi di Gesù e glieli lavò con le sue lacrime (Luca 7,36-50).

Sono situazioni e atteggiamenti di duemila anni fa, che però si ripetono in ogni tempo, non escluso il nostro. Sono parole, quelle di Gesù, che se danno speranza agli "irregolari" suonano come perenne monito a chi si ritiene "a posto". E anche quanto al fare la volontà di Dio, al pari di ogni altro insegnamento Gesù non si limita a insegnarla: lui per primo ne dà l'esempio. Lo ricorda la seconda lettura, nella quale Paolo, scrivendo ai Filippesi (2,1-11), riporta un inno di lode a Colui che eseguì in modo perfetto la missione affidatagli dal Padre suo. E' un inno magnifico, che ripercorre tutta la vicenda dell'Uomo-Dio, dalla "partenza" per la terra al suo ritorno glorioso.

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome,
perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami: "Gesù Cristo è Signore!",
a gloria di Dio Padre.


Obbediente fino alla morte: per amore del Padre suo, per amore dell'uomo. A commento, nulla di meglio delle parole che lo stesso Paolo premette all'inno: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti".

mercoledì 21 settembre 2011

Alle sorgenti della Pietà - XIII parte

Torniamo a meditare (eccezionalmente oggi per impossibilità di ieri) con l'opera di don Luigi Fusina che ha raccolto alcune meditazioni rivolte a semplici fedeli e capaci di sollecitare in loro un senso di meditazione e riflessione sulle grandi verità che generano nell'anima la vera pietà cristiana. Oggi l'attenzione è tutta rivolta al mirabile mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio che da secoli sconvolge anche i pensieri dei più illuminati e razionalisti: 

- Capitolo 11 -

"FU CONCEPITO PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO"

 L'INCARNAZIONE DEL FIGLIO DI DIO 

Dopo aver affermato che il Figlio di Dio "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo", proclamiamo "e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". Con queste parole noi esprimiamo la nostra fede nel mistero dell'Incarnazione con quattro affermazioni:

1 - il Figlio di Dio discese dal Cielo;

2 - si è fatto uomo;

3 - prendendo la "carne" umana nel seno della Vergine Maria;

4 - per opera dello Spirito Santo.

SI E' FATTO UOMO

Il punto centrale sta nelle parole "si è fatto uomo": è questa la realtà che vogliamo affermare. Una realtà sconvolgente se ci pensiamo bene. Dio, il Creatore, l'Onnipotente, l'Infinito si è fatto uno di noi, "si è fatto in tutto simile a noi eccetto il peccato" come dice la Bibbia (cfr Ebr 4,15). Per questo Egli "discese dal Cielo": questa espressione non vuole denotare un movimento da luogo a luogo, ma un atteggiamento di umiliazione e di povertà. Scrive San Paolo: "Cristo Gesù era Dio, ma non pensò di dover conservare gelosamente il fatto di essere uguale al Padre. Rinunziò a tutto; scelse di essere servo e diventò uomo fra gli uomini. Tanto che essi lo riconobbero come uno di loro. Svuotò sè stesso e fu obbediente a Dio sino alla morte e alla morte di croce" (Filipp 2,6-8).

Notate bene i tre verbi usati da San Paolo per esprimere questo mistero:

"rinunziò a tutto"; "scelse di essere servo"; "svuotò sè stesso".

- Egli era ricchissimo, non gli mancava nulla: ebbene, rinunziò a tutto.

- Egli era il Padrone del mondo: ebbene scelse di essere il servo.

- Egli era la Pienezza dell'Essere e della vita: ebbene svuotò sè stesso fino alla morte di croce.

Perché e per chi, ha compiuto questo gesto così sconvolgente? "Per noi uomini e per la nostra salvezza", cioè perché ci ama e ci vuole salvare.

L'ESEMPIO DI GESU’

- Il nostro nemico, quello che ci porta alla rovina, è la superbia. Allora Il Figlio di Dio si è fatto umile per insegnarci e donarci l'umiltà che salva, la sua umiltà.

- La superbia produce la disobbedienza. Allora Egli si è fatto obbediente fino alla morte per insegnarci e donarci la sua obbedienza offerta per la nostra salvezza.

- Noi siamo dominati dall'avarizia e dalla passione per le ricchezze di questo mondo. Egli si è svuotato di tutto, si è fatto povero per insegnarci e donarci la sua povertà che salva e libera dalla schiavitù del denaro e dei beni terreni.

La spiegazione di tutto è l'amore: "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo"!

E qui entriamo nel grande mistero di Gesù, il mistero dell'Incarnazione che si esprime così: Il Figlio Eterno di Dio si è fatto uomo per amor nostro.

Notate bene l'espressione: si è fatto uomo. Noi non diciamo "ha rivestito la nostra umanità": diciamo che si è atto uomo, è diventato uno di noi. Prima era Dio: ora è anche uomo, cioè ha una natura come la nostra: un'anima come la nostra ed un corpo come il nostro. Quindi ha un'intelligenza che ragiona come la nostra, un cuore che ama come il nostro, una sensibilità che soffre e gioisce come la nostra, istinti come i nostri, sensi e nervi, mani e piedi, fantasia ed impulsi come i nostri. Egli è un vero uomo: non un fac-simile, non una caricatura, non un robot. E' un uomo vero, tale quale sono io e siete voi. "In tutto uguale a noi eccetto il peccato". L'unica cosa che Egli non ha potuto assumere come sua è stato il peccato, perché il peccato è l'opposto di Dio. In compenso, però, si è caricato di tutti i nostri peccati e li ha portati fino sulla croce perché ogni peccato morisse con lui e fosse espiato con il suo sangue.
Questo Gesù, uomo vero e Dio vero, è la manifestazione visibile di Dio. In Lui è Dio stesso che si fa vedere e toccare da noi. "Chi vede me, vede il Padre" ha detto ai suoi discepoli "perché io sono nel Padre ed il Padre è in me!" (cfr Gv 14,9 -10) .

Attraverso la vita umana di Gesù Dio ci mostra visibilmente e palpabilmente chi è realmente, che cosa pensa, che cosa sente, che cosa vuole. Gesù, se mi permettete l'espressione, traduce nel linguaggio umano (fatto di gesti, di parole e di sentimenti), l'amore infinito di Dio. Per esempio: quando Gesù abbraccia i bambini compie un gesto di tenerezza che rivela la tenerezza di Dio e quando mangia con gli amici compie un gesto di affetto con il quale rivela l'amicizia affettuosa di Dio. Ricordatevi che Gesù rivela chi è Dio più con i fatti che con le parole.

Tutti i filosofi e tutti i grandi fondatori delle varie religioni che hanno parlato mirabilmente di Dio, ne hanno parlato dal di fuori, come un astronomo che parla delle sue scoperte nel cosmo conosciute guardando dal suo telescopio. Gesù invece rivela Dio dal di dentro come l'astronauta che viene da un altro mondo e che ha toccato con i suoi piedi e con le sue mani i pianeti e le stelle dell'universo. San Giovanni scrive giustamente: "Nessun uomo mai ha visto Dio! Ma Gesù che né è il Figlio Unigenito, Lui sì ce lo ha rivelato" (cfr Gv 1,18) .

NEL SENO DI MARIA

Ma in che modo il Figlio Eterno di Dio si è fatto uomo? La fede risponde: "per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria".

Non è possibile spiegare adeguatamente questo mistero, ma possiamo tentare di capirci qualcosa ricorrendo, magari, a qualche immagine.

a) Noi diciamo innanzitutto che Egli "si è incarnato": la parola "carne" nella Bibbia, significa "natura umana", cioè corpo e anima.

Affermando che Gesù si è incarnato, noi intendiamo dire che Egli ha fatto sua la nostra natura umana, diventando uomo come noi. Colui però che si è incarnato (ossia il Figlio eterno di Dio) non ha assunto una persona umana, ma semplicemente la natura umana per cui abbiamo in Cristo due nature (quella umana e quella divina) e una sola Persona: la Seconda Persona della Ss.ma Trinità, ossia il Figlio. Egli rimane sempre lo stesso come era prima, la Persona di prima, cioè quella del Verbo, la Seconda Persona della Ss.ma Trinità, ma si è fatto anche uomo assumendo la nostra natura umana! Quindi è nello stesso tempo vero Dio e vero uomo. Dio eterno ed infinito come il Padre, uomo vero e mortale come noi!

b) Ci domandiamo: come ha fatto a diventare vero uomo pur rimanendo vero Dio?

Da dove ha preso la carne, cioè la natura umana? "Dal seno della Vergine Maria." risponde la fede cristiana. Non ha preso una natura umana creata ex-novo dal nulla: in tal caso non sarebbe stato uno di noi! Neppure l'ha voluta prendere da un padre terreno perché Egli ha già un Padre vero: quello del Cielo. Invece ha preso la natura umana da una Vergine senza macchia di peccato perché fosse sì carne come la nostra, però senza la corruzione della nostra. Egli è uno di noi per quel che riguarda la natura umana, ma è diverso da noi per quel che riguarda l'origine. La sua origine non è da Adamo, ma dal Padre. La Madonna gli ha dato la carne, cioè la natura di uomo: il Padre, che da tutta l'eternità lo genera come vero Dio, per opera dello Spirito Santo, Lo ha generato anche come vero uomo.

L'OPERA DELLO SPIRITO

Con Gesù comincia un'umanità nuova che ha la sua origine dallo Spirito. Gesù è un uomo nuovo. E' uomo come noi, ma la sua vita umana viene da Dio per opera dello Spirito.

Di conseguenza con Gesù Dio dà inizio ad una umanità nuova perché Gesù diventa la sorgente di una vita nuova per quanti si uniscono a Lui, formando con Lui una cosa sola.

Ebbene, noi affermiamo che tutto ciò è "opera dello Spirito Santo". Con queste parole esprimiamo due realtà:

- la prima è che la vita umana di Gesù ha la sua origine dalla Potenza Infinita di Dio e non dal seme umano. Maria ha concepito da sola il suo Figliolo, senza il concorso dell'uomo, come invece avviene in ogni umana generazione. Ha potuto farlo perché Dio stesso gliene ha dato il potere con la forza onnipotente del suo Spirito;

- la seconda realtà è che il concepimento di Gesù, in quanto uomo, è opera dell'Amore infinito di Dio. Nella generazione di Gesù non manca l'amore, solo che non è quello del maschio verso la donna, ma è l'Amore stesso di Dio, la Terza Persona della Santissima Trinità (cioè lo Spirito Santo), che avvolge Maria come una nube di grazia: `Eo Spirito Santo scenderà su di te e la Potenza dell'Altissimo ti avvolgerà nella sua ombra" (Lc 1,35). Maria, a sua volta, presta il proprio assenso all'Incarnazione spinta dal suo amore verso Dio e verso di noi: "Eccomi, sono la serva del Signore; si faccia di me secondo la tua parola" (Le 1,38). Il risultato di questo misterioso scambio di amore è Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, vero Dio e vero uomo.

MARIA

In tutto questo mistero la Vergine Maria ha un suo ruolo che è centrale, unico, ínsostituibíle.

- Essa è il nuovo Paradiso Terrestre dove nasce l'Uomo Nuovo, quello che piace a Dio.

La Bibbia ci racconta che nell'antico Eden l'uomo venne dalla terra, creato dalla potenza e dall'amore di Dio, adorno di Grazia e di doni. A causa del peccato però la terra è stata maledetta e da quel momento ogni uomo nasce peccatore, corrotto, privo della Grazia e dei doni celesti che lo facevano "immagine" della divinità. Per cominciare una nuova umanità Dio ha voluto una terra vergine ed immacolata. Per questo ha preservato Maria dal peccato originale e l'ha riempita della sua divina benedizione! Da lei, dal suo seno, Dio ha tratto l'Uomo Nuovo, Gesù Cristo!

- Maria è il vero tempio vivente di Dio. L'accenno dell'angelo Gabriele alla nube misteriosa e divina che avvolgeva Maria ci richiama la nube altrettanto misteriosa che avvolgeva il tempio del Signore nel deserto. Quando quella nube scendeva sul tempio, gli ebrei sapevano che Dio stesso si faceva presente e parlava con Mosè. Qui Dio si fa presente con la sua Potenza ed il suo Amore in Maria per compiere in Lei il mistero dell'Incarnazione. In nessun altro luogo Dio è così presente come in Maria!

- Maria è vera Madre di Dio. Essa è la vera mamma di Gesù in quanto uomo e lo è come nessun'altra donna lo è mai stata e mai lo sarà. Essa, infatti, non solo dona a suo figlio quello che le altre mamme donano ai loro figlioli quando li generano; Gli dona molto di più. Le altre mamme, infatti, donano la vita ai loro figli unitamente ai mariti; Maria invece è sola nel dargli la vita umana. Ne vengono conseguenze importantissime di carattere genetico, somatico, psicologico. Per non addentrarci in questioni che non ci competono, diremo solo questo: che la somiglianza fisica e psicologica tra Gesù e sua madre non può essere che eccezionale, unica, proprio per il concepimento verginale.

Maria viene chiamata dalla Chiesa vera Madre di Dio perché il Figlio da lei generato è Lo stesso che il Padre Celeste genera ineffabilmente da tutta l'eternità, come abbiamo visto sopra. Questo titolo meraviglioso Le fu riconosciuto ufficialmente nel Concilio di Efeso (a. 431) quando venne proclamato il dogma della Theotòcos (= Madre di Dio). Allora tutta la cristianità esultò di gioia e da quel momento la devozione mariana si diffuse in tutto il mondo.

Il fatto poi che Gesù sia figlio di Maria e figlio di Dio, comporta per la Madonna una singolare partecipazione all'amore paterno di Dio nei riguardi di Cristo. Il Cuore di Maria ne divenne e ne rimane per eccellenza il traduttore, per così dire, in termini materni. Maria cioè tradusse e traduce, con sentimenti materni unici, l'amore unico di Dio Padre per il suo Figliolo Gesù. Il che colloca Maria nel mistero della Santissima Trinità donandole una dignità che San Tomaso d'Acquino non esita a dire quasi infinita.

Infatti:

- il Padre e Maria si incontrano in un comune soggetto di generazione e d'amore, in un comune figlio: Gesù!

Gesù è tutto per il Padre Celeste: "Questi è il mio figlio, il diletto!"

Ma Gesù è tutto anche per Maria: "La. madre di Gesù!";

- il Figlio ha con Lei una relazione unica per il fatto che è anche suo vero figlio, come lo è del Padre Celeste;

- infine Maria ha una relazione unica anche con lo Spirito Santo. Egli infatti ha operato in Lei e con Lei l'incarnazione di Cristo;

- un'ultima osservazione tra le tante che potremmo ancora fare. Nessuna mamma ha mai amato, e mai amerà suo figlio come la Madonna ha amato e ama Gesù. Un giorno il Signore ha detto queste parole: "Chi ama il proprio figlio più di me, non è degno di me". Con ciò Egli intendeva dire che per tutti gli uomini c'è un oggetto d'amore che supera anche le relazioni più care e più intime: Dio! Ecco perciò il grande comandamento: "Ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze!" (Mt 22,37).

Ci sono delle mamme che si sono trovate nella necessità di passare sopra l'amore dei propri figli per rispondere all'amore di Dio. Ricordo, ad esempio, la mamma dei sette fratelli Maccabei, di cui parla la Bibbia, o Santa Francesca di Chantall che, chiamata da Dio al monastero dopo la morte del marito, ha saputo staccarsi dai suoi figlioli per donarsi al servizio del Signore pur dovendo superare la loro tenace opposizione gridando loro: Dio prima di tutto, Dio sopra tutto! Maria iinvece può riversare tutta la pienezza del suo amore di madre e di creatura su Gesù perché è proprio Gesù che deve amare con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le sue forze! Gesù è il suo figliuolo, ma è anche il suo Dio!

Per Lei amare Dio e amare suo figlio è la medesima cosa!

eletti non abbiano conseguito per sempre la gloria finale" (LG 61-62).

E' da queste verità di fede che deve sgorgare la vera devozione alla Madonna, non dal nostro sentimentalismo. La devozione a Maria deve esprimere il rapporto stupendo che Dio ha stabilito tra Lei (Madre di Dio e Madre nostra) e noi (figli di Dio e figli suoi): un rapporto fatto di venerazione per la sua grandezza, di amore filiale per la sua bontà e di fiducia illimitata per la sua potente intercessione materna presso il Figlio Gesù.

CONTEMPLAZIONE

Il brano di vangelo che ti propongo per la tua preghiera contemplativa è uno dei più significativi e dei più profondi del Nuovo Testamento. Affrontalo con umiltà e chiedi allo Spirito di illuminarti e guidarti.

Vangelo di Giovanni cap. 1

In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

Egli era in principio presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.

Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente, ma- i suoi non- l'hanno accolto.

A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,

i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me».

Dalla sua. pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.

Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

martedì 20 settembre 2011

Familiaris Consortio - La famiglia cristiana - XL

Continuiamo il percorso familiare e reimmergiamoci nelle parole della Familiaris Consortio del "Beato" Giovanni Paolo II. Dopo aver visto i tempi della pastorale familiare, scopriamo oggi quali sono le strutture di tale azione pastorale che non si esauriscono solo nell'ambito parrocchiale:

PARTE QUARTA

LA PASTORALE FAMILIARE: TEMPI, STRUTTURE, OPERATORI E SITUAZIONI 

II. Strutture della pastorale familiare

L'azione pastorale è sempre espressione dinamica della realtà della Chiesa, impegnata nella sua missione di salvezza. Anche la pastorale familiare - forma particolare e specifica della pastorale - ha come suo principio operativo e come protagonista responsabile la Chiesa stessa, attraverso le sue strutture e i suoi operatori.

La comunità ecclesiale e in particolare la parrocchia

70. Comunità al tempo stesso salvata e salvante, la Chiesa deve essere qui considerata nella sua duplice dimensione universale e particolare: questa si esprime e si attua nella comunità diocesana, pastoralmente divisa in comunità minori fra cui si distingue, per la sua peculiare importanza, la parrocchia.

La comunione con la Chiesa universale non mortifica, ma garantisce e promuove la consistenza e l'originalità delle diverse Chiese particolari; queste ultime restano il soggetto operativo più immediato e più efficace per l'attuazione della pastorale familiare. In tal senso ogni Chiesa locale e, in termini più particolari, ogni comunità parrocchiale deve prendere più viva coscienza della grazia e della responsabilità che riceve dal Signore in ordine a promuovere la pastorale della famiglia. Ogni piano di pastorale organica, ad ogni livello, non deve mai prescindere dal prendere in considerazione la pastorale della famiglia.

Alla luce di tale responsabilità va compresa anche l'importanza di un'adeguata preparazione da parte di quanti verranno più specificamente impegnati in questo genere di apostolato. I sacerdoti, i religiosi e le religiose, fin dal tempo della loro formazione, vengano orientati e formati in maniera progressiva e adeguata ai rispettivi compiti. Fra le altre iniziative mi compiaccio di sottolineare la recente creazione in Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, di un Istituto Superiore consacrato allo studio dei problemi della famiglia. Anche in alcune diocesi sono stati fondati Istituti di questo genere; i Vescovi s'impegnino affinché il più gran numero possibile di sacerdoti, prima di assumere responsabilità parrocchiali, vi frequentino corsi specializzati. Altrove corsi di formazione vengono periodicamente tenuti presso Istituti Superiori di studi teologici e pastorali. Tali iniziative vanno incoraggiate, sostenute, moltiplicate ed aperte, ovviamente, anche ai laici che presteranno la loro opera professionale (medica, legale, psicologica, sociale, educativa) in aiuto della famiglia.

La famiglia

71. Ma soprattutto dev'essere riconosciuto il posto singolare che, in questo campo, spetta alla missione dei coniugi e delle famiglie cristiane, in forza della grazia ricevuta nel sacramento. Tale missione dev'essere posta a servizio dell'edificazione della Chiesa, della costruzione del Regno di Dio nella storia. Ciò è richiesto come atto di docile obbedienza a Cristo Signore. Egli, infatti, in forza del matrimonio dei battezzati elevato a sacramento, conferisce agli sposi cristiani una peculiare missione di apostoli, inviandoli come operai nella sua vigna, e, in modo tutto speciale, in questo campo della famiglia.

In questa attività essi operano in comunione e collaborazione con gli altri membri della Chiesa, che pure s'impegnano a favore della famiglia, mettendo a frutto i loro doni e ministeri. Tale apostolato si svolgerà anzitutto in seno alla propria famiglia, con la testimonianza della vita vissuta in conformità della legge divina in tutti i suoi aspetti, con la formazione cristiana dei figli, con l'aiuto dato alla loro maturazione nella fede, con l'educazione alla castità, con la preparazione alla vita, con la vigilanza per preservarli dai pericoli ideologici e morali da cui spesso sono minacciati, col loro graduale e responsabile inserimento nella comunità ecclesiale e in quella civile, con l'assistenza e il consiglio nella scelta della vocazione, col mutuo aiuto tra i membri della famiglia per la comune crescita umana e cristiana, e così via. L'apostolato della famiglia, poi, si irradierà con opere di carità spirituale e materiale verso le altre famiglie, specialmente quelle più bisognose di aiuto e di sostegno, verso i poveri, i malati, gli anziani, gli handicappati, gli orfani, le vedove, i coniugi abbandonati, le madri nubili e quelle che, in situazioni difficili, sono tentate di disfarsi del frutto del loro seno, ecc.

Le associazioni di famiglie per le famiglie

72. Sempre nell'ambito della Chiesa, soggetto responsabile della pastorale familiare, sono da ricordare i diversi raggruppamenti di fedeli, nei quali si manifesta e si vive in qualche misura il mistero della Chiesa di Cristo. Sono perciò da riconoscere e valorizzare - ciascuna in rapporto alle caratteristiche, finalità, incidenze e metodi propri - le diverse comunità ecclesiali, i vari gruppi e i numerosi movimenti impegnati in vario modo, a diverso titolo e a diverso livello, nella pastorale familiare.

Per tale motivo il Sinodo ha espressamente riconosciuto l'utile apporto di tali associazioni di spiritualità, di formazione e di apostolato. Sarà loro compito suscitare nei fedeli un vivo senso di solidarietà, favorire una condotta di vita ispirata al Vangelo e alla fede della Chiesa, formare le coscienze secondo i valori cristiani e non sui parametri della pubblica opinione, stimolare alle opere di carità vicendevole e verso gli altri con uno spirito di apertura, che faccia delle famiglie cristiane una vera sorgente di luce e un sano fermento per le altre.

Similmente e desiderabile, che, con vivo senso del bene comune, le famiglie cristiane si impegnino attivamente a ogni livello anche in altre associazioni non ecclesiali. Alcune di tali associazioni si propongono la preservazione, trasmissione e tutela dei sani valori etici e culturali dei rispettivi popoli, lo sviluppo della persona umana, la protezione medica, giuridica e sociale della maternità e dell'infanzia, la giusta promozione della donna e la lotta a quanto mortifica la sua dignità, l'incremento della mutua solidarietà, la conoscenza dei problemi connessi con la responsabile regolazione della fecondità secondo i metodi naturali conformi alla dignità umana e alla dottrina della Chiesa. Altre mirano alla costruzione di un mondo più giusto e più umano, alla promozione di leggi giuste che favoriscano il retto ordine sociale nel pieno rispetto della dignità e di ogni legittima libertà dell'individuo e della famiglia, a livello sia nazionale sia internazionale, alla collaborazione con la scuola e con le altre istituzioni, che completano l'educazione dei figli, e così via.

lunedì 19 settembre 2011

Scopriamo Santa Maria Faustina Kowalska - Trentesimo appuntamento

Torniamo ad approfondire la figura di Santa Faustina Kowalska, nota come l'Apostola della Divina Misericordia. Oggi entriamo ancora nel profondo dell'anima di Suor Faustina e scopriamo nuove pagine relative alla sua vita in Cristo, per Cristo, con Cristo. Davvero tutta la sua esistenza sembra essere un inno a Dio e un ripercorrere le orme tracciate dal Signore Gesù che vuole, attraverso questa dolce suora, mostrare al mondo intero quanto intenso e indescrivibile sia l'amore che Egli prova per tutte le anime del mondo: 

PICCOLE MORTIFICAZIONI.

Recitare la coroncina alla Divina Misericordia con le braccia in croce. il sabato una parte del rosario con le braccia in croce. Talvolta una preghiera stesa a terra in forma di croce. Il giovedì l'ora santa. Il venerdì una mortificazione maggiore per i peccatori agonizzanti. O Gesù, amico dei cuori oppressi dalla solitudine, Tu sei il mio rifugio. Tu sei la mia pace. Tu sei l'unica mia salvezza. Tu sei la quiete nei momenti della lotta e nel mare dei dubbi. Tu sei il raggio luminoso che illumina la strada della mia vita. Tu sei tutto per un'anima solitaria. Tu comprendi le anime, anche se non parlano. Tu conosci le nostre debolezze e come un buon medico consoli e curi, riducendo le sofferenze da buon intenditore. Parole del Vescovo, che si trovano nella cerimonia dei voti perpetui delle Suore: « Accetta in mano questo cero, in segno dì illuminazione celeste e di amore ardente ». Mentre consegna l'anello: « Ti sposo a Gesù Cristo, Figlio dell'Eterno Padre, che ti conservi senza macchia. Ricevi quest'anello in segno dell'eterna alleanza che contrai con Cristo, Sposo delle vergini. Sia per te l'anello della fedeltà, il sigillo dello Spirito Santo, in modo che tu sia chiamata sposa di Cristo e, se l'avrai servito fedelmente, venga incoronata per l'eternità ».

+ O Gesù, confido in Te, confido nell'oceano della Tua Misericordia. Tu sei per me una Madre!

+ Quest'anno 1933 è per me particolarmente solenne, poiché in quest'anno del Giubileo della Passione del Signore ho pronunciato i voti perpetui. La mia offerta sacrificale l'ho unita in modo speciale al Sacrificio dì Gesù sulla Croce, perché divenisse in questo modo più gradita a Dio. Ogni mia azione la compio con Gesù, per Gesù, in Gesù. Dopo i voti perpetui sono rimasta ancora a Cracovia per tutto il mese dì maggio, poiché la mia destinazione oscillava fra Rabka e Wilno. Una volta che la Madre Generale mi chiese: « Come mai lei, sorella, se ne sta così silenziosa e non si prepara per partire da nessuna parte? », risposi: « Io voglio la pura volontà di Dio. Dove mi manda lei, cara Madre, senza ingerenze da parte mia, li sono certa che è per me la pura volontà dì Dio ». A questo la Madre Generale mi rispose: « Molto bene ». il giorno dopo la Madre Generale mi chiamò a sé e mi disse: « Dato che lei voleva la pura volontà di Dio eccola, lei andrà a Wilno ». Ringraziai e attesi il giorno in cui mi avrebbero detto di partire. Però gioia e timore assieme m invasero l'anima. Sentivo che Dio mi preparava là molte grazie, ma anche molte tribolazioni. Ad ogni modo fino al 27 maggio rimasi a Cracovia. Dato che non avevo un lavoro fisso, ma andavo ad aiutare nell'orto e per varie circostanze lavoravo da sola, ebbi la possibilità per tutto il mese di fare gli esercizi spirituali secondo il sistema dei gesuiti. Benché partecipassi alle ricreazioni comuni, continuai gli esercizi spirituali dì S. Ignazio, durante i quali ottenni molta luce da Dio.

+ Sono passati quattro giorni dai voti perpetui. Ho cercato di fare l'ora santa. Era il primo giovedì del mese. Appena entrata in cappella, la presenza di Dio s'impossessò di me. Sentivo chiaramente che il Signore era accanto a me. Dopo un momento vidi il Signore tutto coperto di ferite, che mi disse: « Vedi chi hai sposato ». Io compresi il significato dì queste parole e risposi al Signore: « O Gesù, Ti amo maggiormente vedendoTi così ferito ed annientato, più che se Ti vedessi nella Tua Maestà ». Gesù mi domandò: « Perché? ». Risposi: « Una grande Maestà spaventa me che sono piccola; sono una nullità e le Tue Piaghe mi attirano verso il Tuo Cuore e mi parlano del Tuo grande amore per me ». Dopo questo colloquio subentrò il silenzio. Osservai attentamente le Sue sante Piaghe e mi sentii felice soffrendo con Lui. Soffrendo non soffrivo, perché ero felice di conoscere la profondità del Suo amore e passò un'ora, che per me fu come un minuto.

+ Non giudicare mai nessuno: per gli altri avere occhi pieni d'indulgenza, per sé occhi severi. Per ogni cosa fare riferimento a Dio ed ai miei occhi sentirmi quella che sono, cioè la più grande miseria e nullità. Nelle sofferenze conservare la pazienza e la serenità, sapendo che col tempo tutto passa.

+ Di quello che ho vissuto nei momenti in cui ho fatto i voti perpetui, non conviene parlare. Sono in Lui ed Egli è in me. Nel momento in cui Mons. Vescovo mi ha messo l'anello, Iddio è penetrato in tutto il mio essere e non sapendolo descrivere sorvolo in silenzio su quel momento. Dopo i voti perpetui il mio rapporto intimo con Dio è tanto stretto, quanto non è stato mai in precedenza. Sento che amo Dio e sento che Egli ama me. La mia anima dopo aver gustato Iddio, non saprebbe vivere senza dì Lui. Per me è più piacevole un'ora sola passata ai piedi dell'altare nella più grande aridità di spirito, che cento anni di piaceri nel mondo. Preferisco essere uno zimbello insignificante in convento, piuttosto che una regina nel mondo.

+ Nasconderò agli occhi della gente tutto ciò che farò di buono, in modo che Dio solo sia la mia ricompensa. Come una modesta violetta nascosta fra l'erba, che non ferisce il piede dell'uomo che la calpesta, ma emana profumo e, dimenticando completamente se stessa, cerca di essere gentile con la persona che l'ha calpestata. Per la natura umana ciò è molto gravoso, ma la grazia dì Dio ci viene in aiuto.

+ Ti ringrazio, Gesù, dì questa grande grazia, perché m'hai fatto conoscere tutto l'abisso della mia miseria; so dì essere una voragine di nullità e se la Tua santa grazia non mi sostenesse, in un attimo sarei annientata. Perciò con ogni battito del cuore Ti ringrazio, o Dio, per la grande Misericordia che hai verso dì me. Domani debbo partire per Wilno. Oggi sono andata a confessarmi da Padre Andrasz, un Sacerdote che ha un profondo spirito di Dio, quello che mi ha sciolto le ali per poter volare verso le altezze più inaccessibili. Mi ha tranquillizzato in tutto e mi ha imposto di credere nella Provvidenza Divina: « Abbia fiducia ed avanzi con coraggio! ». Dopo la confessione ho sentito in me una misteriosa forza divina. Il Padre mi ha esortato insistentemente ad essere fedele alla grazia di Dio ed ha detto: « Se continuerà a conservare la semplicità e l'obbedienza, non le accadrà nulla dì male. Abbia fiducia in Dio; è sulla buona strada e in buone mani, nelle mani dì Dio ».

+ La sera sono rimasta un po' più a lungo in cappella. Ho parlato col Signore di una certa anima. Incoraggiata dalla Sua bontà ho detto: « Gesù, mi hai dato questo Padre, che mi ha compreso per quanto riguarda queste ispirazioni e me lo togli di nuovo. Che potrò fare io a Wilno? Non conosco nessuno, non capisco nemmeno come parla quella gente ». Ed il Signore mi ha detto: « Non temere, non ti lascerò sola». La mia anima si è immersa in una preghiera di ringraziamento per tutte le grazie che il Signore mi ha concesso per mezzo di Padre Andrasz. Tutto ad un tratto mi è venuta in mente quella visione nella quale avevo visto un Sacerdote fra il confessionale e l'altare. Mentre speravo di poterlo conoscere un giorno, mi son tornate molto chiare in mente le parole, che avevo sentito allora: « Egli ti aiuterà a fare la Mia volontà sulla terra ».

Oggi 27 maggio 1933 parto per Wilno. Quando sono uscita davanti alla casa, mi sono girata a guardare tutto l'orto e il fabbricato; quando ho diretto lo sguardo verso il noviziato, all'improvviso mi son venute le lacrime agli occhi. Pensavo a tutti i benefici ed alle grazie che il Signore mi aveva concesso. Ad un tratto inaspettatamente, presso un'aiuola, vidi il Signore che mi disse: « Non piangere; Io sono sempre con te». La presenza di Dio, che m'investì mentre il Signore Gesù parlava, durò per tutto il tempo del viaggio. Avevo il permesso di fermarmi a Czestochowa. Per la prima volta vidi la Madonna allorché mi recai, alle cinque del mattino, ad assistere allo scoprimento dell'immagine. Rimasi là a pregare senza interruzione fino alle undici e mi sembrava d'essere appena arrivata. La Superiora del luogo mandò una Suora a cercarmi perché andassi a colazione e perché si preoccupava che non facessi tardi al treno. La Madre di Dio mi disse molte cose. Affidai a Lei i miei voti perpetui. Sentivo di essere la Sua bambina e che Lei era mia Madre. Non mi rifiutò nulla di quello che Le chiesi.

+ Oggi sono già a Wilno. Il convento è costituito da casette sparse qua e là. La cosa mi fa un effetto un po' strano, dopo i grandi edifici di Jòzefòw. Vi sono solo diciotto suore. La casetta è piccola, ma l'affiatamento in questa comunità è una gran cosa. Tutte le suore mi hanno accolta molto cordialmente e ciò mi è stato di grande incoraggiamento per affrontare le fatiche che mi attendevano. Suor Giustina aveva perfino passato lo straccio sul pavimento per il mio arrivo.

+ Quando andai alla Benedizione Gesù m'illuminò sul modo di comportarmi con certe persone. Mi strinsi con tutte forze al Cuore dolcissimo dì Gesù, vedendo che sarei stata esposta esternamente a distrazioni, in conseguenza del compito che ho da svolgere nell'orto e per il quale debbo avere rapporti con persone esterne.

+ È giunta la settimana della confessione ed ho visto con gioia quel Sacerdote, che avevo conosciuto prima di venire a Wilno. L'avevo conosciuto in visione. All'improvviso sentii nell'anima queste parole: « Ecco il Mio servo fedele; egli ti aiuterà a fare la Mia volontà qui sulla terra ». Io però non mi sono fatta conoscere da lui, come desiderava il Signore. E per un certo tempo ho lottato con la grazia. In ogni confessione la grazia di Dio m'investiva misteriosamente, ma io non gli svelai la mia anima ed avevo intenzione di non confessarmi da quel Sacerdote. Dopo tale proposito un'inquietudine tremenda s'impadronì della mia anima. Dio mi rimproverò energicamente. Quando svelai tutta la mia anima a quel Sacerdote, Gesù riversò sulla mia anima tutto un mare di grazie. Ora comprendo quello che è la fedeltà ad una singola grazia e come essa attiri una serie di altre grazie.

+ O mio Gesù, tienimi accanto a Te. Vedi come sono debole; da sola non faccio nemmeno un passo avanti. Per questo, o Gesù, devi stare continuamente con me come una madre presso un bambino debole e anche dì più. Sono cominciate le giornate dì lavoro, di lotte e di tribolazioni. Tutto procede secondo il ritmo di una casa religiosa. Si è sempre novizi; si debbono imparare e conoscere molte cose, poiché, sebbene la regola sia la stessa, ogni casa ha le sue usanze e perciò ogni cambiamento è un piccolo noviziato.

domenica 18 settembre 2011

Forse tu sei invidioso, perché io sono buono?

Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo la Parola di Cristo che ci chiama a lavorare nella Sua Vigna, attraverso il commento di mons. Gianfranco Poma:


Le pagine del Vangelo di Matteo che stiamo leggendo in queste settimane fanno parte di una sezione nella quale Gesù, dopo aver dichiarato di voler edificare la sua Chiesa su Pietro, va mostrando che cosa significhi la "Chiesa", che cosa sia chiesto a Pietro perché possa essere la pietra nelle mani del suo Signore e come siano chiamati a vivere i discepoli perché possano essere la "comunità riunita" dalla sua Parola e dal suo Amore. Si tratta del dispiegarsi di un quadro le cui molte scene descrivono la normalità della vita umana illuminata dalla Parola di Gesù che rivela che, con la sua presenza, il regno dei cieli ha fatto irruzione nella storia: Dio è con noi, si è fatto compagno della nostra quotidianità, si è fatto uno di noi per poter amarci veramente, mostrarci che cosa significhi amare e fare dell'umanità dispersa una comunità (la "chiesa"). A Pietro chiede di "pensare secondo Dio e non secondo gli uomini": gli uomini pensano al Dio potente, che vince e che dona agli uomini potere e grandezza; per Gesù, pensare secondo Dio vuol dire discendere, farsi piccolo, farsi uomo, per condividere, per amare.
Il Vangelo, nella sua unità, ha una precisa intenzione pedagogica: vuole educarci a lasciarci guidare da Gesù per imparare, come Pietro, a pensare secondo Dio, perché possa edificare la sua Chiesa che mostri al mondo la presenza del regno dei cieli. E' meraviglioso il Vangelo, che non è un trattato di "ecclesiologia", ma la narrazione delle "meraviglie di Dio" che l'evangelista, credendo, vede scorrere sotto i suoi occhi: così anche noi vedendo Dio operante nella nostra vita, impariamo a narrare la vita felice che ci è offerta. La Liturgia omette la lettura del cap.19 di Matteo che presenta questioni importanti per la vita cristiana: dovremmo farne oggetto di studio personale facendo attenzione al rischio nel quale spesso cadiamo, di ridurre l'esperienza cristiana ad un'etica, dimenticando che si tratta invece, sempre, di rispondere a ciò che Dio fa per noi.
Il brano che leggiamo nella domenica XXV del tempo ordinario, Matt.20,1-16, ci apre ad uno sguardo nuovo sul mondo, sulla storia, sulle relazioni: lo sguardo della fede, di chi vede con gli occhi di Cristo. Certo potremmo fare una lettura deviante di questa pagina che comincia dicendo: "Il regno dei cieli è simile ad un uomo, responsabile della casa." Potremmo dire che, parlando del regno dei cieli, parla di una realtà inesistente, di una utopia: quale responsabile di una casa, di una impresa, agirebbe come questo uomo del Vangelo? Oppure potremmo pensare che parli del "paradiso" futuro a cui avranno accesso coloro che sulla terra sono stati così virtuosi da fare scelte umanamente fallimentari: è pure un rischio la lettura solo "spirituale" del Vangelo che ci conduce alla sdoppiamento della vita tra individuale e pubblico, fede e comportamento.Alla fine, potremmo farne una lettura solo consolatoria: è bello ascoltare il Vangelo, per poi ripiombare, tristi, nella realtà quotidiana!
La Liturgia ci ripropone questa pagina, provocante, perché accettiamo di lasciarci condurre da Gesù alla radice della nostra coscienza dove nascono tutte le domande. "Il regno dei cieli è simile ad un uomo.": quando Gesù parla del "regno dei cieli" intende una realtà concreta, presente, già sperimentabile, intende parlare di Dio che è dentro la storia per darle il suo significato. ".E' simile ad un uomo, responsabile della casa, che uscì all'alba.": Dio è presente, nella storia con la forza simile a quella di un uomo, responsabile della casa, che esce all'alba.Comincia allora il Vangelo ad aprirci all'esperienza di Dio, un Dio presente nella storia con la preoccupazione e la passione di un uomo responsabile. Un Dio appassionato, che non rimane chiuso nella casa, ma "esce" alla ricerca di operai per la sua vigna: l'immagina di Dio che esce è pure espressiva, per dirci che si apre, si abbassa per amore per la sua vigna. Esce all'alba, per assumere con un contratto operai, tratta con loro, si accorda e li invia nella vigna. Esce poi di nuovo, alle nove, a mezzogiorno, alle tre, alle cinque: è davvero preoccupato.In realtà, gradualmente, l'atteggiamento dell'uomo responsabile cambia: se all'inizio la preoccupazione è solo economica, amministrativa, e il rapporto con gli operai è di fredda giustizia, gradualmente cambia. Già alle nove, il signore è attento alle persone: "Vide altri che stavano in piazza, disoccupati", e il rapporto con loro è unilaterale (forse non ne avrebbe strettamente bisogno): "Andate anche voi nella vigna e quello che è giusto lo darò a voi". Vede uomini bisognosi, poveri, potrebbe strumentalizzare la loro condizione e invece se ne assume il carico: la "giustizia" diventa gratuità che i lavoratori accettano, a loro volta con il rischio di rimanere poi delusi. La relazione non è più fondata su un contratto, ma sulla fiducia reciproca e sulla gratuità con cui il signore ha guardato alla povertà degli uomini. Questo si ripete a mezzogiorno e alla tre. Alle cinque, quando ormai la giornata è quasi finita, l'ultima uscita del signore diventa un dialogo con quegli uomini che "stavano lì", con la loro delusione, con il senso del vuoto. "Perché state qui tutto il giorno senza fare niente?" "Perché nessuno ci ha assunto": nessuno ha guardato a loro, forse sono troppo deboli, forse sono inaffidabili.sentono la loro inutilità, il loro fallimento, ma hanno incontrato qualcuno che si è fermato, li ha visti, ha parlato con loro. "andate anche voi nella vigna".

Quale esperienza di Dio il Vangelo ci propone! Un Dio che entra nella storia, che scende, che impara a stare con gli uomini, che parla con loro, che supera gli schemi, che conosce la povertà, la delusione e che impara ad essere un Dio che solamente dona, che rimane fedele alla sua volontà di amore, di non abbandonare chi è solo, di chiamare chi nessuno chiama, di servirsi di chi nessuno si serve, di cambiare il mondo con chi sembra non contare niente, di salvare il mondo con chi il mondo mette in croce. Ma come: "noi abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo, e tu tratti chi ha lavorato solo un'ora, come noi.!" L'esperienza di Dio che il Vangelo ci propone è l'esperienza di un Dio che dice: "Io sono buono", e che in Gesù ci ha mostrato che cosa significhi questa "follia di Dio" che continua a chiamare "amico" chi fa della bontà il motivo per diventare invidioso.

"Il regno dei cieli è simile a un uomo.": non si tratta di una utopia, ma della più concreta esperienza di Dio. E'così simile a ciò che accade ai nostri giorni, quello di cui parla la pagina del Vangelo. Gesù continua ad edificare la sua Chiesa su chi non ha rivendicazioni da fare, su chi non ha paura della propria fragilità, su chi si lascia guardare, cercare, interpellare da lui, su chi si lascia trovare da lui all'ultima ora perché davanti al mondo non conta niente, su chi ha gli occhi del bambino che sa vedere che Lui è buono e ha il coraggio di fare di questo la Legge nuova, la logica nuova su cui nasce un mondo più umano.

giovedì 15 settembre 2011

Alle sorgenti della Pietà - XII parte

Torniamo a meditare (eccezionalmente oggi per impossibilità di ieri) con l'opera di don Luigi Fusina che ha raccolto alcune meditazioni rivolte a semplici fedeli e capaci di sollecitare in loro un senso di meditazione e riflessione sulle grandi verità che generano nell'anima la vera pietà cristiana. Oggi l'attenzione è fissa sul mistero della salvezza che si è compiuto in Gesù Cristo: 

- Capitolo 10 -

"PER NOI UOMINI E PER LA NOSTRA SALVEZZA..."

 IL MISTERO DELLA SALVEZZA 
 
 Dopo aver proclamato la nostra fede nella divinità di Gesù dobbiamo meditare un altro grande mistero: quello della salvezza. Dicendo le parole "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo" noi affermiamo che quel Gesù, che è il vero Unigenito Figlio di Dio, si è occupato di noi uomini, ha lasciato il Cielo ed è venuto sulla terra. Per chi? Per che cosa?

- "Per noi uomini", cioè per tutti gli uomini e per ciascun uomo in particolare.

- "Per la nostra salvezza", ossia per salvarci.

Ma noi abbiamo proprio bisogno di essere salvati? Da chi e da che cosa? Che significa per noi "la salvezza"? In che senso Gesù è il nostro salvatore?

Son tutte domande alle quali la Parola di Dio risponde rivelandoci un grande mistero: il Mistero della Salvezza o della Redenzione in Cristo. Vediamone insieme i due elementi costitutivi così come ci vengono presentati dal Credo.

IL PRIMO ELEMENTO: L'Amore della Trinità

"Per noi uomini" - Vuol dire: per nostro amore. L'opera della salvezza è opera di amore divino.

- Innanzitutto c'è l'amore del Figlio di Dio che scende dal cielo per noi. Egli però viene obbedendo ad un mandato del Padre: "Io non sono venuto per fare la mia volontà, ma quella del Padre che mi ha mandato" (Gv 6,38). Quando diciamo il "Padre nostro" e arriviamo alla petizione "Sia fatta la Tua volontà come in cielo, così in terra" è a questa obbedienza del Figlio che alludiamo. Come cioè il Figlio compie la volontà del Padre in cielo fin da tutta l'eternità, così, sul suo esempio, fa che la compiamo anche noi qui in terra. Innanzitutto perciò apriamo gli occhi della fede per contemplare Colui che in Cielo compie la volontà del Padre, ossia il Verbo, la seconda Persona della Santissima Trinità. Egli, spinto proprio dall'amore per il Padre e per noi, ha detto il suo "sì" divino all'opera della redenzione accettando la missione affidatagli dal Padre per la nostra salvezza.

Quest'atto di obbedienza del Figlio precede tutta la storia della salvezza. E' un "sì" che risale "al principio", prima ancora della creazione del mondo. Ecco perché, nel corso della storia che precede l'Incarnazione, troviamo questo "sì" già presente nelle profezie che riguardano Gesù, come, ad esempio, nel salmo 40,7-9 in cui si fa dire al futuro Salvatore: "Ecco, io vengo, Signore, per fare la tua volontà". La Lettera agli Ebrei riprende queste parole profetiche applicandole a Cristo nel momento in cui si fa uomo nel seno verginale di Maria: "Cristo, entrando nel mondo, dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per i peccati. Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà!" (Ebrei 10,5-7). E quando Maria, esclama: "Eccomi, sono la serva del Signore; si faccia di me secondo la tua parola!" (LC 1,38) come un'eco, esprime sensibilmente, facendola propria, l'obbedienza del Figlio. In tal modo il nuovo Adamo e la nuova Eva, come insegna la Chiesa alla luce dei santi Padri, riparano con la loro obbedienza la superba disobbedienza dei progenitori. Questa obbedienza del Verbo incarnato, sublime atto d'amore per il Padre, costituisce il cuore del sacrificio della Nuova Alleanza, il centro dell'opera della salvezza.

- Questo atto di obbedienza, mentre ci mette davanti agli occhi l'esempio del Figlio di Dio, ci rivela anche l'amore del Padre per noi, amore che Lo porta a "dare in sacrificio" il Figlio diletto per la nostra redenzione.

E' Lui dunque, il Padre, la sorgente della nostra salvezza! Gesù viene a redimerci prima di tutto per amore del Padre, per attuare il suo paterno progetto in nostro favore: "Dio è Amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui" (1Gv 4,8-9). Gesù ci ama perché ama il Padre e vuole salvarci perché così vuole il Padre. Gesù guarda a noi come a realtà preziose che appartengono al Padre e che il Padre ha affidato a lui: "Erano tuoi - dice dei discepoli - e li ha dati a me!" (Gv 17,6). - Lo Spirito Santo poi continua nella storia l'opera salvifica di Gesù mediante la Chiesa. La salvezza infatti, come vedremo, viene attuata in noi dallo Spirito che ci unisce in una comunione vitale e soprannaturale con Gesù e, in Lui, con il Padre. Per l'opera dello Spirito Santo diventiamo 'figli nel Figlio", quindi "obbedienti nell'Obbediente" per la gloria del Padre.

La salvezza perciò è opera di tutta la Ss.ma Trinità perché tutte tre le divine Persone vi sono coinvolte dall'Amore infinito: il Padre la progetta e la vuole, il Figlio obbedisce e la compie, lo Spirito Santo la porta e la realizza in ciascuno di noi. Potremo ancora dubitare dell'amore di Dio? "Dio dimostra il suo amore per noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,8). "Che diremo dunque di fronte a questi fatti? Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?... Chi ci separerà dall'amore di Cristo?... Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né

alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore!" (Rm 8,11,17).

IL SECONDO ELEMENTO: Il mistero pasquale

"E per la nostra salvezza". In che cosa consiste la salvezza? Sarebbe molto lungo un discorso approfondito su questo punto. Del resto ne abbiamo già accennato e ne parleremo anche più avanti, quando tratteremo della morte e risurrezione di Cristo. Mi limiterò perciò a pochi cenni per aiutare la nostra preghiera e la nostra partecipazione alla S. Liturgia nella quale si rinnova e si celebra sacramentalmente questa grande opera di Dio.

In genere si dice che uno è salvato quando viene liberato da una situazione di grave disagio, tale da poter privarlo di un grande bene, quale potrebbe essere la vita stessa. Ebbene l'umanità, a causa della ribellione originale, istigata dal demonio, è venuta a trovarsi in una gravissima situazione e in un grandissimo pericolo. La situazione è la separazione da Dio e dalla sua grazia; il pericolo è l'eterna dannazione come logica conseguenza. Il peccato originale infatti, secondo la divina rivelazione, consiste in una libera adesione alla ribellione di Satana da parte dell'umanità rappresentata da Adamo. Il racconto biblico, nella sua forma attuale, tradisce una trasmissione letteraria "mitologica", sotto la quale però si nasconde una realtà storica e vera. I personaggi, i loro gesti e le loro parole, fanno parte della forma, ma il messaggio che essi esprimono e trasmettono è autentica rivelazione di Dio, per cui possiamo cogliere, attraverso di essi, la sostanza del mistero che il racconto ci trasmette. Oggi i teologi tentano di spiegare in vari modi il peccato originale. Noi però dalle parole stesse della Genesi, cerchiamo di ricavare punti di

luce capaci di illuminare la nostra fede e di introdurci nella contemplazione del mistero della salvezza.

- Il primo punto di luce sta proprio nella la storicità del fatto, anche se la forma del racconto, come abbiamo già detto, ricalca i miti del tempo in cui il Libro della Genesi è stato scritto. Non si tratta di una favola o di una parabola, ma di un fatto le cui conseguenze raggiungono tutti gli uomini di tutti i tempi.

- Il secondo punto di luce consiste nella valenza universale di questo peccato in quanto l'intera umanità vi è coinvolta. Non si tratta di un avvenimento individuale, circoscritto al solo Adamo e alla sola Eva, ma di un fatto che assume proporzioni mondiali: coinvolge tutti e ciascuno come, ad esempio, il fallimento dell'azienda paterna travolge tutta la famiglia.

- Un terzo punto di luce sta nella rivelazione dell'essenza stessa del peccato. Perché è peccato? Che cos'è il peccato? Il racconto biblico risponde a queste domande rivelandoci che il peccato consiste nella ribellione a Dio, ribellione con la quale si rifiuta il riconoscimento di Dio quale Sovrano assoluto di tutte le cose, Lo si offende rifiutandogli l'omaggio della fede nella sua sapienza, nella sua potenza e nel suo amore per anteporgli Satana con la sua menzogna e la sua stoltezza.

- Un quarto punto di luce ci è dato dalla presenza istigatrice del Maligno senza del quale il peccato non ci sarebbe stato. Questa presenza ci rivela un mistero più profondo: il mistero del Male. Certo l'uomo non è giustificato nel suo peccato dalla presenza del Tentatore perché Adamo era pienamente libero e quindi responsabile delle proprie scelte. Oggi invece l'azione tentatrice del Maligno è facilitata dalle nostre concupiscenze scatenate dal peccato originale alle quali con molta difficoltà tentiamo di far argine con una volontà debilitata e una natura ferita che solo la grazia di Dio può sostenere.

- Un quinto punto di luce infine ci induce a comprendere le gravi conseguenze del peccato originale che possiamo sintetizzare così: la soggezione a Satana, la natura ferita e incline al male, il dolore, la morte e l'esclusione dalla comunione con Dio.

Ecco, questo è l'abisso da cui Dio ci vuole salvare! 

L'OPERA DI DIO IN CRISTO


Dopo la caduta di Adamo Dio vuole trasformare l'umanità che da lui deriva, in una umanità "nuova". Nuova non solo nell'atteggiamento interiore, ma nella sua stessa sostanza. Ecco allora il meraviglioso progetto della salvezza in Cristo. Dio riassume, S. Ireneo direbbe "ricapitola", tutta l'umanità in Cristo, vero Dio e vero uomo e in Lui distrugge il peccato e ci dona una vita nuova. Egli compie queste due azioni non in ciascun uomo, ma in Gesù e, attraverso Gesù per l'opera dello Spirito Santo, come da una sorgente purissima la salvezza dilaga nel mondo raggiungendo per vie innumerevoli ogni uomo per trasformarlo in "creatura nuova" come insegna S. Paolo. "Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,20). E ancora: "Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco: ne sono nate di nuove" (2Cor 5,17). Per questo S. Paolo chiama Gesù "nuovo Adamo" (1Cor 15,45). Su di Lui, infatti, è stato posto il peccato del mondo, come dice il vangelo: 'Ecco l'Agnello di Dio, Colui che porta su di sè il peccato del mondo" (Gv 1,29).

Scrive S. Pietro: "Egli ha preso su di sè i nostri peccati e li ha portati con sè sulla croce, per farci morire al peccato e farci vivere una vita giusta. Le sue piaghe sono state la vostra guarigione" (1Pt 2,24). Quando Gesù è morto, in Lui è morta crocifissa tutta la vecchia umanità di Adamo che portava su di sè. Vi faccio un esempio: se io metto una foto in un libro e butto il libro sul fuoco, il fuoco distruggerà con il libro anche la foto. Ebbene, così è accaduto sulla croce: Gesù è morto perché in Lui crocifisso morisse il peccato dell'umanità, ogni peccato, anche il mio, anche il tuo! Così, mediante la sua morte, Gesù ci ha liberati dal peccato e dalle sue tristi conseguenze. Questa però è soltanto la parte negativa del progetto salvifico di Dio. Egli infatti ci libera dal peccato perché vuol darci una vita nuova, divina.

Per questo ha risuscitato Gesù e ha fatto di Lui la sorgente di una nuova vita soprannaturale per ciascun uomo. Gesù risorto è la fonte di una umanità nuova, di un mondo nuovo. S. Paolo chiama Gesù "il secondo uomo". Il primo è Adamo con la sua discendenza peccaminosa e mortale; il secondo è Cristo con la sua discendenza divinizzata dalla grazia ed erede della vita eterna. Il primo uomo è stato distrutto dalla croce in Cristo crocifisso; il secondo è nato dalla risurrezione di Gesù. Il primo viene dalla nascita carnale ed è di terra; il secondo da una nascita spirituale ed è celeste. Per questo Gesù dice a Nicodemo: "Se uno non nasce da acqua. e Spirito Santo (battesimo) non può entrare nel regno di Dio. Ciò che è nato dalla carne è carne e ciò che è nato dallo Spirito è Spirito" (Gv 3,5-6). Il battesimo è il sacramento che realizza in noi l'opera salvifica di Gesù immergendoci nella sua Morte e nella sua Risurrezione. Il simbolismo di questo mistero appare chiaro nell'antico rito battesimale quando a ricevere il sacramento erano non i bambini, ma uomini adulti e convertiti.

LA GRANDE VEGLIA PASQUALE

La celebrazione si faceva nella notte pasquale e precisamente all'aurora dopo aver passato diverse ore pregando e ascoltando letture sacre ed esortazioni.

1 - Il catecumeno (veniva così chiamato colui che si preparava al battesimo) proclamava la sua rinuncia a Satana, agli idoli e al peccato rivolgendo la faccia verso l'occidente (dove tramonta il sole e donde avanza la notte, simbolo perciò del male e della sua tenebra).

2 - Successivamente faceva la sua professione di fede rivolgendosi ad oriente (donde nasce il sole, simbolo del Signore, chiamato anche Oriente e Sole di giustizia perché viene a illuminare l'uomo con la sua parola e il suo esempio).

3 - Il catecumeno poi scendeva nella grande vasca battesimale e il celebrante ve lo immergeva tre volte "Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". Era una triplice immersione seguita da una triplice emersione dal significato assai profondo:

- con l'immersione il catecumeno intendeva unirsi a Cristo Crocifisso per morire simbolicamente con Lui e in Lui, facendo propria la sua morte redentrice. Per lui in quel momento il fonte battesimale rappresentava il sepolcro di Cristo come anche la sua Croce (talvolta il fonte era proprio a forma di croce). Così si attuava nel catecumeno il primo elemento della salvezza, cioè la distruzione del peccato, il ripudio di Satana e la liberazione dalla morte;

- con l'emersione invece veniva simboleggiata la risurrezione o anche la nuova nascita in Cristo e il fonte assumeva il simbolo dell'utero materno che partorisce una nuova creatura. Da quel momento il catecumeno non era più l'uomo peccatore nato da Adamo. Quello era sepolto per sempre nel fonte battesimale. Adesso egli era diventato un uomo nuovo, nato con Cristo ad una vita nuova: era figlio nel Figlio. Anche sopra di lui, uscente dall'acqua battesimale, la fede faceva sentire le parole celesti: "Questi è il mio figlio diletto";

- il neofito (così lo si chiamava dopo il battesimo) veniva unto dal vescovo con olio profumato simbolo dello Spirito Santo che con i suoi doni e i suoi carismi prendeva possesso di lui per farne un generoso discepolo di Cristo, un degno soldato capace di lottare fino al martirio, se necessario, per rimanere fedele al suo Signore (era la Cresima);

- infine, rivestito di una veste candida, simbolo della nuova vita ricevuta, e illuminato da una lampada, simbolo di Cristo Luce del mondo e della Fede, il novello cristiano veniva accompagnato fra canti di gioia all'interno della basilica dove poteva partecipare all'Eucaristia unendosi ai fratelli per formare un unico corpo mediante il Corpo e il Sangue del Signore, nell'attesa del banchetto eterno.

Questa celebrazione battesimale era quanto mai suggestiva e parlante di per se stessa ed esprimeva in maniera plastica il grande mistero della salvezza operato da Gesù. Oggi si preferisce, per motivi di opportunità, specialmente nel battesimo dei bambini, infondere l'acqua sul capo. Certo, il sacramento è lo stesso, ma il segno esteriore viene molto diluito anche se gli elementi essenziali del sacro rito ci sono tutti.

LA MATERNA PRESENZA DI MARIA

Con questa descrizione spero di avervi dato un aiuto per penetrare nel mistero della salvezza, ossia nella partecipazione, mediante la fede e il sacramento, alla morte e alla risurrezione di Gesù. Vorrei solo aggiungere un pensiero sulla presenza e sul ruolo della Madonna nel battesimo. Come abbiamo detto il battesimo è una nuova nascita in Cristo, cioè nasciamo di nuovo, non dalla carne, ma dall'acqua e dallo Spirito Santo. Il fonte battesimale

raffigura e il sepolcro di Cristo e il seno della Chiesa che ci rigenera. Ed è appunto lì che bisogna cogliere la materna presenza di Maria. Il Concilio Vaticano II insegna che Maria è la madre della Chiesa e di ciascun cristiano in quanto ci genera alla vita nuova di Cristo diventando canale dell'amore materno di Dio "dal quale discende ogni paternità (e maternità) in cielo e in terra" (cfr Ef 3,15). Da quel momento Maria ci accoglie come veri figli nello Spirito attuando obbediente e amorevole la parola del Crocifisso. "Donna, ecco tuo figlio!" (Gv 19,26 ). Ora tocca a noi attuare l'altra parola: "Ecco tua Madre!" (Gv 19,27) e accogliere Maria quale nostra vera mamma nell'ordine soprannaturale come suggerisce il vangelo: "e da quel momento il discepolo la prese con sè" (cfr Gv 19,27) cioè nella sua casa, nella sua vita. Tutta la devozione alla Madonna nasce da qui e consiste nel vivere con Lei questa realtà soprannaturale nella quale siamo stati trasportati da Cristo suo Figlio, nostro Salvatore, realtà che costituisce la vita quotidiana del cristiano: figlio vero di Dio, figlio vero di Maria "in Cristo".

CONTEMPLAZIONE

Per contemplare questo grande mistero della fede e farlo oggetto di orazione medita sul seguente brano biblico.

Lettera ai Romani cap. 5


 Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini.

 E non è accaduto per il dono di grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio partì da un solo atto per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita. Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

 La legge poi sopraggiunse a dare piena coscienza della caduta, ma laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia, perché come il peccato aveva regnato con la morte, così regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.