domenica 25 settembre 2011

Si fa presto a dire sì

Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo la Parola di Cristo che ci continua a chiamare a lavorare nella Sua Vigna, attraverso il commento di mons. Roberto Brunelli:

Si ricorderà il vangelo di domenica scorsa: il padrone (Dio) chiama tutti a lavorare nella sua vigna (il suo Regno); chiama ad ogni ora del giorno (ad ogni età della vita) però dà a tutti lo stesso compenso (la vita eterna). Il vangelo di oggi (Matteo 21,28-32) riprende l'argomento, per coglierne un altro aspetto: troviamo ancora l'esempio del lavorare nella vigna, per valutare l'atteggiamento di chi vi è chiamato.
Un padre vi manda un suo figlio, il quale risponde di non averne voglia ma poi ci va, mentre un secondo figlio dice di sì ma poi non mantiene la parola. Segue la domanda di Gesù ai suoi ascoltatori: "Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?" La risposta è ovvia, ma non altrettanto la considerazione che segue, sconcertante per noi come dev'essere stata per chi allora ascoltava il Maestro: "In verità vi dico, i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio". Non tutti, è ovvio; non automaticamente: ma anche a chi pubblicamente rifiuta Dio è data la possibilità di convertirsi e, come il primo figlio della parabola, nei fatti eseguire la volontà del Padre. Invece non si illudano quelli che mostrano un atteggiamento devoto, si riempiono la bocca di professioni di fede, ma a somiglianza del secondo figlio hanno il cuore da un'altra parte e agiscono di conseguenza. "Dicono e non fanno": è il ripetuto rimprovero di Gesù ai farisei, i quali ostentavano una grande pietà mentre profittavano di ogni scappatoia per badare ai propri interessi: a loro Gesù preferiva altri, disprezzati dalla gente ma capaci di cambiare vita, come il pubblicano Zaccheo che riparò ai suoi torti (Luca 19,1-10) o l'anonima peccatrice che si gettò ai piedi di Gesù e glieli lavò con le sue lacrime (Luca 7,36-50).

Sono situazioni e atteggiamenti di duemila anni fa, che però si ripetono in ogni tempo, non escluso il nostro. Sono parole, quelle di Gesù, che se danno speranza agli "irregolari" suonano come perenne monito a chi si ritiene "a posto". E anche quanto al fare la volontà di Dio, al pari di ogni altro insegnamento Gesù non si limita a insegnarla: lui per primo ne dà l'esempio. Lo ricorda la seconda lettura, nella quale Paolo, scrivendo ai Filippesi (2,1-11), riporta un inno di lode a Colui che eseguì in modo perfetto la missione affidatagli dal Padre suo. E' un inno magnifico, che ripercorre tutta la vicenda dell'Uomo-Dio, dalla "partenza" per la terra al suo ritorno glorioso.

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome,
perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami: "Gesù Cristo è Signore!",
a gloria di Dio Padre.


Obbediente fino alla morte: per amore del Padre suo, per amore dell'uomo. A commento, nulla di meglio delle parole che lo stesso Paolo premette all'inno: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti".

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