martedì 27 settembre 2011

Familiaris Consortio - La famiglia cristiana - XLI

Continuiamo il percorso familiare e reimmergiamoci nelle parole della Familiaris Consortio del "Beato" Giovanni Paolo II. Dopo aver visto i tempi e le strutture della pastorale familiare, scopriamo oggi quali sono gli attori, cioè gli operatori attivi di tale pastorale:

PARTE QUARTA

LA PASTORALE FAMILIARE: TEMPI, STRUTTURE, OPERATORI E SITUAZIONI  

III. Operatori della pastorale familiare

Oltre che la famiglia - oggetto, ma anzitutto soggetto essa stessa della pastorale familiare - vanno ricordati anche gli altri principali operatori in questo particolare settore.

I vescovi ed i presbiteri

73. Il primo responsabile della pastorale familiare nella diocesi è il vescovo. Come Padre e Pastore egli dev'essere particolarmente sollecito di questo settore, senza dubbio prioritario, della pastorale. Ad esso deve consacrare interessamento, sollecitudine, tempo, personale, risorse; soprattutto, però, appoggio personale alle famiglie ed a quanti, nelle diverse strutture diocesane, lo aiutano nella pastorale della famiglia. Avrà particolarmente a cuore il proposito di far sì che la propria diocesi sia sempre più una vera «famiglia diocesana», modello e sorgente di speranza per tante famiglie che vi appartengono. La creazione del Pontificio Consiglio per la Famiglia va vista in questo contesto: essere un segno dell'importanza che attribuisco alla pastorale della famiglia nel mondo, e al tempo stesso uno strumento efficace per aiutare a promuoverla ad ogni livello.

I vescovi si valgono in modo particolare dei presbiteri, il cui compito - come ha espressamente sottolineato il Sinodo - costituisce parte essenziale del ministero della Chiesa verso il matrimonio e la famiglia. Lo stesso si dica di quei diaconi, ai quali eventualmente venga affidata la cura di questo settore pastorale.

La loro responsabilità si estende non solo ai problemi morali e liturgici, ma anche a quelli di carattere personale e sociale. Essi devono sostenere la famiglia nelle sue difficoltà e sofferenze, affiancandosi ai membri di essa, aiutandoli a vedere la loro vita alla luce del Vangelo. Non è superfluo notare che da tale missione, se esercitata col dovuto discernimento e con vero spirito apostolico, il ministro della Chiesa attinge nuovi stimoli ed energie spirituali anche per la propria vocazione e per l'esercizio stesso del ministero.

Tempestivamente e seriamente preparati a tale apostolato, il sacerdote o il diacono devono comportarsi costantemente, nei riguardi delle famiglie, come padre, fratello, pastore e maestro, aiutandole coi sussidi della grazia e illuminandole con la luce della verità. Il loro insegnamento e i loro consigli, quindi, dovranno essere sempre in piena consonanza col Magistero autentico della Chiesa, in modo da aiutare il Popolo di Dio a formarsi un retto senso della fede da applicare, poi, alla vita concreta. Tale fedeltà al Magistero consentirà pure ai sacerdoti di curare con ogni impegno l'unità nei loro giudizi, per evitare ai fedeli ansietà di coscienza.

Pastori e laici partecipano, nella Chiesa, alla missione profetica di Cristo: i laici, testimoniando la fede con le parole e con la vita cristiana; i pastori, discernendo in tale testimonianza ciò che è espressione di fede genuina da ciò che è meno rispondente alla luce della fede; la famiglia, in quanto comunità cristiana, con la sua peculiare partecipazione e testimonianza di fede. Si avvia così un dialogo anche tra i pastori e le famiglie. I teologi e gli esperti di problemi familiari possono essere di grande aiuto a tale dialogo, spiegando esattamente il contenuto del Magistero della Chiesa e quello dell'esperienza della vita di famiglia. In tal modo l'insegnamento del Magistero viene meglio compreso e si spiana la strada al suo progressivo sviluppo. Giova tuttavia ricordare che la norma prossima e obbligatoria nella dottrina della fede - anche circa i problemi della famiglia - compete al Magistero gerarchico. Rapporti chiari tra i teologi, gli esperti di problemi familiari e il Magistero giovano non poco alla retta intelligenza della fede ed a promuovere - entro i confini di essa - il legittimo pluralismo.

Religiosi e Religiose

74. Il contributo che i religiosi e le religiose, e le anime consacrate in genere, possono dare all'apostolato della famiglia trova la sua prima, fondamentale e originale espressione proprio nella loro consacrazione a Dio, che li rende «davanti a tutti i fedeli... richiamo di quel mirabile connubio operato da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, per cui la Chiesa ha Cristo come unico suo sposo» («Perfectae Caritatis», 12), e testimoni di quella carità universale che, per mezzo della castità abbracciata per il Regno dei cieli, li rende sempre più disponibili per dedicarsi generosamente al servizio divino e alle opere di apostolato.

Di qui la possibilità che religiosi e religiose, membri di Istituti secolari e di altri Istituti di perfezione, singolarmente o associati, sviluppino un loro servizio alle famiglie, con particolare sollecitudine verso i bambini, specialmente se abbandonati, indesiderati, orfani, poveri o handicappati; visitando le famiglie e prendendosi cura dei malati; coltivando rapporti di rispetto e di carità con famiglie incomplete, in difficoltà o disgregate; offrendo la propria opera di insegnamento e di consulenza nella preparazione dei giovani al matrimonio e nell'aiuto alle coppie per una procreazione veramente responsabile; aprendo le proprie case all'ospitalità semplice e cordiale, affinché le famiglie possano trovarvi il senso di Dio, il gusto della preghiera e del raccoglimento, l'esempio concreto di una vita vissuta in carità e letizia fraterna come membri della più grande famiglia di Dio.

Vorrei aggiungere l'esortazione più pressante ai responsabili degli Istituti di vita consacrata, a voler considerare - sempre nel sostanziale rispetto del carisma proprio ed originario - l'apostolato rivolto alle famiglie come uno dei compiti prioritari, resi più urgenti dall'odierno stato di cose.

Laici specializzati

75. Non poco giovamento possono recare alle famiglie quei laici specializzati (medici, uomini di legge, psicologi, assistenti sociali, consulenti, ecc.) che sia individualmente sia impegnati in diverse associazioni e iniziative, prestano la loro opera di illuminazione, di consiglio, di orientamento, di sostegno. Ad essi possono bene applicarsi le esortazioni che ebbi occasione di rivolgere alla Confederazione dei Consultori familiari di ispirazione cristiana: «E' un impegno il vostro, che ben merita la qualifica di missione, tanto nobili sono le finalità che persegue e tanto determinati, per il bene della società e della stessa comunità cristiana, sono i risultati che ne derivano... Tutto quello che riuscirete a fare a sostegno della famiglia è destinato ad avere un'efficacia che, travalicando il suo ambito proprio, raggiunge anche altre persone ed incide sulla società. Il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia» (num. 3-4 [29 Novembre 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1453).

Recettori e operatori della comunicazione sociale

76. Una parola a parte è da riservare a questa categoria tanto importante nella vita moderna. E' risaputo che gli strumenti della comunicazione sociale «incidono, e spesso profondamente, sia sotto l'aspetto affettivo e intellettuale, sia sotto l'aspetto morale e religioso, nell'ambito di quanti li usano», specialmente se giovani (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali [7 Aprile 1969]: ASS 61 [1969] 455). Essi, perciò, possono esercitare un benefico influsso sulla vita e sui costumi della famiglia e sulla educazione dei figli, ma al tempo stesso nascondono anche «insidie e pericoli non trascurabili» (Giovanni Paolo PP. II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1980 [1· Maggio 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II» III, 1 [1980] 1042, e potrebbero diventare veicolo - a volte abilmente e sistematicamente manovrato, come purtroppo accade in diversi Paesi del mondo - di ideologie disgregatrici e di visioni deformate della vita, della famiglia, della religione, della moralità, non rispettose della vera dignità e del destino dell'uomo.

Pericolo tanto più reale, in quanto «l'odierno modo di vivere - specialmente nelle nazioni più industrializzate - porta assai spesso le famiglie a scaricarsi delle loro responsabilità educative, trovando nella facilità di evasione (rappresentata, in casa, specialmente dalla televisione e da certe pubblicazioni), il modo di tenere occupati tempo ed attività dei bambini e dei ragazzi» (Giovanni Paolo PP. II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1981, 5 [10 Maggio 1980]: «L'Osservatore Romano», 22 Maggio 1981). Di qui «il dovere... di proteggere specialmente i bambini e ragazzi dalle "aggressioni" che subiscono dai mass-media», procurando che l'uso di questi in famiglia sia accuratamente regolato. Così pure dovrebbe stare altrettanto a cuore alla famiglia cercare, per i propri figli, anche altri diversivi più sani, più utili e formativi fisicamente, moralmente e spiritualmente, «per potenziare e valorizzare il tempo libero dei ragazzi e indirizzarne le energie» (Ibid).

Poiché, poi, gli strumenti della comunicazione sociale - al pari della scuola e dell'ambiente - incidono spesso anche in notevole misura sulla formazione dei figli, i genitori, in quanto recettori, devono farsi parte attiva nell'uso moderato, critico, vigile e prudente di essi, individuando quale influsso esercitano sui figli, e nella mediazione orientativa che consenta «di educare la coscienza dei figli ad esprimere giudizi sereni e oggettivi, che poi la guidano nella scelta e nel rifiuto dei programmi proposti» (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: ASS 61 [1969] 456).

Con eguale impegno i genitori cercheranno di influire sulla scelta e preparazione dei programmi stessi, mantenendosi in contatto - con opportune iniziative - con i responsabili dei vari momenti della produzione e della trasmissione, per assicurarsi che non siano abusivamente trascurati o espressamente conculcati quei valori umani fondamentali che fanno parte del vero bene comune della società, ma, al contrario, vengano diffusi programmi atti a presentare, nella loro giusta luce, i problemi della famiglia e la loro adeguata soluzione. A tal proposito il mio predecessore di venerabile memoria., Paolo VI, scriveva: «I produttori devono conoscere e rispettare le esigenze della famiglia, e questo suppone, a volte, in essi un vero coraggio, e sempre un alto senso di responsabilità. Essi, infatti, sono tenuti ad evitare tutto ciò che può ledere la famiglia nella sua esistenza, nella sua stabilità, nel suo equilibrio, nella sua felicità. Ogni offesa ai valori fondamentali della famiglia - si tratti di erotismo o di violenza, di apologia del divorzio o di atteggiamenti antisociali dei giovani - è un'offesa al vero bene dell'uomo (Ibid.).

Ed io stesso, in analoga occasione, facevo rilevare che le famiglie «devono poter contare in non piccola misura sulla buona volontà, sulla rettitudine e sul senso di responsabilità dei professionisti dei media: editori, scrittori, produttori, direttori, drammaturghi, informatori, commentatori ed attori» (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1980: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 1 [1980] 1044). Perciò è doveroso che anche da parte della Chiesa si continui a dedicare ogni cura a queste categorie di operatori, incoraggiando e sostenendo, nello stesso tempo, quei cattolici che vi si sentono chiamati e ne hanno le doti, ad impegnarsi in questi delicati settori.

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