venerdì 2 settembre 2011

Imparando con le Lettere Apostoliche - Cinquantesimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Oggi iniziamo la lettura meditativa della Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini che comincia con un vero e proprio trattato teologico che racchiude il mistero della nostra fede:

Lettera agli Efesini - Capitolo 1   

1Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, ai santi che sono in Èfeso, credenti in Cristo Gesù: 2grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

3Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei
cieli, in Cristo.
4In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo,
per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità,
5predestinandoci a essere suoi figli adottivi
per opera di Gesù Cristo,
6secondo il beneplacito della sua volontà.
E questo a lode e gloria della sua grazia,
che ci ha dato nel suo Figlio diletto;
7nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue,
la remissione dei peccati
secondo la ricchezza della sua grazia.
8Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
9poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà,
secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui
prestabilito
10per realizzarlo nella pienezza dei tempi:
il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose,
quelle del cielo come quelle della terra.
11In lui siamo stati fatti anche eredi,
essendo stati predestinati secondo il piano di colui
che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà,
12perché noi fossimo a lode della sua gloria,
noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.
13In lui anche voi,
dopo aver ascoltato la parola della verità,
il vangelo della vostra salvezza
e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo
che era stato promesso,
14il quale è caparra della nostra eredità,
in attesa della completa redenzione di coloro
che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria.

15Perciò anch'io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi, 16non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, 17perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. 18Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi 19e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza

20che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
21al di sopra di ogni principato e autorità,
di ogni potenza e dominazione
e di ogni altro nome che si possa nominare
non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro.
22Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi
e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa,
23la quale è il suo corpo,
la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose.

COMMENTO - Parrocchia di Formigine

Sono brevi sia il saluto sia l’augurio d’apertura di questa Lettera. Più maestosa è, invece, la benedizione iniziale, che ha il passo di un canto di lode e si presenta come un inizio luminoso del disegno di salvezza compiuto in Cristo. Dall’ambito soprannaturale, ovverosia dal mistero trascendente di Dio, scendono le
benedizioni «spirituali», cioè i doni di santità che trasformano i credenti. E’ così configurato l’itinerario a cui l’umanità è chiamata all’interno del progetto di Dio: prima ancora della loro esistenza, Dio aveva scelto gli uomini destinandoli a divenire figli adottivi attraverso il Cristo. Tutto questo conduce al compimento dell’«inondazione» della Gloria di Dio che si completa nel Suo donarsi all’umanità, nel Suo Amore rivelato in Gesù, il Figlio «Prediletto». La salvezza dell’uomo è, quindi l’esultanza, la festosità, la lode, la gloria elevata di Dio Padre.

Il riscatto dell’uomo si attua per mezzo della «morte» di Gesù «sorgiva della redenzione», del perdono e della grazia effusa nell’umanità. Noi apprendiamo perciò de «il mistero della volontà» divina poiché non soltanto ci è stato rivelato, ma altresì perché lo viviamo all’interno della storia. Infatti, la «pienezza dei tempi» è l’ingresso di Cristo nel mondo per tramutare la realtà umana secondo il disegno prestabilito fin dall’eternità da Dio. Tutti noi siamo «ricondotti» in Cristo Gesù insieme con l’intero universo creato: l’immagine usata rimanda al «capo» che tiene coeso il corpo. Ogni essere, ogni consistenza è destinata a trovare senso e unità in Cristo, costituito da Dio come capo unico e universale. Degno d’attenzione è annotare come San Paolo in questa visuale maestosa della salvezza pone un aspetto che gli sta evidentemente molto a cuore! In Efesini 1,11-13 differenzia due sostituenti: il «noi», in altre parole i giudei, primi discendenti della promessa divina, tutti quelli che hanno amplificato la speranza messianica prima della venuta di Cristo; dal «voi», ovverosia l’orizzonte dei
«pagani», coloro i quali hanno ascoltato, accettato, acconsentito nella fede il «Vangelo di Cristo», quale «Parola della Verità», a tal punto che sono stati consacrati dallo Spirito Santo! L’Apostolo procede ulteriormente ad un ringraziamento per la fede e l’amore dimostrato dai «cristiani» d’Efeso, ai quali auspica di ottenere una completezza nella conoscenza-consapevolezza del «Mistero di Salvezza», che ha per nucleo centrale la risurrezione di Gesù Cristo. Ebbene questa gratitudine è proclamata in 1,20-23 in un genere di «professione di fede» dal quale emergono i lineamenti del Risorto che è il Signore di tutto il cosmo e di
tutte le sue forze, ma che è anche il capo, la mente, di quel «corpo» che è la «Chiesa».
«A … Efeso» (1,1). Questi due lemmi, che indicano i destinatari non si trovano nel papiro 46 (databile intorno all’anno 200 e probabilmente il più antico manoscritto) delle lettere di San Paolo Apostolo giunto fino a noi.
Conseguentemente pare che l’indicazione dei riceventi non sia originaria: ciò è rafforzato da alcuni autori cristiani antichi che interpretano il testo del versetto come se queste due parole non ci fossero. Già nel II° secolo qualcuno considerava, sulla base di Colossesi 4,16, che la missiva era in realtà indirizzata agli abitanti di Laodicea. Alcuni scopritori recenti hanno ipotizzato che il testo di Efesini fosse un genere di «Lettera circolare», avente uno spazio bianco in cui poterci scrivere ogni qual volta il nominativo dei diversi destinatari.

La «pienezza». E’ la traduzione del termine greco «pleroma» che suggerisce ciò che è stato riempito, quindi la pienezza, la completezza, la totalità. Il termine è ricorrente più volte in Efesini e Colossesi. In Colossesi 1,19 si afferma che in Cristo abita «ogni pienezza»: è un riferimento alla presenza di Dio in Gesù. Da qui si può capire Efesini 1,23, dove la Chiesa, come corpo di Cristo, è la «pienezza»: essa, infatti, è ripiena dell’azione potente del Signore risorto (si veda anche Efesini 3,19). Nel II° secolo «pleroma» fu usato come termine tecnico da cristiani eretici di formazione gnostica, per indicare il «mondo superiore» distinto da Dio, ma anche «disgiunto» da quello terreno.
«Ricondurre a un unico capo» (1,10). Il verbo qui usato (in greco, «anakephalaiosasthai») è tradotto anche con «ricapitolare». Prendendo spunto da Efesini 1,10, Sant’Ireneo di Lione (II° secolo) elaborò la dottrina della «ricapitolazione», di grande interesse nella tradizione cristiana occidentale. Egli commentava il testo in questo modo: «Quando si incarnò e divenne uomo (Cristo) ricapitolò in se stesso la lunga storia degli uomini, affinché recuperassimo in Cristo Gesù ciò che avevamo perduto in Adamo, cioè l’essere immagine e somiglianza di Dio».

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