RITORNO DI FRANCESCO DA SIENA AD ASSISI. LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA PORZIUNCOLA E LA BENEDIZIONE AI FRATI
105. Sei mesi prima della sua morte, dimorando a Siena per la cura degli occhi, cominciò ad ammalarsi gravemente per tutto il corpo. A seguito di una rottura dei vasi sanguigni dello stomaco, a causa della disfunzione del fegato, ebbe abbondanti sbocchi di sangue, tanto da far temere imminente la fine. Frate Elia, a quella notizia, accorse in fretta da lontano e, al suo arrivo, Francesco migliorò al punto che poté lasciare Siena e recarsi con lui alle Celle presso Cortona. Ma dopo pochi giorni dall'arrivo, il male riprese il sopravvento: gli si gonfiò il ventre, si inturgidirono le gambe e piedi, e lo stomaco peggiorò talmente che gli riusciva quasi impossibile ritenere qualsiasi cibo. Chiese allora a frate Elia di farlo riportare ad Assisi. Da buon figliuolo questi esegui la richiesta del caro padre prendendo tutte le precauzioni ~ecessarie, anzi ve lo accompagnò personalmente. L'intera città esultò alla venuta del Santo e tutti ne lodavano Iddio, poiché tutto il popolo sperava che il Santo finisse i suoi giorni tra le mura della sua città, e questo era il motivo ditale esultanza.
106. E, certamente per divino volere, avvenne che quell'anima santa, liberata dall'involucro corporale, volasse al cielo proprio nel luogo in cui, mentre era nel corpo, aveva ricevuto la prima rivelazione delle verità soprannaturali ed aveva capito la divina chiamata. Sapeva certamente che il Regno di Dio è in ogni parte della terra e credeva veramente che ovunque i fedeli possono ricevere i suoi doni; ma l'esperienza gli aveva insegnato che quel luogo che conteneva la chiesetta di Santa Maria della Porziuncola era favorito e onorato da grazie celesti più abbondanti e da frequenti visite di spiriti angelici. Pertanto diceva spesso ai frati: «Guardatevi, figli miei, dal non abbandonare mai questo luogo. Se ne foste scacciati da una parte, rientratevi dall'altra, perché questo luogo è veramente santo e abitazione di Dio. Qui, quando eravamo pochi, l'Altissimo ci ha moltiplicati; qui ha illuminato con la sua sapienza i cuori dei suoi poverelli; qui ha acceso il fuoco del suo amore nelle nostre volontà. Qui, chi pregherà con devozione, otterrà ciò che avrà chiesto, e chi lo profanerà sarà maggiormente punito. Perciò, figli, stimate degno di ogni onore questo luogo, dimora di Dio, e con tutto il vostro cuore, con voce esultante qui inneggiate al Signore».
107. Intanto le sue condizioni si aggravavano sempre di più; tutte le forze lo abbandonavano, e Francesco fu costretto all'immobilità. Eppure, quando un frate gli domandò un giorno se preferisse sopportare quella sofferenza grave e incessante o il martirio del carnefice, rispose: «O figlio, èsempre stato ed è per me più caro e dolce e gradito ciò che al Signore mio Dio più piace avvenga in me, e alla sua volontà soltanto voglio costantemente e in tutto trovarmi concorde, obbediente e docile. Ma se dovessi fare un paragone, dovrei dire che sopportare anche solo per tre giorni questa malattia mi sarebbe più doloroso di qualsiasi martirio; non parlo, evidentemente, in riferimento al premio, ma solo alla molestia che questa forma di passione arreca». O uomo due volte martire, che amorosamente e sorridendo di gioia sopportava quello che per gli altri tutti era troppo spaventoso e doloroso a vedersi! Non c'era in lui ormai membro alcuno che non fosse straziato da un solo dolore, e il calore vitale l'abbandonava sempre più, preludio della fine imminente. Medici e frati non riuscivano a capacitarsi come potesse il suo Spirito continuare a vivere in una carne ormai morta e tanto consunta che non possedeva più se non la pelle aderente alle ossa.
108. Quando sentì che stava per giungere il momento della sua partenza da questa terra, - come gli era stato anche indicato da una rivelazione divina due anni prima, - convocati attorno a sé i suoi frati che desiderava rivedere, impartì a ciascuno la benedizione, conforme a quanto gli veniva indicato dal cielo, come un tempo il patriarca Giacobbe benedisse i suoi figli, o meglio ancora come un altro Mosé, che accingendosi a salire sul Sinai mostratogli da Dio, elargì copiose benedizioni al popolo d'Israele. Alla sua sinistra stava frate Elia e tutto attorno gli altri suoi figli. Egli allora incrociò le braccia per porre la destra sul capo del frate Elia ed, essendo cieco, domandò: «Su chi tengo la mia mano?». «Su frate Elia», gli risposero, «O figlio, in tutto e per tutto; e come l'Altissimo, sotto la tua direzione, rese numerosi i miei fratelli e figlioli, così su te e in te li benedico tutti. In cielo e in terra ti benedica Iddio, Re di tutte le cose. Ti benedico come posso e più di quanto è in mio potere, e quello che non posso fare io, lo faccia in te Colui che tutto può. Si ricordi Dio del tuo lavoro e della tua opera e ti riservi la tua mercede nel giorno della retribuzione dei giusti. Che tu possa trovare qualunque benedizione desideri e sia esaudita qualsiasi tua giusta domanda». «Addio figli miei tutti, vivete nel timore di Dio e rimanete in Lui sempre, perché sta per sopraggiungere sudi voi una prova e tribulazione assai grande e paurosa. Beati quelli che persevereranno nelle sante opere intraprese; non pochi purtroppo si separeranno da loro a causa degli scandali. Quanto a me mi affretto verso il Signore; ho fiducia di giungere al mio Dio che ho servito devotamente nel mio spirito».
Dimorava allora il Santo nel palazzo del vescovo di Assisi, e pregò i frati di trasportarlo in fretta a Santa Maria della Porziuncola, volendo rendere l'anima a Dio là dove, come abbiamo detto, per la prima volta aveva conosciuto chiaramente la via della verità.
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