sabato 30 luglio 2011

La storia di San Francesco di Assisi - Trentaquattresima parte

 Continuiamo la lettura della storia di San Francesco d'Assisi: oggi guardiamo il momento più duro per tutti coloro che hanno conosciuto il beato Francesco ovvero la sua sepoltura. Scorgiamo la figura di Santa Chiara, molto legata al beato Francesco che l'aveva aiutata nella fondazione del suo ordine monastico. Ma il pianto non può durare per sempre perché bisogna essere gioiosi considerando la sorte a cui è andato incontro il poverello d'Assisi: egli, infatti, ha raggiunto finalmente la meta a cui tanto aspirava ed ora, da lassù, può vegliare su tutti gli uomini: 

CAPITOLO DECIMO

IL PIANTO DELLE POVERE DAME DI SAN DAMIANO E LA GLORIOSA SEPOLTURA DI FRANCESCO 

116. I suoi frati e figli insieme alle folle accorsero dai paesi vicini per avere la gioia di partecipare ai solenni funerali, passarono l'intera notte in cui Francesco morì, pregando e salmodiando; ed era tale la dolcezza dei canti e lo splendore delle luci da far pensare ad una veglia di angeli.

All'indomani all'alba arrivarono i cittadini di Assisi con tutto il clero e, prelevando il sacro corpo, lo trasportarono onorevolmente in città tra inni e canti e squilli di trombe. Celebrando insieme la solennità di quelle esequie, tutti si erano muniti di rami d'ulivo e di altri alberi e procedevano cantando a piena voce preghiere e lodi al Signore nello splendore di innumerevoli ceri. I figli portavano il loro Padre, il gregge seguiva il suo pastore, che li aveva preceduti incontro al Pastore universale.

Quando giunsero al luogo dove egli aveva fondato l'Ordine religioso delle sacre vergini e Donne Povere, deposero il sacro corpo nella chiesa di San Damiano, dove dimoravano quelle sue figlie dilette ch'egli aveva conquistate al Signore, e fu aperta la piccola grata attraverso la quale le ancelle di Cristo sogliono ricevere nei tempi stabiliti l'Eucarestia. Fu aperto anche il feretro, che conteneva quel tesoro di celesti virtù, portato ora da pochi, lui che era solito portare molti durante la sua vita. Ed ecco, donna Chiara, che era veramente chiara per ricchezze di meriti, prima madre di tutte le altre, perché era stata la prima pianticella di quella religiosa famiglia, viene con le figlie a vedere il Padre che più non parla con loro e non ritornerà più tra loro, perché se ne va altrove.

117. E guardandolo, piangendo e gemendo, con voce accorata, espressero così il loro cordoglio trepidante e devoto:

«O Padre, che cosa faremo ora noi, misere? Perché ci abbandoni desolate? A chi ci affidi, così desolate? Perché non ci hai dato la gioia di precederti nel Regno dei beati e invece ci lasci qui nel dolore? Come potremo vivere nel nostro monastero, ora che più non verrai, come un tempo a visitarci? Con te se ne va per noi, sepolte al mondo, ogni nostro conforto! Chi ci soccorrerà in questa povertà di beni spirituali e materiali? O padre dei poveri, amante della povertà, chi ci aiuterà nelle tentazioni? Tu lo potevi, perché ne avevi provate e superate tante! Chi ci sosterrà nel momento delle tribolazioni, o tu che sei stato il nostro aiuto nelle molte tribolazioni che già sperimentammo? O amarissimo distacco, tremenda partenza; o morte inesorabile che uccidi migliaia di figli e di figlie, privandoli del loro santissimo padre, mentre ti affretti a strapparci per sempre colui per merito del quale il nostro buon volere, se pure ne abbiamo, raggiunse la sua migliore fioritura!».

Ma il verginale pudore poneva un freno al pianto, né sembrava conveniente piangere a dirotto su colui, il cui transito aveva richiamato schiere di angeli e allietava tutti gli eletti del cielo! Così, sospese tra l'afflizione e la gioia insie­me, baciavano quelle splendide mani, ornate dalle stimmate raggianti come gemme preziose. E dopo che ebbero rimosso il sacro corpo, fu richiusa quella porta che non s'aprirà mai più a si grande ferita quanto più grande il dolore di tutti alla vista dell'accorato e filiale lamento di quelle vergini! Quanti, soprattutto, i gemiti dei figli in pianto! Tutti,partecipavano al dolore di ognuno di loro, così che non c'era nessuno che riuscisse a trattenere le lacrime, al vedere quegli angeli di pace piangere così desolatamente.

118. Giunti finalmente in città, con gioiosa esultanza tumularono il venerabile corpo in un luogo gia sacro, ma ora più sacro, perché santificato dalla presenza delle spoglie di Francesco. Qui egli, a gloria dell'onnipotente e sommo Iddio, continua a illuminare il mondo con i miracoli, come prima l'aveva illuminato con la sua santa predicazione. Siano rese grazie a Dio. Amen.

Ecco, o padre santissimo e benedetto: ho cercato di accompagnarti, come era doveroso, con lodi che fossero degne dite, benché in una maniera veramente insufficiente, ed ho scritto narrando qualcosa della tua vita.

Ricordati, o pietoso, dei tuoi poveri figli, ai quali non resta quasi più alcun conforto ora che sei scomparso tu, che eri l'unico loro sostegno. Poiché sebbene tu, che di loro sei la parte più nobile e principale, sei ammesso tra i cori angelici e collocato sul trono glorioso degli apostoli, essi invece giacciono ancora nel fango, come chiusi in un carcere oscuro; essi ti supplicano gementi: «Mostra, o padre, al divin Figlio nel sommo Padre le venerande stimmate di Lui che tu hai sul costato; mostra i segni della croce nelle tue mani e nei tuoi piedi, perché egli stesso, a sua volta, si degni misericordiosamente di mostrare le sue ferite al Padre, il Quale certamente a quella vista sarà sempre benigno con noi miseri! Amen! Fiat! Fiat!».

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