venerdì 24 giugno 2011

Imparando con le Lettere Apostoliche - Quarantaquattresimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Oggi cominciamo il cammino di meditazione della Lettera ai Galati; eccezionalmente meditiamo attraverso il commento della Scuola Biblica di don Franco Govoni:

1Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, 2e tutti i fratelli che sono con me, alle Chiese della Galazia. 3Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, 4che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro, 5al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

6Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. 7In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. 8Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! 9L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! 10Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!

11Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull'uomo; 12infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. 13Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, 14superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri. 15Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque 16di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, 17senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.

18In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; 19degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. 20In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco. 21Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia. 22Ma ero sconosciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo; 23soltanto avevano sentito dire: "Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere". 24E glorificavano Dio a causa mia.

COMMENTO ( Scuola biblica di Bazzano )

Paolo, apostolo non da parte di uomini 

Già nella presentazione si avverte la concitazione dell’autore per la minaccia che grava sulla sua autorità apostolica e sul suo vangelo. L’autopresentazione è una vera autodefinizione. Apostolo “non da uomini o permezzo di uomo” (1), ma “(apostolo) per mezzo di Gesù Cristo e (apostolo) di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti”. Apostolo vuol dire “mandato”: una persona cioè che ha un’autorità non sua, poiché a lui è stato to affidato qualcosa, un incarico, un compito.
Già dall’avvio si capisce bene che bisogna orientarsi a Gesù Cristo e a Dio Padre che lo ha risuscitato daimorti. In definitiva a Cristo risorto.
“Con Paolo” sono tutti i fratelli! La sua parola è quella della Chiesa e non di un singolo (2).
La lettera è rivolta “alle Chiese della Galazia”: doveva dunque circolare tra le Chiese fondate da Paolo (At
18,23) per creare unità nell’unico vangelo ricevuto.
Il saluto (“grazia e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo”) definisce la situazione nuova creata dal vangelo: i Galati sono dentro alla grazia (favore d’amore) e alla pace (effetto dell’amore). Tutto ciò viene
da Dio Padre e da Gesù Cristo. Per quale via? La via del “dono di sé” da parte di Gesù, poiché noi eravamo
nei peccati. Tale dono/sacrificio ha strappato noi dal “cattivo mondo presente secondo la volontà di Dio e
Padre nostro” (4). La morte di Gesù è sua libera donazione e nello stesso tempo volontà del Padre. L’atto
amorevole di Gesù ci ha strappati da quel “mondo” che vuol trovare la salvezza in se stesso e per questo è
“cattivo”.[Non è soltanto una questione morale].

Chi vi porta un vangelo in sostituzione di quello che avete ricevuto, sia maledetto

Normalmente l’apostolo inizia le sue lettere con un ringraziamento o benedizione (1 Cor 1,4; 2 Cor 1,3). In
Galati prevale l’ammonizione che nasce da “meraviglia” (6) amara nel costatare la repentina “conversione” che è… l’ abbandono del vangelo! Cos’è successo? I Galati stanno abbandonando “Colui che vi ha chiamati
con la grazia (di Cristo)”. Quando viene predicato il vangelo, non viene soltanto comunicato un messaggio o
un programma, ma viene messo in movimento l’amore di Dio, la sua grazia, il suo perdono in Cristo e
tramite Cristo. Per questo parliamo di “vangelo”, cioè di “bella notizia”. E questo è il vangelo che predica
Paolo. Ci sono persone però che predicano un vangelo “altro” da quello di Paolo. Esso consiste nel dire che
uno può salvarsi per mezzo delle opere della Legge mosaica (questo pensiero sarà sviluppato in seguito). Ma
se è così, non si tratta più di “vangelo”. Giustamente l’apostolo dice: “Altro vangelo non c’è” (6). Dire che ci
si salva con le opere della Legge non è “vangelo”, non è “bella notizia!”.
Dunque, “sia destinato allo steriminio (anàtema) ” chiunque (fossi anch’io o fosse un angelo del Cielo) vi
portasse un vangelo che pretende di sostituire quello da me già annunziato (8). Ogni annuncio deve trovare la
radice nel “primo annuncio apostolico” (tradizione della Chiesa). Con questo “vangelo” dell’amore e della
grazia Paolo vuole forse farsi bello (“piacere agli uomini”)? Se facesse così dimostrerebbe di non essere
“servo di Cristo” (10).

Il vangelo da me annunziato l’ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo

Il vangelo da Paolo annunziato non sottosta alla “misura/dimensione di uomo”: non è un prodotto di uomo.
La verifica di questo sta nel fatto che Paolo, concretamente, non ha ricevuto il vangelo da uomo
(comunicazione diretta di un uomo) e nemmeno da insegnamento di un uomo. [Con questo, Paolo ribadisce
semplicemente di essere “apostolo” cfr v. 1]. Il vangelo, invece, egli l’ha ricevuto “per rivelazione di Gesù
Cristo” (12). Significa che Dio stesso (non un uomo) ha rivelato a Paolo che Gesù è “Figlio” (vedi v. 16).

Avete sentito della mia vita…

Paolo descrive la sua vita prima dell’incontro con Cristo. E’ interessato ad escludere ogni contatto col
vangelo anche per il tempo precedente la sua chiamata. Non si deve immaginare che la rivelazione del Figlio
risorto abbia portato a compimento un’inquietudine precedente. Questi versetti mettono in luce la sua totale
estraneità alle comunità cristiane e al loro annuncio, per il tempo in cui egli era ancora “nel giudaismo” (13).
Prima della rivelazione Paolo non ha avuto a che fare con il vangelo; ne fu anzi il più accanito avversario.
I toni del suo racconto sono molto accesi: “Ho perseguitato la chiesa di Dio” (13). Merita attenzione la
locuzione “Chiesa di Dio”: si tratta del popolo messianico, dell’assemblea (chiesa) convocata da Dio(Dt23,2ss), della chiesa cattolica espressa nelle chiese locali storiche, ma non da esse assorbita. Continua
l’apostolo: “Ho tentato di devastarla” (13). Non per motivi torbidi, ma per una coerenza interna alle
“tradizioni dei padri”, continuazione concreta della Legge (14). In questa coerenza (zelo religioso), in questa
assoluta fedeltà a Dio egli “batteva tutti”: era un “giusto”! (Cfr anche Fil 3,4-7).

Ma quando Colui che mi scelse e mi chiamò per sua grazia…

Dio ha scelto Paolo fin dal grembo materno (Ger 1,5; Is 49,1-5). Ma l’atto di grazia/amore che lo qualifica in
modo totalmente nuovo è la “rivelazione del suo Figlio” (15). Dio svela a Paolo (o meglio “in” Paolo) una
cosa prima nascosta, cioè che Gesù è “suo Figlio”. La rivelazione non è soltanto una “notificazione a”, bensì
uno “svelarsi in”: la rivelazione penetra nell’apostolo e ne investe tutta la vita. La rivelazione, poi, è
destinata ad una missione ai popoli (16).

Senza consultare nessuno

Il racconto raggiunge qui la sua punta argomentativa. Tutto il ragionamento vuol arrivare a dire che “il
vangelo”(Gesù è il Figlio) Paolo l’ha ricevuto direttamente da Dio. Prova ne è che egli, dopo la rivelazione,
non si è consigliato con uomini (carne e sangue) e nemmeno con gli “apostoli prima di lui”, ma “subito” si è
dato all’annuncio della buona notizia: prima in Arabia e poi di nuovo a Damasco (17), senza passare da
Gerusalemme!
Dopo tre anni “salì a Gerusalemme per visitare Cefa/Roccia” (18). Rimase a Gerusalemme soltanto quindici
giorni (pochissimo … rispetto ai tre anni di predicazione!). Non vide altri apostoli oltre a Pietro. Vide però
Giacomo, fratello del Signore (19), colui che occupava un posto direttivo nella comunità delle origini.
“Quanto a quello che scrivo (lo giuro): non mento” (20). L’insistenza è volta a salvaguardare l’originalità
della rivelazione ricevuta. Ha portato poi il vangelo nella Siria e nella Cilicia. Quanto alle Chiese della
Giudea, invece, era sconosciuto (22). E pertanto non potevano avere influsso su di lui!
C’è però una comunione nuova, ad un livello che va oltre la conoscenza diretta. Sentendo che Paolo portava
la buona notizia nata della fede “glorificavano Dio in lui” (21). Paolo cioè, pur non essendo conosciuto dalla
Chiesa madre, è accolto in quanto “predica la fede che prima distruggeva”.
Paolo dunque è un apostolo il cui mandato e il cui vangelo vengono direttamente da Dio.

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