Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra...
Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme...
Ecco la dimora di Dio con gli uomini...
Egli... tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno... Apocalisse 21, 1-4
Nella casa del Padre mio vi sono molti posti... Io vado a prepararvi un posto;
quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me,
perché siate anche voi dove sono io. Giovanni 14, 1-3
Tanti nomi, tanti simboli
La beatitudine finale e definitiva, che è il massimo dono del Padre, viene descritta nella Bibbia con diverse espressioni e parole. Le principali sono:
- Paradiso,
- Cielo,
- Regno dei Cieli,
- Gerusalemme nuova,
- Casa del Padre,
- Vita eterna.
Cerchiamo di coglierne il significato, incominciando dal termine più comunemente usato che è il Paradiso.
Paradiso
Con la traduzione detta "dei Settanta", entrò nella Bibbia il termine paradeisos, che viene dal persiano pardés e significa giardino.
Nelle religioni del Medio Oriente il termine paradiso era usato per esprimere lo stato felice degli dèi che si pensava vivessero, come gli uomini potenti della terra, in palazzi sontuosi, circondati da giardini bagnati da acque copiose e da alberi lussureggianti, fra cui l'albero della vita.
La Bibbia si adegua alla mentalità dell'epoca e usa queste immagini per descrivere la felicità alla quale il Creatore ha destinato la creatura da Lui preferita, che è la creatura umana.
Nella Rivelazione il termine Paradiso è usato per indicare:
• il primo delizioso luogo della dimora divina dove «Dio passeggiava alla brezza del giorno» fra alberi lussureggianti che sono citati come simbolo di vita e di fecondità»;
• l'abitazione ideale della prima coppia umana, in una felicità sconfinata che richiama le caratteristiche dell'età aurea descritta dall'antichità classica;
• una felicità perduta, a causa del peccato originale che segna tutte le generazioni lasciando nel cuore umano una profonda e insopprimibile nostalgia;
• un Bene ricuperato in Cristo Gesù Redentore e Salvatore di tutti gli esseri umani.
Questo bene, che nel linguaggio e nel contenuto richiama beni terreni deliziosi e grandemente appetibili, sulla bocca di Gesù assume invece un carattere di felicità eterna e soprannaturale: «oggi sarai con me in Paradiso».
Il Paradiso diventa quindi per i credenti l'obiettivo primario della loro vita, segnata certamente dalla struggente nostalgia per il paradiso perduto, ma sostenuta dalla speranza di raggiungere il Paradiso futuro.
Cielo
Il termine cielo nella Bibbia indica due cose:
1. la volta celeste che si distende sulla terra, e quindi la sede delle nuvole e delle stelle. Questa volta celeste costituisce, con la terra, l'intera creazione;
2. la dimora di Dio; lo spazio riservato a Lui, il suo Santuario, il suo trono.
Se il cielo è la dimora di Dio,
• il cielo si apre quando Dio si rivolge agli uomini, e quando gli uomini vi debbono entrare;
• dal cielo Cristo è venuto sulla terra; e dal cielo verrà di nuovo nel mondo per giudicarlo e trasformarlo;
• dal cielo Dio manda il suo Spirito; e dal cielo discendono gli Angeli per portare gli ordini divini. Questa concezione ha sempre creato, e continua a creare, non pochi malintesi, perché quando la scienza ha allargato i confini della terra e, sotto e sopra, "ha sfrattato" Dio perché non l'ha trovato, l'uomo si è posto la domanda:
- ma dov'è Dio?
- dov'è la sua effettiva dimora?
- dov'è il suo Paradiso?
È nota l'affermazione del primo astronauta russo: «sono salito molto in alto, ho cercato in tutti i modi di trovare la sede di Dio, ma non ho trovato proprio nulla! Dio in cielo non c'è, perché se ci fosse, in qualche modo l'avrei incontrato! Come sono ingenui coloro che ci credono!».
Gli uomini hanno sempre pensato al cielo come alla dimora stabile di Dio; lo hanno cioè immaginato come dimorante in un luogo alto, sovrastante la terra e tanto distante da dover fare molta fatica per poterlo raggiungere.
Hanno cioè localizzato le sfere celesti come un domicilio stabile, circoscritto, lontano e riservato a Dio e ai suoi eletti. Ma è proprio così? Per rispondere a questa domanda occorre sapere che Dio è qualitativamente distinto da ogni altro essere vivente e da ogni altra cosa.
Ora, stando così le cose, è assolutamente impossibile riuscire a trovarlo con quegli strumenti e con quegli esperimenti che sono propri delle cose e delle esperienze umane.
Se Dio è diverso, come è possibile che sia oggetto di ricerche scientifiche, e come è possibile che venga collocato in spazi e territori che hanno dimensioni geografiche, storiche e ambientali?
Dio quindi:
• non è legato a un determinato spazio;
• non è localizzato oltre le nuvole e le stelle, così che, salendo in alto, lo si possa incontrare o non incontrare;
• non si identifica con un pezzo di mondo distinto da altri pezzi, ma, pur essendo sostanzialmente distinto da ognuna delle sue creature, è presente:
- in ogni luogo,
- in ogni creatura,
- con ogni creatura,
così come l'anima è tutta presente, anche se distinta, in ogni parte del corpo, anche la meno importante.
Perché, allora, la Bibbia dice che "Dio è in alto", "è nel cielo"?
La Bibbia usa queste espressioni non solo per adeguarsi alla mentalità comune e al linguaggio corrente, ma anche e soprattutto,
• per esprimere la Maestà di Dio;
• per indicare la sua elevatezza sul mondo;
• per significare che Egli è il Principio creativo e attivo di ogni cosa, mentre la terra, che è in basso, è segno dell'oscuro, del tenebroso, del pesante, del passivo;
• per evidenziare la sua Personalità, che viene a essere potentemente affermata perché protesa verso l'alto, o discendente dall'alto.
La Sacra Scrittura quindi, quando usa le parole cielo o cieli, non intende esprimere giudizi sulla natura o sulla struttura del cosmo, ma semplicemente trasmettere messaggi divini attraverso parole e concetti comuni alla cultura e al linguaggio dell'epoca in cui fu rivelata e scritta. Andare in cielo Dio dunque
- non è legato a un luogo,
- non si identifica con una parte del mondo,
- non è in cielo o in terra.
Quando diciamo che Dio è in cielo, intendiamo dire che è un'Entità diversa dalla terra, e che è elevato al di sopra e al di fuori di essa.
Il termine cielo
- diventa così sinonimo di Dio,
- designa la speciale natura di Dio,
- può essere usato al posto di Dio.
L'espressione andare in cielo significa andare a Dio, ma non andare da Lui in un determinato spazio geografìco e circoscritto.
Il cielo è là dove è Dio, e quindi ovunque. L'affermazione l'uomo va in cielo è quindi indipendente
- da qualsiasi concezione,
- da qualsiasi mutazione,
- da qualsiasi progresso delle cose e del mondo.
È un'affermazione che era valida al tempo in cui fu scritta la Bibbia, e resta valida oggi in cui le conoscenze scientifiche e le cose sono notevolmente cambiate. Andare in cielo significa, dunque, anzitutto, andare a Dio, iniziando una nuova forma e un diverso modo di esistere, differente da quello terreno.
Uno stato o un luogo?
Da quanto abbiamo detto, il cielo è anzitutto non un luogo, ma un nuovo modo di esistere. Ma potrebbe essere anche un luogo?
Sicuramente sì, perché coloro che partecipano delle forme della vita celeste sono legati allo spazio, specie dopo la risurrezione corporale, perché non possono essere onnipresenti.
Dice lo Schmaus: «certo l'uomo, giunto alla perfezione celeste, non soggiace più, come l'uomo pellegrino sulla terra, alle leggi del tempo e dello spazio. Tuttavia resta limitato a un determinato spazio.
La natura di questo vincolo spaziale è difficile da determinare. Si deve comunque dire che agli spiriti dei trapassati viene affidato uno spazio determinato in cui esprimere il proprio modo di vivere. Essi hanno, come gli angeli, un campo limitato di azione. E così si deve ammettere che la comunità dei beati è legata a un luogo di vita comunitaria.
Tuttavia, il Paradiso non può essere fissato in una determinata parte del creato.
Alla questione della localizzazione del Paradiso non può essere data una risposta: con buona pace degli studiosi, i quali sanno che questa localizzazione non appartiene alla sostanza della fede».
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