IL CARRO DI FUOCO E COME IL BEATO FRANCESCO, ANCHE ASSENTE, VEDEVA I SUOI FRATI
47. Poiché camminavano con semplicità davanti a Dio e con coraggio davanti agli uomini, in quel tempo meritarono i santi frati la grazia di una rivelazione soprannaturale. Animati dal fuoco dello Spirito Santo, pregavano cantando il «Pater noster» su una melodia religiosa, non solo nei momenti prescritti, ma ad ogni ora, perché non erano preoccupati dalle cure materiali.
Una volta che Francesco era assente, verso mezzanotte, mentre alcuni dormivano e altri pregavano fervorosamente in silenzio, entrò per la porticina della casa un carro di fuoco luminosissimo che fece due o tre giri per la stanza; su di esso poggiava un grande globo, che a guisa di sole rischiarò le tenebre notturne. I frati che vegliavano furono pieni di stupore, quelli che dormivano si destarono atterriti, sentendosi tutti quanti invasi da quella luce, non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Riunitisi insieme, si domandavano il significato di quel misterioso fenomeno; ma ecco, per la virtù di tanto fulgore ognuno vedeva chiaramente nella coscienza dell'altro. Allora compresero e furono certi che si trattava dell'anima del beato padre, raggiante di così grande splendore, e che essa si era meritato da Dio quel dono straordinario di benedizione e di grazia, soprattutto a motivo della sua purezza e per la sua sollecitudine paterna verso i suoi figli.
48. Spessissimo avevano avuto precisi e chiari indizi che Francesco, per la sua santità, poteva leggere i segreti della loro anima. Quante volte infatti, per rivelazione dello Spirito Santo, conobbe le vicende dei fratelli lontani, penetrò i cuori e le coscienze! Quanti avverti in sogno di quello che dovevano fare o evitare! A quanti, che sembravano retti esteriormente, predisse il pericolo della perdizione, mentre ad altri, conoscendo il termine delle loro opere malvagie, predisse la grazia della salvezza! Qualcuno anzi, particolarmente puro e semplice, ebbe il dono e il conforto speciale della apparizione del Santo in maniera davvero singolare. Tra tanti fatti del genere, eccone uno appreso da testimoni degni di fede. Frate Giovanni da Firenze, eletto da san Francesco ministro dei minori in Provenza, aveva raccolto i suoi frati a capitolo. Il Signore Iddio gli concesse, nella sua bontà, la grazia di parlare con tanto zelo da conquistare tutti ad un ascolto benevolo e attento. Era presente tra loro un frate sacerdote, di nome Monaldo, famoso specialmente per la vita virtuosa, fondata sull'umiltà, corroborata dalla preghiera frequente e difesa dalla pazienza; ed anche frate Antonio al quale Iddio diede «l'intelligenza delle sacre Scritture» e il dono di predicare Cristo al mondo intero con parole più dolci del miele. Ora, mentre Antonio predicava ai frati con fervore e devozione grandissima sul tema: «Gesù Gv. 19,19 Nazzareno, Re dei Giudei», il detto frate Monaldo, guardando verso la porta della sala capitolare, vide il beato Francesco sollevato in alto, con le braccia distese a forma di croce, in atto di benedire i presenti. E tutti i presenti, sentendosi essi stessi investiti dalla consolazione dello Spirito Santo, e ripieni di gaudio salutare, trovarono assai credibile il racconto dell'apparizione e della presenza del gloriosissimo Padre.
49. Quanto alla conoscenza che egli aveva dei segreti dei cuori, tra le molte prove che molti conobbero, ne riferirò una indubitabile sotto ogni aspetto. Un frate di nome Riccerio, nobile di famiglia e più ancora di costumi, vero amante di Dio e disprezzatore di se stesso, aveva il pio desiderio e la fortissima volontà di assicurarsi la piena benevolenza del santo padre Francesco; ma d'altra parte lo tormentava il timore che san Francesco lo detestasse segretamente, privandolo del suo affetto. Era convinto questo frate, assai timorato, che chiunque era amato di particolare amore da san Francesco, fosse anche degno di meritarsi la divina grazia; e che viceversa fosse segno di condanna del Giudice divino, se non fosse accolto da lui con benevolenza e amicizia. Ma non rivelava a nessuno questo suo inquietante e persistente pensiero.
50. Un giorno però il beato padre, mentre pregava nella cella, e quel fratello, angosciato dal solito dubbio, stava avvicinandosi a quel «luogo», ne avverti l'arrivo e il turbamento che aveva nell'animo. Subito lo fece chiamare, e gli disse: «Non lasciarti turbare da nessuna tentazione, figliolo; nessun pensiero ti tormenti, perché tu mi sei carissimo, e sappi che sei tra quelli a me più cari, e ben degno del mio affetto e della mia amicizia. Vieni da me quando vuoi, liberamente come ad amico». Restò attonito frate Riccerio, e da allora in poi, pieno di più grande venerazione, quanto più vedeva crescere l'amore di san Francesco per lui, tanto più dilatava la sua fiducia nella divina misericordia.
Quanto penosa dev'essere, padre santo, la tua assenza per quelli che disperano di trovare sulla terra un altro simile a te! Aiuta con la tua intercessione, te ne preghiamo, coloro che vedi avvolti nella micidiale macchia del peccato, tu che, mentre eri già ripieno dello spirito dei giusti, e prevedevi l'avvenire e conoscevi le realtà presenti, malgrado ciò, per mettere in fuga ogni forma di ostentazione, ti ricoprivi con il manto della santa semplicità.
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