giovedì 10 marzo 2011

Sessualità umana - VI appuntamento

Torna l'appuntamento con il documento del Pontificio Consiglio per la Famiglia "Sessualità umana: verità e significato". Nell'appuntamento odierno, il documento presente si sofferma sulla castità coniugale a cui avevamo accennato nello scorso appuntamento. E' sicuramente un diverso tipo di castità, ma anche all'interno del matrimonio non bisogna mai lasciarsi dominare dall'istinto, ma bisogna sempre esser consapevoli del disegno divino sulla sessualità e bisogna sempre tener presenti i Suoi precetti. Molto interessante è quanto elaborò Sant'Agostino sulla castità coniugale: il suo pensiero lo si desume dai suoi commenti sul racconto - del libro della Genesi - che narra il comportamento di Adamo ed Eva prima e dopo la caduta. Essi inizialmente erano nudi e non ne provavano vergogna (Gen. 2, 25): "non perché non potessero vedere, ma perché contemplando i loro corpi non sentivano nulla di cui vergognarsi" ("non quia non videbant, sed quia nihil unde confunderentur in membris senserant, quae videbant" De nupt. et conc. I, c. 5, n. 6 (CSEL 42, 218). In quello stato di natura integra, Adamo ed Eva non avevano sperimentato niente di disordinato - nessun elemento di egoismo - nella reciproca attrazione coniugale. Le occasioni di avere rapporti coniugali sarebbero state determinate non dal mero istinto, ma dalla loro intelligenza e volontà ed avrebbero corrisposto pienamente e connaturalmente al proprio significato di mutua donazione nell'esercizio del loro potere di procreare. "Se non ci fosse stato nessun peccato l'uomo sarebbe stato generato dagli organi della generazione, ubbidienti come le altre membra ad una volontà tranquilla e ordinata". 
 Inoltre, Sant'Agostino sottolinea la reazione dei nostri progenitori, successivamente al peccato da essi commesso: la vergogna li spinse a coprire i loro corpi e si vestirono. E' importante segnalare che, nonostante fossero marito e moglie e si trovassero soli, fu tra loro due - nei loro reciproci rapporti - che la vergogna si fece presente. Non si trattava della vergogna di essere marito e moglie né tantomeno di esprimere il loro affetto coniugale; si trattava di un elemento nuovo che minacciava la purezza che avevano sperimentato nei loro rapporti originari.
Il Venerabile Giovanni Paolo II si soffermò sulla libertà con la quale la reciproca donazione sponsale dovrebbe effettuarsi.: [...] quella libertà interiore del dono, che per sua natura è esplicitamente spirituale e dipende dalla maturità interiore dell'uomo. Questa libertà presuppone una tale capacità di dirigere le reazioni sensuali ed emotive da rendere possibile la donazione dell'uno verso l'altro in base al maturo possesso di se stessi ...".
Ecco come vediamo enuclersi il concetto stesso di castità coniugale che viene reso evidente dal documento che stiamo analizzando:

II

AMORE VERO E CASTITÀ

La castità coniugale

20. « Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza ».4 I genitori sono consapevoli che il presupposto più valido per educare i figli all'amore casto e alla santità di vita consiste nel vivere essi stessi la castità coniugale. Ciò comporta che essi siano coscienti che nel loro amore è presente l'amore di Dio e, perciò, anche la loro donazione sessuale dovrà essere vissuta nel rispetto di Dio e del Suo disegno di amore, con fedeltà, onore e generosità verso il coniuge e verso la vita che può sorgere dal loro gesto di amore.

Solo in tal modo può diventare espressione di carità;5 perciò, il cristiano nel matrimonio è chiamato a vivere tale donazione all'interno della propria relazione personale con Dio, quale espressione della sua fede e del suo amore per Dio e quindi con la fedeltà e la generosa fecondità che contraddistinguono l'amore divino.6

Soltanto così egli risponde all'amore di Dio e compie la sua volontà, che i Comandamenti ci aiutano a conoscere. Non c'è un legittimo amore che non sia, al suo più alto livello, anche amore di Dio. Amare il Signore implica di rispondere positivamente ai suoi comandamenti: « Se mi amate osserverete i miei comandamenti » (Gv 14,15).7

21. Per vivere la castità l'uomo e la donna hanno bisogno della continua illuminazione dello Spirito Santo. « Al centro della spiritualità coniugale sta... la castità, non solo come virtù morale (formata dall'amore), ma parimenti come virtù connessa con i doni dello Spirito Santo — anzitutto con il dono del rispetto di ciò che viene da Dio (donum pietatis)... Così dunque l'ordine interiore della convivenza coniugale, che consente alle "manifestazioni affettive" di svilupparsi secondo la loro giusta proporzione e significato, è frutto non solo della virtù in cui i coniugi si esercitano, ma anche dei doni dello Spirito Santo con cui collaborano ».8

D'altra parte, i genitori, persuasi che la propria vita di castità e lo sforzo di testimoniare nel quotidiano la santità costituiscono il presupposto e la condizione per la loro opera educativa, devono anche considerare ogni attacco alla virtù e alla castità dei loro figli come un'offesa alla propria vita di fede e una minaccia di impoverimento per la propria comunione di vita e di grazia (cf Ef 6,12).

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