domenica 6 marzo 2011

Colui che fa la volontà del Padre entrerà nel Regno dei cieli

Torna l'appuntamento, della Domenica mattina, di meditazione del Vangelo. Nel Vangelo odierno Gesù ci mostra come non chiunque invoca il nome del Signore è destinato ad entrare nel Regno dei Cieli: Egli ci mostra che ciò che conta realmente è l'adempimento della Volontà del Signore e quindi la sana virtù dell'obbedienza, la stessa che abbiamo visto in San Francesco d'Assisi. Inoltre, vediamo le conseguenze di chi poggia la sua vita su Dio e di chi la poggia su sé stesso e sul nulla. Meditiamo questa Domenica attraverso la riflessione di mons. Gianfranco Poma:

Nella domenica IX del tempo ordinario, leggiamo il brano conclusivo del "discorso della montagna" (Matt.7,21-27): il discepolo di Gesù, che è chiamato a lasciare tutto ciò che intralcia il cammino della realizzazione della propria esistenza per seguire Lui ed entrare con Lui nel Regno di Dio, è posto con estrema chiarezza di fronte all'urgenza di una scelta radicale, cioè: dire Si o No a Gesù. "Io dico a voi…": occorre decidere. "Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli": la coscienza è posta di fronte ad una alternativa netta, l'impegno è assoluto. Tutte le espressioni usate sono chiarissime: o si entra o si rimane fuori.
Abbiamo già potuto sottolineare la preoccupazione pedagogica del Vangelo: il Vangelo di Matteo è stato chiamato dal Card. Martini il "Vangelo del catechista" proprio perché si presenta come una guida sintetica e completa per l'educatore che vuole condurre alla maturità il credente che ha già compiuto il primo passo ed ha già aderito alla fede. Nel brano che oggi leggiamo, punto di arrivo del discorso, Matteo usa la sua raffinatezza pedagogica, per condurci a verificare la serietà della nostra adesione a Cristo.
Dopo aver insistito sulla necessità di una decisione chiara per Cristo, Matteo sente il bisogno di precisare ulteriormente gli elementi che caratterizzano l'identità cristiana. "Non tutti coloro che mi dicono: "Signore, Signore", entreranno nel Regno dei cieli". Gesù intende portare così l'ultimo tocco al richiamo rivolto al suo discepolo la cui giustizia deve superare quella degli scribi e dei farisei. Gli scribi sono addetti allo studio attento della Legge: presso l'ebraismo la teologia è in realtà sempre un commento della Torah. Anche a questo proposito Gesù non nega la bontà dello studio degli scribi e della loro religiosità, ma la "porta al pieno compimento". "Non tutti coloro che mi dicono…" non è sufficiente essere degli scribi perfetti, per entrare nel Regno dei cieli; non è sufficiente essere dei raffinati teologi, non è sufficiente appartenere a gruppi di preghiera, non è sufficiente ripetere preghiere. E' sempre possibile illudersi di credere. "Ma chi fa la volontà del Padre mio, quello che sta nei cieli…" Gesù vuole portare a "compimento" anche la giustizia dei "farisei": questi sono persone particolarmente impegnate nella applicazione pratica della Legge, ritengono che la loro giustizia, la loro giusta relazione con Dio, consista nella esecuzione perfetta della Legge, espressione della volontà di Dio. Gesù ai suoi discepoli chiede di essere operatori della "volontà del Padre mio, quello che sta nei cieli". Sta qui la grande novità che Gesù propone ai suoi discepoli: andare oltre la volontà di Dio espressa nella Legge, per essere operatori della "volontà del Padre" che Gesù chiama "Padre mio che sta nei cieli". Gesù è il Figlio che ha rivelato la volontà misteriosa del Padre. E' una interpretazione riduttiva pensare che Gesù contrapponga il "dire" al "fare" e pensare che Gesù voglia privilegiare il "fare": Gesù chiede ai suoi discepoli di essere operatori della volontà del Padre, ma per essere tali, occorre prima cercarla. Solo chi è prima "uditore della Parola del Padre" entra nella sua volontà e ne diventa "operatore". Ai suoi discepoli, Gesù chiede di ascoltare Lui, ("Avete udito che è stato detto agli antichi…ma io dico a voi"): è Lui la Parola di Dio che nel suo farsi carne rivela la volontà del Padre. Essere "uditori" di Gesù significa aprirsi a Lui con tutta la propria umanità, seguire Lui, vivere con Lui la sua dimensione filiale e condividere con Lui la dimensione fraterna. Studiare Gesù, cercare Gesù, pregare Gesù è la via per essere con Lui figli che in ogni momento accolgono la volontà del Padre e la rendono viva nella concretezza della storia che a loro è data di vivere.
E Gesù mette in guardia dal rischio di cadere in un raffinato fariseismo che troppo facilmente identifica la "volontà di Dio" con il fare le cose pur buone che la "nostra" volontà (ma non la volontà del Padre) ci spinge a fare. Anticipando il giorno nel quale egli si presenterà come giudice, in realtà per avvertirci già adesso sul discernimento da operare per "fare la volontà del Padre", Gesù proclama: "In quel giorno, molti mi diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome, non abbiamo scacciato demoni? E nel tuo nome, non abbiamo fatto molti prodigi?" Ma allora io dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuto. Allontanatevi da me, operatori malvagi". Pronunciare profezie, scacciare demoni, fare prodigi nel nome di Cristo, non è forse "fare" bene? Ma quanto è facile strumentalizzare il nome di Cristo e fare cose buone solo per noi: all'origine di ogni nostra scelta personale o ecclesiale Gesù ci invita a chiederci se stiamo facendo la volontà del Padre o la nostra.
Il "discorso della montagna" si chiude con la duplice parabola, in positivo e in negativo, con la quale Gesù invita ancora una volta alla scelta: Certamente Matteo ha di fronte a sé una comunità colta, attenta ad ascoltare le parole di Gesù: è così facile anche oggi dire belle parole, studiare teologia, fare belle liturgie…Matteo sprona la sua comunità: l'uomo sapiente è quello che sa ascoltare talmente le parole di Gesù, che ne è totalmente afferrato, tanto che la sua vita le rende visibili a tal punto che le opere sono il farsi concreto della Parola di Dio. Essere uditori e operatori della Parola di Dio, significa essere costruttori del "Corpo di Cristo" che è la Chiesa, che vive della vita di Dio, l'Amore, che è ben altro dall'efficientismo del nostro affannarci. Il realismo di Gesù è ben lontano dal nascondere quanto l'uomo sapiente si trovi immerso in una situazione che gli è avversa: contro di lui si scatenano tutti gli elementi, dal cielo, dalla terra, dai fiumi, ma, come una casa costruita sulla roccia, non cade. Sottolinea con enfasi, Gesù: "è costruito sulla roccia", e la roccia è la Parola di Dio, è Gesù stesso, è Lui morto e risorto. Non così è per lo stolto: egli "ascolta" la Parola, ma non si lascia afferrare da essa; in lui la Parola rimane infeconda. Costruisce la casa, ma su se stesso, con un suo progetto, con materiali suoi, sulla sabbia. Non può reggere di fronte alla durezza della storia una casa costruita sulla sabbia: "cade, e la sua rovina è grande".

Si conclude così il grande "discorso della montagna", con una vena di amarezza: Matteo ha di fronte a sé la situazione in cui si trova la prima comunità cristiana. E' stupenda la pienezza di vita che Gesù offre al suo popolo: ma molti non hanno il coraggio di affidarsi alla sua Parola, non accolgono il "compimento" che egli è venuto a portare. Si affaticano a costruire sulla sabbia, hanno paura della forza della storia: è così bello lasciarsi afferrare da Colui che ha una Parola nuova, con l'autorità che gli scribi non hanno!

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