Troviamo anche in altri santi la stessa devozione alla preghiera e lo stessa richiesta di consigli da parte di fedeli: anche nella vita di San Pio da Pietrelcina lo scorgiamo a dimostrazione che il santo del Gargano è stato davvero simile al Santo d'Assisi!
Impariamo dunque l'importanza fondamentale della preghiera e l'arte della vera devozione da queste pagine ricche di perle e testimonianze pregiate: la nostra anima ha disperato bisogno di apprendere queste cose per entrare sempre più in contatto con l'Altissimo e per divenire più forte nell'affrontare le tentazioni quotidiane. Dobbiamo infatti ricordare che la preghiera è una vera arma di cui disponiamo nella nostra lotta contro il maligno.
Torniamo dunque ad immedesimarci nella storia del poverello d'Assisi:
IL BEATO FRANCESCO INSEGNA AI FRATI A PREGARE. OBBEDIENZA E PUREZZA DEI MEDESIMI
45. In quel tempo i frati gli chiesero con insistenza che insegnasse loro a pregare, perché, comportandosi con semplicità di spirito, non conoscevano ancora l'ufficio liturgico. Ed egli rispose: «Quando pregate, dite, Padre nostro! e: Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo e Ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo» E questo gli stessi discepoli del pio maestro si impegnavano ad osservare con ogni diligenza, perché si proponevano di eseguire perfettamente non solo i consigli fraterni e i comandi di lui, ma perfino i suoi segreti pensieri, se riuscivano in qualche modo a intuirli.
Infatti il beato padre insegnava loro che la vera obbedienza riguarda i pensieri non meno che le parole espresse, i desideri non meno che i comandi. E cioè: «Se un frate suddito, prima ancora di udire le parole del superiore, ne indovina l'intenzione, subito deve disporsi all'obbedienza e fare ciò che al minimo segno gli sembrerà la volontà di lui». Fedeli alla esortazione di Francesco, essi, ogni volta che passavano vicino à una chiesa, oppure anche la scorgevano da lontano, si inchinavano in quella direzione e, proni col corpo e con lo spirito, adoravano l'Onnipotente, dicendo: «Ti adoriamo, o Cristo, qui e in tutte le chiese». E, cosa non meno ammirevole, altrettanto facevano dovunque capitava loro di vedere una croce o una forma di croce, per terra, sulle pareti, tra gli alberi, nelle siepi.
46. Erano così pieni di santa semplicità, di innocenza, di purezza di cuore da ignorare ogni doppiezza. Come unica era la loro fede, così regnava in essi l'unità degli animi, la concordia degli intenti e dei costumi, la stessa carità, la pratica delle virtù, la pietà degli atti, l'armonia dei pensieri.
Avevano scelto come confessore un sacerdote secolare che era tristemente noto per le sue enormi colpe e degno del disprezzo di tutti a motivo della sua depravata condotta; ma essi non vollero credere al male che si diceva di lui e continuarono a confessargli i propri peccati, prestandogli la debita riverenza. Anzi, avvenne un giorno che quel sacerdote, o forse un altro, dicesse a uno di loro: «Bada, fratello, di non essere ipocrita»; quel frate si reputò davvero ipocrita e, per il profondo dolore che ne sentiva, non sapeva più darsi pace, giorno e notte. Agli altri che gli chiedevano il perché di tanto insolito lamento e mestizia, rispondeva: «Un sacerdote mi ha detto questo, e io ne sono così afflitto da non poter pensare ad altro!». Lo esortavano, per consolarlo, a non prestar fede a quelle parole; ma egli replicava: «Che dite mai, fratello? Può forse un sacerdote dire il falso? Se il sacerdote non può mentire, bisogna credere che quanto mi ha detto è vero». E perseverò a lungo in tale semplicità, finché Francesco stesso lo assicurò, spiegandogli le parole del sacerdote e scusandone con sapiente intuito l'intenzione. Non c'era turbamento, per grande che fosse, nell'animo dei confratelli che alla sua parola di fuoco non svanisse e tornasse il sereno!
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