domenica 13 marzo 2011
Tempo di digiuno
Torna l'appuntamento, della Domenica mattina, di meditazione del Vangelo. Il Vangelo di oggi è il cuore della Quaresima poiché ci mostra il Signore Gesù mettersi alla prova per affrontare le tentazioni del diavolo e per mostrarci che la tentazione la possiamo vincere. Gesù si immedesima totalmente nella nostra condizione e si sottopone anche all'aspetto più duro dell'essere umano e cioè la debolezza dinanzi alle seduzioni del male: Egli però resiste ad ogni tentazione in forza di una totale obbedienza e fedeltà al Padre che è nei Cieli. Anche noi, dunque, in forza dell'obbedienza e della fedeltà, possiamo e dobbiamo resistere a quella voce subdola che si insinua nella nostra mente per ingannarci e per farci cedere alle tentazioni. Meditiamo questa Domenica attraverso la riflessione di mons. Roberto Brunelli:
E' cominciata la quaresima, il periodo di quaranta giorni (di qui il nome) che prepara alla più importante celebrazione dell'anno, la Pasqua. Il numero dei giorni (ne sono escluse le domeniche) è stato fissato in base al periodo trascorso da Gesù nel deserto prima di cominciare la sua vita pubblica, come ricorda il vangelo di oggi (Matteo 4,1-11), che riferisce quanto accadde al termine di quel periodo. Il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha condiviso in tutto la nostra condizione umana: ha avuto una madre e degli amici, ha lavorato con le sue mani, ha sperimentato la fame, la sofferenza, persino la morte; tutto, tranne il peccato, dal quale appunto è venuto a liberare l'umanità. Non il peccato, ma la tentazione di commetterlo, sì: anche in questo ha voluto essere come noi. Narra appunto il vangelo che al termine di quei quaranta giorni è stato sottoposto alle tre tentazioni in cui tutte sono comprese: seguire gli istinti naturali anche se contrari a quanto si sa essere giusto e buono; pretendere che Dio intervenga a sanare i nostri egoismi e i nostri errori; perseguire ricchezza successo e potere con ogni mezzo, anche a costo di danneggiare gli altri. L'uomo-Gesù ha superato le tentazioni, appellandosi ogni volta alla volontà di Dio: ed ecco un bel programma per la quaresima, consistente nel riesaminare la propria vita per vedere se, magari senza accorgercene, siamo scivolati in situazioni e abitudini che Dio non approva (e perciò, ce ne rendiamo conto o no, fanno del male ad altri e si ritorcono anche contro di noi).
Nel programma quaresimale dei cristiani questa è, per così dire, la parte negativa: eliminare il male che cova dentro ogni uomo. C'è però anche una parte positiva, consistente nella ricerca di quanto può davvero arricchirci, migliorando noi e gli altri: la si trova esposta nel vangelo (Matteo 6,1-18) letto lo scorso mercoledì, primo giorno di quaresima, e consiste essa pure in tre grandi categorie di opere, entro le quali sta tutto il bene che si può compiere, nell'infinita varietà dei casi personali. La prima è l'elemosina, da non ridurre certo al dare una moneta ogni tanto a chi la chiede: questa categoria riguarda una disposizione abituale dello spirito, l'amore disinteressato, quello per cui si cerca di fare per il prossimo tutto il bene che ci è possibile. La seconda è la preghiera, con cui riconosciamo la bontà e la grandezza di Dio, e consapevoli della nostra debolezza umilmente gli chiediamo l'aiuto indispensabile a fare la sua volontà.
La terza categoria delle opere da praticare in quaresima, per imparare a compierle poi sempre, è quella che il vangelo chiama il digiuno. Occorre forse in proposito qualche chiarimento. In passato lo si è inteso come un limitarsi, talora aspramente, nel cibo, al fine di dominare il proprio corpo e abituarlo a non cedere agli istinti. Oggi le norme della Chiesa l'hanno ridotto a ben poca cosa (una modesta riduzione due giorni all'anno, esclusi i minorenni e gli anziani); ma non ha ridotto, né lo potrebbe fare perché sta scritto nel vangelo, il senso autentico del digiuno: eliminare, o quanto meno ridurre, il superfluo, per meglio concentrarsi su ciò che vale davvero. Ad esempio, eliminare lussi e sprechi, per avere di più da donare a chi è nel bisogno, ed eliminare perdite di tempo, come quello dedicato al cicaleccio di una politica becera o a programmi televisivi degradanti, per averne di più da impegnare in positivo: un sano riposo, un onesto divertimento, e silenzio, per ascoltare la voce di Dio che in mille modi continua a parlarci. Come poi "digiunare" in questo senso, in che cosa consista il superfluo, in quale misura ridurlo, ciascuno lo deve decidere da sé, non dimenticando che la nostra coscienza gli altri non la vedono, ma Dio sì.
E' cominciata la quaresima, il periodo di quaranta giorni (di qui il nome) che prepara alla più importante celebrazione dell'anno, la Pasqua. Il numero dei giorni (ne sono escluse le domeniche) è stato fissato in base al periodo trascorso da Gesù nel deserto prima di cominciare la sua vita pubblica, come ricorda il vangelo di oggi (Matteo 4,1-11), che riferisce quanto accadde al termine di quel periodo. Il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha condiviso in tutto la nostra condizione umana: ha avuto una madre e degli amici, ha lavorato con le sue mani, ha sperimentato la fame, la sofferenza, persino la morte; tutto, tranne il peccato, dal quale appunto è venuto a liberare l'umanità. Non il peccato, ma la tentazione di commetterlo, sì: anche in questo ha voluto essere come noi. Narra appunto il vangelo che al termine di quei quaranta giorni è stato sottoposto alle tre tentazioni in cui tutte sono comprese: seguire gli istinti naturali anche se contrari a quanto si sa essere giusto e buono; pretendere che Dio intervenga a sanare i nostri egoismi e i nostri errori; perseguire ricchezza successo e potere con ogni mezzo, anche a costo di danneggiare gli altri. L'uomo-Gesù ha superato le tentazioni, appellandosi ogni volta alla volontà di Dio: ed ecco un bel programma per la quaresima, consistente nel riesaminare la propria vita per vedere se, magari senza accorgercene, siamo scivolati in situazioni e abitudini che Dio non approva (e perciò, ce ne rendiamo conto o no, fanno del male ad altri e si ritorcono anche contro di noi).
Nel programma quaresimale dei cristiani questa è, per così dire, la parte negativa: eliminare il male che cova dentro ogni uomo. C'è però anche una parte positiva, consistente nella ricerca di quanto può davvero arricchirci, migliorando noi e gli altri: la si trova esposta nel vangelo (Matteo 6,1-18) letto lo scorso mercoledì, primo giorno di quaresima, e consiste essa pure in tre grandi categorie di opere, entro le quali sta tutto il bene che si può compiere, nell'infinita varietà dei casi personali. La prima è l'elemosina, da non ridurre certo al dare una moneta ogni tanto a chi la chiede: questa categoria riguarda una disposizione abituale dello spirito, l'amore disinteressato, quello per cui si cerca di fare per il prossimo tutto il bene che ci è possibile. La seconda è la preghiera, con cui riconosciamo la bontà e la grandezza di Dio, e consapevoli della nostra debolezza umilmente gli chiediamo l'aiuto indispensabile a fare la sua volontà.
La terza categoria delle opere da praticare in quaresima, per imparare a compierle poi sempre, è quella che il vangelo chiama il digiuno. Occorre forse in proposito qualche chiarimento. In passato lo si è inteso come un limitarsi, talora aspramente, nel cibo, al fine di dominare il proprio corpo e abituarlo a non cedere agli istinti. Oggi le norme della Chiesa l'hanno ridotto a ben poca cosa (una modesta riduzione due giorni all'anno, esclusi i minorenni e gli anziani); ma non ha ridotto, né lo potrebbe fare perché sta scritto nel vangelo, il senso autentico del digiuno: eliminare, o quanto meno ridurre, il superfluo, per meglio concentrarsi su ciò che vale davvero. Ad esempio, eliminare lussi e sprechi, per avere di più da donare a chi è nel bisogno, ed eliminare perdite di tempo, come quello dedicato al cicaleccio di una politica becera o a programmi televisivi degradanti, per averne di più da impegnare in positivo: un sano riposo, un onesto divertimento, e silenzio, per ascoltare la voce di Dio che in mille modi continua a parlarci. Come poi "digiunare" in questo senso, in che cosa consista il superfluo, in quale misura ridurlo, ciascuno lo deve decidere da sé, non dimenticando che la nostra coscienza gli altri non la vedono, ma Dio sì.
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