venerdì 4 febbraio 2011

Imparando con le Lettere Apostoliche - Ventinovesimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Il cammino di oggi giunge alla gerarchia dei carismi in vista dell'utilità comune:

Quattordicesima parte della Prima Lettera ai Corinzi 
 
1Ricercate la carità. Aspirate pure anche ai doni dello Spirito, soprattutto alla profezia. 2Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose. 3Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto. 4Chi parla con il dono delle lingue edifica se stesso, chi profetizza edifica l'assemblea. 5Vorrei vedervi tutti parlare con il dono delle lingue, ma preferisco che abbiate il dono della profezia; in realtà è più grande colui che profetizza di colui che parla con il dono delle lingue, a meno che egli anche non interpreti, perché l'assemblea ne riceva edificazione.

6E ora, fratelli, supponiamo che io venga da voi parlando con il dono delle lingue; in che cosa potrei esservi utile, se non vi parlassi in rivelazione o in scienza o in profezia o in dottrina? 7È quanto accade per gli oggetti inanimati che emettono un suono, come il flauto o la cetra; se non si distinguono con chiarezza i suoni, come si potrà distinguere ciò che si suona col flauto da ciò che si suona con la cetra? 8E se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà al combattimento? 9Così anche voi, se non pronunziate parole chiare con la lingua, come si potrà comprendere ciò che andate dicendo? Parlerete al vento! 10Nel mondo vi sono chissà quante varietà di lingue e nulla è senza un proprio linguaggio; 11ma se io non conosco il valore del suono, sono come uno straniero per colui che mi parla, e chi mi parla sarà uno straniero per me.

12Quindi anche voi, poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l'edificazione della comunità. 13Perciò chi parla con il dono delle lingue, preghi di poterle interpretare. 14Quando infatti prego con il dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia intelligenza rimane senza frutto. 15Che fare dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l'intelligenza. 16Altrimenti se tu benedici soltanto con lo spirito, colui che assiste come non iniziato come potrebbe dire l'Amen al tuo ringraziamento, dal momento che non capisce quello che dici? 17Tu puoi fare un bel ringraziamento, ma l'altro non viene edificato. 18Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi; 19ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue.

20Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi. 21Sta scritto nella Legge:

Parlerò a questo popolo in altre lingue
e con labbra di stranieri,
ma neanche così mi ascolteranno,

dice il Signore. 22Quindi le lingue non sono un segno per i credenti ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti ma per i credenti. 23Se, per esempio, quando si raduna tutta la comunità, tutti parlassero con il dono delle lingue e sopraggiungessero dei non iniziati o non credenti, non direbbero forse che siete pazzi? 24Se invece tutti profetassero e sopraggiungesse qualche non credente o un non iniziato, verrebbe convinto del suo errore da tutti, giudicato da tutti; 25sarebbero manifestati i segreti del suo cuore, e così prostrandosi a terra adorerebbe Dio, proclamando che veramente Dio è fra voi.

26Che fare dunque, fratelli? Quando vi radunate ognuno può avere un salmo, un insegnamento, una rivelazione, un discorso in lingue, il dono di interpretarle. Ma tutto si faccia per l'edificazione.27Quando si parla con il dono delle lingue, siano in due o al massimo in tre a parlare, e per ordine; uno poi faccia da interprete. 28Se non vi è chi interpreta, ciascuno di essi taccia nell'assemblea e parli solo a se stesso e a Dio. 29I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino. 30Se uno di quelli che sono seduti riceve una rivelazione, il primo taccia: 31tutti infatti potete profetare, uno alla volta, perché tutti possano imparare ed essere esortati. 32Ma le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti, 33perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace.

34Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. 35Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea.

36Forse la parola di Dio è partita da voi? O è giunta soltanto a voi? 37Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comando del Signore; 38se qualcuno non lo riconosce, neppure lui è riconosciuto. 39Dunque, fratelli miei, aspirate alla profezia e, quanto al parlare con il dono delle lingue, non impeditelo. 40Ma tutto avvenga decorosamente e con ordine.

COMMENTO

Carissimi il nostro percorso continua a scrutare i carismi, doni dello Spirito Santo e vediamo ancora San Paolo porre tra i fratelli corinzi, la gerarchia di questi carismi. Settimana scorsa avevamo visto come al di sopra di ogni cosa vi era la carità e anche oggi, il capitolo comincia con l'esortazione paolina a ricercare la carità!
Fatta queste importante introduzione, San Paolo si sofferma su due carismi: il dono delle lingue e la profezia. Egli cerca di far capire la gerarchia di questi carismi in base al principio dell'utilità comune: ciò che conta è infatti utilizzare i doni dello Spirito Santo per l'edificazione dell'assemblea, per l'edificazione della Chiesa! Ed ecco perchè San Paolo sembra preferire il dono della profezia, proprio perchè egli ritiene che essa sia maggiormente utile ai credenti, mentre il dono delle lingue è maggiormente utile per i non credenti. 
Comunque nessun dono deve essere impedito, ma l'importante è che venga utilizzato nel giusto modo, a favore degli altri ed in particolare della Chiesa. 
Qualche settimana fa avevamo visto l'Udienza Generale del Venerabile Giovanni Paolo II, risalente al 9 Marzo 1994. Avevamo visto come Papa Wojtyla aveva ben delineato il tema dei carismi: oggi, voglio riproporre la parte conclusiva di quel discorso perchè si sofferma proprio sul come i carismi vadano usati:
""Agli inizi dell'era cristiana, vennero compiute cose straordinarie sotto l'influsso dei carismi, sia di quelli straordinari, sia di quelli che si potrebbero chiamare i piccoli, umili carismi di ogni giorno. Cosà è¨ stato sempre nella Chiesa, e lo è ¨ anche nella nostra epoca, generalmente in modo nascosto, ma a volte, quando Dio lo vuole per il bene della sua Chiesa, anche in modo appariscente. E come nel passato, cosଠanche ai giorni nostri ci sono stati numerosi laici che hanno molto contribuito allo sviluppo spirituale e pastorale della Chiesa. Possiamo dire che anche oggi abbondano i laici che, grazie ai carismi, operano da buoni e veraci testimoni della fede e della carità .

E' da auspicare che tutti si rendano conto di questo trascendente valore di vita eterna già incluso nel loro lavoro, se è¨ svolto nella fedeltà alla loro vocazione con docilità allo Spirito Santo che vive e agisce nei loro cuori. Questo pensiero non può² non servire di stimolo, sostegno, conforto specialmente a coloro che, per fedeltà a una vocazione santa, si impegnano nel servizio al bene comune, per lo stabilimento della giustizia, il miglioramento delle condizioni di vita dei poveri e degli indigenti, la cura degli handicappati, l'accoglienza dei profughi, la realizzazione della pace nel mondo intero.
6. Nella vita comunitaria e nella pratica pastorale della Chiesa si impone il riconoscimento dei carismi, ma anche il loro discernimento, come hanno ricordato i Padri nel Sinodo del 1987 (cf. CL 24). Certamente lo Spirito Santo «soffia dove vuole» (Gv 3,8), e non si potrà mai pretendere di imporgli regolamenti e condizionamenti. Ma la comunità cristiana ha diritto di essere avvertita dai Pastori sulla autenticità dei carismi e sulla affidabilità di coloro che si presentano come loro portatori. Il Concilio ha ricordato la necessità della prudenza in questo campo, specialmente quando si tratti di carismi straordinari (cf. LG 12).
L'esortazione apostolica «Christifideles laici» ha pure sottolineato che «nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa» (CL 24). Sono norme di prudenza facilmente comprensibili, e valgono per tutti, sia chierici che laici.
7. Detto ciò², ci piace ripetere, col Concilio e con l'esortazione citata, che «i carismi vanno accolti con gratitudine, da parte di chi li riceve, ma anche da parte di tutti nella Chiesa» (CL 24). Da tali carismi sorge «il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e ad edificazione della Chiesa» (AA 3). E' un diritto che si fonda sulla donazione dello Spirito e sulla convalida della Chiesa. E' un dovere motivato dal fatto stesso del dono ricevuto, che crea una responsabilità ed esige un impegno.
La storia della Chiesa attesta che, quando i carismi sono reali, prima o poi vengono riconosciuti e possono esercitare la loro funzione costruttiva e unitiva. Funzione, ricordiamolo ancora una volta, che la maggior parte dei membri della Chiesa, Chierici e laici, in virt๠di carismi silenziosi, svolge efficacemente ogni giorno per il bene di noi tutti.""

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao, San Paolo è davvero un grande apostolo!

Angel ha detto...

Lo è davvero caro anonimo!

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