1. Giorgio La Pira all'amico Amintore Fanfani: «la città che cerchiamo è un'altra!».
«Da tempo ogni giorno, e quasi ogni ora, chiedo al Signore di chiudere la mia parentesi di vita terrena.
È una voglia immensa che mi dà ogni giorno la forza di attendere e di operare.
Questa voglia di purificazione e di liberazione cresce ogni giorno e diviene speranza che quando il Signore l'avrà maturata, essa sboccerà come un fiore. Allora tutti i problemi avranno la loro soluzione. Perché alla fine, caro Amintore, la città che cerchiamo non è né Firenze e neanche Roma o Arezzo: è un'altra!
È quella che ci accoglierà per sempre, e ci farà per sempre a Dio uniti, e in Dio felici».
2. Renzo Buricchi all'amico Marcello Pierucci: «mai risveglio era stato così dolce!».
«Aprii gli occhi, ed estasiato, contemplai la Città celeste.
La luce mi avvolse come manto di morbida seta. L'abbraccio dell'amore di Dio mi donò l'infinita tenerezza... Un'ombra passò su di me, portando il ricordo del sogno della notte. Ritrovai, in quel sogno, le apparenti gioie e i sostanziali dolori: l'infanzia, l'adolescenza, la maturità, il decadimento... l'ansia di comprendere ciò che non poteva essere compreso... gli incontri... i distacchi... i dubbi... le speranze che non riescono a divenire certezze... e il continuo inganno che quella fosse la vita!
ATTESA, TIMORE, RIFIUTO
«Qui non gemit ut peregrinus, non gaudebit ut civis, quia desiderium non est in illo».
Chi non soffre come pellegrino sulla terra, non godrà come cittadino in Paradiso, perché gli manca la VOGLIA di poterlo raggiungere. S. Agostino
Sono rimasto nell'ambito cattolico, perché un'inchiesta fra appartenenti ad altre religioni sarebbe stata complessa e avrebbe creato confusione.
Nel questionario, quattro domande:
l. tu credi nell'esistenza di un Paradiso ultraterreno?
2. dove pensi che esso sia collocato?
3. secondo te, in che cosa può consistere la felicità del Paradiso?
4. tu hai davvero un sincero desiderio di entrarvi? Senti una reale "VOGLIA di Paradiso"?
Ho lasciato a ciascuno libertà di dire, volendo, solo il nome e di esprimere con spontaneità il proprio pensiero.
Per l'intento che mi sono proposto in questo libro, ho chiesto di privilegiare il 4° punto, relativo alla "VOGLIA di Paradiso"; e le risposte hanno avuto questi quattro orientamenti:
• il Paradiso è la mia ragione di vita: non vedo l'ora di raggiungerlo;
• ho più paura che voglia di Paradiso;
• il Paradiso non mi affascina;
• non ne sento il bisogno.
«Il Paradiso è la mia ragione di vita: non vedo l'ora di raggiungerlo»
MICHELE, 48 anni, insegnante, sposato: «sono entusiasta del mio destino finale. Siccome in Paradiso godrò della visione beatifica, saranno appagate le mie tendenze al Vero e al Bene: potrò così assumere la mia propria e definitiva natura. Sarò quindi totalmente me stesso: sarò un uomo vero, proprio e completo: sarò quindi totalmente felice».
MARISA, 39 anni, casalinga, sposata: «la mia più grande sofferenza è quella di non poter vedere Dio sulla terra. Ma sono convinta che è proprio questa sofferenza che mi garantisce il possesso del Bene futuro! Non vedo l'ora, anche se amo immensamente la mia casa e la mia famiglia».
Lucia, 60 anni, suora: «ogni volta che leggo gli scritti di qualche mistico, mi sento assalita da un grande desiderio di morire, per immergermi nell'Oceano dell'amore misericordioso del Padre. Più vado avanti, e più sento che nulla mi affascina come quel momento nel quale mi tufferò in Lui, come una goccia nel mare».
STEFANO, 28 anni, biologo, celibe: «più conosco la natura e la sua incredibile meraviglia, e più si acuisce in me il desiderio di conoscere il misterioso Autore del mondo, e di raggiungerlo, per godere per sempre con Lui e di Lui. Non so immaginarlo, ma sento che deve essere meraviglioso!».
FILIPPO, 80 anni, ex dirigente industriale, vedovo: «ormai sono vecchio e mi sento mancare la terra sotto i piedi. Ma sono consolato dalla certezza dell'incontro con Colui che ho sempre cercato di amare. Penso di giungere, in Lui, a una pace piena, dopo tante lotte, angustie, pericoli e colpe!».
VERONICA, 50 anni, suora di clausura: «a 20 anni mi donai senza riserve a Cristo e vivo da 30 anni con impegno il mio matrimonio con Lui. Non vedo l'ora di vederlo, di abbracciarlo, di stringerlo a me, in un amplesso senza fine».
ALESSANDRO, 23 anni, da 18 in carrozzella: «sono un disabile, e non posso muovermi senza il sostegno di qualcuno. Non posso fare progetti e nutrire speranze per il futuro. Ma sono sereno, anzi felice, perché so di essere predestinato a un avvenire di giorni felici nella casa dove il Padre mi attende. Sì, io ho tanta voglia di Paradiso!».
TINO, 74 anni, sacerdote: «vivo felice nell'attesa del momento nel quale il Signore mi dirà: "entra nel gaudio del tuo Signore". Penso che quello sarà l'inizio della mia vera esistenza, dell'attività più intensa e vertiginosa della mia intelligenza e della mia volontà. Esse si dilateranno sempre più nella voragine luminosa e infuocata dell'eternità beata... E sarò totalmente felice! Non vedo l'ora!».
CLAUDIO, 40 anni, sposato, medico: «desidero giungere al Paradiso come un cieco desidera il momento nel quale potrà finalmente vedere la luce. Tutte le esperienze acuiscono in me il desiderio dell'incontro con Dio, ma specialmente quelle belle, come gli affetti familiari, le gioie dell'amore e dell'amicizia. Sento che queste cose belle sono come assaggi e briciole che, da un lato fanno presagire la qualità del cibo, ma dall'altro non fanno che acuire la fame. Guai se non ci fosse la sicurezza di possedere un giorno la pienezza di quanto si è appena pregustato!».
GIORGIO, 36 anni, insegnante di filosofia: «penso al Paradiso come all'eterna visione di Dio. Il pensarci è un'esigenza di tutto il mio essere. Sono convinto di essere parte di quel Progetto d'amore che, solo, può darmi forza nel difficile cammino della vita. Vivo nell'attesa felice di quel giorno, nel quale potrò finalmente saziarmi di Lui!».
«Ho più timore che desiderio»
ANNA, 30 anni, sposata, impiegata: «il Paradiso, più che attrarmi mi fa paura. È una cosa troppo gigantesca per la mia povera persona! Chi sono io per poter aspirare a un posto così grande, con una così cospicua comunità di eletti?».
AUGUSTO, 32 anni, celibe, filosofo: «non prendo mai in considerazione il pensiero del Paradiso perché esso è per me associato al fatto della morte, che mi terrorizza oltre misura. Come posso desiderare un Paradiso che è oltre questa soglia detestabile?».
CATERINA, 70 anni, sposata, 4 figli e 9 nipoti: «un tempo parlavo con entusiasmo del Paradiso e mi sembrava la cosa migliore. Ora, più avanzano gli anni e più mi fa paura, perché non mi sembra tale da appagare e superare i teneri affetti che mi saranno tolti».
FABIO, 20 anni, studente: «come posso pensare a un Paradiso felice, quando, per ottenerlo, occorre perdere tutte le cose belle che ci fanno così felici in questa terra? Mi fa paura un Paradiso così lontano, così misterioso, così vago, così difficile da raggiungere!».
LUIGI, 40 anni, commercialista, sposato: «ho sempre allontanato la promessa del Paradiso perché esso, così come ce lo descrivono, è irraggiungibile per chiunque conduca una normale vita sulla terra. Mi terrorizza l'idea di un Dio, infinitamente giusto, che ci giudicherà severamente e deciderà per noi. Chi sarà nelle condizioni di meritare un Paradiso, aperto solo ai giusti e ai perfetti?».
LUCIO, 50 anni, celibe, avvocato: «ho paura di certe ricette facili, escogitate per confortare chi soffre e si interroga sulla sorte di chi ci è stato sottratto con la morte. Io ho paura di queste risposte facili... e inconsistenti!».
DOMENICO, 61 anni, divorziato, chirurgo: «il Paradiso è una risposta ai problemi della vita e della morte in un contesto religioso. Mi fa paura questa "invenzione" del Paradiso! Mi fanno paura queste risposte che non hanno valore scientifico e peccano di presunzione e divengono fonte di infelicità e di illusioni. La scienza è più onesta della Religione, perché si limita a dire solo ciò che entra nelle sue possibilità di verifica e di esperienza, senza pretendere di entrare nel mondo del mistero e quindi dell'assurdo».
«Non mi affascina più di tanto»
PATRIZIA, 28 anni, sposata, infermiera: «il pensiero del Paradiso non mi affascina più di tanto: è troppo vago e lontano. Sento il bisogno di stimoli più immediati e vicini che sostengano la mia fede, purtroppo, illanguidita». LEONARDO, 56 anni, sposato, operaio: «il lavoro e la fatica, che mi hanno accompagnato da quando ero ragazzo, mi hanno fatto venire la voglia di un paradiso, confesso, più in questa terra, che in un altro mondo. La promessa di un premio futuro non mi attira molto, anche se non lo nego; ma vorrei vederlo e assaporarlo ora, e quaggiù».
MARGHERITA, 24 anni, nubile, studentessa: «la mia tendenza al Paradiso è tenue e blanda perché mi manca la convinzione che Dio è una Persona concreta, e quindi mi comporto verso di Lui come verso un'idea astratta, o un semplice oggetto di conoscenza, o peggio, un enigma che stimola molto superficialmente la mia curiosità».
TERESA, 45 anni, suora: «debbo confessare che non penso molto al Paradiso perché non riesco a raffigurarmelo. E anche perché temo di non meritarlo. Cerco di vivere il presente e non mi preoccupo dell'avvenire... per non esserne delusa. Potrà sembrare strana questa mia posizione, ma, anche se sono una suora, sono molto concreta, e il Paradiso è una realtà ben poco concreta...».
GAETANO, 73 anni, coniugato, ex impiegato: «ho sempre creduto nel Paradiso, ma più invecchio e più avverto che non mi affascina più come mi affascinava da bambino. Troppo lontano e troppo misterioso! Sono diventato molto diffidente e scettico, anche nei confronti del Paradiso!».
VINCENZO, 23 anni, religioso, studente di Teologia: «è innegabile che il Paradiso non è più motivo di fascino come un tempo. Lo potrebbe ridiventare se si presentasse la contemplazione futura non come una realtà finale e distaccata, ma come la continuazione e l'amplificazione dell'agire e del godere umano presente in questa vita terrena».
PIERO, 55 anni, sposato, industriale: «la ragione principale che mi rende indifferente il pensiero del Paradiso è che mi sento sempre più coinvolto nel sensismo corrente. L'amore di questo secolo uccide in me, e in tanti miei conoscenti, l'amore del secolo venturo. Davanti al Paradiso, sono combattuto fra due atteggiamenti: o ignorarlo o disprezzarlo. Sono dispiaciuto di questo mio atteggiamento, ma, purtroppo, non so uscirne. Certo, sarei molto più felice se avessi ancora la fede di un tempo!».
«Non ne avverto il bisogno»
ANTONIO, 44 anni, sposato, medico: «confesso che non avverto affatto il bisogno di un Paradiso che appagherà le mie aspirazioni terrene. Non vedo nulla oltre il limite di questa vita. Per me e per molti dei miei pazienti il paradiso è raggiungere una buona salute: il vero paradiso è star bene, adesso! Dopo si vedrà!».
LUCA, 65 anni, vedovo, insegnante: «non sento voglia di vedere Dio, dopo la mia morte, perché non ho la minima idea di come sia. L'idea di un Paradiso futuro non mi stimola affatto e non mi rende migliore: chissà perché! L'ho sempre considerato un elemento decorativo, senza conseguenze efficaci per il dinamismo della mia vita personale e della vita degli altri».
RITA, 21 anni, nubile, studentessa: «quand'ero piccola, mi esaltavo all'idea del Paradiso come luogo bello, fiorito, felice, in compagnia di angioletti festanti e di santi giulivi impegnati nel dispensare grazie e favori. Ora non più: queste favolette infantili non hanno più presa nel mio spirito perché ho compreso che debbo impegnarmi personalmente a costruirmi il paradiso che ho in mente».
GIORGIO, 50 anni, sposato, giornalista: «non sento il bisogno di un Paradiso eterno e ultraterreno. Il paradiso è su questa terra, e io lo gusto nel momento nel quale creo qualcosa di interessante e di appagante. Anziché rifugiarmi nella speranza di una felicità incerta e lontana, cerco di assaporare gli attimi felici che riesco a realizzare momento per momento».
SIRIO, 46 anni, sposato, operaio: «mi hanno detto che il Paradiso è uno spettacolo che ci farà vedere Dio e tutte le sue imprese. Io mi domando: "se sarà uno spettacolo, sarà come un film interminabile che, a lungo andare, diventerà monotono e insopportabile". Non riesco proprio a capire come si potrà gioire vivendo una vita inattiva portata avanti in un "dolce far niente", privo di interessi nuovi e affascinanti».
MARCELLO, 58 anni, sposato, operatore pastorale: «rilevo con dolore che la tensione escatologica, e, in particolare l'attesa del Paradiso, manca in modo impressionante in gran parte della spiritualità contemporanea, troppo impegnata a valorizzare i beni terreni a scapito di quelli eterni, e a instaurare un umanesimo cosmico, quasi che il mondo fosse la nostra definitiva patria, anziché la nostra terra d'esilio. Faccio sempre più fatica a pensare e a proporre questo Paradiso che ani sembra troppo lontano per la mentalità degli uomini di oggi».
VERONICA, 42 anni, architetto, divorziata: «sono una donna amante del bello. Amo l'armonia, la musica, l'arte. Amo però tutto ciò che è concreto, che posso toccare, toccare con le mie mani. Amo l'amore, l'amore fatto di sensazioni forti e di brividi immediati. Non so quindi pensare a un Paradiso lontano e sfumato, che si perde nel nulla».
Dunque: due opposti sostanziali atteggiamenti. Questi dati dunque rivelano due opposti atteggiamenti, che possiamo così riassumere:
• per alcuni il Paradiso è tutto: non possono concepire la vita senza la certezza che, alla fine, li attende un mondo di felicità. Si sentirebbero orfani se non sapessero che al termine dell'esistenza terrena c'è un Padre dolce e giusto che li aspetta. Hanno quindi tanta VOGLIA di Paradiso: non vedono l'ora di raggiungerlo!
• per altri il Paradiso è una realtà lontana, evanescente, irraggiungibile che, o non è fatta per loro, o è tanto alta da non sentirsene degni. Per questi, il Paradiso resta solo un'utopia o una invenzione inutile, e, quindi, preferiscono un paradiso terreno, anche se piccolo e di breve durata, a un Paradiso celeste indefinibile e vago.
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