sabato 26 febbraio 2011

La storia di San Francesco di Assisi - Quattordicesima parte

Continuiamo a scoprire la storia di San Francesco di Assisi: oggi scopriamo perchè San Francesco è conosciuto come il poverello d'Assisi poiché vediamo il suo stile di vita, condotto insieme ai suoi fratelli frati. C'è una grandissima dimostrazione di fede, pazienza, dominio di sé: egli non lascia praticamente alcuno spiraglio al peccato e se per caso è preda della tentazione, l'affronta con metodi quasi estremi, a dimostrazione della sua forza e perenne fedeltà al Signore. Noi stiamo vedendo cose meravigliose solamente leggendo poche righe, ma dobbiamo immaginare che queste poche righe rappresentano una vita intera: San Francesco ha vissuto in questo modo tutto l'arco della sua vita terrena, mostrando una fede unica e un attaccamento a Dio fortissimo: per questo è il Santo che più di tutti è arrivato a divenire vera imitazione di Gesù Cristo: infatti, ha voluto sopportare il dolore e la sofferenza, rinunciando al mondo e divenendo totalmente obbediente al Signore. 
Abbiamo moltissimo da imparare perchè tutti noi, nella nostra debolezza, non crediamo possibile una vera vita basata esclusivamente sulla fede. Noi ci preoccupiamo di ciò che mangeremo, di ciò che indosseremo, di ciò che faremo: ma non ci occupiamo delle cose del Padre nostro Celeste e quindi commettiamo un grave errore. Se solo riuscissimo, come San Francesco, a vedere questa vita come un pellegrinaggio verso il Regno dei Cieli, tutto ci sembrerebbe meno duro. Purtroppo abbiamo molta zavorra sul groppone e questa zavorra ci rende tutto più pesante: bisognerebbe cominciare ad alleggerire il peso, dedicandoci più a Dio che alle cose mondane, sull'esempio di questi frati: si potrebbe trascorrere maggior tempo nel volontariato, per restare al contatto con il prossimo bisognoso; si potrebbe cominciare con l'ignorare il pensiero della gente e vivere la vita così come la vogliamo vivere, senza badare troppo alle apparenze; si potrebbe dedicare maggior tempo alla preghiera anche in comunione con altri e si potrebbe donare ciò che di superfluo abbiamo. In questo modo, la nostra vita cambierebbe e la strada verso il Regno dei Cieli si farebbe meno dura da percorrere avendo meno peso sulle spalle! 
Guardiamo dunque lo stile di vita di San Francesco e dei suoi frati:


CAPITOLO SEDICESIMO

DIMORA A RIVOTORTO E OSSERVANZA DELLA POVERTÀ

42. Il beato Francesco era solito raccogliersi con i suoi compagni in un luogo presso Assisi, detto Rivotorto, ed erano felici, quegli arditi dispregiatori delle case grandi e belle, di un tugurio abbandonato ove potevano trovare riparo dalle bufere, perché, al dire di un santo c’è maggior speranza di salire più presto in cielo dalle baracche che dai palazzi.
Padre e figli se ne stavano così insieme, tra molti stenti e indigenze, non di raro privi anche del ristoro del pane, contenti di qualche rapa che andavano a mendicare per la pianura di Assisi. L'abitazione poi era tanto angusta, che a fatica vi potevano stare seduti o stesi a terra; tuttavia «non si udiva mormorazione né lamento; ognuno manteneva la sua giocondità di spirito e tutta la sua pazienza».
San Francesco ogni giorno, anzi di continuo, esaminava diligentemente se stesso e i suoi, perché non restasse in loro nulla di mondano efosse evitata qualsiasi negligenza. Con se stesso era particolarmente rigoroso e vigile, e se, come avviene a tutti, lo assaliva qualche tentazione della carne, si immergeva d'inverno nel ghiaccio, finché il pericolo spiritualé fosse scomparso. Gli altri, naturalmente, imitavano fervidamente questo suo mirabile esempio di penitenza.

43. Insegnava loro non solo a combattere i vizi e a mortificare gli stimoli del corpo, ma anche a conservare puri i sensi esterni, per i quali la morte entra nell'anima.
Passando un giorno per quelle contrade con grande pompa e clamore l'imperatore Ottone, che si recava a ricevere «la corona della terra» il santissimo padre non volle neppure uscire dal suo tugurio, che era vicino alla via di transito, né permise che i suoi vi andassero, eccetto uno il quale doveva annunciare con fermezza all'imperatore che quella sua gloria sarebbe durata ben poco.
Siccome il glorioso Santo aveva la sua dimora nell'intimo del cuore, dove preparava una degna abitazione a Dio, il mondo esteriore con il suo strepito non poteva mai distrarlo, né alcuna voce interrompere la grande opera a cui era intento. Si sentiva investito dall'autorità apostolica, e perciò ricusava fermamente di adulare re e principi.

44. Cercava costantemente la santa semplicità, né ammetteva che l'angustia del luogo impedisse le espansioni dello spirito. Scrisse perciò i nomi dei frati sui travicelli della capanna, perché ognuno potesse riconoscervi il proprio posto per la preghiera e il riposo, e la ristrettezza del luogo non turbasse il raccoglimento dell'animo.
Mentre erano nel tugurio, capitò un giorno che un contadino vi giungesse col suo asinello, e temendo di essere cacciato fuori, spinse l'asino dentro il tugurio, incitandolo con queste parole: «Entra, che faremo un buon servizio a questo ricovero!». Francesco nell'udire questo si rattristò, indovinando il pensiero di quell 'uomo: credeva infatti che i frati volessero fermarvisi e ingrandire la loro abitazione, unendo casa a casa. E subito san Francesco abbandonò quel luogo, per recarsi in un altro non distante, chiamato Porziuncola, dove, come si disse, molto tempo prima egli stesso aveva riparato la chiesa di Santa Maria. Non voleva avere nulla di proprio, per poter possedere più pienamente tutto nel Signore.


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