sabato 7 maggio 2011

La storia di San Francesco di Assisi - Ventitreesima parte

Continuiamo a scoprire la storia di San Francesco di Assisi. Possiamo dire che questa storia non finisce mai di stupirci: oggi scopriamo altri lati dell'aspetto caritatevole del poverello d'Assisi che nella sua povertà, non pensava mai a sé, ma a tutti coloro che stavano come e peggio di lui. La sua bontà d'animo è davvero indescrivibile e al suo confronto ci sentiamo davvero imbarazzati perchè noi, pur vivendo nel superfluo, non siamo in grado di pensare realmente agli altri, secondo vero spirito caritatevole. Da lui impariamo la vera carità, quella stessa carità inneggiata da San Paolo che ci invita a non pensare a noi stessi, ma a chi sta peggio di noi e a chi ha bisogno di aiuto, senza far calcoli, senza pensare di mettersi in mostra e senza anteporre i propri interessi.
 Fa tenerezza scoprire anche l'amore con cui il beato Francesco si prende cura degli animali ed in particolare degli agnelli e delle pecore, i quali gli ricordano Gesù: 

CAPITOLO VENTOTTESIMO

SPIRITO DI CARITA E AFFETTUOSA COMPASSIONE VERSO I POVERI. EPISODIO DELLA PECORA E DEGLI AGNELLINI 

76. Padre dei poveri e povero lui stesso, Francesco, facendosi povero con i poveri non poteva sopportare senza dolore di vedere qualcuno più povero di lui, non per orgoglio, ma per intima compassione; e sebbene non vestisse che una sola tonaca misera e rozza, spesso bramava spartirla con qualche bisognoso. Ma perché era un povero ricchissimo, spinto dalla sua struggente compassione, per poter aiutare i poveri, quando il tempo era gelido, ricorreva ai ricchi chiedendo a prestito un mantello o altri indumenti. Se questi glieli davano con maggior entusiasmo di quello con cui egli li domandava, dichiarava: «Accetto di riceverli, ma a condizione che non vi aspettiate mai più di riaverli». E col cuore esultante ne rivestiva il primo indigente che gli capitasse di incontrare.

Qualunque parola offensiva pronunciata contro i poveri lo feriva al cuore, e non poteva soffrire che qualcuno insultasse o maledicesse qualunque creatura di Dio. Un giorno udì un frate fare una insinuazione ad un poveretto che supplicava l'elemosina: «Non vorrei che tu fossi ricco e ti fingessi bisognoso!». Come l'udì il padre dei poveri, san Francesco, rimproverò molto duramente il frate che aveva pronunciato quelle parole, e gli ordinò di spogliarsi davanti al mendicante e di chiedergli perdono, baciandogli i piedi. Era solito dire: «Chi tratta male un povero, fa ingiuria a Cristo, di cui quello porta la nobile divisa, e che per noi si fece povero in questo mondo». Spesso perciò, incontrando qualche povero con carichi di legna o altri pesi, prendeva sulle sue spalle quei pesi, sebbene fosse assai debole.

77. La sua carità si estendeva con cuore di fratello non solo agli uomini provati dal bisogno, ma anche agli animali senza favella, ai rettili, agli uccelli, a tutte le creature sensibili e insensibili. Aveva però una tenerezza particolare per gli agnelli, perché nella Scrittura Gesù Cristo è paragonato, spesso e a ragione, per la sua umiltà al mansueto agnello. Per lo stesso motivo il suo amore e la sua simpatia si volgevano in modo particolare a tutte quelle cose che potevano meglio raffigurare l'immagine del Figlio di Dio.

Attraversando una volta la Marca d'Ancona, dopo aver predicato nella stessa città, e dirigendosi verso Osimo, in compagnia di frate Paolo, che aveva eletto ministro di tutti i frati di quella provincia, incontrò nella campagna un pastore, che pascolava il suo gregge di montoni e di capre. In mezzo al branco c'era una sola pecorella, che tutta quieta e umile brucava l'erba. Appena la vide, Francesco si fermò, e quasi avesse avuto una stretta al cuore, pieno di compassione disse al fratello: «Vedi quella pecorella sola e mite tra i caproni? Il Signore nostro Gesù Cristo, circondato a braccato dai farisei e dai sinedriti, doveva proprio apparire come quell'umile creatura. Per questo ti prego, figlio mio, per amore di Lui, sii anche tu pieno di compassione, compriamola e portiamola via da queste capre e da questi caproni».

78. Frate Paolo si sentì trascinato dalla commovente pietà del beato padre; ma non possedendo altro che le due ruvide tonache di cui erano vestiti, non sapevano come effettuare l'acquisto; ed ecco sopraggiungere un mercante e offrir loro il prezzo necessario. Ed essi, ringraziandone Dio, proseguirono il viaggio verso Osimo prendendo con sé la pecorina. Arrivati a Osimo si recarono dal vescovo della città, che li accolse con grande riverenza. Non seppe però celare la sua sorpresa nel vedersi davanti quella pecorina che Francesco si tirava dietro con tanto affetto. Appena tuttavia il servo del Signore gli ebbe raccontato una lunga parabola circa la pecora, tutto compunto il vescovo davanti alla purezza e semplicità di cuore del servo di Dio, ne ringraziò il Signore. Il giorno dopo, ripreso il cammino, Francesco pensava alla maniera migliore di sistemare la pecorella e per suggerimento del fratello che l'accompagnava, l'affidò alle claustrali di San Severino, che accettarono il dono della pecorina con grande gioia come un dono del cielo, ne ebbero amorosa cura per lungo tempo, e poi con la sua lana tesserono una tonaca che mandarono a Francesco mentre teneva un capitolo alla Porziuncola. Il Santo l'accolse con devozione e festosamente si stringeva la tonaca al cuore e la baciava, invitando tutti ad allietarsi con lui.

79. Un altro giorno, pellegrinando per la stessa Marca, con il medesimo frate Paolo, che era ben felice d'accompagnarlo, si imbatterono in un uomo che portava al mercato due agnelli da vendere, legati, belanti e penzolanti dalle spalle. All'udire quei belati, il servo di Dio, vivamente commosso, si accostò, accarezzandoli, come suol fare una madre con i figlioletti che piangono, con tanta compassione e disse al padrone: «Perché tormenti i miei fratelli agnelli, tenendoli così legati e penzolanti?». Rispose: «Li porto al mercato e li vendo: ho bisogno di denaro». E Francesco: «Che ne avverrà?». E quello: «I compratori li uccideranno e li mangeranno». Nell'udire questo il Santo esclamò: «Non sia mai! Prendi come compenso il mio mantello e dammi gli agnelli».

Quell'uomo fu ben felice di un simile baratto, perché il mantello, che Francesco aveva ricevuto a prestito da un uomo proprio quel giorno per ripararsi dal freddo, valeva molto di più delle due bestiole. Ma ricevuti gli agnellini, il Santo di nuovo si rese conto del problema imbarazzante: «Come provvedervi?» e, per consiglio di frate Paolo, li restituì al padrone, raccomandandogli di non venderli, di non recar loro danno alcuno, ma di mantenerli e custodirli con cura.

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