mercoledì 27 aprile 2011

Voglia di Paradiso - XII appuntamento

Torniamo a sentire voglia di Paradiso attraverso l'approfondimento dell'opera di Mons. Novello Pederzini: "Voglia di Paradiso". Oggi l'autore si sofferma sulle caratteristiche della vita eterna che il Vangelo ci preannuncia: l'appagamento (inteso come sazietà dalla fame, dalla sete di giustizia ecc...), la beatitudine e il premio. Gesù ci ha fatto capire come ogni sofferenza che patiamo lungo il nostro cammino terreno è nulla in confronto all'eternità di gioia, felicità e luce. Ecco perchè val la pena sacrificare la propria vita oggi, per partecipare alla mensa eterna domani. I Santi di Dio sono coloro che per primi hanno assaporato le gioie dell'eternità e in seguito a questo piccolo assaggio, non hanno avuto problemi a lasciare tutti i i piaceri terreni perchè si erano resi conto che l'amore di Dio era più grande di ogni cosa di questa terra e che avrebbero potuto vivere amati in un modo così profondo, per tutta l'eternità! S
Ma leggiamo il pensiero di Monsignor Pederzini per entrare meglio nella dimensione paradisiaca: 

9.

IL PARADISO E’ APPAGAMENTO, BEATITUDINE E PREMIO

In virtù della luce che ci è data in Cristo noi sappiamo di non essere capitati a caso nell'avventura enigmatica della vita. Noi sappiamo che il nostro vagare sulla terra ha una meta di felicità, che ci ripagherà di ogni disagio e di ogni sofferenza, quale che sia la nostra missione e la nostra collocazione nel mondo. Card. Giacomo Biffi

Non importa sapere quanti sono i giorni che abbiamo da vivere: l'importante è il modo con cui decidiamo di usarli e di viverli. Pascal

Il Paradiso è appagamento, beatitudine e premio

La Beatitudine, propria del Paradiso, è il massimo della felicità, perché appaga in modo sommo tutte le aspirazioni dell'uomo e lo fa pienamente felice per tutta l'eternità. La Beatitudine, in intensità e durata, supera quindi le singole gioie che possono rallegrare per qualche tempo il cuore umano. Il Paradiso è la beatitudine massima perché soddisfa le naturali aspirazioni della creatura umana che sono:

• il desiderio di conoscere Dio e la sua natura,

• il desiderio di giungere a una piena comunione con gli altri fratelli e le altre sorelle,

• il desiderio di conoscere e possedere l'universo in cui vive.

Agli inizi della creazione la persona umana ha creduto di appagare queste aspirazioni da solo, senza o contro Dio. Non ha voluto accettare la sua dipendenza da Lui, e si è ritrovata nel disordine e nello smarrimento più assoluto. L'ha ricuperata Cristo non solo riparando il peccato commesso, ma elevandola al di sopra della sua natura, col dono della Grazia (lumen gratiae) e col dono del Paradiso (lumen gloriae). La persona che aderisce a Cristo si trova così a godere di beni soprannaturali che non le erano dovuti. È avvenuto pressappoco quello che capiterebbe a un cieco al quale fossero dati non solo degli occhi sani, ma anche un cannocchiale potente per vedere oltre i limiti del normale potere della vista. Attraverso il lumen gloriae, ogni persona può giungere alla piena comunione con Dio e con i fratelli nella gloria del Paradiso.

La Beatitudine del Paradiso comporta anche un'altra non piccola gioia: quella di poter giungere al possesso dell'universo creato, superando i limiti e le difficoltà di quando era sulla terra.

La gioia di possedere il creato

In Paradiso il Beato potrà vedere in Dio tutti i segreti dell'universo. L'essere umano quaggiù si tormenta nel tentativo di chiarire l'enigma dell'universo, senza mai poterlo sciogliere interamente. Per quanto si spinga lontano, sia nella conoscenza del macrocosmo che del microcosmo, si trova sempre dinanzi a insuperabili meraviglie. Così è riuscito, ad esempio, a penetrare nell'essenza della materia e dell'atomo, ma non è ancora in grado di spiegare la natura della materia. In cielo, invece, ogni persona acquisterà la visione déi più profondi segreti delle cose. E raggiungerà ciò che il lavoro scientifico dei vari millenni ha sempre inseguito, senza poterlo mai afferrare. Ogni fatica è un piccolo progresso verso la futura contemplazione del mondo, ma la piena luce sarà possibile in Paradiso. Allora i Beati non avranno più bisogno di studiare faticosamente, ma penetreranno a fondo la creazione nella luce e con gli occhi di Dio. Col loro sguardo l'abbracceranno nella sua totalità e nella sua profondità, e vedranno le singole cose in connessione col tutto. Riconosceranno il contributo che ogni singolo elemento porta nell'ordine del cosmo, il grado e il posto che vi occupa, e anche il servizio che presta alla bellezza del tutto. Saranno come inebriati nel penetrare i misteri del cosmo e della storia e, contemplandoli in Dio, potranno comprendere che essi sono il frutto generoso del suo mistero d'amore.

Un nuovo cielo e una nuova terra

La felicità del cielo non sarà un paradiso terrestre dei sensi. Tuttavia sarà presente tutto ciò che serve per la felicità, così che nessuna aspirazione alla gioia rimanga insoddisfatta. Dopo l'ultimo giorno, Dio affiderà nuovamente all'umanità la creazione, che intanto Egli avrà trasformata in nuovo cielo e in nuova terra. Allora l'universo servirà alle persone senza riserve, conferendo quella pienezza e sicurezza che nella loro storia terrena non hanno potuto avere a causa del peccato. Gesù ha dato un'anticipazione della futura creazione quando ha compiuto i suoi miracoli:

- nel placare la tempesta, ha posto quella parte di natura al servizio degli esseri umani,

- nel moltiplicare i pani, ha indotto la natura a saziare gli affamati,

- nel risuscitare Lazzaro ha spinto quel corpo a riprendere la vita,

- nell'Eucaristia trasforma radicalmente il pane e il vino perché possano saziare la fame dello spirito, anziché quella del corpo. La futura creazione, cioè il cielo nuovo e la terra nuova si offriranno a tutta l'umanità con tale familiarità, che nessuno si sentirà più estraneo e ogni creatura vivrà in pieno accordo con le altre creature. Ritornerà nel mondo la condizione del Paradiso terrestre, anzi sarà ancora più perfetta.

Tutto sarà restituito

L'intera vita umana è caratterizzata da una separazione forzata e continua da cose e da persone amate. Ogni persona è costretta a perdere tutto ciò che vorrebbe tenere saldamente stretto nelle sue mani. Questo distacco raggiungerà il suo punto culminante nella morte corporale, che segnerà la fine e il distacco definitivo da tutto.

Ma l'ultima parola la dirà Dio!

Egli assicura che tutto verrà restituito alle persone in una forma diversa e migliore, perché nulla vada perduto di ciò che appartiene a loro. Allora si compirà ciò che il poeta inglese Thompson mette sulla bocca di Dio che si rivolge alla persona umana che è sempre fuggita davanti a Lui: «ciò che ti ho tolto un giorno, non te l'ho tolto per farti del male: l'ho preso solo perché tu potessi cercarlo fra le mie braccia. Ciò che nella tua ignoranza fanciullesca credevi perduto, io l'ho conservato per te, perché tu lo goda nella patria vera. Levati, afferra la mia mano, e vieni!».

Ogni sofferenza cesserà

Nel mondo rinnovato cesseranno la fatica, la sofferenza, le lacrime, le ansie e i lutti. Tutto finirà e sarà trasformato in gioia. Il veggente dell'Apocalisse consola i sofferenti per i giorni della tribolazione, proclamando l'avvento del futuro trionfo, e dice: «essi non avranno più fame né avranno più sete, né li colpirà il sole, né arsura di sorta, perché l'Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi». E contemplando la Gerusalemme celeste sente una voce potente che grida: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose"».

La Patria futura, il Paradiso promesso ai giusti porrà così fine e per sempre al lungo ed estenuante cammino terreno contrassegnato da tanta sofferenza e da tanta fatica!

Ecco, io vengo per dare a ciascuno secondo le sue opere

Il Paradiso è dono gratuito di Dio, ma è anche premio, ricompensa, coronamento dell'impegno terreno. Sia Gesù che gli Apostoli usano frequentemente il termine "retribuzione" che è l'equivalente di premio o ricompensa, prendendolo dall'Antico Testamento.

1. Nell'Antico Testamento

Dio dice ad Abramo: «Non temere. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande».

Isaia consola gli oppressi, assicurando che il Signore «ha con sé la sua mercede, la sua ricompensa è davanti a lui».

I Salmi uniscono gioia e ricompensa: «tua, Signore, è la grazia; secondo le sue opere tu ripaghi ogni uomo».

1 Proverbi: «Colui che veglia sulla tua vita lo sa, egli renderà a ciascuno secondo le sue opere».

La Sapienza: «I giusti vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e l'Altissimo ha cura di loro».

2. Nel Nuovo Testamento

Gesù parla sovente del premio riservato a coloro che si comportano in un modo retto, e soprattutto a coloro che lo seguiranno, anche col sacrificio della vita. Le sue promesse riguardano la vita futura: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio», «grande è la vostra ricompensa nei cieli»; «Va', vendi quello che possiedi e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi»; a coloro che digiunano e pregano sarà riservata una grande ricompensa. E quando promette un bene terreno, questo bene non lo considera definitivo, ma come caparra e presupposto per l'eternità: «non accumulatevi tesori sulla terra... accumulatevi invece tesori nel cielo», perché la ricompensa adeguata è solo quella del Paradiso. Gesù invita a lavorare, a servire e ad amare Dio non per la ricompensa, ma perché Egli è il Sommo Bene al quale tutto è dovuto; ma assicura che questa condotta sarà accompagnata da una ricompensa sicura, perché Dio è fedele con coloro che gli obbediscono. Il prometterla e il darla è però solo un suo dono, così che, alla fine, ciascuno dovrà dire: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».

Paolo è fermamente convinto che ciascuno, alla fine, avrà ciò che si è meritato, perché il Signore darà a ciascuno secondo le sue opere: tribolazione e angosce per chi fa il male; gloria, onore e pace per chiunque fa il bene. Ed è pure convinto che la conseguenza del premio verrà solo dopo un grande impegno, come quello che mettono coloro che corrono nello stadio. S. Giovanni ha diversi passi significativi nei quali:

• riporta le parole con le quali Gesù esige dal Padre la ricompensa: «Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te»;»

• scrive al Vescovo di Efeso: «al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel Paradiso di Dio»;

• trasmette il grande annuncio del Signore: «Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere».

Vieni, servo buono e fedele. Venite, benedetti dal Padre mio

Dice S. Agostino che quando Dio ci premierà, non premierà noi, ma premierà i suoi doni, perché è Lui che ci aiuta a compiere il bene con la sua grazia. Ed è vero, perché tutto proviene da Lui: il volere e la capacità di fare il bene. Ha voluto fare di noi delle creature libere, e quindi lasciarci quello spazio personale che ci rende responsabili e protagonisti delle scelte che facciamo. Questa verità è chiaramente dimostrata in due passi particolarmente significativi: la parabola dei talenti e il Giudizio che Egli emetterà alla fine:

• il padrone, che al momento di partire ha distribuito somme diverse ai suoi dipendenti, è molto soddisfatto quando, al ritorno, verifica l'impegno di ciascuno ed esclama felice a chi si è seriamente adoperato: bravo! Vieni! Entra nel gaudio del tuo Signore!;

• il divino Giudice, che alla fine dei tempi siederà sul trono di gloria per giudicare tutta l'umanità, pronuncerà un'irrevocabile sentenza di condanna o di vita.

Dirà a coloro che saranno trovati giusti: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo». Quale invito più consolante di questo? Quale gioia più completa che ricevere da Lui il "biglietto d'invito" per la felicità più completa? Questa felicità del Paradiso si chiama beatitudine e racchiude in sé tutte le gioie di cui siamo capaci e che in queste pagine abbiamo cercato di illustrare.

La piena ed eterna alleanza

S. Agostino, nella conclusione della sua opera De civitate Dei, dice tra l'altro: «quanto sarà grande quella felicità in cui non vi sarà nessun male, non mancherà nessun bene, e si benedirà Dio, che sarà tutto in tutti! Il Salmo afferma: beati coloro che abitano nella tua casa, Signore: essi ti loderanno nei secoli dei secoli. Lassù vi sarà la vera gloria, il vero onore, la vera pace, il giusto premio. L'oggetto del nostro desiderio sarà Colui che si vedrà per sempre, si amerà senza fastidio, si loderà senza stanchezza... e sarà il gaudio perfetto». Il motivo principale del gaudio sarà il possesso di Dio e la partecipazione al suo amore. La comunione con Lui porterà alla più alta consolazione, perché raggiungerà il massimo di perfezione e la più completa realizzazione del nostro essere umano. Dio è l'Amore, e perciò quando l'io umano si incontra saldamente con il Tu divino, si incontra con l'Amore stesso.

La felicità della persona umana consisterà quindi nell'essere abbracciata dall'Amore. Se Dio è l'Amore in Persona, è anche la Felicità in Persona, perché Amore significa Felicità. Il Paradiso è l'incontro con la Felicità personificata. La vera beatitudine per l'uomo sarà quindi quella di potersi immergere nella felicità di Dio.

Nel Paradiso avverrà l'alleanza piena fra l'io umano e il Tu divino. Dio avvolgerà il Beato e lo immergerà nel suo amore, ed egli sarà pienamente appagato e felice, perché vivrà dell'eterna Vita e dell'eterno Amore. Tutto questo si verificherà in quel futuro prossimo o lontano che solo Dio conosce. Ora viviamo nella "beata speranza" di poter raggiungere questo traguardo glorioso che il Padre ha preparato per ciascuno noi.

0 commenti:

Posta un commento