sabato 30 aprile 2011

La storia di San Francesco di Assisi - Ventiduesima parte

Continuiamo a scoprire la storia di San Francesco di Assisi. Anche oggi, seppur brevemente, scopriamo un nuovo prodigio compiuto dal beato Francesco, capace di liberare una donna, da uno spirito demoniaco. Ma oggi vediamo nuovi aspetti legati al poverello d'Assisi: innanzitutto, la forte dedizione alla preghiera. Noi oggi dedichiamo poco tempo alla preghiera e ne sottovalutiamo l'efficacia e il valore; egli invece si perdeva nelle preghiere e a stento lo si poteva staccare. Questo perchè il beato Francesco aveva scoperto come la preghiera era la chiave del cuore di Dio: attraverso di essa, entrava in vera comunione con l'Altissimo e solo con essa poté riuscire a compiere prodigi simili a quelli compiuti dal Maestro Gesù e a resistere ai continui attacchi del maligno.
L'altro aspetto riguarda invece le doti di oratore possedute dal beato Francesco: egli predicava con grande eloquenza e riusciva a penetrare gli animi degli uomini (come vedremo anche quello di vescovi e Papa), esattamente come fecero i primi discepoli mandati da Gesù a predicare. 
Infine, scopriamo un personaggio al quale il beato Francesco era molto legato: il Cardinal Ugolino. Scopriamo di chi si tratta e tutto il resto, leggendo quanto segue:

CAPITOLO VENTISEIESIMO

ANCHE A CITTÀ DI CASTELLO FRANCESCO SCACCIA UN DEMONIO

70. C'era a Città di Castello una donna ossessa. Essendovi giunto il beato padre Francesco, venne condotta a lui nella casa ove dimorava. Questa, digrignando i denti e con lo sguardo bieco, emetteva grida orribili, come usano fare gli spiriti immondi. Parecchi cittadini, accorsi insieme, supplicavano il Santo di liberarla poiché da tanto tempo il nemico infernale la possedeva e tormentava in quella maniera spa­ventosa con le sue urla. Francesco volle costatare se era opera del demonio o imbroglio della donna e le mandò innanzi un frate che stava con lui. Quella avverti subito lo scambio di persona e si mise a proferire scherni e insulti. Ma quando comparve il Santo, che era rimasto nel frattempo nascosto a pregare, l'indemoniata, non potendo resistere alla sua virtù, si gettò per terra tremando e contorcendosi pietosamente. Francesco la chiamò a sé, dicendo: «Ti comando per obbedienza, spirito immondo, di uscire da costei!». E il diavolo l'abbandonò immediatamente, senza alcun male.

Sia ringraziato Iddio onnipotente, che opera tutto in tutti! Tuttavia, siccome ci siamo proposti di narrare non tanto 1 miracoli, che dimostrano la santità ma non costituiscono la santità, bensì piuttosto lo specchio della sua vita esemplare, riprendiamo il racconto delle opere che gli meritarono la salvezza eterna, tralasciando i miracoli, anche perché sarebbe troppo lungo recensirli tutti. 

CAPITOLO VENTISETTESIMO

PUREZZA E COSTANZA DEL SUO SPIRITO. DISCORSO DAVANTI A PAPA ONORIO III. AFFIDA SE STESSO E I SUOI ALLA PROTEZIONE DEL CARDINALE UGOLINO VESCOVO DI OSTIA

71. L'uomo di Dio Francesco si era abituato a cercare non il proprio interesse, ma soprattutto quanto vedeva necessario alla salvezza del prossimo, e sopra ogni altra cosa desiderava di essere liberato dal corpo e stare con Cristo. Per questo il suo maggior impegno era di tenersi lontano dalle sollecitudini terrene, così che neppure per un istante la polvere mondana potesse fare ombra e turbare la luce e la pace della sua anima. Si rendeva insensibile a tutti i clamori esterni e, raccogliendo tutti i suoi sensi esteriori e dominando ogni movimento dell'anima, viveva assorto nel solo Signore. Come è detto della sposa nel Cantico dei Cantici: Nelle fenditure della roccia e nei nascondigli dei dirupi era la sua abitazione.

Veramente con gioiosa devozione egli s'aggirava tra le dimore celesti, e in completo annientamento di sé, dimorava a lungo come nascosto nelle piaghe del Salvatore. Perciò cercava luoghi solitari per poter lanciare completamente la sua anima in Dio; tuttavia, quando c'era bisogno, non esitava un istante a passare all'azione per giovare alle anime e alla vita dei fratelli. Suo porto sicuro era la preghiera non di qualche minuto, o vuota, o pretenziosa, ma profondamente devota, umile e prolungata il più possibile. Se la iniziava la sera, a stento riusciva a staccarsene il mattino. Era sempre intento alla preghiera, quando camminava e quando sedeva, quando mangiava e quando beveva. Di notte si recava, solo, nelle chiese abbandonate e sperdute a pregare; così, con la grazia del Signore, riusciva a trionfare di molti timori e di angustie spirituali.

72. In quei luoghi doveva lottare corpo a corpo col demonio, che l'affrontava per spaventarlo non solo con tentazioni interiori, ma anche esteriormente con strepiti e rovine. Ma Francesco, da fortissimo soldato di Cristo, ben sapendo che il suo Signore poteva tutto dovunque, non si lasciava per nulla intimorire, ma ripeteva in cuor suo: «Non puoi, o maligno, scatenare contro di me le armi della tua malizia, in questi luoghi più di quanto mi faresti se fossimo tra la folla».

Era veramente fermo e costante nel bene, e null'altro cercava se non di compiere la volontà di Dio. E infatti quando anche predicava la parola del Signore davanti a migliaia di persone, era tranquillo e sicuro, come se parlasse con il suo fratello e compagno. Ai suoi occhi un'immensa moltitudine di uditori era come un uomo solo, e con la stessa diligenza che usava per le folle predicava ad una sola persona. Dalla purezza del suo cuore attingeva la sicurezza della sua parola, e anche invitato all'improvviso, sapeva dire cose mirabili e mai udite prima. Quando invece si preparava prima accuratamente il discorso, gli poteva accadere che al momento di pronunciarlo non ricordasse più una parola né altro poteva dire. Allora confessava a tutti candidamente e senza rossore che aveva preparato tante cose, ma le aveva dimenticate. Ed ecco, all'improvviso parlava con tanta eloquenza da incantare gli uditori. Altre volte gli capitava di non riuscire a parlare affatto; allora congedava l'uditorio con la benedizione, e questo valeva più che se avesse tenuto una lunga predica.
73. Recatosi una volta a Roma, per problemi dell'Ordine, sentì grande desiderio di predicare davanti a papa Onorio e ai cardinali. Venuto a saperlo, Ugolino, il glorioso vescovo di Ostia, che nutriva particolare affetto e ammirazione per il Santo di Dio, ne provò insieme gioia e timore, perché se ammirava il fervore di quel sant'uomo, ne conosceva però anche la ingenua semplicità; ma, confidando nella bontà dell'Onnipotente, che paternamente non lascia mai mancare ai suoi fedeli quanto è necessario, lo condusse davanti al Papa e ai cardinali. E Francesco, ricevuta la benedizione, alla presenza di così grandi principi incominciò a parlare senza timore. E parlò con tanto fervore che, quasi fuori di sé per la gioia, mentre proferiva le parole muoveva anche i piedi quasi saltellando; ma quello suo strano comportamento, lungi dall'apparire un segno di leggerezza e dal suscitare riso, provenendo dall'ardore del suo cuore, induceva gli animi a intrattenibile pianto di compunzione. E molti di loro effettivamente, ripieni di ammirazione per la grazia del Signore e per l'intrepido coraggio di quell'uomo, furono presi da sincero dolore. Il cardinal Ugolino però, dal canto suo pregava fervorosamente Iddio perché non permettesse che la semplicità di quell'anima santa venisse disprezzata, anche perché l'eventuale disdoro, come la gloria di Francesco, sarebbero caduti pure su di lui, che era stato eletto «protettore» del nuovo Ordine religioso.

74. Francesco infatti si era legato a lui come un figlio al padre, come il figlio unico alla madre, dormendo e riposando sicuro sul seno della sua clemenza. Si può veramente dire che il cardinal Ugolino compiva l'ufficio di pastore della nuova Fraternità, pur lasciandone il nome a san Francesco. Il beato padre proponeva quanto era necessario, ma era Ugolino che provvedeva che venisse messo in esecuzione. Quanti minacciavano i primi passi dell'Ordine per rovinarlo! Quanti cercavano di soffocare l'eletta vigna che il Signore stava piantando nel mondo e di annientarne le promettenti primizie! Ma tutti costoro furono vinti e trafitti dalla spada di quel provvido signore e padre. Egli era infatti un fiume di eloquenza, un baluardo della Chiesa, un intrepido assertore della verità, ma ancora paterno sostegno degli umili. Memorando e benedetto, quindi, il giorno in cui il servo di Dio si affidò a questo Pastore di anime! Mentre si trovava in Toscana, come legato pontificio, un incarico che gli veniva affidato spesso, il beato Francesco, che aveva ancora pochi compagni, passò per Firenze dove allora soggiornava il cardinale, con l'intento di recarsi in Francia. Non erano ancora in quel tempo legati da una profonda amicizia, ma la fama della loro santità era bastata ad unirli in un vincolo reciproco di affetto e di benevolenza.
75. D'altra parte, era costume del beato Francesco, quando arrivava in qualche città o territorio, di presentarsi al vescovo o ai sacerdoti del luogo; così, venuto a sapere che là si trovava il suddetto prelato, si recò da lui con grande riverenza. Il cardinal Ugolino, come usava fare con i religiosi, soprattutto con quelli che professavano la beata povertà e la semplicità, lo accolse umilmente e devotamente. E poiché nutriva particolare sollecitudine per i poveri, per venire incontro alla loro povertà e sbrigare le loro cose, si interessò con diligenza sul motivo della sua venuta, ascoltandolo con grande bontà. Vedendolo così staccato da ogni cosa terrena, più di qualsiasi altro, e ripieno di quel fuoco divino che Gesù venne ad accendere sulla terra, sentì la propria anima fondersi con la sua, gli domandò la carità delle sue preghiere egli offrì con sincera gioia la sua protezione. Quindi lo dissuase dal continuare quel viaggio, raccomandandogli di attendere ai fratelli che Iddio gli aveva affidato. Dal canto suo, Francesco fu ripieno di immenso gaudio, per aver incontrato un signore così potente e, insieme così pieno di benevolenza, di affabilità e di senso pratico; si prostrò ai suoi piedi e con sincera devozione gli affidò se stesso e i suoi frati.
 

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