domenica 3 aprile 2011
Va', lavati gli occhi alla piscina
Torna l'appuntamento, della Domenica mattina, di meditazione del Vangelo. Il Vangelo di oggi è una nuova tappa verso la Pasqua: settimana scorsa avevamo visto Gesù parlare di acqua che zampilla per la vita eterna; oggi invece vediamo la Luce del Cristo di Dio che giunge ad aprire gli occhi del cieco e quelli di tutti gli uomini che si affidano a Lui. Questa Domenica meditiamo con la riflessione di mons. Antonio Riboldi:
La Chiesa in questa Quaresima - ripeto: 'tempo di conversione e santità' - ci presenta brani di Vangelo che davvero ci aiutano a meditare e, se possibile, convertirci.
Sappiamo tutti come i nostri occhi siano davvero una parte necessaria del nostro corpo e della nostra vita. con gli occhi possiamo cogliere l'affetto di chi ci ama, ma ancora di più trasmettere un'intensità dì amore che non ha confini.
Così come da occhi che si incontrano e si comunicano amore si genera una felicità senza fine. Quante volte capita a chi ama di dire: 'Ho una voglia matta di vederti!'.
E sappiamo tutti come tante volté, lontani o vicini, si vorrebbe 'vedere' chi davvero ci ama...
Dopo il terremoto del 1968 nel Belice, nulla si sapeva allora di noi terremotati, anche perché non vi erano i tanti mezzi dí comunicazione di oggi. Mamma moriva di ansia per questo. Dopo alcuni giorni, potendo, ritenni opportuno fare una scappata da lei. Come mi vide pianse e, per la gioia intensa, non riuscendo ad esprimerla mi dette uno schiaffetto: 'Non so la ragione - mi disse - ma sono stata talmente in ansia... non sapevo niente.... E desideravo così tanto vederti!'.
Ma gli occhi, a volte, sanno anche esprimere tanto disprezzo e odio, che assomigliano ad una fucilata e fanno tanto male. Quanto male si può provocare con una sola occhiata!
Così come con gli occhi si può peccare, ponendo le 'basi' per commettere, per esempio, adulterio o inimicizia oppure, se guidati dalla fede e dalla carità, possono 'illuminarsi' nella contemplazione di Dio, colmandoci di gioia, come se Lo vedessimo.
Davvero l'occhio è 'il linguaggio del cuore', che può trasmettere serenità e gioia, ma anche male e cattiveria.
Così come l'occhio può esprimere indifferenza a tutto: vede per vedere, ma senza guardare, comunicare sentimenti, emozioni, diventando lo specchio di un'anima arida o vuota o superficiale.
Abbiamo davvero bisogno di una 'sentinella' che vigili sui nostri occhi, pronta a chiuderli, come facevano i santi, per non essere corrotti dal male e farsene attrarre, ma li spalanchi, invece, quando ci troviamo di fronte ai capolavori di Dio, come la bellezza della natura, dell'arte e della santità, e tanto più di fronte alle necessità e sofferenze dei nostri fratelli.
Ho voluto fare questa premessa al commento del meraviglioso brano del Vangelo di Giovanni sul 'cieco dalla nascità, che incontra Gesù. Gesù lo guarisce, ma la sua guarigione, per la miopia dei farisei, diventa motivo di un processo, che lo fa espellere dalla sinagoga come bugiardo o peggio.
Facciamoci inondare dalla bellezza di questa pagina evangelica, lasciandoci 'interpellare' dalle dure, ma spesso vere, anche per noi, parole di Gesù: 'Se foste ciechi non avreste alcun peccato: ma siccome dite: 'Noi vediamo', il vostro peccato rimané.
Gesù si riferisce a quanti non avevano voluto vedere e gioire per la guarigione del cieco nato, ma anzi lo avevano cacciato dal tempio, denunciandolo come 'uno che bestemmiava'.
Narra infatti il Vangelo:
"Gesù, passando, vide un uomo cieco dalla nascita… Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: 'Va' a lavarti nella piscina di Siloe (che significa 'Inviato). Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che li avevano visti prima, perché era un mendicante, dicevano: 'Non era egli quello che sedeva a chiedere l'elemosina?: Alcuni dicevano: 'E' lui. Altri dicevano: 'No, gli assomiglia.' Ed egli diceva: 'Sono io!
Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei gli chiesero come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: 'Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e vedo'.
Alcuni dei farisei dicevano: 'Questo uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato'.
Altri dicevano: 'Come può un peccatore compiere tali prodigi?. E c'era dissenso tra di loro. Allora dissero di nuovo al cieco: 'Tu, che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?: Egli rispose: 'E' un profeta.' Gli replicarono: 'Sei nato nei peccati e vuoi insegnare a noi?: E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e incontrandolo disse: 'Tu credi nel Figlio dell'uomo?: Egli rispose: 'E chi è, Signore, perché io creda in lui?:
Gli disse Gesù: 'Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio Lui.' Ed egli disse: 'Io credo, Signore. E gli si prostrò innanzi." (Gv. 9, 1-41)
Al cieco nato non è neppure consentito di gioire per la vista riacquistata, infatti s'imbatte subito nella cecità dei farisei, che si professano credenti, osservanti, ma non riescono a vedere la presenza di Dio ed il Suo Amore, che vince le miserie umane e compie prodigi.
E questo può accadere anche a noi, quando non riusciamo a contemplare e ringraziare per il bello che Dio realizza e diffonde tra di noi; anzi, a volte, arriviamo a rendere difficile la vita di chi, forse ci aveva tenuto compagnia nel male, ma, convertitosi è diventato un'altra persona, mentre dovremmo non solo ringraziare, ma cogliere l'invito a percorrere con lui la stessa strada per ritrovare la bellezza della vita.
Ma d'altra parte l'uomo che non ha fede, che non conosce Gesù, - sola verità che illumina l'uomo e il mondo, che dà senso ai fatti della vita, fa spazio all'intelligenza, alla profondità dell'amore vero e fedele, dà gusto a tutto ciò che siamo e facciamo, affetti compresi - che ne sa della luce che l'occhio buono può trasmettere? Meglio, dietro quale 'luce', magari oscura, cammina? Alla luce di quale 'verità', forse tutta personale, gioca fatti e vita?
Li conosciamo tutti, tra di noi, questi 'ciechi', che non sanno né 'vedere' né apprezzare coloro che spendono la vita perché altri l'abbiano 'in abbondanza' con la carità, che è l'occhio del cuore.
Sono 'ciechi' che annaspano, è il caso di dirlo, tra mute ricchezze, che ci attorniano come fantasmi, pronti a rubarci serenità e, ancor peggio, la capacità di rendere la vita un dono. E così, come accadde per i farisei, non comprendono la gioia di chi ha ritrovato la vista del cuore, chiusi come sono nel loro egoismo ed egocentrismo.
Ho sempre davanti agli occhi l'incredibile luminosità di tanti che, nella loro semplicità e bellezza di cuore, con uno sguardo, sapevano donare serenità e, alzando gli occhi al Cielo, far scomparire le nubi dell'anima.
Così come mi ha sempre stupito come i veri santi del nostro tempo sanno camminare tra la gente, ad occhi bassi, come 'chiusi', per ripararli dal fango che spesso ci circonda. Sono meravigliosi.
Ho avuto modo di stare a colloquio con Giovanni Paolo II, presto beato, per un'ora, e non dimenticherò mai i suoi occhi sereni, attenti, eppur discreti, come volessero entrare nelle pieghe della mia vita, con la vigilanza e delicatezza della carità.
incredibile quanto bene si riceva, sentendosi 'abitati', seppur per poco, da chi ti vuol bene.
È, del resto, quello che accade a due persone che si amano veramente, senza egoismi, unite solo dall'amore vero e fedele. Si vorrebbe che lo sguardo scambievole fosse infinito, come lo sarà in Cielo. Così come ricordo gli occhi carichi di odio e rabbia di un camorrista: sembravano mitraglie puntate. Abbiamo bisogno della luce in cui fissare il nostro sguardo: come fu per il cieco nato.
Dopo la guarigione, fissando lo sguardo negli occhi di Gesù, si riempì di una tale luminosità da poter esclamare, in tutta verità: 'Io credo, Signore!
Ascoltiamo il profeta Ezechiele:
"Così dice il Signore Dio: 'Ecco io apro i vostri sepolcri, vi resuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese di Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio Spirito e rivivrete: vi farò riposare nel vostro paese. Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò". (Ez. 37, 12-14)
Con Madre Teresa preghiamo:
"Gesù mio, aiutami a diffondere la tua fragranza, ovunque vada.
Infondi il tuo Spirito nella mia anima e riempila del tuo Amore.
Resta con me, e io comincerò a brillare della tua Luce. A brillare per essere luce per gli altri.
La luce, Gesù mio, sarà la tua: non verrà da me, ma sarà la tua Luce che brilla negli altri attraverso me. Lascia che io ti rivolga la mia preghiera nel mondo che ami, spargendo la luce su quelli che mi circondano. Lasciami predicare senza predicare, non con le parole ma con l'esempio. Con la forza che attrae e l'influsso di quello che io faccio. Con la pienezza dell'amore che io ho per Te, nel mio cuore."
La Chiesa in questa Quaresima - ripeto: 'tempo di conversione e santità' - ci presenta brani di Vangelo che davvero ci aiutano a meditare e, se possibile, convertirci.
Sappiamo tutti come i nostri occhi siano davvero una parte necessaria del nostro corpo e della nostra vita. con gli occhi possiamo cogliere l'affetto di chi ci ama, ma ancora di più trasmettere un'intensità dì amore che non ha confini.
Così come da occhi che si incontrano e si comunicano amore si genera una felicità senza fine. Quante volte capita a chi ama di dire: 'Ho una voglia matta di vederti!'.
E sappiamo tutti come tante volté, lontani o vicini, si vorrebbe 'vedere' chi davvero ci ama...
Dopo il terremoto del 1968 nel Belice, nulla si sapeva allora di noi terremotati, anche perché non vi erano i tanti mezzi dí comunicazione di oggi. Mamma moriva di ansia per questo. Dopo alcuni giorni, potendo, ritenni opportuno fare una scappata da lei. Come mi vide pianse e, per la gioia intensa, non riuscendo ad esprimerla mi dette uno schiaffetto: 'Non so la ragione - mi disse - ma sono stata talmente in ansia... non sapevo niente.... E desideravo così tanto vederti!'.
Ma gli occhi, a volte, sanno anche esprimere tanto disprezzo e odio, che assomigliano ad una fucilata e fanno tanto male. Quanto male si può provocare con una sola occhiata!
Così come con gli occhi si può peccare, ponendo le 'basi' per commettere, per esempio, adulterio o inimicizia oppure, se guidati dalla fede e dalla carità, possono 'illuminarsi' nella contemplazione di Dio, colmandoci di gioia, come se Lo vedessimo.
Davvero l'occhio è 'il linguaggio del cuore', che può trasmettere serenità e gioia, ma anche male e cattiveria.
Così come l'occhio può esprimere indifferenza a tutto: vede per vedere, ma senza guardare, comunicare sentimenti, emozioni, diventando lo specchio di un'anima arida o vuota o superficiale.
Abbiamo davvero bisogno di una 'sentinella' che vigili sui nostri occhi, pronta a chiuderli, come facevano i santi, per non essere corrotti dal male e farsene attrarre, ma li spalanchi, invece, quando ci troviamo di fronte ai capolavori di Dio, come la bellezza della natura, dell'arte e della santità, e tanto più di fronte alle necessità e sofferenze dei nostri fratelli.
Ho voluto fare questa premessa al commento del meraviglioso brano del Vangelo di Giovanni sul 'cieco dalla nascità, che incontra Gesù. Gesù lo guarisce, ma la sua guarigione, per la miopia dei farisei, diventa motivo di un processo, che lo fa espellere dalla sinagoga come bugiardo o peggio.
Facciamoci inondare dalla bellezza di questa pagina evangelica, lasciandoci 'interpellare' dalle dure, ma spesso vere, anche per noi, parole di Gesù: 'Se foste ciechi non avreste alcun peccato: ma siccome dite: 'Noi vediamo', il vostro peccato rimané.
Gesù si riferisce a quanti non avevano voluto vedere e gioire per la guarigione del cieco nato, ma anzi lo avevano cacciato dal tempio, denunciandolo come 'uno che bestemmiava'.
Narra infatti il Vangelo:
"Gesù, passando, vide un uomo cieco dalla nascita… Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: 'Va' a lavarti nella piscina di Siloe (che significa 'Inviato). Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che li avevano visti prima, perché era un mendicante, dicevano: 'Non era egli quello che sedeva a chiedere l'elemosina?: Alcuni dicevano: 'E' lui. Altri dicevano: 'No, gli assomiglia.' Ed egli diceva: 'Sono io!
Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei gli chiesero come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: 'Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e vedo'.
Alcuni dei farisei dicevano: 'Questo uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato'.
Altri dicevano: 'Come può un peccatore compiere tali prodigi?. E c'era dissenso tra di loro. Allora dissero di nuovo al cieco: 'Tu, che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?: Egli rispose: 'E' un profeta.' Gli replicarono: 'Sei nato nei peccati e vuoi insegnare a noi?: E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e incontrandolo disse: 'Tu credi nel Figlio dell'uomo?: Egli rispose: 'E chi è, Signore, perché io creda in lui?:
Gli disse Gesù: 'Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio Lui.' Ed egli disse: 'Io credo, Signore. E gli si prostrò innanzi." (Gv. 9, 1-41)
Al cieco nato non è neppure consentito di gioire per la vista riacquistata, infatti s'imbatte subito nella cecità dei farisei, che si professano credenti, osservanti, ma non riescono a vedere la presenza di Dio ed il Suo Amore, che vince le miserie umane e compie prodigi.
E questo può accadere anche a noi, quando non riusciamo a contemplare e ringraziare per il bello che Dio realizza e diffonde tra di noi; anzi, a volte, arriviamo a rendere difficile la vita di chi, forse ci aveva tenuto compagnia nel male, ma, convertitosi è diventato un'altra persona, mentre dovremmo non solo ringraziare, ma cogliere l'invito a percorrere con lui la stessa strada per ritrovare la bellezza della vita.
Ma d'altra parte l'uomo che non ha fede, che non conosce Gesù, - sola verità che illumina l'uomo e il mondo, che dà senso ai fatti della vita, fa spazio all'intelligenza, alla profondità dell'amore vero e fedele, dà gusto a tutto ciò che siamo e facciamo, affetti compresi - che ne sa della luce che l'occhio buono può trasmettere? Meglio, dietro quale 'luce', magari oscura, cammina? Alla luce di quale 'verità', forse tutta personale, gioca fatti e vita?
Li conosciamo tutti, tra di noi, questi 'ciechi', che non sanno né 'vedere' né apprezzare coloro che spendono la vita perché altri l'abbiano 'in abbondanza' con la carità, che è l'occhio del cuore.
Sono 'ciechi' che annaspano, è il caso di dirlo, tra mute ricchezze, che ci attorniano come fantasmi, pronti a rubarci serenità e, ancor peggio, la capacità di rendere la vita un dono. E così, come accadde per i farisei, non comprendono la gioia di chi ha ritrovato la vista del cuore, chiusi come sono nel loro egoismo ed egocentrismo.
Ho sempre davanti agli occhi l'incredibile luminosità di tanti che, nella loro semplicità e bellezza di cuore, con uno sguardo, sapevano donare serenità e, alzando gli occhi al Cielo, far scomparire le nubi dell'anima.
Così come mi ha sempre stupito come i veri santi del nostro tempo sanno camminare tra la gente, ad occhi bassi, come 'chiusi', per ripararli dal fango che spesso ci circonda. Sono meravigliosi.
Ho avuto modo di stare a colloquio con Giovanni Paolo II, presto beato, per un'ora, e non dimenticherò mai i suoi occhi sereni, attenti, eppur discreti, come volessero entrare nelle pieghe della mia vita, con la vigilanza e delicatezza della carità.
incredibile quanto bene si riceva, sentendosi 'abitati', seppur per poco, da chi ti vuol bene.
È, del resto, quello che accade a due persone che si amano veramente, senza egoismi, unite solo dall'amore vero e fedele. Si vorrebbe che lo sguardo scambievole fosse infinito, come lo sarà in Cielo. Così come ricordo gli occhi carichi di odio e rabbia di un camorrista: sembravano mitraglie puntate. Abbiamo bisogno della luce in cui fissare il nostro sguardo: come fu per il cieco nato.
Dopo la guarigione, fissando lo sguardo negli occhi di Gesù, si riempì di una tale luminosità da poter esclamare, in tutta verità: 'Io credo, Signore!
Ascoltiamo il profeta Ezechiele:
"Così dice il Signore Dio: 'Ecco io apro i vostri sepolcri, vi resuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese di Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio Spirito e rivivrete: vi farò riposare nel vostro paese. Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò". (Ez. 37, 12-14)
Con Madre Teresa preghiamo:
"Gesù mio, aiutami a diffondere la tua fragranza, ovunque vada.
Infondi il tuo Spirito nella mia anima e riempila del tuo Amore.
Resta con me, e io comincerò a brillare della tua Luce. A brillare per essere luce per gli altri.
La luce, Gesù mio, sarà la tua: non verrà da me, ma sarà la tua Luce che brilla negli altri attraverso me. Lascia che io ti rivolga la mia preghiera nel mondo che ami, spargendo la luce su quelli che mi circondano. Lasciami predicare senza predicare, non con le parole ma con l'esempio. Con la forza che attrae e l'influsso di quello che io faccio. Con la pienezza dell'amore che io ho per Te, nel mio cuore."
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