sabato 16 aprile 2011

La storia di San Francesco di Assisi - Ventunesima parte

Continuiamo a scoprire la storia di San Francesco di Assisi. «Se aveste fede quanto un granellino di senapa,potreste dire a questo gelso:Sii sradicato e trapiantato nel mare,ed esso vi ascolterebbe. Chi di voi,se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge,gli dirà quando rientra dal campo:Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto:Preparami da mangiare,rimboccati la veste e servimi,finché io abbia mangiato e bevuto,e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo,perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi,quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato,dite:Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».
Questo è uno dei passi evangelici che più si addice alla figura del beato Francesco. Infatti, egli ha potuto compiere grandi prodigi solo in virtù di una grande fede e nonostante questo grande "potere", egli si è sempre considerato servo inutile, fuggendo la gloria e persino il ringraziamento. E' come se le parole di Gesù prendessero vita dentro di lui, quasi come se il beato Francesco fosse una sorta di personificazione della parola di Cristo. Nell'appuntamento odierno, possiamo vedere proprio quest'aspetto, leggendo alcuni tra i più prodigiosi segni compiuti dal poverello d'Assisi, lungo il suo tragitto terreno:

CAPITOLO VENTITREESIMO

FRANCESCO GUARISCE UNO ZOPPO A TOSCANELLA E UN PARALITICO A NARNI

65. Pellegrinando per diverse e vaste regioni ad annunciare il Regno dei Cieli, Francesco giunse un giorno nella città di Toscanella. Qui, mentre, secondo il solito, spargeva il seme della salvezza, un cavaliere del luogo gli offrì ospitalità nella sua casa. Il figlioletto di lui, l'unico che aveva, era zoppo e tanto gracile da dover restare ancora nella culla, pur avendo oltrepassato l'età dell'allattamento. Vedendo quell'uomo di Dio così ripieno di santità, il cavaliere si gettò ai piedi di lui e umilmente gli chiese che glielo guarisse. Il Santo si riteneva del tutto indegno e incapace di una simile grazia e a lungo si rifiutò; ma poi, vinto dalle insistenti implorazioni di quel poveretto, acconsentì. Dopo aver pregato, stese le mani sul fanciullo, lo benedisse e lo invitò a levarsi; quello immediatamente, tra la gioia dei presenti, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, balzò dal suo giaciglio e cominciò a camminare perfettamente risanato.

66. Un analogo prodigio compì Francesco a Narni, dove rimase vari giorni. Ed ecco come. Un cittadino di nome Pietro stava a letto da cinque mesi completamente paralizzato; rimasto con i piedi, le mani e la testa completamente immobili, riusciva a muovere la lingua e ad aprire gli occhi. Avendo saputo che era giunto in città il servo dell'Altissimo, il povero infermo supplicò il vescovo del luogo che in nome della misericordia divina si degnasse mandarglielo, essendo convinto che alla sola vista del Santo sarebbe guarito. E così avvenne. Appena il beato Francesco gli fu vicino e tracciò su di lui dal capo ai piedi un segno di croce, il paralitico ricuperò piena salute. 

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO

FRANCESCO RENDE LA VISTA A UNA CIECA E A GUBBIO RISANA UN'ALTRA RATTRAPPITA

67. Una donna, pure abitante di Narni colpita da cecità, riacquistò il dono della vista mediante il segno di croce che il beato Francesco tracciò sui suoi occhi.

Anche un'inferma di Gubbio ebbe la gioia di essere miracolata da Francesco. Aveva le mani rattrappite e non poteva far nulla. Quando seppe che il Santo era arrivato in città, gli corse incontro, gli mostrò affranta le mani contorte, supplicandolo che gliele toccasse. Egli, impietositosi, fece quanto gli si chiedeva e la povera donna guarì. Questa, tutta lieta, tornò a casa, impastò con le proprie mani una focaccia di farina con formaggio e l'offrì a Francesco, che per renderla felice ne gradì un poco, dicendo alla donna di mangiare il resto con la sua famiglia.

CAPITOLO VENTICINQUESIMO

FRANCESCO LIBERA UN FRATE DALL'EPILESSIA E A SANGEMINI GUARISCE UN 'INDEMONIATA

68. Non so come qualificare la malattia orrenda di cui soffriva un confratello; alcuni l'attribuivano alla presenza di un diavolo maligno. Il poveretto spesso si gettava a terra e, stralunando gli occhi in modo orribile, si ravvoltolava tutto con la schiuma alla bocca; le sue membra ora si contraevano, ora si distendevano, or rigide, or piegate e contorte. Altre volte, tutto teso e irrigidito con i piedi che gli toccavano la testa, veniva levato in alto, quanto la statura di un uomo e poi subito gettato a terra. Il santo padre Francesco ne ebbe compassione immensa, si recò da lui, lo benedisse, pregando umilmente Iddio, e il malato ottenne pronta e completa salute e non pafi mai più un male del genere!

69. Un giorno Francesco, attraversando la diocesi di Narni per predicare la parola di Dio, arrivò a Sangemini, dove fu ospitato con tre fratelli da un fedele, noto per la sua grande devozione e virtù. Ma la moglie era indemoniata, e tutti gli abitanti di quel territorio lo sapevano. L'uomo, confidando profondamente nei meriti del Santo, lo pregò di guarirgliela. Francesco, poiché preferiva nella sua semplicità fuggire gli onori del mondo e essere vilipeso, non voleva compiere il prodigio; ma poi, vedendo che si trattava della gloria di Dio e del bene di molti che invocavano il suo atto di carità, finì per aderirvi. Chiamati i tre frati che erano con lui, li invitò a mettersi ognuno in un angolo della stanza e disse: «Preghiamo il Signore, fratelli per questa donna, affinché sia liberata dal giogo del demonio, a lode di Dio. Stiamo uno per ogni parte, perché il maligno non ci inganni e non ci scappi».

Dopo aver pregato, con la virtù dello Spirito Santo, si accostò all'ossessa, che era in preda a convulsioni e urla tremende, dicendo: «Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, per obbedienza ti ordino, o demonio, di lasciare questa creatura e di non osare più tormentarla! ». Aveva appena pronunciato quelle parole, che il diavolo se ne andò rapidissimamente congran fracasso e furore, tanto che il santo padre, per l'improvvisa guarigione della donna e la pronta obbedienza di Satana, credette di essersi illuso, e si affrettò ad allontanarsene con rossore, ciò operando la divina Provvidenza, per impedirgli di cadere nell'orgoglio.

Per questo accadde che, passando Francesco un'altra volta per il medesimo luogo in compagnia di frate Elia, quella donna, saputolo, accorse in fretta sulla piazza, chiamandolo e pregandolo che si degnasse parlarle. Ma egli rifiutava tale richiesta, ben sapendo ch'era essa quella donna dalla quale per virtù divina aveva scacciato il demonio. Ma essa baciava le orme dei suoi piedi, ringraziando Dio e il suo servo Francesco, che l'aveva liberata dal potere della morte. Infine, per le preghiere di frate Elia, il Santo si persuase a parlarle, e da molti fu assicurato sia della suddetta infermità sia della guarigione.

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