domenica 17 aprile 2011

Davvero costui era Figlio di Dio

Torna l'appuntamento, della Domenica mattina, di meditazione del Vangelo. Oggi è un Vangelo particolare perchè ci fa immedesimare totalmente nella Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Per meditarla dignitosamente, riflettiamo con mons. Gianfranco Poma:


Il racconto della Passione di Gesù è il tesoro più prezioso che la Chiesa possieda, che conserva e venera con la più grande cura.
Il Padre Martini, nel ormai lontano settembre del 1977, in un corso di esercizi spirituali da lui guidato, iniziava la meditazione sulla Passione con questa preghiera: "Signore, noi vogliamo guardare Te per conoscere il Padre. Tu ci riveli il Padre dalla croce. Rivela, o Signore, a noi, il mistero della Croce, fa' che non ne abbiamo paura, fa' che in esso conosciamo Dio, conosciamo Te, Figlio del Padre, conosciamo noi stessi, peccatori salvati. Donaci quella particella di intelligenza del mistero della Croce che hai stabilito per ciascuno di noi. Fa' che la nostra vita segua coerente con ciò che Tu ci fai conoscere, e se vuoi farci prima praticare che conoscere, farci prima amare che comprendere, donaci il tuo Spirito attraverso la tua morte e risurrezione gloriosa. Ti adoriamo presente tra noi, vivo, risorto, glorioso nei secoli dei secoli. Amen."
E' così ricco il racconto della Passione di Gesù, così inesauribile il mistero che ci viene annunciato che noi non possiamo che pregare perché il Signore ci doni il suo Spirito che ce ne faccia comprendere almeno una particella. Possiamo percorrere diverse vie nella lettura di queste pagine del Vangelo, ma quella centrale è la via indicata dal P. Martini, quella che guarda alla Passione come all'evento in cui si compie la rivelazione somma del mistero di Dio: si tratta di guardare alla Croce per arrivare alla conoscenza di Lui, per entrare nel mistero trinitario del Padre che ci dona il Figlio, nel mistero della morte di Dio. E' il grande teologo Hans Urs Von Balthasar che ha approfondito teologicamente questo tema, praticamente fermo dal 1500. Entrando nella meditazione della Passione, con tutto ciò che essa significa per noi, egli fa riferimento alla piccola Apocalisse di Isaia (24,17-23): "Terrore, fossa e laccio ti sovrastano, o abitante della terra…Certo barcollerà la terra come un ubriaco, vacillerà come una tenda; peserà su di essa la sua iniquità, cadrà e non si rialzerà. Arrossirà la luna, impallidirà il sole, perché il Signore regna sul monte Sion e in Gerusalemme e davanti ai suoi anziani sarà glorificato". Si sente costretto ad evocare queste parole, il teologo, entrando nel tema più oscuro della storia, la Morte di Dio, ed aggiunge: "Se Dio muore, tutto muore, se la Parola rivelante di Dio ad un certo punto tace, tutto il mondo tace", facendoci capire la drammaticità e la serietà di questa riflessione quando, fatta con estrema verità, implica l'impostazione di tutta la nostra vita.
Von Balthasar inizia il commento teologico al racconto della Passione, ricollegandosi alla domanda che i Padri della Chiesa già si ponevano: "Perché questo sangue è stato versato?". E dopo aver percorso la storia della teologia con le sue diverse risposte, ritorna a porre la Passione al centro, al termine dell'opera di Dio, ma sottolineando con maggiore consapevolezza la difficoltà e la fatica anche teologica di chi vuole indagare il mistero della rivelazione della gloria di Dio nella morte di Cristo. E anche noi ci troviamo di fronte alla Croce e come il centurione del Vangelo, siamo presi dal timore che deriva dall'esperienza del mistero: i due termini che a noi appaiono antitetici, la rivelazione di Dio nell'annientarsi di Dio sono il cuore del mistero.
Come ogni anno, nella settimana santa, la Liturgia continua a leggere per due volte il racconto della Passione, nella domenica delle Palme (uno dei tre sinottici) e il venerdì santo (il Vangelo di Giovanni). All'uomo moderno che pensa di essere cresciuto e di poter bastare a se stesso, di avere strumenti sufficienti per fare a meno di Dio, di avere nelle proprie mani ormai strumenti così potenti da non aver bisogno della potenza di Dio, la Liturgia continua ad offrire il racconto della Passione di Gesù, la rivelazione ultima del volto di Dio che si annienta per noi. L'uomo moderno ritiene di poter fare a meno di Dio: fa a meno del Dio potente che si è costruito con la propria mente. Ma Dio non è così: l'uomo può anche fare a meno di un Dio potente ma non di un Dio che si annienta per lui, che si abbassa, che lo serve, che gli dona tutto nel silenzio, che continua ad amarlo. Di fronte alla Croce di Cristo, l'uomo è messo di fronte al mistero di un Dio che non ostacola, non è geloso della potenza dell'uomo, ma proprio come Dio lo serve e lavando i piedi della sua creatura, si rivela nell'intimo di sé. La Croce di Cristo suscita in noi (e a questo punto ci guida in particolare il Vangelo di Giovanni) il desiderio di una penetrazione amorosa del mistero di Dio che si rivela attraverso il farsi niente, perché l'uomo viva.
E' illuminante per noi l'esperienza della Passione di Gesù vissuta da Pietro: Pietro aveva seguito Gesù con entusiasmo, per lui avrebbe donato la vita. Pietro amava Gesù. Quando inizia il dramma della Passione, dice Matteo (26,56) "tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono". Ma Pietro lo aveva seguito da lontano (26,58): lui amava Gesù, ma ora è confuso, non sa più chi è Gesù e ha perso anche la sicurezza per se stesso. Non ha il coraggio di seguire Gesù ma neanche lo vuole abbandonare: è ormai in pieno smarrimento. Alla donna che lo interroga ripetutamente risponde imprecando e giurando: "Io non conosco quell'uomo". "Ma subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù: Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte. E uscito fuori, pianse amaramente". Pietro "si ricordò": ha una percezione nuova della realtà, dunque tutto è secondo il progetto di Dio. Ha una conoscenza nuova di Cristo, di Dio e di se stesso: finalmente si spezza il velo e Pietro incomincia a capire tra le lacrime che Dio si rivela nel Cristo schiaffeggiato, insultato, rinnegato da lui. Pietro, che avrebbe voluto morire per Cristo, comincia a capire che è Cristo che muore per lui: comincia a capire quello che per tutta la vita non aveva capito, che Dio gli vuole donare la vita, l'amore, che lui invece respinge.
Il racconto della Passione continua a mostrarci la debolezza di Dio, la sua vulnerabilità. Matteo ci mostra la reazione di tutti coloro che passano sotto la Croce e insultano Gesù e ci conduce al momento della sua morte. "Verso mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". E' misteriosissimo questo ultimo grido che non ha neppure parole: le parole del salmo e tutto ciò che il Vangelo descrive cerca di esprimere l'indicibile. Di fronte alla morte di Gesù non c'è che il silenzio, che ha delle risonanze cosmiche che nella fede diventano significative. Il velo del tempio si spezza, la terra trema, si spezzano le pietre… Il centurione e quelli che erano più vicini cominciano a dire: Davvero quest'uomo era Figlio di Dio. Nella maniera più lontana da quello che ci saremmo aspettato, si manifesta il paradosso di Dio. Quelli che hanno avuto il coraggio di guardare la fragilità, la vulnerabilità di Gesù, hanno visto cadere tutti i pregiudizi, anche teologici, con cui avevano pensano a Dio, al suo modo di agire…Tutte le riserve mentali si sono dissolte a contatto con la sguarnita verità con cui Dio si è manifestato. Se abbiamo il coraggio di fare il passo che ci tiene lontani dalla Croce, di superare il cerchio di coloro che gridano, giudicano, e di lasciare che il suo amore faccia cadere il muro di paura, superbia, ipocrisia con cui rimaniamo chiusi nella nostra fragilissima potenza, allora cade la nostra antica conoscenza di Dio, la sua intangibilità, l'alterità assoluta, l'inaccessibilità: in Cristo debole, povero, vulnerabile, Dio può entrare nel cuore di ognuno di noi e diventare l'esperienza che ci cambia.

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