venerdì 28 ottobre 2011

Questa è la nostra fede - III parte

Continuiamo l'approfondita analisi del documento pastorale della CEI "Questa è la nostra fede": 


I. ALLE SORGENTI DELL’EVANGELIZZAZIONE


3. L’annuncio fondamentale

Un’altra caratteristica fondamentale dell’annuncio cristiano è l’essenzialità del suo contenuto.

Dopo aver lottato contro Satana nel deserto e averlo vinto con la forza dello Spirito Santo, Gesù di Nazaret ha cominciato a proclamare: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15). Questa è la buona notizia che egli ha da comunicare: è la causa per cui vive, la ferma speranza che lo sostiene. Gesù esprime il suo messaggio con un linguaggio diretto, vivace: il tono immediato, autorevole e solenne, è quello del banditore che in pubblico e ad alta voce reca una novità lieta e attesa. E in quelle parole c’è una vibrazione di urgenza: l’annuncio risuona con un forte appello alla responsabilità degli ascoltatori. Anche la struttura del messaggio è lineare, incisiva, lapidaria. Prima di tutto una buona notizia, anzi la notizia più sorprendente che mai sia stata annunciata sulla terra: il tempo è giunto al massimo della maturazione e Dio ha deciso di intervenire nella storia come re e salvatore; e in secondo luogo una chiamata pressante: cambiare vita e credere a questa bella notizia. All’indicativo che riguarda l’iniziativa di Dio, segue l’imperativo che riguarda l’impegno dell’uomo. La salvezza è un dono, il dono più grande; la risposta, il cambiamento morale, è affidata alla libera e responsabile volontà delle persone.

Con la Pasqua si verifica un passaggio decisivo: Gesù, da annunciatore del regno di Dio, diventa il Signore annunciato dalla Chiesa. È lui infatti il regno di Dio, instaurato dallo Spirito Santo, in mezzo a noi; è lui la primizia della nuova umanità. Anche il messaggio della Chiesa si presenta con quelle caratteristiche di densità del contenuto e di brevità e concisione nella formulazione, già riscontrate nella predicazione di Gesù. Nel Nuovo Testamento si trovano vari brani in cui si esprime il nucleo essenziale della fede cristiana. Così, ad esempio, gli apostoli proclamano con chiarezza e solennità di fronte al Sinedrio: «Il Dio dei nostri Padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore» (At 5,30). L’evento della Pasqua rimane il nucleo germinale di tutto il processo di trasmissione del Vangelo, come ci testimonia san Paolo. Scrivendo verso la primavera dell’anno 56 alla Chiesa di Corinto, l’apostolo ricorda ai suoi lettori di avere egli stesso “trasmesso”, al tempo della fondazione della comunità verso l’anno 51, il messaggio da lui “ricevuto”, a sua volta, al tempo della conversione, verso l’anno 36. Attraverso questa tradizione ininterrotta si risale all’evento basilare di tutta la storia della salvezza: la morte e risurrezione di Cristo (cfr 1Cor 15,1-5).

Il messaggio cristiano si riassume non in una parola astratta, ma nella notizia puntuale e concreta di un evento storico, un avvenimento mai accaduto prima, riguardante Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio fatto uomo, vissuto su questa nostra terra in un tempo determinato, in un luogo particolare. Perciò, per sintetizzare tutto l’insegnamento impartito da Filippo al ministro della regina Candace, san Luca si può limitare a una formula brevissima: «annunciò a lui Gesù» (At 8,35).

La rivelazione cristiana contiene certamente anche una dottrina su Dio e sull’uomo, come pure un insegnamento morale su ciò che si deve o non si deve fare, ma il suo cuore pulsante resta la Pasqua del Signore Gesù. Diversamente, il Vangelo perderebbe la sua trascendenza e si ridurrebbe inevitabilmente a un Vangelo secondo un «modello umano» (Gal 1,11). Ma allora l’annuncio della Chiesa svapora in un vago messaggio etico, e l’originalità specifica del cristianesimo inesorabilmente sbiadisce. Infatti varie religioni insegnano che Dio ama l’uomo, ma solo la fede cristiana crede nel Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso per i nostri peccati e risorto per la nostra salvezza. Ma se Cristo è risorto, allora ci è consentita la speranza di poter superare il male più tragico dell’uomo, che è la morte. Questa è la “buona notizia”.

4. L’unico messaggio, in una molteplicità di linguaggi

Un messaggio unico e sempre identico, espresso in un’ampia varietà di forme e di modi: è un’altra caratteristica del Vangelo, così come Gesù lo annuncia. Anche sotto questo aspetto – e non solo per il contenuto – l’annuncio del Maestro di Nazaret si presenta nel segno di una originalità inconfondibile. Il tema centrale della sua predicazione – il regno di Dio non è più da attendere in un lontano futuro; è in arrivo, anzi è già presente – viene da lui proclamato negli ambienti e nelle situazioni più diverse, ricorrendo a sentenze e parabole, esortazioni e minacce, colloqui e dibattiti. Il genere comunemente più conosciuto è quello delle parabole: si tratta di racconti simbolici, in cui il paragone fra due realtà viene elaborato in una narrazione rapida e colorita. Gesù vi fa ricorso per lo più quando deve parlare del regno di Dio a coloro che non fanno parte della cerchia dei discepoli: i notabili, le autorità, la folla dei curiosi. Ascoltando una parabola, costoro sono invitati a riflettere, a liberarsi dai pregiudizi, e vengono provocati a scegliere, a schierarsi con lui o contro di lui.

Non solo il Vangelo di Gesù, anche il Vangelo su Gesù viene annunciato dalla Chiesa con una molteplicità di generi letterari e una grande varietà di formule. Per lo più il linguaggio è di tipo narrativo (Gesù «è stato crocifisso» ma «è risorto», «è apparso», «è stato glorificato» o «esaltato»), ma nel Nuovo Testamento troviamo anche formule assertive: «Gesù è il Signore» (Rm 10,9), «Gesù è il Cristo» (At 5,42); «Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio» (Gv 20,31), «il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Inoltre la fede nell’evento della Pasqua viene espressa attraverso tre principali generi letterari: la professione di fede, l’inno, il racconto. Un esempio tipico di professione di fede è quello già citato della prima Lettera ai Corinzi: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture» (1Cor 15,3-5). Quando questa fede viene celebrata all’interno delle comunità cristiana, allora la si esprime anche attraverso inni o cantici, come l’inno riportato da Paolo nella Lettera ai Filippesi, in cui si proclama la condizione divina di Gesù Cristo (la pre-esistenza), il dramma della sua umiliazione fino alla morte di croce (la pro-esistenza) e l’esaltazione fino alla gloria di Signore (cfr Fil 2,6-11).

Ma fin dal giorno di Pentecoste la Chiesa apostolica proclama la sua fede narrando la lieta notizia di un evento preciso e concreto: la Pasqua del Signore. Caratteristico al riguardo è il discorso che Pietro, a nome degli altri Undici, tiene a Pentecoste (At 2,14-40), rivolgendosi ai Giudei e a quanti si trovavano a Gerusalemme, e che egli conclude con un messaggio solenne e sintetico: «Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,36). Questo discorso, come anche gli altri che si incontrano nel libro degli Atti degli apostoli (At 3,12-26; 4,8-12; 5,29-32; 10,34-43; 13,16-41), è strutturato attorno a tre elementi ricorrenti: una breve rievocazione in forma narrativa degli avvenimenti riguardanti Gesù, soprattutto la sua risurrezione; una interpretazione di questo evento alla luce delle Scritture; un appello coinvolgente, rivolto agli ascoltatori, perché aderiscano con la fede al messaggio proclamato e si convertano. Attorno a questi elementi fondamentali si struttureranno quei racconti più sviluppati che sono i nostri quattro vangeli.

Questo processo di evangelizzazione è animato da un dinamismo comunicativo che la Chiesa non può mai trascurare: il seme della Parola va gettato nei terreni delle varie culture e delle più svariate situazioni. Ciò esige il rispetto, sapiente e creativo, di una duplice fedeltà: al messaggio che è Cristo, «lo stesso ieri, oggi e sempre» (Eb 13,8); e all’uomo, alle sue esigenze concrete[11]. Il Vangelo non può essere meccanicamente ripetuto; deve essere sempre inculturato intelligentemente e genialmente riespresso.

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