venerdì 14 ottobre 2011

Questa è la nostra fede - I parte

‘Guai a me se non evangelizzo’ (1 Cor 9, 16)

Queste furono le parole dell'Apostolo Paolo che valgono per tutti noi in quanto battezzati e quindi membri della Chiesa di Gesù Cristo. Viviamo in una diversa realtà, una realtà che cerca di marginalizzare la fede, di ridurre l'ambito di operatività della Chiesa e che tenta di far sentire la fede come un qualcosa di personale, di intimo che non deve sconfinare nell'esterno. Tutto questo ci ha fatto smarrire la via dell'apostolato che non spetta solo ai membri dell'ordine sacerdotale, ma ad ogni battezzato, esattamente secondo le parole di San Paolo. Anche Papa Benedetto XVI ha rinnovato più volte questo richiamo ad essere pronti ad evangelizzare e a trasmettere il primo annuncio del Vangelo a chi non lo conosce, o lo conosce in maniera astratta ed imperfetta ecc... [“La missione è dunque un cantiere nel quale c’è posto per tutti: per chi si impegna a realizzare nella propria famiglia il Regno di Dio; per chi vive con spirito cristiano il lavoro professionale; per chi si consacra totalmente al Signore; per chi segue Gesù Buon Pastore nel ministero ordinato al Popolo di Dio; per chi, in modo specifico, parte per annunciare Cristo a quanti ancora non lo conoscono”. (Angelus, 22 ottobre 2006)]. 

Ecco perché oggi voglio inaugurare un nuovo cammino di catechesi che ci proietti proprio nell'ottica dell'evangelizzazione affinché tutti noi possiamo comprendere come svolgere al meglio questa missione che Gesù ci affida in quanto cristiani e quindi Suoi discepoli. Questo cammino comincia con l'approfondita analisi di un documento pastorale della CEI "Questa è la nostra fede": trattasi di una nota pastorale sul primo annuncio del Vangelo elaborato dalla Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi. Cominciamo oggi con la semplice lettura della presentazione di  Francesco Lambiasi, Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi:

Presentazione

Preparata dal grande giubileo del Duemila, la santa Chiesa di Gesù Cristo è entrata nel terzo millennio con la chiara coscienza e la convinzione sempre più condivisa che la missione di annunciare il Vangelo a ogni creatura è ancora ben lontana dal suo compimento, anzi è appena agli inizi.

Con gli orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per questo primo decennio del Duemila, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, si è delineato e decisamente intrapreso un cammino pastorale con l’obiettivo della «comunicazione del Vangelo ai fedeli, a quanti vivono nell’indifferenza e ai non cristiani, qui nelle nostre terre e nella missione ad gentes»[1]. Questo obiettivo richiede che si ponga mano a un impegno di primo annuncio del Vangelo, sia perché cresce il numero delle persone non battezzate o che debbono completare l’iniziazione cristiana, sia perché molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse; inoltre anche in quanti ripetono i segni della fede, non sempre alle parole e ai gesti corrisponde un’autentica e concreta adesione alla persona di Gesù Salvatore.

Anche l’Italia, come in generale tutta l’Europa, «si colloca ormai tra quei luoghi tradizionalmente cristiani nei quali, oltre a una nuova evangelizzazione, in certi casi si impone una prima evangelizzazione»: così scriveva Giovanni Paolo II, il grande missionario del mondo, nell’esortazione apostolica Ecclesia in Europa[2]. In un contesto obiettivamente missionario, come il nostro, occorre riportare al centro di ogni Chiesa diocesana e di tutte e singole le comunità parrocchiali il primo annuncio della fede. È a questa meta che è esplicitamente dedicata la presente Nota pastorale, come risulta dalla struttura in cui essa è articolata.

Il primo capitolo (Alle sorgenti dell’evangelizzazione) ha lo scopo di descrivere l’importanza, il contenuto, i linguaggi, le finalità del primo annuncio del Vangelo, inquadrandolo nel vasto orizzonte dell’evangelizzazione. Infatti se è vero che è il Vangelo a fare la Chiesa ed è la Chiesa in quanto tale a fare l’evangelizzazione, è anche vero che questa può avvenire solo seguendo lo stile del Signore Gesù. Per questo, dopo aver presentato alcuni tratti sintetici del volto del divino evangelizzatore, si propone il contenuto essenziale di questo annuncio: “Gesù Cristo, crocifisso e risorto, è il Signore e l’unico salvatore del mondo”. L’evento della Pasqua rimane pertanto il nucleo germinale di tutto il processo di trasmissione del Vangelo e del successivo sviluppo del dogma. Questo contenuto identico in tutti i tempi e in tutti i luoghi può essere espresso in diversi linguaggi e generi letterari, come attesta il Nuovo Testamento: proclamazioni dì fede, inni o cantici, racconti e testimonianze, ma sempre con la sua nota irrinunciabile di “lieto messaggio”.

Il secondo capitolo (Comunicare il Vangelo oggi) tenta una contestualizzazione del primo annuncio del Vangelo nello scenario dell’attuale frangente culturale, segnato da un avanzato processo di secolarizzazione ma anche da un diffuso bisogno religioso, seppure fragile e ambiguo. Provocata da questo contesto, la comunità cristiana deve saper riesprimere la sua fedeltà ai caratteri fondamentali del messaggio cristiano, oggi particolarmente attuali: il carattere di assolutezza, l’aspetto salvifico, la dimensione storica, la sua nota paradossale e sorprendente. Grande attenzione va dedicata allo stile della comunicazione, che deve essere testimoniale e, insieme, dialogico, evitando false alternative, come quella fra testimonianza della vita e annuncio esplicito, come pure fra identità e dialogo.

Il terzo capitolo (Gesù risorto è la nostra salvezza) offre una possibile esemplificazione concreta di primo annuncio della fede, ripercorrendone la struttura portante, così come avviene in modo paradigmatico nella liturgia della veglia pasquale: i catecumeni e tutti i credenti già battezzati sono chiamati ad emettere la solenne professione della fede in Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo. Il segno della croce è pertanto la formula-base della nostra fede, in quanto ne esprime i due misteri principali: la santa Pasqua del Signore e la santa uni-trinità di Dio.

Il capitolo finale (Noi lo annunciamo a voi) propone delle essenziali indicazioni operative per attuare una pastorale di primo annuncio. Esse riguardano i soggetti, la pedagogia, i destinatari, le forme occasionali e quelle organiche.

Nel suo insieme, la Nota vuole orientare e aiutare concretamente a tradurre quanto affermato nel documento Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia: «C’è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede. È compito della Chiesa in quanto tale, e ricade su ogni cristiano, discepolo e quindi testimone di Cristo; tocca in modo particolare le parrocchie»[3] (n. 6).

Affidiamo a Maria, “stella dell’evangelizzazione”, l’auspicio che la presente Nota venga accolta e valorizzata per quello che vuole essere: uno strumento di lavoro chiaro, concreto, efficace, perché la nostra Chiesa in Italia assuma con nuovo slancio la missione evangelizzatrice, affidatale da Gesù Risorto, speranza del mondo.

 

2 commenti:

Enza ha detto...

E pensare che una volta con poche parole dette dai nostri nonni si capiva immediatamente il volere di Dio, il rispetto per gli uomini e il senso civico. Ora bisogna quasi essere laureati per far conoscere e spiegare chi è Cristo e la Chiesa ma ancora c'è difficoltà, perchè ai figli si è insegnato di rispondere a tutte le loro domande, i quali spesso non sanno neppure cosa chiedono per mancanza di conoscenza e perchè interiorizzano tutto ciò che sentono e vivono durante la giornata. Però visto che bisogna portarli alla conoscenza evangelica, cerchiamo anche noi di migliorarci si nella preparazione, ma testimoniamo ancor di più la nostra fede a loro con l'amore, l'abbraccio, il sorriso e la disponibilità. Spero che le famiglie tornino a vivere la chiesa. Grazie angel per questa bella pagina.

Riscoprire la fede ha detto...

Cara Enza, è proprio come ho detto nel post, la cultura di oggi è diversa e quindi è normale che anche l'evangelizzazione deve divenire più profonda e razionale per poter contrastare questo fenomeno di marginalizzazione religiosa. Ecco perché, come dici tu, cerchiamo di migliorarci, senza dimenticare che al primo posto vi è sempre la testimonianza che precede ogni altra cosa. Un caro saluto e a presto!

Angel

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