venerdì 21 ottobre 2011

Questa è la nostra fede - II parte

Continuiamo l'approfondita analisi del documento pastorale della CEI "Questa è la nostra fede": oggi riscopriamo alcuni importanti principi e alcune considerazioni che sono propedeutiche per chi si vuole dedicare all'evangelizzazione (tra queste va ricordato che il nostro modello di riferimento è ovviamente Gesù e che il Suo Vangelo, purtroppo, non è davvero "conosciuto" da tutti come erroneamente pensiamo):


Introduzione

1. Comunicare a tutti l’annuncio della salvezza

«Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il vangelo di Gesù»: è la prima delle sette proposizioni sintetiche nella introduzione alla Nota pastorale, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia[4]. È un’affermazione decisa e coraggiosa, che rivela una situazione preoccupante e dischiude una prospettiva concreta e urgente: «c’è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede»[5]. È quindi indispensabile promuovere una conversione missionaria delle nostre comunità ecclesiali per riproporre il messaggio fondamentale della nostra fede: Gesù Cristo, crocifisso e risorto, è l’unica salvezza del mondo.

Anche oggi, infatti, come duemila anni fa, gli uomini e le donne continuano a chiedersi su chi e su che cosa sia possibile riporre le proprie speranze. La fede cristiana risponde con Paolo: chi si affida a Gesù di Nazaret non resta deluso (cfr Rm 10,11).

Anche oggi c’è chi lo cerca per trovare la luce della vita: come Nicodemo, un fariseo, membro del sinedrio, che va ad incontrarlo di notte, per approfondire la sua parola e giungere ad una fede matura (cfr Gv 3,1-21). Nell’impegno e nella passione della continua scoperta, Gesù si fa trovare immancabilmente da chiunque va a lui con sincerità di cuore.

C’è poi chi, nei suoi riguardi, sembra mosso da nostalgia, da curiosità o da un desiderio acuto, forse anche da un bisogno inconfessato, e si mette in cerca di lui per affrontare domande irrinunciabili: da dove sono venuto? dove sto andando? cosa ne sarà di questo amore appena sbocciato? cosa verrà dopo questa malattia che mi sta portando alla morte? Non è ancora fede, o forse lo era un tempo; ma è comunque avvio verso un risveglio. Così avvenne per Zaccheo. Incuriosito dal parlare della gente, vuole vedere quel Maestro che passa. Gesù gli fa visita e la sua vita si trasforma (cfr Lc 19,1-10).

C’è ancora chi sembra aver archiviato il problema religioso, chi mostra al riguardo un’apparente sicurezza e si dichiara indifferente. Non è facile dire perché: ognuno ha la sua storia, e non sempre riesce a decifrarla. Di fatto anche oggi molti non conoscono Gesù e sembrano voler fare a meno di incontrarlo. Come la Samaritana che va ad attingere acqua al pozzo. Gesù le chiede da bere. La donna si mostra restia a parlare con lui: un Giudeo che si intrattiene con una Samaritana! Gesù le apre il libro della sua vita e l’aiuta a leggervi dentro. Quella donna aveva cercato la felicità: in Gesù trova il profeta di Dio, il Salvatore del mondo (cfr Gv 4,1-42). Anche per quanti sembrava un estraneo, l’imbattersi in lui può risultare decisivo.

A chi crede in Cristo e vuole rendere ragione della speranza riposta in lui; a chi chiede di essere aiutato a riscoprire la bellezza del messaggio cristiano; a chi si sente lontano dalla fede, ma vuole dare un senso alla propria vita: a tutti la Chiesa annuncia che Gesù crocifisso è risorto; è lui la nostra ferma speranza; è lui l’unico Salvatore di tutti. Questa è la nostra fede; è la fede della Chiesa.

 Questa nota pastorale vuole aiutare a riscoprire il valore, l’urgenza, le condizioni di possibilità e le modalità concrete per comunicare a tutti il primo annuncio della lieta notizia della salvezza. 

I. ALLE SORGENTI DELL’EVANGELIZZAZIONE

2. Il compito prioritario

«L’evangelizzazione può avvenire solo seguendo lo stile del Signore Gesù, il primo e più grande evangelizzatore»[6].

È un dato indiscutibile, concordemente affermato dai racconti evangelici: dopo essere stato proclamato, da Dio Padre, Figlio suo amatissimo, mentre riceveva il battesimo da Giovanni al fiume Giordano, ed essere stato indicato dallo stesso Battista come il Messia di Israele, Gesù ha iniziato la sua attività pubblica «proclamando il Vangelo di Dio» (Mc 1,14). Ha svolto questa attività andando per i villaggi della Galilea, nelle sinagoghe e nelle piazze, sulle rive del lago o su qualche monte, nel deserto o per le strade, nelle case e nel tempio. L’originalità di questa scelta merita di essere sottolineata: Gesù non ha aperto una scuola per lo studio della Legge a Gerusalemme, come uno dei tanti rabbi del suo tempo; non si è ritirato a vita nel deserto, come facevano in quegli anni alcuni pii ebrei, in attesa della salvezza d’Israele; non ha scelto di fondare un movimento di resistenza politica contro l’invasore romano, come gli zeloti o i sicari. La sua missione è stata originale anche rispetto al Battista, che pure ne aveva preparato la venuta: Gesù si è limitato a battezzare solo per breve tempo, ma ben presto la sua attività si è svolta in modo autonomo, come predicazione itinerante, attraverso gesti e segni, miracoli e parole, sino alla fine della sua vita terrena: sino alla pienezza dell’amore e al compimento supremo, sulla croce.

Risorto da morte, ha lasciato ai suoi questo testamento: «proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Come messaggero inviato da Dio per annunciare la pace (cfr At 10,36) e come Signore che invia i suoi apostoli in missione a fare «discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19), Gesù di Nazaret sta all’inizio del processo di evangelizzazione e continua ad animarlo con la forza profetica dello Spirito Santo e l’azione incessante della sua grazia.

«Rivelare Gesù Cristo e il suo Vangelo [...] è, fin dal mattino della Pentecoste, il programma fondamentale che la Chiesa ha assunto, come ricevuto dal suo Fondatore»[7]. L’esperienza evangelizzatrice di san Paolo rimane, per tutti i credenti in Cristo di ogni luogo e di tutti i tempi, esemplare e paradigmatica. Conquistato da Cristo e preso dal suo fascino, l’apostolo dei pagani è mosso dall’intima, invincibile certezza di essere stato «prescelto per annunziare il Vangelo di Dio», come scrive ai cristiani di Roma (Rm 1,1); e alla comunità di Corinto, da lui stesso fondata, dichiara con tono deciso: «Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo» (1Cor 1,17). La missione per Paolo non è attività marginale o periferica: è il compito fondamentale e il dovere primario, per cui non gli è più possibile vivere per se stesso. Essere cristiano ed essere missionario è la stessa cosa. Votato interamente alla causa del Vangelo, l’apostolo non si lascia intimidire da nessun rischio né arrestare da alcun ostacolo. Più volte percorre Palestina e Siria, Asia minore, Macedonia e Grecia, lungo le strade militari e le rotte commerciali. Entra nelle sinagoghe della diaspora, si mescola alle folle cosmopolite delle città; si confronta con l’alta cultura e con la religiosità popolare. Non si scoraggia per le scarse conversioni tra gli ebrei né per le infedeltà e i tanti problemi delle piccole comunità da lui stesso fondate.

L’evangelizzazione è il compito prioritario per la Chiesa, che è stata mandata dal Risorto nel mondo ad evangelizzare, cioè ad annunciare, celebrare e testimoniare l’amore di Dio, che per mezzo di Gesù Cristo vuole salvare tutti gli uomini. «Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare»[8]. L’evangelizzazione sta a fondamento di tutto e deve avere il primato su tutto; niente la può sostituire e nessun’altra opera le si può anteporre. Tutta la Chiesa è per sua natura missionaria; la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e le parrocchie, tutte le istituzioni e gli organismi pastorali, tutte le aggregazioni ecclesiali e opere di apostolato. In particolare l’annuncio, la celebrazione e la testimonianza sono i tre grandi “luoghi” ordinari in cui risuona abitualmente – ma non deve mai riecheggiare abitudinariamente – il messaggio assolutamente prioritario della fede, come avviene in sommo grado nell’Eucaristia, in cui «annunciamo la morte del Signore, proclamiamo la sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta»[9]. Anche la promozione umana non è alternativa, né può mai essere sostitutiva dell’evangelizzazione, ma è ad essa conseguente e da essa strettamente dipendente. Il Vangelo viene prima di tutto e sta al di sopra di tutto, e pur di annunciarlo, la Chiesa è disposta anche a rinunciare ai suoi diritti legittimi, quando l’avanzarli offuscasse la sincerità della sua predicazione, come insegna autorevolmente il Concilio Vaticano II[10].

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