sabato 6 agosto 2011

La storia di San Francesco di Assisi - Trentacinquesima parte

Continuiamo la lettura della storia di San Francesco d'Assisi: entriamo oggi nella terza parte del racconto, quella conclusiva, che si apre con alcune considerazioni di rilievo sulla santità del beato Francesco che culminano nel racconto del meraviglioso momento della canonizzazione del poverello d'Assisi che sarà celebrato nei secoli avvenire: 

PARTE TERZA

119. Il gloriosissimo padre Francesco, dunque, nel ventesimo anno della sua conversione, concluse degnamente quella vita così felicemente cominciata, e rese beatamente la sua anima a Dio. Nel cielo, coronato di gloria e di onore e assiso tra i Cherubini, intercede con amorosa premura davanti al trono di Dio per coloro che ha lasciato quaggiù. E come potrebbe restare senza risposta la preghiera di questo eletto? Nelle sue stimmate è raffigurato Cristo che, uguale al Padre, siede alla destra della divina Maestà, ed è splendore della sua gloria e figura della sostanza di Dio, dopo aver espiati i nostri peccati. Non sarà esaudito colui che, reso simile a Cristo Gesù nella condivisione della sua passione e morte, porta nelle mani, nei piedi e nel costato le stesse ferite di Lui?

E veramente egli già allieta di nuovo gaudio il mondo e offre a tutti i mezzi della vera salvezza. Irradia la terra con la luce fulgidissima dei miracoli, la illumina come astro fulgente. Il mondo compiangeva se stesso quando fu privato della sua presenza e per la sua morte gli pareva d'essere precipitato in un abisso di tenebre. Ma ora, al sorgere di questa luce nuova, investito da raggi più fulgenti, come nel meriggio, il mondo sente che tutta la tenebra si è dileguata. Il pianto ècessato, rinasce la gioia, e le virtù tornano a fiorire per suo merito. Sia ringraziato Iddio! Dai quattro punti cardinali stanno arrivando coloro che beneficati dal suo patrocinio, testimonieranno la verità di questa affermazìone.

Proprio per questo, Francesco, singolare amatore delle realtà celesti, finché visse quaggiù non volle mai possedere nulla di proprio, per poter possedere totalmente e più gioiosamente il sommo Bene; ed ora è divenuto partecipe del tutto, lui che non volle attaccarsi ad alcuna parte, ed ha scambiato il tempo con l'eternità. Ovunque e a tutti viene in aiuto, e a tutti è presente, da vero amante dell'unità, ignora i danni della parzialità.

120. Quando viveva ancora tra i peccatori, percorreva predicando il mondo intero; ora che regna tra gli angeli in cielo, vola più rapidamente del pensiero, come araldo dell'Altissimo, a portare benefici salutari ai popoli. Perciò l'u­manità intera lo onora, lo glorifica e lo loda, perché davvero tutti hanno parte a questo bene che è per tutti. Chi potrebbe narrare quanti e quali miracoli il Signore si è degnato operare per mezzo suo in ogni parte del mondo? Innumerevoli, per esempio, sono quelli compiuti nella sola Francia, dove il sovrano, la regina e tutti gli altri magnati accorrono a baciare con riverenza il guanciale usato da Francesco nella sua infermità. Là, anche i sapienti è i maggiori letterati del mondo, più numerosi in Parigi che altrove, venerano, ammìrano e onorano con umiltà e devozione Francesco, l'illetterato, l'amico della semplicità, dal cuore incomparabilmente sincero e nobile. E quanto gli si addice questo nome di «Francesco», a lui che ebbe cuore franco e nobile più di ogni altro!

E che dire delle altre parti del mondo, dove, in virtù dei suoi poveri indumenti, guariscono malattie e infermità, e moltitudini di uomini e di donne sono liberati dai loro malanni alla sola invocazione del suo nome?

121. Anche alla sua tomba è un continuo fiorire di nuovi miracoli e con la preghiera insistente si ottengono meravìgliosi benefici spirituali e corporali: i ciechi ricuperano la vista, i sordi l'udito, i muti la favella, gli storpi riprendono a camminare speditamente, il gottoso ritorna agile, il lebbroso è mondato, l'idropico torna normale e altri sofferenti di vari acciacchi riacquistano la salute desiderata. Così quel corpo che è morto risana i corpi vivi, come da vivo risuscitava le anime morte!

Queste meraviglie giungono all'orecchio del romano Pontefice, primo di tutti i vescovi, guida dei cristiani, capo del mondo, pastore della Chiesa, Unto del Signore e Vicario di Cristo. Se ne rallegra sommamente; tripudia ed esulta perché vede la Chiesa di Dio rinnovarsi nel suo tempo mediante gli antichi miracoli in modi nuovi, e proprio per opera del figlio suo, che si era portato nel seno, riscaldato nel grembo, allattato con la sua parola, educato con il cibo della salvezza. Le odono anche gli altri prelati e pastori del gregge cristiano, difensori della fede, amici dello Sposo, suoi collaboratori, sostegni del mondo, e venerandi cardinali, e ne godono con la Chiesa e con il sommo Pontefice e ne lodano il Signore, che nella sua ineffabile provvidenza e divina grazia e bontà infinita, ha scelto proprio le cose stolte e vili secondo il mondo, per attirare i grandi. Ascolta e applaude tutta la terra e l'intera cristianità sovrabbonda di esultanza ed è pervasa di santa consolazione.

122. Ma all'improvviso l'orizzonte si oscura, esplodono nuove perturbazioni sociali e religiose. Violente discordie e gelosie lacerano la serenità e la pace e riaccendono la lotta all'interno della Chiesa. Il popolo romano, solitamente sedizioso e altero, infuria contro la gente confinante e osa pure profanare le cose sacre. Il magnanimo papa Gregorio si adopera con tutte le forze per arginare il male, frenare l'odio e la violenza e difendere la Chiesa, come una torre ben salda.

Ma i pericoli aumentano, le stragi si fanno più frequenti; anche nel resto del mondo i perversi insorgono superbamente contro Dio. Che fare? Il Pontefice, ponderate saggiamente le circostanze presenti e le possibilità future, decide di abbandonare Roma ai rivoltosi, per liberare e difendere almeno le altre regioni.

Si reca, a Rieti, dove è accolto con grande onore, quindi a Spoleto, sempre riverito e onorato da tutti. Qui si trattiene alcuni giorni, e pur vigilando sempre sugli interessi della Chiesa, si reca, in compagnia dei venerandi cardinali, a far visita amichevole a certe ancelle di Cristo, sepolte per il mondo. La santa vita, l'altissima povertà e la gloriosa istituzione di quelle sante vergini suscitano in lui e nei suoi accompagnatori profonda commozione, li provocano al disprezzo del mondo e li stimolano ad una vita più coerente con le esigenze del loro stato.

O umiltà, amabile nutrice di ogni virtù! Il principe del mondo cattolico, successore di san Pietro apostolo, si degna far visita alle Donne Povere, si reca da quelle umili e nascoste prigioniere! Un gesto di degnazione papale indubbiamente conforme al carattere cristiano, ma senza precedenti nella stona.

123. Poi papa Gregorio si affretta a raggiungere Assisi, dove è custodito per lui l'inclito tesoro che spazzerà via la dolorosa tribolazione. Al suo arrivo tutta la regione è in un giubilo, la città è pervasa di gioia, una grande folla accorre

festante, e quel giorno luminoso si riempie di letizia sincera. Tutti vengono ad incontrare il Pastore supremo con solenne corteo. Anche il pio gruppo dei poveri frati gli si fa incontro, e ciascuno canta inni all'Unto del Signore.

Appena arrivato al convento, il Vicario di Cristo subito si porta a salutare e a rendere omaggio riverente al sepolcro di san Francesco. Sospira, si batte il petto, piange e, in atto di grande devozione, piega il venerando capo su quella tomba.

Quindi dà apertura al solenne processo per la canonizzazione, convocando a tale scopo spesse volte i venerandi cardinali. Or ecco, da ogni parte accorrono molti che erano stati liberati dai loro mali per intercessione di Francesco. Si testimoniano i suoi miracoli, si verificano e si approvano! Per un breve intervallo il Papa deve correre a Perugia per impegni d'ufficio improrogabili; poi con maggiore e speciale benevolenza torna ad Assisi per continuare l'importantissima causa. Di nuovo a Perugia, finalmente, il Papa convoca il sacro collegio dei cardinali nelle sue camere e celebra il sacro concistoro. Sono tutti d'accordo e unanimi; leggono i miracoli con venerazione e lodano con grandissimi elogi la vita e la santità del beato padre.

124. «La santità di questo uomo - essi affermano - non ha bisogno della verifica dei miracoli; noi stessi l'abbiamo vista con i nostri occhi e toccata con le nostre mani e vagliata alla luce della verità». Tutti tripudiano, gioiscono e piangono insieme, e quelle lacrime sono per loro pienezza di benedizione. E senza più indugio si fissa il giorno di grazia che riempirà il mondo di gaudio salutare.

È già spuntato quel giorno solenne che rimarrà venerando in ogni tempo, e avvolse di allegrezza la terra e il cielo. Vescovi, abati, prelati accorrono e si riuniscono giungendo dalle regioni più lontane della terra; è presente anche un re e grande moltitudine di conti e magnati. Si forma allora un pomposo corteo, e tutti, al seguito del Signore del mondo, entrano solennemente nella città di Assisi. Arrivati nel luogo preparato per quella solenne celebrazione, i cardinali, i vescovi e gli abati si dispongono accanto al Papa, e dietro a loro un folto stuolo di sacerdoti e di chierici, la sacra e gioiosa assemblea dei religiosi e la schiera delle religiose avvolte di umiltà, e poi la folla immensa dei fedeli. Accorrono da ogni parte persone di tutte le età, felici di essere presenti a così grande raduno; il bimbo vicino all' uomo fatto, il servo vicino al padrone.

125. Domina al centro il sommo Pontefice, lo sposo della Chiesa di Cristo, attorniato da tanta varietà di figli, con la corona sul capo in segno di gloria e di santità. Adorno delle infule papali e dei paramenti sacri allacciati con fibbie d'oro scintillanti di pietre preziose, l'Unto del Signore appare nello splendore della sua gloria, rilucente di oro e di gemme istoriate, e attira gli sguardi di tutti. Lo circondano cardinali e vescovi, similmente ornati di splendidi monili sulle vesti candide, tanto da presentare quasi lo spettacolo celestiale e gioioso degli eletti.

Tutto il popolo attende una parola di gioia e di letizia nuova, dolce e inneggiante, di perenne conforto e benedizione. Parla per primo papa Gregorio, rivolto a tutta l'assemblea e annuncia con voce vibrante e affettuosa commozione le meraviglie di Dio. Poi tesse un nobilissimo elogio del padre Francesco, commovendosi fino alle lacrime mentre rievoca la purità della sua vita. Tema del suo discorso è il passo del Siracide: Come la stella del mattino tre le nubi e come splende la luna nel plenilunio, e come sole raggiante, così egli rifulse nel tempio di Dio. Terminato quell'elogio, fedele e degno di fede, uno dei suddiaconi del Pontefice di nome Ottaviano, dà lettura davanti a tutti i fedeli dei miracoli del Santo, e il cardinale diacono Ranieri, noto per ingegno e virtù, ne fa il commento con eloquenza e viva emozione. Il Papa esulta e, traendo dal petto profondi sospiri e singhiozzi, lascia libero corso alle lacrime; e così tutti i prelati presenti, tanto da bagnare di lacrime i sacri paramenti. E tutto il popolo piange, in amorosa e impaziente attesa del grande annuncio.

126. Ed ecco: le mani levate verso il cielo, il beato Pontefice con voce tonante grida e dice: «A lode e gloria dell'onnipotente Iddio e Figlio e Spirito Santo, e ad onore della Chiesa romana, mentre veneriamo sulla terra il beatis­simo padre Francesco, che il Signore ha glorificato nei cieli, dopo aver raccolto il parere dei nostri fratelli (i cardinali) e dégli altri prelati, decretiamo che il suo nome sia iscritto nel Catalogo dei Santi e se ne celebri la festa il giorno della sua morte».

Appena terminato il solenne annuncio, i cardinali insieme col papa intonano ad alta voce il «Te Deum». La folla risponde cantando in coro le lodi del Signore. La terra echeggia di voci immense, l'aria si riempie di inni di gioia, il suolo si bagna di lacrime. Si elevano cantici nuovi 170, e nella melodia dello spirito esultano tutti i servi di Dio. Si cantano con voci modulate inni spirituali, sostenuti dal dolce suono degli strumenti. L'atmosfera è pregna di soavi profumi e la melodia rimbalza più festosa, penètrando i cuori col suo incanto. Il giorno è radioso, illuminato da più splendidi colori. Ondeggiano verdeggianti rami d'ulivo misti a fresche chiome d'altri alberi; l'apparato di festa riverbera luminosità su tutti, e la benedizione di pace inonda di gioia tutti i cuori. Finalmente il beato papa Gregorio lascia il trono e attraverso gradini più umili discende nel santuario per offrire doni e sacrifici, e bacia con gioioso trasporto la tomba del Santo e consacrato a Dio; innalza molteplici preghiere e celebra i sacri misteri. Lo circondano i frati, lodando, adorando e benedicendo Iddio che ha fatto cose grandi sulla terra. Alle divine lodi si unisce il popolo che, in onore della altissima Trinità, canta il suo ringraziamento a san Francesco. Amen. Queste cose avvennero in Assisi, nel secondo anno del pontificato di Gregorio IX, il 16 luglio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Meraviglioso!!! La Chiesa........ guai se non ci fosse!! Gesù lo sapeva, è il luogo santo per eccellenza, è l'Istituzione santa perchè il cristiano si riconosca in essa. Francesco ha lasciato tutto per il Signore, fedele fino all'ultimo a Lui e alla sua Istituzione. Se tutti i cristiani seguissero la chiesa cattolica conoscerebbero queste bellezze, apprezzerebbero queste persone che tutto hanno sofferto ma sono sempre rimaste fedeli al Papa capo della Chiesa.
Leggendo come il Papa, i prelati e tutti i presenti hanno pianto sentendo parlare della vita di questo meraviglioso santo, ricordo come ho pianto io quando hanno beatificato GPII, c'era in me, nella mia casa lo Spirito Santo che confermava la sua santità.
Come donna dalla spiritualità Francescana e Antoniana, voglio abbracciare questo santo con le braccia della mia anima. Grazie Francesco!!

Riscoprire la fede ha detto...

Bellissime parole Enza: tutte queste testimonianze di santità confermano proprio quanto dici tu e cioè guai se la Chiesa non ci fosse! Io, quando immagino un mondo senza la Chiesa, vedo un gregge senza pastore, dove le pecore vanno dove capita per finire nelle fauci dei lupi...

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