domenica 7 agosto 2011
Uomini di poca fede, perché dubitate?
Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo la Parola di Cristo che ci mostra il dubbio della fede e il pronto intervento di Gesù, attraverso il commento di mons. Antonio Riboldi:
Facile immaginarvi, carissimi, in giro un poco ovunque, per un giusto momento di riposo - almeno dovrebbe essere così. Un riposo a volte strappato davvero con le unghie, data la difficoltà economica che il mondo sta attraversando. Un riposo che purtroppo non è di tutti o per tutti.
Ogni volta, vi confesso, che anch'io mi accingo a programmare un breve periodo di riposo, mi viene quasi il rimorso, pensando a tanti che non possono godere di questa piccola gioia e non nascondo che, a volte, verrebbe voglia di rinunciarvi, per vivere fino in fondo la condivisione con chi non può. L'unica giustificazione che mi do è quella di spendere il riposo in modo da essere poi più fresco nel farmi dono a tutti... anche se, ovunque vado, vengo richiesto per presenze nelle varie comunità, per fare dono della S. Messa o di una buona Parola.
Ma lo faccio volentieri, perché è bello anche solo vedere come tanti, ma tanti, in un tempo di riposo, desiderino ascoltare la Parola... senza contare i numerosi incontri, camminando sui sentieri dei monti, che sono un arricchimento nella comunione.
Ci furono delle estati - ben dieci - in cui ebbi in dono da una comunità alpina una struttura per poter alloggiare i miei scugnizzi: ragazzini a cui era stato concesso poco e, a volte, un po' allo sbando, senza troppe regole: erano una trentina. Per loro la montagna era una favola mai vista.
La prima volta che arrivarono - ed il rifugio cappella era a 1.200 metri, vennero con poco ed una sola maglietta addosso. Erano l'immagine dell'abbandono e della povertà. Ci volle tanta pazienza, da parte dei volontari che li accompagnavano, per rivestirli e, soprattutto, lentamente educarli alle regole del vivere insieme. Ancora oggi ringrazio Dio, che in dieci anni non solo non successero incidenti, ma anzi fu loro data la possibilità di un cammino, al punto da diventare di esempio ai loro coetanei del luogo, fino ad essere stupendi chierichetti, nel servizio delle S. Messe nelle comunità.
Ricordo che un giorno chiesi ospitalità ad un caro gestore di una baita, per avere un piatto di pastasciutta per loro. Il giudizio finale fu: 'Padre, i suoi ragazzi sono molto più educati dei nostri: sono meravigliosi'. Questa è stata la mia più bella vacanza... per anni!
Una vacanza che somiglia al riposo di Gesù, narrato dal Vangelo di oggi:
"Dopo che la folla fu saziata, subito ordinò ai suoi discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, Gesù salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora lassù a pregare".
C'è tanta gente che, durante questo periodo di riposo, sceglie luoghi di solitudine e preghiera, come a volersi staccare dal frastuono esteriore ed interiore della vita e così ritrovare ciò che è il Bene della vita e su questo reimpostarla. Sono tanti, più di quanto pensiamo: giovani, coppie, adulti.
E sono quel 'sale della terrà, che poi diventa davvero la testimonianza di quello che dovremmo essere agli occhi del Padre.
Ma, racconta il Vangelo, Gesù, tornando dai suoi, viene chiamato a mostrare la Sua onnipotenza. È facile nella vita quotidiana conoscere momenti difficili, che creano un senso di disagio e paura.
"La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte, Gesù venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, al vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: 'E' un fantasma' e si misero a gridare dalla paura. Pietro gli disse: 'Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque". Ed egli disse:
'Vieni!'. Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: 'Signore, salvami!'. E Gesù subito stese la mano, lo afferrò e gli disse: 'Uomo di poca fede, perché hai dubitato?'. Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono dinanzi, esclamando: 'Tu sei veramente il Figlio di Dio'. (Mt. 14,22-33)
L'esperienza di Pietro, che chiede di camminare anche lui sulle acque, per poi spaventarsi - ossia l'impossibile per l'uomo, che diviene facile solo per chi ha forte fede - mette a nudo la nostra debolezza e mancanza di fiducia ed abbandono totale in Dio.
Quante volte ci troviamo in difficoltà tali, che crediamo di non poterle superare. È raro che la nostra vita quotidiana sia come un mare calmo.
Quando va bene, per le piccole spine che incontriamo, è un mare increspato che non deve far paura. Il difficile viene quando il mare è talmente agitato, che rende impossibile camminarci sopra.
Sono quei momenti che, credo, proviamo tutti e in cui mostriamo la qualità della nostra fede.
Il più delle volte, forse, assomigliamo a Pietro che, pur invitato da Gesù, si lascia prendere la mano dalla sua fragilità umana.
Solo chi ha fede radicale e profonda trova davvero la forza di 'camminare sulle acque'. Ma ci vuole tanta, ma tanta, fede e abbandono. Spesso chiediamo l'impossibile, ma poi manchiamo di fiducia, abbiamo paura di 'camminare sulle acque' e non comprendiamo che è il momento di affidarci alla potenza di Gesù, che non manca mai di manifestarsi, sostenendoci e guidandoci nella via che conduce al nostro vero bene, anche se, forse, non nelle forme che noi vorremmo.
Quante persone ho incontrato che, davanti ad una difficoltà, anche grave, in famiglia o nella vita personale, non trovano più la forza di reagire, andando così sempre più a fondo.
Quanta gente ho incontrato, nella mia vita di ministro di Dio, che si è arresa a difficoltà apparentemente insormontabili, fino a diffidare di tutto.
Altre volte è bastato, facendomi vicino, cercando di capire l'origine dello smarrimento e trovando accoglienza, insieme cercare la via della speranza: ed è stato come imparare a 'camminare sulle acque'.
Come Pietro, però, occorre avere fiducia in Gesù e rivolgersi a Lui, mostrando la nostra debolezza. Rimanere soli nella sofferenza o nella difficoltà, altro non è che un affogare sempre più. È urgente e necessario affidarsi a Gesù, abbandonarsi a Lui, un po' come è accaduto ad Elia:
"In quei giorni - racconta il libro dei Re - essendo giunto Elia al monte di Dio, l'Oreb, entrò in una caverna, per passarvi la notte, quand'ecco, il Signore gli disse: 'Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore'. Ecco, il Signore passò.
Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco.
Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. 'Che fai qui, Elia?' Disse il Signore. Elia rispose: 'Signore, Re dell'universo, sono stato preso da un'ardente passione per te, quando ho visto che gli Israeliti hanno violato il tuo patto... Sono rimasto l'unico, ma cercano di togliermi la vita". (1 Re 19,9-15)
La Parola di Dio insegna ad avere fiducia in Lui, soprattutto nei momenti difficili, come quello di Pietro che rischiava di affogare e di Elia che era in fuga: Pietro viene afferrato da Gesù ed Elia è invitato a tornare, senza paura, tra la gente che gli vuole male, sostenuto dalla Presenza stessa di Dio.
È bello, allora, pensare, la risposta alla nostra fede, così.
Tutti sentiamo l'asprezza della vita che, a volte, è più di una burrascosa traversata sul lago. La famiglia con le sue tensioni, il lavoro che manca, le malattie, le incomprensioni ci fanno sentire le ossa rotte. Ed è proprio in questi momenti che deve tornarci in mente Gesù che, se da una parte ci invita a salire sulla barca, dall'altra se ne sta in disparte a vegliare su di noi, con il cuore rivolto al Padre e lo sguardo su di noi, pronto ad intervenire dicendoci: 'Coraggio, non temere, Io sono vicino a te'... sempre che dentro di noi custodiamo un angolo di ascolto e fiducia in Lui.
Non facciamoci sommergere dalle difficoltà, come chi non ha fede, ma immergiamoci nella fiducia in CHI HA CURA DI NOI, sempre: DIO.
"Signore Gesù, donami un'anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti,
e non permettere che mi crucci eccessivamente
per quella cosa troppo invadente che si chiama 'io'.
Donami, Signore, il senso dell'umorismo.
Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo
affinché conosca nella vita un po' di gioia
e possa farne parte anche agli altri". (S. Tommaso Moro)
Facile immaginarvi, carissimi, in giro un poco ovunque, per un giusto momento di riposo - almeno dovrebbe essere così. Un riposo a volte strappato davvero con le unghie, data la difficoltà economica che il mondo sta attraversando. Un riposo che purtroppo non è di tutti o per tutti.
Ogni volta, vi confesso, che anch'io mi accingo a programmare un breve periodo di riposo, mi viene quasi il rimorso, pensando a tanti che non possono godere di questa piccola gioia e non nascondo che, a volte, verrebbe voglia di rinunciarvi, per vivere fino in fondo la condivisione con chi non può. L'unica giustificazione che mi do è quella di spendere il riposo in modo da essere poi più fresco nel farmi dono a tutti... anche se, ovunque vado, vengo richiesto per presenze nelle varie comunità, per fare dono della S. Messa o di una buona Parola.
Ma lo faccio volentieri, perché è bello anche solo vedere come tanti, ma tanti, in un tempo di riposo, desiderino ascoltare la Parola... senza contare i numerosi incontri, camminando sui sentieri dei monti, che sono un arricchimento nella comunione.
Ci furono delle estati - ben dieci - in cui ebbi in dono da una comunità alpina una struttura per poter alloggiare i miei scugnizzi: ragazzini a cui era stato concesso poco e, a volte, un po' allo sbando, senza troppe regole: erano una trentina. Per loro la montagna era una favola mai vista.
La prima volta che arrivarono - ed il rifugio cappella era a 1.200 metri, vennero con poco ed una sola maglietta addosso. Erano l'immagine dell'abbandono e della povertà. Ci volle tanta pazienza, da parte dei volontari che li accompagnavano, per rivestirli e, soprattutto, lentamente educarli alle regole del vivere insieme. Ancora oggi ringrazio Dio, che in dieci anni non solo non successero incidenti, ma anzi fu loro data la possibilità di un cammino, al punto da diventare di esempio ai loro coetanei del luogo, fino ad essere stupendi chierichetti, nel servizio delle S. Messe nelle comunità.
Ricordo che un giorno chiesi ospitalità ad un caro gestore di una baita, per avere un piatto di pastasciutta per loro. Il giudizio finale fu: 'Padre, i suoi ragazzi sono molto più educati dei nostri: sono meravigliosi'. Questa è stata la mia più bella vacanza... per anni!
Una vacanza che somiglia al riposo di Gesù, narrato dal Vangelo di oggi:
"Dopo che la folla fu saziata, subito ordinò ai suoi discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, Gesù salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora lassù a pregare".
C'è tanta gente che, durante questo periodo di riposo, sceglie luoghi di solitudine e preghiera, come a volersi staccare dal frastuono esteriore ed interiore della vita e così ritrovare ciò che è il Bene della vita e su questo reimpostarla. Sono tanti, più di quanto pensiamo: giovani, coppie, adulti.
E sono quel 'sale della terrà, che poi diventa davvero la testimonianza di quello che dovremmo essere agli occhi del Padre.
Ma, racconta il Vangelo, Gesù, tornando dai suoi, viene chiamato a mostrare la Sua onnipotenza. È facile nella vita quotidiana conoscere momenti difficili, che creano un senso di disagio e paura.
"La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte, Gesù venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, al vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: 'E' un fantasma' e si misero a gridare dalla paura. Pietro gli disse: 'Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque". Ed egli disse:
'Vieni!'. Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: 'Signore, salvami!'. E Gesù subito stese la mano, lo afferrò e gli disse: 'Uomo di poca fede, perché hai dubitato?'. Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono dinanzi, esclamando: 'Tu sei veramente il Figlio di Dio'. (Mt. 14,22-33)
L'esperienza di Pietro, che chiede di camminare anche lui sulle acque, per poi spaventarsi - ossia l'impossibile per l'uomo, che diviene facile solo per chi ha forte fede - mette a nudo la nostra debolezza e mancanza di fiducia ed abbandono totale in Dio.
Quante volte ci troviamo in difficoltà tali, che crediamo di non poterle superare. È raro che la nostra vita quotidiana sia come un mare calmo.
Quando va bene, per le piccole spine che incontriamo, è un mare increspato che non deve far paura. Il difficile viene quando il mare è talmente agitato, che rende impossibile camminarci sopra.
Sono quei momenti che, credo, proviamo tutti e in cui mostriamo la qualità della nostra fede.
Il più delle volte, forse, assomigliamo a Pietro che, pur invitato da Gesù, si lascia prendere la mano dalla sua fragilità umana.
Solo chi ha fede radicale e profonda trova davvero la forza di 'camminare sulle acque'. Ma ci vuole tanta, ma tanta, fede e abbandono. Spesso chiediamo l'impossibile, ma poi manchiamo di fiducia, abbiamo paura di 'camminare sulle acque' e non comprendiamo che è il momento di affidarci alla potenza di Gesù, che non manca mai di manifestarsi, sostenendoci e guidandoci nella via che conduce al nostro vero bene, anche se, forse, non nelle forme che noi vorremmo.
Quante persone ho incontrato che, davanti ad una difficoltà, anche grave, in famiglia o nella vita personale, non trovano più la forza di reagire, andando così sempre più a fondo.
Quanta gente ho incontrato, nella mia vita di ministro di Dio, che si è arresa a difficoltà apparentemente insormontabili, fino a diffidare di tutto.
Altre volte è bastato, facendomi vicino, cercando di capire l'origine dello smarrimento e trovando accoglienza, insieme cercare la via della speranza: ed è stato come imparare a 'camminare sulle acque'.
Come Pietro, però, occorre avere fiducia in Gesù e rivolgersi a Lui, mostrando la nostra debolezza. Rimanere soli nella sofferenza o nella difficoltà, altro non è che un affogare sempre più. È urgente e necessario affidarsi a Gesù, abbandonarsi a Lui, un po' come è accaduto ad Elia:
"In quei giorni - racconta il libro dei Re - essendo giunto Elia al monte di Dio, l'Oreb, entrò in una caverna, per passarvi la notte, quand'ecco, il Signore gli disse: 'Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore'. Ecco, il Signore passò.
Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco.
Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. 'Che fai qui, Elia?' Disse il Signore. Elia rispose: 'Signore, Re dell'universo, sono stato preso da un'ardente passione per te, quando ho visto che gli Israeliti hanno violato il tuo patto... Sono rimasto l'unico, ma cercano di togliermi la vita". (1 Re 19,9-15)
La Parola di Dio insegna ad avere fiducia in Lui, soprattutto nei momenti difficili, come quello di Pietro che rischiava di affogare e di Elia che era in fuga: Pietro viene afferrato da Gesù ed Elia è invitato a tornare, senza paura, tra la gente che gli vuole male, sostenuto dalla Presenza stessa di Dio.
È bello, allora, pensare, la risposta alla nostra fede, così.
Tutti sentiamo l'asprezza della vita che, a volte, è più di una burrascosa traversata sul lago. La famiglia con le sue tensioni, il lavoro che manca, le malattie, le incomprensioni ci fanno sentire le ossa rotte. Ed è proprio in questi momenti che deve tornarci in mente Gesù che, se da una parte ci invita a salire sulla barca, dall'altra se ne sta in disparte a vegliare su di noi, con il cuore rivolto al Padre e lo sguardo su di noi, pronto ad intervenire dicendoci: 'Coraggio, non temere, Io sono vicino a te'... sempre che dentro di noi custodiamo un angolo di ascolto e fiducia in Lui.
Non facciamoci sommergere dalle difficoltà, come chi non ha fede, ma immergiamoci nella fiducia in CHI HA CURA DI NOI, sempre: DIO.
"Signore Gesù, donami un'anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti,
e non permettere che mi crucci eccessivamente
per quella cosa troppo invadente che si chiama 'io'.
Donami, Signore, il senso dell'umorismo.
Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo
affinché conosca nella vita un po' di gioia
e possa farne parte anche agli altri". (S. Tommaso Moro)
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