mercoledì 30 novembre 2011

Alle sorgenti della Pietà - XXI parte

Torniamo a meditare con l'opera di don Luigi Fusina che ha raccolto alcune meditazioni rivolte a semplici fedeli e capaci di sollecitare in loro un senso di meditazione e riflessione sulle grandi verità che generano nell'anima la vera pietà cristiana:


- Capitolo 19 - 

"... VERBA' NELLA GLORIA PER GIUDICARE I VIVI E I MORTI" (bis)

 SAREMO GIUDICATI SULL'AMORE 

Nel capitolo precedente abbiamo meditato sull'articolo del Credo che dice: "Di nuovo Egli verrà nella gloria per giudicare i vivi ed i morti.

Abbiamo visto come, con queste parole, noi esprimiamo la nostra fede nel ritorno del Signore Gesù quale giudice di tutti gli uomini. Quel giorno è conosciuto nella Bibbia con il nome di giorno del Signore perché allora sarà lui a dominare gli eventi. La prima volta egli non è venuto nella gloria, ma nell'umiltà, nella povertà, nella sofferenza. E' venuto per compiere l'opera della salvezza, mettendosi al nostro posto e pagando con il suo sangue ogni nostro peccato. In quel giorno, invece, tornerà nella gloria cioè con tutta la maestà e la potenza che gli è propria come Figlio Unigenito di Dio e verrà per fare il giudizio, cioè per discernere, per separare ciò che è suo, da ciò che è di Satana. Gesù ha raffigurato più volte quello che farà in quel giorno servendosi di parabole. In una ha parlato di pescatori che, seduti sulla riva, separano i pesci mangerecci dagli altri. In un'altra ha parlato di mietitori che separano il buon grano dalla gramigna.

Ma c'è una parabola soprattutto nella quale il Signore raffigura quel giorno come una grande opera di separazione: la parabola del Re Pastore che mette alla sua sinistra i caproni ed alla sua destra le pecorelle (Mt 25,31-46).

Questa parabola è densa di insegnamenti e rivelazioni... Facciamo soltanto alcune considerazioni:

1) innanzitutto è facile comprendere chi è questo Re Pastore: è Gesù! Ed è facile pure comprendere che parla del suo grande giorno: l'ultimo di questa storia ed il primo di una storia nuova;

2) anche chi rappresentano i capri e le pecorelle non è difficile capirlo: i capri rappresentano tutti quelli che non sono di Cristo, le pecorelle invece sono quelli che appartengono a Lui e che in altra parte del Vangelo egli chiama le mie pecorelle... i miei agnelli, il mio gregge;

3) c'è un segno che distingue capri dalle pecore, coloro che appartengono a Gesù da coloro che non sono suoi: è l'amore. Quelli che non sono animati dall'amore, non sono di Dio perché "chi non ama non conosce Dio e non è nato da Lui" (1Gv 4,9).

L'AMORE VERO

Ora è importante capire di quale amore si parli, perché sotto l'etichetta della parola amore noi siamo abituati a contrabbandare molte altre cose, ben diverse dal vero amore. Ebbene qui è chiaro che Gesù parla dell'amore che viene da Dio, cioè della carità, ossia di quell'amore che nasce dal Cuore di Dio, si comunica al nostro cuore mediante la Grazia che ci eleva ad essere partecipi della divina natura in Cristo, e, attraverso noi, si dona ai fratelli nei quali vediamo e riconosciamo Gesù stesso. E' l'amore che parte dall'Amore e si espande nel mondo mediante i canali dei nostri cuori per poi ritornare all'Amore. Un po' come avviene per la pioggia. Nasce dall'oceano, si trasforma in nubi per irrorare la terra, poi ritorna all'oceano mediante i fiumi. Si tratta dunque del dono gratuito di sè, ad imitazione di Dio e ad imitazione di Gesù. Anzi si tratta dell'amore stesso di Dio, anche se non sempre illuminato in maniera esplicita dalla fede. Sembra quasi che Gesù, in questa parabola, parli soltanto di questa situazione, cioè della situazione di chi ama e dona a Dio senza saperlo. Infatti tutti gli interpellati si meravigliano di aver dato o rifiutato al Signore qualche cosa: "Quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato (o non ti abbiamo dato) da mangiare?".

Gesù ci vuol rivelare qui una verità assai importante: ciò che ci rende figli di Dio è la presenza del suo amore in noi, non la conoscenza di esso. Se uno è figlio di un re, lo è perché generato da lui, perché nelle sue vene scorre il sangue reale, che egli lo sappia o meno. Non è il fatto del saperlo che lo rende figlio, ma il sangue che scorre in Lui!

Così non è il fatto di sapere che Gesù è presente nel fratello, che ci manifesta figli di Dio. Anche Satana lo sa, eppure non è figlio di Dio! Quello che conta è che tu ami con l'amore stesso di Dio e che ami Dio concretamente nei tuoi fratelli: questo ti salva! Ora c'è della gente a questo mondo che sa per fede che Gesù vive nelle sue membra, cioè nei fratelli e c'è della gente che questa realtà non la conosce perché nessuno gliel'ha insegnata. Ma l'importante non è tanto il sapere questo, quanto piuttosto il fatto di amare concretamente Gesù nei fratelli. Certo, colui che conosce questa misteriosa presenza di Gesù nei fratelli è facilitato nell'amore. Una tale conoscenza è un dono! Ma è pure una grossa responsabilità perché non ha alcuna scusa se non ama i fratelli. Gesù non accetta per valida neppure la scusa di coloro che dicono: io non lo sapevo! Quanto meno accetterà scuse da coloro che lo sapevano o lo dovevano sapere, quali siamo noi cristiani! Gesù bada ai fatti, non alle parole. Davanti a lui ciò che conta non è che tu sappia o meno che Lui stesso vive nei fratelli, ma il fatto che tu lo abbia o non Lo abbia amato in essi.

Da questo punto di vista credenti e non credenti sono messi sullo stesso piano: sul piano dell'amore! Hai la fede ed hai amato? Allora appartieni a Dio. Hai la fede e non hai amato? Allora la tua fede è sterile e tu non sei di Dio. Non hai avuto il dono della fede, ma hai amato? Tu non lo sapevi, ma di fatto appartieni a Dio, perché Dio è amore. Invece non hai la fede e non hai amato?'Allora tu non sei in Dio, perché chi non ama non vive in Lui!

In fondo il giudizio di Dio è tutto qui: nel discernere quelli che vivono nel suo amore e del suo amore da quelli in cui domina invece l'egoismo.

Qualcuno si potrebbe domandare: ma perché proprio l'amore-carità è la discriminante tra i buoni ed i cattivi, tra i vivi ed i morti come dice l'articolo del Credo?

Voglio tentare di rispondere a questa domanda perché mi pare che colga il cuore della vita cristiana.

Noi sappiamo che Dio ci ha creati non perché restassimo per sempre su questa Terra, ma per il Regno dei Cieli.

Ora in che cosa consiste il Regno dei Cieli? Quale sarà la vita che si vive in esso?

Nel libro dell'Apocalisse la Bibbia ci parla della vita eterna come di una luna di miele tra il Signore Gesù e la sua Sposa, la Chiesa, raffigurata nella Celeste Gerusalemme: una luna di miele che non avrà mai fine. Siamo infatti chiamati ad una felicità senza fine e questa è possibile soltanto in un amore senza fine, non inquinato da egoismo. Ora, come la vita coniugale deve essere preparata dal fidanzamento durante il quale l'uomo e la donna imparano a conoscersi, a rispettarsi e ad amarsi rinunciando progressivamente al proprio egoismo, ciò avviene anche tra noi e Dio. Qui sulla terra noi viviamo il nostro fidanzamento con Dio ed impanàmo a conoscerlo e ad amarlo. Per questo Egli si è fatto ih tutto simile a noi nell'umanità di Gesù. Inoltre Egli ci ha offerto nella Vergine Maria il modello della Sposa Celeste ed ha anticipato in Lei la gloria e la gioia del matrimonio che ci attende in Paradiso. Queste parole non sono elucubrazioni mistiche di un esaltato, ma dottrina biblica, ispirata da Dio. Infatti S. Paolo paragona la comunità cristiana di Corinto ad una giovane fidanzata: "Vi ho presentati a Cristo come fidanzata" (cfr 2Cor 11,2), egli scrive. E Giovanni Battista, il profeta del Nuovo Testamento, parlando di Gesù lo paragona al Fidanzato che viene per conoscere e sposare la sua ragazza: "Io - dice - sono soltanto l'amico dello sposo e sono felice che egli sia venuto e che la folla lo segua. E' giusto, infatti, che la sposa segua lo sposo, mentre all'amico dello sposo basterà condividerne la gioia" (cfr Gv 3,29). Diceva così perché i suoi seguaci erano invidiosi del successo di Gesù in mezzo alla gente. Ecco allora il segreto della vita cristiana: imparare ad amare per essere capaci, un giorno, di vivere in perfetta comunione con Dio.

Per aiutarci in questo cammino Gesù ci ha rivelato l'amore di Dio per noi, la sua bontà, la sua misericordia. Inoltre ci ha reso palpabile questo amore con il suo amore, fino a dare la vita per noi. "Così - ci ha detto - dovete amarvi tra di voi: proprio così, come io ho amato voi!" (cfr Gv 15,12). E' questa la lezione fondamentale che dobbiamo imparare da Gesù e non solo teoricamente, ma concretamente. Sarà proprio su questa lezione che dovremo dare l'esame in quel giorno!

Voi capite bene che una fidanzata per quanto bella e piena di ottime qualità non vale niente se non ama il suo fidanzato. Al contrario se c'è in essa un grande amore, il fidanzato passerà sopra alle sue pecche. Quello che è fondamentale nel matrimonio è l'amore: allora ogni problema può essere risolto. Ma se manca l'amore, tutto il resto non vale niente. Così Dio ci esamina solo sull'amore perché a tutto il resto sa provvedere Lui con la sua infinita potenza e sapienza.

IL FUOCO PURIFICATORE

Che cosa sarà il Purgatorio se non l'opera dell'amore purificante? Il Purgatorio non è un luogo di tormento vendicativo, ma uno stato d'amore in cui l'amore prende pieno possesso del nostro essere purificandolo da ogni egoismo e trasformandolo finché non sarà degno di entrare alle nozze eterne. Io penso che il fuoco del Purgatorio sia il fuoco dell'amore che brucia ogni residuo di egoismo fino a quando tutto in noi sarà dominato dall'amore. Solo allora potremo godere la gioia eterna della comunione con Dio. Questo fuoco d'amore comincia la sua opera quaggiù mediante la carità che lo Spirito Santo diffonde nei nostri cuori. Ci sono in noi come due fuochi: quello che nasce dalla nostra natura corrotta e produce l'egoismo con tutti i suoi frutti di peccato e quello che nasce dallo Spirito Santo e porta i suoi frutti di salvezza e di santità. La nostra vita è una continua lotta tra l'egoismo e la carità. In questa lotta noi commettiamo di solito un gravissimo errore ed è quello di far appello al nostro cuore per vincere l'egoismo. Ora il nostro cuore è proprio la sede dell'egoismo: è il suo trono. Ecco perché, nonostante i nostri buoni propositi, per quanto sinceri e santi, noi non riusciamo a vincere l'egoismo. Purtroppo succede che anche molti direttori spirituali cadano in questo errore consigliando di ricorrere solo o prevalentemente alla nostra buona volontà, al nostro impegno. Una volontà ed un impegno molto deboli ed essi stessi inquinati di egoismo. Che direste se in una battaglia si chiedesse aiuto agli alleati del nemico? Non sarebbe una cosa sciocca e pericolosa?

Se vogliamo vincere l'egoismo che è in noi non rimane che una cosa da fare: fare spazio allo Spirito Santo che è in noi! E' Lui che diffonde nei nostri cuori l'amore che viene da Dio, l'unico capace di vincere e distruggere l'egoismo. Santo diventa non colui che ci mette più buona volontà soltanto, ma colui che prima di tutto fa più spazio allo Spirito del Signore.

Ecco allora la strategia spirituale da seguire, se vogliamo arrivare al Giudizio con il cuore colmo di carità ed essere accolti tra le pecorelle di Gesù: lasciarci dominare dallo Spirito Santo facendo continuo appello alla carità divina, soprattutto nel nostro rapporto con i fratelli.

Alla luce della Parola di Dio lo Spirito ci fa scoprire Gesù nei fratelli. Non basta saperlo: bisogna esserne convinti concretamente. Ora questa convinzione è dono dello Spirito Santo. Tutti i cristiani hanno sentito dire che nei fratelli vive il Signore, ma solo pochi ne sono convinti. Per questo solo pochi sanno amare come ci ha amato Gesù. Ma se tu fai posto all'azione dello Spirito Santo, allora Egli formerà in te la convinzione della fede che ti farà vedere Gesù in ogni fratello, specialmente nel più povero e nel più piccolo. Di fronte a questa divina realtà la carità sgorgherà dal tuo cuore perché lo Spirito Santo è l'Amore di Dio che tende a Gesù. Come un vento impetuoso Egli ti trasporterà verso Gesù vivente nel fratello per amarlo con l'amore stesso di Dio! Molta gente, umile e semplice, vive questa carità magari senza rendersene conto del tutto. II fatto è che si lascia docilmente guidare e condurre, anzi portare, dalla potenza dello Spirito Santo. Invece c'è gente che conosce bene le Scritture e la Dottrina Cristiana, ma è superba ed è incapace di amare in questo modo. Lo Spirito non può agire in essi perché la loro autosufficienza Lo imprigiona e Lo blocca. Ritornando al tema del giudizio com'è presentato da Gesù nella parabola del Re-Pastore, ricordiamoci che saremo esaminati sull'amore perché solo chi ama può oltrepassare la frontiera del Regno dell'Amore Infinito ed Eterno.

Per questo, fin d'ora, impariamo ad amare Gesù nei fratelli. E' lì infatti che lo troviamo se ci lasciamo guidare e condurre dallo Spirito. Dice S. Paolo: "Chi ha lo Spirito di Cristo, appartiene a Cristo!" (Rm 8,9). Se lasciamo che lo Spirito Santo operi in noi e diffonda in noi la carità di Dio, allora siamo di Cristo, apparteniamo a Lui e non abbiamo nulla da temere nel giorno del Giudizio.

IL CUORE DI MARIA

Guardiamo a Maria: lo Spirito che agiva sovranamente nel suo cuore l'ha condotta da Elisabetta e là si è servito di lei per compiere il primo atto di salvezza e di santificazione operato da Gesù su questa terra. Nel cuore di Maria agiva l'Amore di Dio perché era un cuore dominato dallo Spirito Santo. In questo cuore Egli non ha mai trovato resistenza, ma al contrario un perfetto abbandono e una perfetta obbedienza ai suoi impulsi di grazia.

Per questo la Chiesa ci propone il Cuore Immacolato di Maria come il modello più sublime dell'amore di carità verso Dio e verso i fratelli, fino a riassumere in esso tutta la persona e tutta la vita della Madre di Dio. Infatti quando noi parliamo del Cuore Immacolato di Maria prendiamo l'immagine del cuore come segno del suo amore e della sua stessa persona avvolta nella carità di Dio e riverberante questa carità su tutti gli uomini tradotta, per così dire, in termini materni. In Maria, per la sua intima e unica partecipazione alla vita della Ss.ma Trinità, si riversano come tre raggi di luce infuocata simboleggianti l'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, come vide S. Matilde in una delle sue grandi visioni mistiche.

Ci aiuti, dunque, la Vergine Santa ad abbandonarci a questo divino Spirito affinché la carità di Dio si serva dei nostri cuori a favore dei fratelli, specialmente di quelli più piccoli e più bisognosi.

CONTEMPLAZIONE

Mettiti davanti al S. Cuore di Gesù, come davanti ad una fornace di fuoco, così come Lo ha visto S. Margherita Maria Alacoque. Da questa fornace attingi, in silenziosa preghiera, il fuoco dell'Amore.

Immagina pure l'apparizione della Madonna a Fatima, quando mostrò ai pastorelli, avvolgendoli nella luce di Dio, il suo Cuore Immacolato. In silenzio contempla e immergiti nel suo amore materno.

Prima Lettera ai Corinzi 13

 Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

 La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
 La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
 Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato.
 Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!

Prima Lettera di Giovanni cap. 4,7 ss.

 Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio.
 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
 In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui.
 In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo.
 Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio.
 Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.
 Per questo l'amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo.
 Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore.
 Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello.

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