venerdì 2 dicembre 2011

Questa è la nostra fede - VIII parte

Continuiamo l'approfondita analisi del documento pastorale della CEI "Questa è la nostra fede": questa settimana continuiamo la riscoperta dell'oggetto essenziale del primo annuncio e cioè Gesù risorto:

III. GESÙ RISORTO È LA NOSTRA SPERANZA


13. Il Risorto è il Crocifisso per i nostri peccati

L’angelo della risurrezione non si limita ad annunciare alle donne che Gesù è risorto, ma attira volutamente l’attenzione sul Crocifisso: “Gesù, il crocifisso, è risorto”. È essenziale mantenere ferma l’identità fra il Crocifisso e il Risorto.

La croce non è semplicemente l’icona di un martire qualsiasi, né la risurrezione si può ridurre all’esaltazione di un qualsiasi innocente. Croce e risurrezione insieme rivelano la vera identità di Gesù: il suo rapporto filiale, del tutto unico, con il Dio-Abbà, il Padre, e la sua dedizione fraterna verso ogni uomo per amore del Padre suo e Padre nostro. È questa specificità nel vivere la relazione con Dio e con l’uomo, fino a dare la sua vita, che ha portato Gesù in croce. La risurrezione è la prova che Dio si riconosce e si rivela nel suo Figlio fatto uomo. Da qualsiasi lato si osservino, croce e risurrezione si richiamano e si illuminano a vicenda. La croce dice il volto “nuovo” di amore e di vita del Dio di Gesù, e la risurrezione attesta che Dio in quel volto si è pienamente identificato.

Non si può dimenticare che la croce di Cristo rimane anche rivelazione del peccato dell’uomo, che rifiutando Gesù, ha rinunciato alla “pietra di fondamento” della propria salvezza. Ma la pietra che noi abbiamo scartata, Dio l’ha scelta come «pietra d’angolo» (Sal 118,22), su cui poggia tutta la costruzione della storia. La Chiesa da duemila anni annuncia al mondo intero che «in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati » (At 4,12).

14. Colui che “passò facendo del bene a tutti”

È proprio il nome di Gesù che Pietro, a capo degli apostoli, annuncia alla folla il giorno di Pentecoste. Lo presenta come «uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua» (At 2,22). Al centurione Cornelio poi egli riassumerà la vita di Gesù con incisive espressioni sintetiche: «Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (At 10,38). Questa luce illumina in misura decisiva la Pasqua di Gesù. Egli è morto su una croce, perché è vissuto secondo una straordinaria logica di verità e di amore per Dio e per tutti gli uomini. Il suo ultimo respiro, con il perdono per i suoi uccisori e il pieno affidamento al Padre (cfr Lc 23,34.46), ha siglato tutta un’esistenza fatta di obbedienza fiduciosa a Dio e di cordiale vicinanza ai peccatori. Perciò fin dagli inizi fa parte del primo annuncio del Vangelo la narrazione della vita e missione di Gesù, come attesta Pietro alla comunità riunita dopo la Pasqua: «cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo» (At 1,22). E pian piano lo Spirito Santo guida gli apostoli a comprendere che fin dalla sua incarnazione nel seno di Maria e dalla sua nascita a Betlemme, Gesù è il Figlio di Dio, l’Emmanuele, il Dio con noi, il Verbo fatto carne venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Lc 1,35; Mt 1,23; Gv 1,14).

Per rendere più comprensibile l’evento della Pasqua, i primi missionari del Vangelo ricorrono alla luce delle antiche Scritture e risalgono alla storia del popolo di Dio, che noi chiamiamo Antico Testamento. Lo stesso Cristo risorto aveva fatto così, la sera di Pasqua, con i due discepoli che se ne andavano tristi verso Emmaus. Sono delusi e scoraggiati perché il loro cuore è rimasto fermo al doloroso evento della croce. Per questo Gesù «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,27). Pietro fa altrettanto a Pentecoste, risalendo dai fatti di Pasqua alle profezie dell’Antico Testamento, e parlando al centurione della coorte Italica, Cornelio, lo stesso Pietro concluderà l’annuncio di Gesù quale «Signore di tutti», attestando che «tutti i profeti danno questa testimonianza» (At 10,36.43).

Fin dalle primissime formulazioni della fede cristiana, la Pasqua di Cristo Signore appare strettamente connessa con la storia del popolo di Dio: Gesù – scrive Paolo ai cristiani di Corinto – «morì per i nostri peccati secondo le Scritture… fu sepolto… ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture» (1Cor 15,3-4). Secondo le Scritture: significa che l’evento di Pasqua sta al centro di tutta la storia della salvezza, iniziata con l’alleanza di Dio con Abramo, anzi con la creazione dell’uomo e del mondo, proseguita con l’alleanza dell’esodo e del Sinai, annunciata come nuova alleanza dai profeti con la venuta del Messia. Gesù è il Messia, cioè il Cristo, che alla vigilia della sua passione, nell’ultima cena con i suoi, ha stabilito «la nuova alleanza» nel suo sangue (Lc 22,20), cioè con il sacrificio della sua stessa vita, aprendo il cammino della Chiesa, popolo di Dio, a tutte le nazioni, verso l’incontro definitivo, nella Pasqua eterna del suo regno.

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