domenica 4 dicembre 2011
Giovanni Battista prepara la strada
Nella Seconda Domenica di Avvento, torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo il passo evangelico che ci riporta alla "voce di uno che grida nel deserto", attraverso il commento di mons. Antonio Riboldi:
Essendo la venuta di Gesù, Figlio di Dio, davvero, il grande Evento per l'umanità che soffre, e tanto, dovrebbe suscitare in tutti gli uomini, la gioia dell'attesa.
Così il profeta Isaia si fa interprete: "Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la schiavitù, è stata sconfitta la sua iniquità, perché ha ricevuto dalle mani del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati ".
Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada del nostro Dio... Sali su un alto monte tu che rechi notizie in Sion; alza la voce con forza tu che rechi notizie in Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annunzia alle città di Giuda: Ecco il nostro Dio! Ecco il Signore Dio, viene con potenza, con il suo braccio egli detiene il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e i suoi trofei lo precedono.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri. ( Is. 40, 1-11)
Viviamo un tempo che è un mistero di iniquità e di nostalgia di Dio nello stesso tempo.
Credo ci siamo posti tutti la stessa domanda di fronte ad un certo modo di pensare e di vivere.
Da una parte si fa una grande professione di onestà, giustizia e amore, dall'altra siamo come circondati ed immersi in idee ed atteggiamenti, che contrastano con quanto professiamo.
Al punto che non di rado si irride a ciò che è onesto, come se l'onestà, la trasparenza, la sincerità, la legalità, in ogni aspetto della vita, fossero caratteristiche di una civiltà superata, sostituita da un'altra che ha regole contrarie. Si fanno elogi alla fedeltà nell'amore, come un principio irrinunciabile, poi se ne accetta la fine, come una normale necessità, oppure si ricorre alla infedeltà e, quel che è peggio, giustificandola come segno di libel1à o di 'vero amore' e non come palese segno di ingiustizia... o, di fatto, incapacità di vero amore.
Si hanno parole di fuoco contro ogni forma di emarginazione, che confina a volte nella più nera miseria, annientando la dignità della persona, e poi si fa della conquista della ricchezza una idolatria, che non fa più arrossire, né indignare, pur sapendo che l'attaccamento al denaro è la radice di tante povertà.
Non si sa più cosa comporre per inneggiare alla castità, che è l'abito celeste del cuore, che illumina atteggiamenti del corpo e scelte di vita, e poi sfacciatamente si innalzano altari a tutte le pornografie che irridono alla dignità.
Non ultimo non c'è chi di noi non inneggi al grande comandamento dell'amore, che è il cuore di ogni vita, ma nella realtà quotidiana non si contano i peccati che commettiamo contro l'amore, magari verso familiari e vicini, senza contare che siamo ben lontani dal "farci prossimi" a chi dovrebbe, più di ogni altro, contare sul nostro amore: i più deboli e gli 'ultimi'.
Potremmo continuare all'infinito questo elenco di 'doppiezze' che a volte sono purtroppo lo stile di vita di tanti e forse anche nostro: un terribile groviglio che impedisce di capire ed accogliere Dio che viene tra di noi con il Natale.
Se sulla nostra strada non si affacciasse la bontà del Signore a rompere l'equivoco o la perversità dei nostri cuori, come prega la Chiesa: "Mostraci Signore la tua misericordia e donaci la tua salvezza", davvero sarebbe difficile svegliarsi dal sonno dell'anima.
Per fortuna Dio si è sempre fatto vicino all'uomo, che tante volte è fumo di iniquità e nello stesso tempo di nostalgia di Dio: un mistero di sete di verità e di pericolose ombre di egoismo. L'uomo ha bisogno di amare e di essere amato: con tanta voglia di essere amato e di amare.
E Dio, che ci conosce nelle profondità del mistero che siamo anche per noi stessi, si fa vicino, sempre, con la pazienza tipica di un Padre che trabocca di amore.
Si accosta a noi con discrezione, nel silenzio, con pazienza, tanta pazienza, rispettando i limiti della nostra debolezza, la nostra incapacità a farci coinvolgere dalla luce, fino a mettere in fuga tutte le oscurità che sono in noi. Ma Dio non si rassegna alla nostra ottusità. Sa che abbiamo tanto bisogno di luce: abbiamo bisogno che Lui si faccia vicino, perché senza di Lui è difficile sapere se il nostro vivere percorre il sentiero della gioia e della santità, o è un andare vagabondando senza mèta, senza senso.
Dice l'apostolo Pietro nella seconda lettera:
"Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere alla promessa, come certuni credono, ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro: allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal fragore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta... Perciò carissimi, nell'attesa di questi eventi, cercate di essere senza macchia, irreprensibili davanti a Dio, in pace". (2^ Lettera 3, 8-14)
Diventa compito di tutti vivere l'Avvento, la stessa nostra vita, che è 'avvento' dell'incontro con Dio alla fine, dando uno sguardo alla nostra esistenza per controllare dove è diretta.
Proviamo a volte, confusione, ma sentiamo anche il bisogno che qualcuno ci aiuti a trovare la luce. Come ha fatto Dio, inviando Giovanni Battista affinché preparasse la strada alla venuta di Gesù:
Così inizia il Vangelo di Marco:
"Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia: 'Ecco, io mando a voi il mio messaggero davanti a Dio, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri".
Si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme... E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano confessando i loro peccati... E diceva: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma Egli vi battezzerà con lo Spirito Santo" ( Mc. l, 1-6)
Ed è quello che dovrebbe essere il nostro compito in questo momento di Avvento.
La Chiesa certamente ha il compito ora di invitarci alla preparazione del Natale. Ma saremo capaci di accogliere l'invito a 'farci battezzare in Spirito' per poter accogliere la venuta del Salvatore?
Accogliamo l'invito di Paolo VI.
"La Chiesa ci prepara al Natale ricordando quanto il Vangelo ci narra della prossimità dell'apparizione pubblica di Gesù, presentandoci il Battista in atto di annunziare il Messia.
Cosa in realtà Giovanni diceva e faceva? Voleva predisporre gli spiriti dei suoi contemporanei, prodigandosi come per mettere a fuoco le anime dell'imminenza dell'incontro con Cristo, il quale, era in procinto di rivelare la sua presenza e la sua missione. Iddio, venuto dal cielo, incarnato, fatto Uomo, dà così principio al colloquio. Sono pronti gli uomini? Sono preparati? Lo sanno? Hanno maturato le condizioni interiori necessarie per cogliere il suono di quelle parole? Il senso di quelle parole?
L'avviso di Giovanni suona così: bisogna rettificare la via per l'incontro con Dio. Quasi dicesse: badate, Egli può venire, passarvi vicino senza che voi ve ne accorgiate: e se non disponete bene le vostre anime e non volgete i vostri passi verso di Lui, l'incontro potrebbe mancare" (Enc. Ecc1esiam suam).
Il rischio che Gesù rinasca tra di noi a Natale, e tutto finisca in una esteriorità senza senso, è grande. Facile farsi prendere dalle mille voci del consumismo che brucia la bellezza di Gesù che nasce tra noi. Occorre essere vigili come i pastori che nella notte di Natale vegliavano il gregge.
In quel silenzio trova posto l'annunzio degli Angeli e la prontezza dei pastori a seguirli e trovare il presepio e con il presepio il Cielo vicino a noi.
Viene da pregare: "Conducimi per mano, luce di tenerezza, fra il buio che mi accerchia, conducimi per mano. Cupa è la notte e io sono lontano da casa, conducimi per mano. Guarda il mio cammino: non pretendo di vedere orizzonti lontani, un passo mi basta.
Un tempo ero diverso, non ti invocavo perché tu mi conducessi per mano.
Amavo il giorno lontano, disprezzavo la paura. L'orgoglio dominava il mio cuore, dimentica quegli anni. Sempre fu sopra di me la tua potente benedizione; sono certo che essa mi condurrà per mano, finché si spenga la notte e mi sorridano all'alba volti di angeli amati a lungo e per un poco smarriti" (Newman)
Essendo la venuta di Gesù, Figlio di Dio, davvero, il grande Evento per l'umanità che soffre, e tanto, dovrebbe suscitare in tutti gli uomini, la gioia dell'attesa.
Così il profeta Isaia si fa interprete: "Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la schiavitù, è stata sconfitta la sua iniquità, perché ha ricevuto dalle mani del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati ".
Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada del nostro Dio... Sali su un alto monte tu che rechi notizie in Sion; alza la voce con forza tu che rechi notizie in Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annunzia alle città di Giuda: Ecco il nostro Dio! Ecco il Signore Dio, viene con potenza, con il suo braccio egli detiene il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e i suoi trofei lo precedono.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri. ( Is. 40, 1-11)
Viviamo un tempo che è un mistero di iniquità e di nostalgia di Dio nello stesso tempo.
Credo ci siamo posti tutti la stessa domanda di fronte ad un certo modo di pensare e di vivere.
Da una parte si fa una grande professione di onestà, giustizia e amore, dall'altra siamo come circondati ed immersi in idee ed atteggiamenti, che contrastano con quanto professiamo.
Al punto che non di rado si irride a ciò che è onesto, come se l'onestà, la trasparenza, la sincerità, la legalità, in ogni aspetto della vita, fossero caratteristiche di una civiltà superata, sostituita da un'altra che ha regole contrarie. Si fanno elogi alla fedeltà nell'amore, come un principio irrinunciabile, poi se ne accetta la fine, come una normale necessità, oppure si ricorre alla infedeltà e, quel che è peggio, giustificandola come segno di libel1à o di 'vero amore' e non come palese segno di ingiustizia... o, di fatto, incapacità di vero amore.
Si hanno parole di fuoco contro ogni forma di emarginazione, che confina a volte nella più nera miseria, annientando la dignità della persona, e poi si fa della conquista della ricchezza una idolatria, che non fa più arrossire, né indignare, pur sapendo che l'attaccamento al denaro è la radice di tante povertà.
Non si sa più cosa comporre per inneggiare alla castità, che è l'abito celeste del cuore, che illumina atteggiamenti del corpo e scelte di vita, e poi sfacciatamente si innalzano altari a tutte le pornografie che irridono alla dignità.
Non ultimo non c'è chi di noi non inneggi al grande comandamento dell'amore, che è il cuore di ogni vita, ma nella realtà quotidiana non si contano i peccati che commettiamo contro l'amore, magari verso familiari e vicini, senza contare che siamo ben lontani dal "farci prossimi" a chi dovrebbe, più di ogni altro, contare sul nostro amore: i più deboli e gli 'ultimi'.
Potremmo continuare all'infinito questo elenco di 'doppiezze' che a volte sono purtroppo lo stile di vita di tanti e forse anche nostro: un terribile groviglio che impedisce di capire ed accogliere Dio che viene tra di noi con il Natale.
Se sulla nostra strada non si affacciasse la bontà del Signore a rompere l'equivoco o la perversità dei nostri cuori, come prega la Chiesa: "Mostraci Signore la tua misericordia e donaci la tua salvezza", davvero sarebbe difficile svegliarsi dal sonno dell'anima.
Per fortuna Dio si è sempre fatto vicino all'uomo, che tante volte è fumo di iniquità e nello stesso tempo di nostalgia di Dio: un mistero di sete di verità e di pericolose ombre di egoismo. L'uomo ha bisogno di amare e di essere amato: con tanta voglia di essere amato e di amare.
E Dio, che ci conosce nelle profondità del mistero che siamo anche per noi stessi, si fa vicino, sempre, con la pazienza tipica di un Padre che trabocca di amore.
Si accosta a noi con discrezione, nel silenzio, con pazienza, tanta pazienza, rispettando i limiti della nostra debolezza, la nostra incapacità a farci coinvolgere dalla luce, fino a mettere in fuga tutte le oscurità che sono in noi. Ma Dio non si rassegna alla nostra ottusità. Sa che abbiamo tanto bisogno di luce: abbiamo bisogno che Lui si faccia vicino, perché senza di Lui è difficile sapere se il nostro vivere percorre il sentiero della gioia e della santità, o è un andare vagabondando senza mèta, senza senso.
Dice l'apostolo Pietro nella seconda lettera:
"Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere alla promessa, come certuni credono, ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro: allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal fragore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta... Perciò carissimi, nell'attesa di questi eventi, cercate di essere senza macchia, irreprensibili davanti a Dio, in pace". (2^ Lettera 3, 8-14)
Diventa compito di tutti vivere l'Avvento, la stessa nostra vita, che è 'avvento' dell'incontro con Dio alla fine, dando uno sguardo alla nostra esistenza per controllare dove è diretta.
Proviamo a volte, confusione, ma sentiamo anche il bisogno che qualcuno ci aiuti a trovare la luce. Come ha fatto Dio, inviando Giovanni Battista affinché preparasse la strada alla venuta di Gesù:
Così inizia il Vangelo di Marco:
"Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia: 'Ecco, io mando a voi il mio messaggero davanti a Dio, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri".
Si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme... E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano confessando i loro peccati... E diceva: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma Egli vi battezzerà con lo Spirito Santo" ( Mc. l, 1-6)
Ed è quello che dovrebbe essere il nostro compito in questo momento di Avvento.
La Chiesa certamente ha il compito ora di invitarci alla preparazione del Natale. Ma saremo capaci di accogliere l'invito a 'farci battezzare in Spirito' per poter accogliere la venuta del Salvatore?
Accogliamo l'invito di Paolo VI.
"La Chiesa ci prepara al Natale ricordando quanto il Vangelo ci narra della prossimità dell'apparizione pubblica di Gesù, presentandoci il Battista in atto di annunziare il Messia.
Cosa in realtà Giovanni diceva e faceva? Voleva predisporre gli spiriti dei suoi contemporanei, prodigandosi come per mettere a fuoco le anime dell'imminenza dell'incontro con Cristo, il quale, era in procinto di rivelare la sua presenza e la sua missione. Iddio, venuto dal cielo, incarnato, fatto Uomo, dà così principio al colloquio. Sono pronti gli uomini? Sono preparati? Lo sanno? Hanno maturato le condizioni interiori necessarie per cogliere il suono di quelle parole? Il senso di quelle parole?
L'avviso di Giovanni suona così: bisogna rettificare la via per l'incontro con Dio. Quasi dicesse: badate, Egli può venire, passarvi vicino senza che voi ve ne accorgiate: e se non disponete bene le vostre anime e non volgete i vostri passi verso di Lui, l'incontro potrebbe mancare" (Enc. Ecc1esiam suam).
Il rischio che Gesù rinasca tra di noi a Natale, e tutto finisca in una esteriorità senza senso, è grande. Facile farsi prendere dalle mille voci del consumismo che brucia la bellezza di Gesù che nasce tra noi. Occorre essere vigili come i pastori che nella notte di Natale vegliavano il gregge.
In quel silenzio trova posto l'annunzio degli Angeli e la prontezza dei pastori a seguirli e trovare il presepio e con il presepio il Cielo vicino a noi.
Viene da pregare: "Conducimi per mano, luce di tenerezza, fra il buio che mi accerchia, conducimi per mano. Cupa è la notte e io sono lontano da casa, conducimi per mano. Guarda il mio cammino: non pretendo di vedere orizzonti lontani, un passo mi basta.
Un tempo ero diverso, non ti invocavo perché tu mi conducessi per mano.
Amavo il giorno lontano, disprezzavo la paura. L'orgoglio dominava il mio cuore, dimentica quegli anni. Sempre fu sopra di me la tua potente benedizione; sono certo che essa mi condurrà per mano, finché si spenga la notte e mi sorridano all'alba volti di angeli amati a lungo e per un poco smarriti" (Newman)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento