Tutto il complesso del culto che la Chiesa rende a Dio deve essere interno ed esterno. È esterno perché lo richiede la natura dell'uomo composto di anima e di corpo; perché Dio ha disposto che «conoscendoLo per mezzo delle cose visibili, siamo attratti all'amore delle cose invisibili» (cfr. Missale Romanum, Prefazio della Natività); perché tutto ciò che viene dall'anima è naturalmente espresso dai sensi; di più perché il culto divino appartiene non soltanto al singolo ma anche alla collettività umana, e quindi è necessario che sia sociale, il che è impossibile, nell'ambito religioso, senza vincoli e manifestazioni esteriori; e, infine, perché è un mezzo che mette particolarmente in evidenza l'unità del Corpo Mistico, ne accresce i santi entusiasmi, ne rinsalda le forze e ne intensifica l'azione: «sebbene, infatti, le cerimonie, in se stesse, non contengano nessuna perfezione e santità, tuttavia sono atti esterni di religione, che, come segni, stimolano l'anima alla venerazione delle cose sacre, elevano la mente alle realtà soprannaturali, nutrono la pietà, fomentano la carità, accrescono la fede, irrobustiscono la devozione, istruiscono i semplici, ornano il culto di Dio, conservano la religione e distinguono i veri dai falsi cristiani e dagli eterodossi» (Card. Bona, De divina psalmodia, cap. 19, § 3.1).
Ma l'elemento essenziale del culto deve essere quello interno: è necessario, difatti, vivere sempre in Cristo, tutto a Lui dedicarsi, affinché in Lui, con Lui e per Lui si dia gloria al Padre. La sacra Liturgia richiede che questi due elementi siano intimamente congiunti; ciò che essa non si stanca mai di ripetere ogni qualvolta prescrive un atto esterno di culto. Così, per esempio, a proposito del digiuno ci esorta: «Affinché ciò che la nostra osservanza professa esternamente, si operi di fatto nel nostro interno» (cfr. Missale Romanum, Segreta della feria quinta dopo la II Domenica di Quaresima). Diversamente, la religione diventa un formalismo senza fondamento e senza contenuto. Voi sapete, Venerabili Fratelli, che il Divino Maestro stima indegni del sacro tempio ed espelle coloro i quali credono di onorare Dio soltanto col suono di ben costruite parole e con pose teatrali, e son persuasi di poter benissimo provvedere alla loro eterna salute senza sradicare dall'anima i vizi inveterati (Mc. 7, 6; Is. 29, 13). La Chiesa, pertanto, vuole che tutti fedeli si prostrino ai piedi del Redentore per professarGli il loro amore e la loro venerazione; vuole che le folle, come i fanciulli che andarono incontro a Cristo mentre entrava a Gerusalemme con gioiose acclamazioni, inneggino ed accompagnino il Re dei re e il Sommo Autore di ogni beneficio con il canto di gloria e di ringraziamento; vuole che sul loro labbro siano preghiere, ora supplici ora liete e grate, con le quali come gli apostoli presso il lago di Tiberiade, possano sperimentare l'aiuto della sua misericordia e della sua potenza; o, come Pietro sul monte Tabor, abbandonino se stessi ed ogni lor cosa a Dio nei mistici trasporti della contemplazione.
Non hanno, perciò, una esatta nozione della sacra Liturgia coloro i quali la ritengono come una parte soltanto esterna e sensibile del culto divino o come un cerimoniale decorativo; né sbagliano meno coloro, i quali la considerano come una mera somma di leggi e di precetti con i quali la Gerarchia ecclesiastica ordina il compimento dei riti.
Deve, quindi, essere ben noto a tutti che non si può degnamente onorare Dio se l'anima non si rivolge al conseguimento della perfezione della vita, e che il culto reso a Dio dalla Chiesa in unione col suo Capo divino ha la massima efficacia di santificazione.
Questa efficacia se si tratta del Sacrificio Eucaristico e dei Sacramenti, proviene prima di tutto dal valore dell'azione in se stessa (ex opere operato); se poi si considera anche l'attività propria della immacolata Sposa di Gesù Cristo con la quale essa orna di preghiere e di sacre cerimonie il Sacrificio Eucaristico ed i Sacramenti, o, se si tratta dei Sacramentali e di altri riti istituiti dalla Gerarchia ecclesiastica, allora l'efficacia deriva piuttosto dall'azione della Chiesa (ex opere operantis Ecclesiæ) in quanto essa è santa ed opera sempre in intima unione con il suo Capo.
A questo proposito, Venerabili Fratelli, desideriamo che voi rivolgiate la vostra attenzione alle nuove teorie sulla «pietà oggettiva», le quali, sforzandosi di mettere in evidenza il mistero del Corpo Mistico, la realtà effettiva della grazia santificante e l'azione divina dei Sacramenti e del Sacrificio eucaristico, vorrebbero trascurare o attenuare la «pietà soggettiva» o personale.
Nelle celebrazioni liturgiche, e in particolare nell'augusto Sacrificio dell'altare, si continua senza dubbio l'opera della nostra Redenzione e se ne applicano i frutti. Cristo opera la nostra salvezza ogni giorno nei Sacramenti e nel suo Sacrificio, e, per loro mezzo, continuamente purifica e consacra a Dio il genere umano. Essi, dunque, hanno una virtù oggettiva con la quale, di fatto, fanno partecipi le nostre anime della vita divina di Gesù Cristo. Essi, dunque, hanno, non per nostra ma per divina virtù, l’efficacia di collegare la pietà delle membra con la pietà del Capo, e di renderla, in certo modo, un'azione di tutta la comunità. Da questi profondi argomenti alcuni concludono che tutta la pietà cristiana deve incentrarsi nel mistero del Corpo Mistico di Cristo, senza nessun riguardo personale e soggettivo, e perciò ritengono che si debbano trascurare le altre pratiche religiose non strettamente liturgiche e compiute al di fuori del culto pubblico.
Tutti, però, possono rendersi conto che queste conclusioni circa le due specie di pietà, sebbene i suesposti principî siano ottimi, sono del tutto false, insidiose e dannosissime.
È vero che i Sacramenti e il Sacrificio dell'altare hanno una intrinseca virtù in quanto sono azioni di Cristo stesso che comunica e diffonde la grazia del Capo divino nelle membra del Corpo Mistico, ma, per aver la debita efficacia, essi esigono le buone disposizioni dell'anima nostra. Pertanto, a proposito della Eucaristia, S. Paolo ammonisce: «Ciascuno esamini se stesso e così mangi di quel pane e beva del calice» (1 Cor. 11, 28). Perciò la Chiesa definisce brevemente e chiaramente tutti gli esercizi con i quali l'anima nostra si purifica, specialmente durante la Quaresima: «i presidi della milizia cristiana» (cfr. Missale Romanum, Feria quarta delle Ceneri, Preghiera dopo l'imposizione delle Ceneri); sono infatti l'azione delle membra che, con l'aiuto della grazia, vogliono aderire al loro Capo perché «ci sia manifesta -per ripetere le parole di S. Agostino - nel nostro Capo la fonte stessa della grazia» (De prædestinatione Sanctorum, 31). Ma è da notarsi che queste membra sono vive, fornite di ragione e volontà proprie, perciò è necessario che esse, accostando le labbra alla fonte, prendano e assimilino l'alimento vitale e rimuovano tutto ciò che può impedirne l'efficacia. Si deve dunque affermare che l'opera della redenzione, in sé indipendente dalla nostra volontà, richiede l'intimo sforzo dell'anima nostra perché possiamo conseguire l'eterna salvezza.
Se la pietà privata e interna dei singoli trascurasse l'augusto Sacrificio dell'altare e i Sacramenti e si sottraesse all'influsso salvifico che emana dal Capo nelle membra, sarebbe senza dubbio riprovevole e sterile; ma quando tutte le disposizioni interne e gli esercizi di pietà non strettamente liturgici fissano lo sguardo dell'animo sugli atti umani unicamente per indirizzarli al Padre che è nei cieli, per stimolare salutarmente gli uomini alla penitenza e al timor di Dio e, strappatili all'attrattiva del mondo e dei vizi, condurli felicemente per arduo cammino al vertice della santità, allora sono non soltanto sommamente lodevoli, ma necessari, perché scoprono i pericoli della vita spirituale, ci spronano all'acquisto delle virtù e aumentano il fervore col quale dobbiamo dedicarci tutti al servizio di Gesù Cristo.
1 commenti:
IL MIO CUORE SI APRE A TE, GESU'!!
MOMENTO DI RIFLESSIONE PRIMA DI RICEVERE L'EUCARESTIA IN QUESTO TEMPO D'AVVENTO.
Come la finestra della mia casa si apre alla luce del giorno, così il mio cuore si apre a te, mio Dio, ad illuminare le mie pareti oscure. Ogni giorno tu mi apri a un nuovo mattino, Signore. Ogni giorno il tuo sole vince le tenebre mie e del mondo. Non ho vergogna che tu mi guardi, mio Dio, non voglio nascondermi alla tua voce. Sono un piccolo fiore del campo, un filo d'erba calpestato che si raddrizza alla brezza dell'alba del nuovo giorno. Vorrei tanto essere finestra aperta, porta spalancata, Signore, per dire al mondo la bellezza di essere illuminata da te. Sulla tua grotta una stella annunciò il tuo arrivo, nel mio cuore sia il tuo perdono così che possa accoglierti nella grazia e annunciare a tutti che tu sei il nostro Dio, la nostra gioia e la nostra speranza. Grazie Gesù
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