venerdì 17 dicembre 2010

Imparando con le Lettere Apostoliche - Ventiquattresimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Il cammino di oggi ci porta a riflettere sulla mercede dell'apostolo:

Nona parte della Prima Lettera ai Corinzi
 

1Non sono forse libero, io? Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore? 2Anche se per altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore. 3Questa è la mia difesa contro quelli che mi accusano. 4Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere? 5Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? 6Ovvero solo io e Bàrnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?

7E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge? 8Io non dico questo da un punto di vista umano; è la Legge che dice così. 9Sta scritto infatti nella legge di Mosè: Non metterai la museruola al bue che trebbia. Forse Dio si dà pensiero dei buoi? 10Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché colui che ara deve arare nella speranza di avere la sua parte, come il trebbiatore trebbiare nella stessa speranza. 11Se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali? 12Se gli altri hanno tale diritto su di voi, non l'avremmo noi di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto, ma tutto sopportiamo per non recare intralcio al vangelo di Cristo. 13Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare? 14Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo.

15Ma io non mi sono avvalso di nessuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché ci si regoli in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto! 16Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! 17Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. 18Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo.

19Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: 20mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. 21Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. 22Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. 23Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.

24Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! 25Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile. 26Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria, 27anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato.

COMMENTO 


Il messaggio di oggi è in sostanza riassumibile con le parole di Gesù: "L'operaio ha diritto alla sua mercede (Lc 10,7)". Infatti, quanto San Paolo dice è riferito al fatto che gli apostoli avrebbero comunque il diritto alla loro ricompensa, alla loro retribuzione per il lavoro che svolgono nella vigna del Signore. Ma nonostante questo diritto sacrosanto, San Paolo dice di farne a meno perchè per lui la ricompensa è "quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo."  Egli è inoltre fiero del fatto che, a differenza dell'atleta che partecipa per il premio (denaro, cioè oggetto corruttibile), lui corre per raggiungere una corona incorruttibile, ponendo attenzione al fatto che nell'aiutare chi si trova lungo il suo cammino, non rischi di perdere sé stesso (facendosi "squalificare").
Oggi, è con onore che completo il commento con le parole di Sant'Agostino d'Ippona, il quale ha sviluppato un notevole interesse verso le lettere apostoliche:

Chi mai - dice - si mette a fare il soldato stipendiandosi di propria tasca? Qual è quel pastore che non trae utile dal latte del suo gregge? Ma che son forse, queste, solo delle chiacchiere in uso fra gli uomini? O non piuttosto insegna così anche la legge? Nella legge di Mosè si trova infatti scritto: Non turerai la bocca al bue che trebbia. Forse che il Signore si prende cura dei buoi? O non piuttosto lo dice di noi? Certamente è detto di noi, poiché chi ara deve arare sorretto dalla speranza e chi trebbia deve trebbiare nella speranza di partecipare del raccolto 24. Con queste parole l’apostolo Paolo dimostra che gli apostoli suoi compagni di lavoro, allorché evitavano di lavorare manualmente per procurarsi da vivere, non usurpavano nulla che loro non spettasse. Si comportavano come aveva stabilito il Signore, e vivendo delle loro fatiche evangeliche, mangiavano gratis il pane offerto loro da quelli ai quali, ugualmente gratis, avevano predicato le ricchezze della grazia. Era una specie di stipendio che, come soldati, riscuotevano. Dal fruttato della vigna che avevano piantato coglievano liberamente quanto loro occorreva. Dal gregge che menavano a pascolo mungevano il latte per trarne da bere. Dall’aia dove trebbiavano prelevavano il cibo.

8. 9. Le parole che aggiunge sono ancora più chiare, tali da dissipare nella forma più assoluta ogni sorta di dubbio o d’equivoco. Dice: Se noi abbiamo sparso fra voi la semente spirituale, che gran cosa poi è se veniamo da voi a mietere proventi materiali? 25 Le sementi spirituali sparse dall’Apostolo sono la parola di Dio, il mistero insondabile del Regno dei cieli. Le " cose carnali " che egli si dice autorizzato a " mietere " cosa mai dovranno essere, allora, se non i beni materiali che ci sono stati concessi dal Creatore per far fronte alle necessità della vita temporale? Di tali prestazioni dice apertamente Paolo che, sebbene a lui dovute, egli non le ha mai né cercate né accettate, perché il suo comportamento non fosse di ostacolo alla diffusione del vangelo di Cristo. Per cui resta dimostrato che, se egli lavorò per procurarsi di che vivere, il suo lavoro fu un lavoro manuale, eseguito per davvero con le sue mani di carne e d’ossa. Egli avrebbe potuto procurarsi vitto e vestito mediante la sua attività spirituale, accettando cioè le cose materiali dai fedeli per il fatto che lavorava a costruire l’edificio del vangelo. In tal caso, però, egli non avrebbe potuto soggiungere: Se altri vengono a far valere dei diritti sopra di voi, perché ciò non dovremmo a maggior ragione far noi? Ma noi di questi diritti non ci siamo serviti, preferendo sottoporci a ogni sorta di incomodi pur di non creare ostacoli al vangelo di Gesù Cristo 26. Qual è il diritto che egli dice di non aver fatto valere se non quello che aveva ricevuto dal Signore di approfittare delle loro sostanze materiali per tirare avanti la vita quaggiù? Quel diritto di cui si avvalevano anche certi altri banditori del vangelo, i quali, pur non avendovi predicato il vangelo per primi, vi si erano recati in seguito con lo stesso intento di predicare Cristo nella loro chiesa. Pertanto, dopo aver detto: Se noi abbiamo sparso fra voi della semente spirituale, che gran cosa poi è se veniamo da voi a mietere proventi materiali?, soggiunge: Se altri vengono a far valere del diritto sopra di voi, perché a maggior ragione non dovremmo farlo anche noi? E quindi, dimostrato cosa egli intenda per suo " diritto ", conclude: Ma noi al nostro diritto abbiamo rinunciato, preferendo sottoporci a ogni sorta di incomodi pur di non creare ostacolo al vangelo di Cristo. Vengano un po’ adesso costoro a spiegarci come mai si possa dire che l’Apostolo traeva di che vivere dal suo lavoro spirituale quando lui stesso attesta in termini inequivocabili che di questa prerogativa non ha voluto mai far uso. Che se poi non è dal suo lavoro spirituale, che ricavava il sostentamento materiale, resta che questo sostentamento se lo procurasse lavorando manualmente. È, del resto, quanto egli afferma: Non abbiamo mangiato a ufo il pane di nessuno, ma ce lo siamo guadagnato lavorando notte e giorno. Stenti e fatiche abbiamo sostenuto per non essere di peso ad alcuno. Non che ci mancasse il potere di farlo, ma volevamo darvi l’esempio e offrirvi un modello da ricopiare 27. A molestie di ogni sorta ci sottoponiamo - dice ancora - pur di non frapporre ostacoli al vangelo di Cristo.

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