La genuina pietà, che l'Angelico chiama «devozione» e che è l’atto principale della virtù della religione col quale gli uomini si ordinano rettamente, si orientano opportunamente verso Dio, e liberamente si dedicano al culto (San Tommaso, Summa Theol., 2.a 2.æ, q. 82, a. 1), ha bisogno della meditazione delle realtà soprannaturali e delle pratiche spirituali perché si alimenti, stimoli e vigoreggi, e ci animi alla perfezione. Poiché la religione cristiana debitamente praticata richiede soprattutto che la volontà si consacri a Dio e influisca sulle altre facoltà dell'anima. Ma ogni atto di volontà presuppone l'esercizio della intelligenza, e, prima che si concepisca il desiderio e il proposito di darsi a Dio per mezzo del sacrificio, è assolutamente necessaria la conoscenza degli argomenti e dei motivi che impongono la religione, come, per esempio, il fine ultimo dell'uomo e la grandezza della divina maestà, il dovere della soggezione al Creatore, i tesori inesauribili dell'amore col quale Egli ci vuole arricchire, la necessità della grazia per giungere alla meta assegnataci, e la via particolare che la divina Provvidenza ci ha preparata unendoci tutti come membra di un Corpo a Gesù Cristo Capo. E poiché non sempre i motivi dell'amore fanno presa sull'anima agitata dalle passioni, è molto opportuno che ci impressioni anche la salutare considerazione della divina giustizia per ridurci alla cristiana umiltà, alla penitenza ed alla emendazione.
Tutte queste considerazioni non devono essere una vuota ed astratta reminiscenza, ma devono mirare effettivamente a sottomettere i nostri sensi e le loro facoltà alla ragione illuminata dalla fede, a purificare l'anima che si unisca ogni giorno più intimamente a Cristo e sempre più si conformi a Lui e da Lui attinga l'ispirazione e la forza divina di cui ha bisogno, e ad essere agli uomini stimolo sempre più efficace al bene, alla fedeltà al proprio dovere, alla pratica della religione, al fervente esercizio della virtù secondo l'insegnamento: «voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor. 3, 23). Tutto, dunque, sia organico e teocentrico, se vogliamo davvero che tutto sia indirizzato alla gloria di Dio per la vita e la virtù che ci viene dal nostro Capo divino: «avendo, dunque, fiducia di entrare nel Santo dei Santi, per il Sangue di Cristo, per la via nuova e vivente che Egli inaugurò per noi attraverso il velo, cioè attraverso la sua carne, e avendo un gran sacerdote preposto alla casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, con pienezza di fede, purgato il cuore da coscienza di colpa e lavato il corpo con acqua monda, attacchiamoci incrollabilmente alla professione della nostra speranza . . . e stiamo attenti gli uni agli altri per stimolarci alla carità e alle opere buone» (Heb. 10, 19-24).
Da ciò deriva l'armonioso equilibrio delle membra del Corpo Mistico di Gesù Cristo. Con l'insegnamento della fede cattolica, con l’esortazione alla osservanza dei cristiani precetti, la Chiesa prepara la via alla sua azione propriamente sacerdotale e santificatrice; ci dispone ad una più intima contemplazione della vita del Divino Redentore e ci conduce ad una più profonda conoscenza dei misteri della fede, perché ne ricaviamo soprannaturale alimento e forza per un sicuro progresso nella vita perfetta, per mezzo di Gesù Cristo. Non soltanto per opera dei suoi ministri, ma anche per quella dei singoli fedeli in tal modo imbevuti dello Spirito di Gesù Cristo, la Chiesa si sforza di compenetrare di questo stesso spirito la vita e l’attività privata, coniugale, sociale e perfino economica e politica degli uomini perché tutti coloro che si chiamano figli di Dio possano più facilmente conseguire il loro fine.
In questa maniera l'azione privata e lo sforzo ascetico diretto alla purificazione dell'anima stimolano le energie dei fedeli, e li dispongono a partecipare con migliori disposizioni all'augusto Sacrificio dell’altare, a ricevere i Sacramenti con frutto maggiore, ed a celebrare i sacri riti in modo da uscirne più animati e formati alla preghiera ed alla cristiana abnegazione, a cooperare attivamente alle ispirazioni ed agli inviti della grazia e ad imitare ogni giorno di più le virtù del Redentore, non soltanto per il loro proprio vantaggio, ma anche per quello di tutto il corpo della Chiesa, nel quale tutto il bene che si compie proviene dalla virtù del Capo e ridonda a beneficio delle membra.
Perciò nella vita spirituale nessuna opposizione o ripugnanza può esservi tra l'azione divina, che infonde la grazia nelle anime per continuare la nostra redenzione, e l'operosa collaborazione dell'uomo, che non deve render vano il dono di Dio (2 Cor. 6, 1); tra l’efficacia del rito esterno dei Sacramenti che proviene dall’intrinseco valore di esso (ex opere operato) e il merito di chi li amministra o li riceve (opus operantis); tra le orazioni private e le preghiere pubbliche; fra l'etica e la contemplazione; fra la vita ascetica e la pietà liturgica; fra il potere di giurisdizione e di legittimo magistero, e la potestà eminentemente sacerdotale che si esercita nello stesso sacro ministero (cfr. CJC, cann. 125, 126, 565, 571, 595, 1367).
Per gravi motivi la Chiesa prescrive ai ministri dell'altare e ai religiosi che, nei tempi stabiliti, attendano alla pia meditazione, al diligente esame ed emendamento della coscienza, e agli altri spirituali esercizi, poiché essi sono in modo particolare destinati a compiere le funzioni liturgiche del Sacrificio e della lode divina. Senza dubbio la preghiera liturgica, essendo pubblica supplica della inclita Sposa di Gesù Cristo, ha una dignità maggiore di quella delle preghiere private; ma questa superiorità non vuol dire che fra questi due generi di preghiera ci sia contrasto od opposizione. Tutt'e due si fondono e si armonizzano perché animate da un unico spirito: «tutto e in tutti Cristo» (Col. 3, 11), e tendono allo stesso scopo: finché il Cristo non sia formato in noi (Gal. 4, 19).
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