venerdì 30 luglio 2010

Imparando con le Lettere Apostoliche - Quarto appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Il cammino ci porta oggi verso la conferma di un fatto importante: non dalla legge siamo giustificati, ma dalla fede.


Quarta parte della Lettera di San Paolo apostolo ai Romani    

Che diremo dunque di Abramo, nostro antenato secondo la carne? Se infatti Abramo è stato giustificato
per le opere, certo ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio. Ora, che cosa dice la Scrittura? Abramo
ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia. A chi lavora, il salario non viene calcolato come
un dono, ma come debito; a chi invece non lavora, ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede
gli viene accreditata come giustizia. Così anche Davide proclama beato l'uomo a cui Dio accredita la
giustizia indipendentemente dalle opere:
Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate
e i peccati sono stati ricoperti;
beato l'uomo al quale il Signore non mette in conto il peccato!

Orbene, questa beatitudine riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi diciamo infatti
che la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia. Come dunque gli fu accreditata? Quando era
circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima. Infatti egli ricevette il
segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando
non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a
loro venisse accreditata la giustizia e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo hanno la
circoncisione, ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua
circoncisione.
Non infatti in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede
del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede; poiché se diventassero eredi coloro che
provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. La legge infatti provoca l'ira; al
contrario, dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. Eredi quindi si diventa per la fede,
perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che
deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi.
Infatti sta scritto: Ti ho costituito padre di molti popoli; è nostro padre davanti al Dio nel quale credette,
che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono. Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato
detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio
corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara. Per la promessa di Dio non esitò con
incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva
promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.
E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali
sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore,
il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

COMMENTO

Come annunciato all'inizio, il cammino di oggi ci porta a confermare la conclusione a cui eravamo giunti nello scorso appuntamento. E cioè che non è in base alla Legge che l'uomo è salvo e giustificato, ma solo in base alla fede. Oggi abbiamo come esempio a sostegno di questa tesi, la figura di Abramo. Abramo è vissuto in un periodo precedente la Legge: egli è un esempio fulgido per tutti noi, perchè ha creduto praticamente all'impossibile. Non vi era allora, la conoscenza che noi oggi possediamo. Abramo ha creduto perchè ha voluto credere nell'impossibile. Ha dato fiducia a Dio riconoscendo in Lui la strada giusta e il Padre fedele. Non ha dubitato nemmeno quando gli è stata presentata una promessa irrealizzabile ad occhi umani e cioè quando gli fu predetto che Dio avrebbe dato ad Abramo una discendenza. Abramo era vecchio e così era sua moglie: oggi, amiamo parlare molto di scienza per spiegare ogni cosa. La scienza, in quei giorni, avrebbe detto che sarebbe stato impossibile per Sara concepire un bambino, in quell'età avanzata. Eppure, Abramo non ha ragionato secondo canoni scientifici, ma secondo il cuore e secondo la fede: ha dato fiducia, ha creduto e per questo Dio l'ha ricompensato. Non solo gli ha donato l'impossibile e cioè un figlio, ma ha fatto di lui, padre di molti popoli. La sua discendenza sarebbe stata talmente numerosa che nessuno sarebbe stato in grado nemmeno di contarla! Vedete: da un opera di fede è scaturita un'opera di giustizia in abbondanza.
Ora, anche noi possiamo trovare la salvezza e la giustizia nel nostro Dio. E questo non in base a ciò che facciamo, ma in base al nostro cuore e alla fede che abbiamo in Colui che ci ha redenti e cioè Gesù Cristo. Tramite la fede in Gesù noi siamo salvi perchè Dio non tiene in conto il nostro peccato. Se invece facessimo delle opere per mostrarci buoni, mentre dentro vi è lordume, quale giustizia ci potrà esser accreditata?
Ma, come detto l'ultima volta, questo non significa che non vi devono essere le opere. Le opere sono la naturale conseguenza della fede: aver fede in Gesù significa seguire il Suo volere e come si può seguire il Suo volere se non adempiendo la Parola di Dio? La fede è nel cuore e non nella professione a parole. Se io a parole dico che bisogna aiutare e poi non lo faccio, quale merito ne ho?
Le opere sono insite nella fede: Papa Benedetto XVI lo ha riconosciuto e io vi saluto con uno stralcio del suo intervento in occasione dell'Angelus del 13 settembre 2009 : "Questa via è l'amore, che è l'espressione della vera fede. Se uno ama il prossimo con cuore puro e generoso, vuol dire che conosce veramente Dio. Se invece uno dice di avere fede, ma non ama i fratelli, non è un vero credente. Dio non abita in lui. Lo afferma chiaramente san Giacomo nella seconda lettura della Messa di questa Domenica: "Se non è seguita dalle opere, [la fede] in se stessa è morta" (Gc 2,17). A questo proposito, mi piace citare uno scritto di san Giovanni Crisostomo, uno dei grandi Padri della Chiesa, che il calendario liturgico ci invita oggi a ricordare. Proprio commentando il passo citato della Lettera di Giacomo egli scrive: "Uno può anche avere una retta fede nel Padre e nel Figlio, così come nello Spirito Santo, ma se non ha una retta vita, la sua fede non gli servirà per la salvezza. Quando dunque leggi nel Vangelo: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio» (Gv 17,3), non pensare che questo verso basti a salvarci: sono necessari una vita e un comportamento purissimi" (cit. in J.A. Cramer, Catenae graecorum Patrum in N.T., vol. VIII: In Epist. Cath. et Apoc., Oxford 1844)."


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