domenica 26 febbraio 2012

Convertitevi e credete al Vangelo

Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo la pagina evangelica che ci riporta al momento in cui Gesù si ritirò nel deserto per quaranta giorni, attraverso il commento di mons. Antonio Riboldi:

In questa prima domenica di Quaresima sembra che Gesù ci indichi come vivere il grande dono della Quaresima. Un tempo davvero di grazie che non può essere consegnato alla normalità, troppe volte senza senso.
E per ottenere che questo tempo, e non solo, sia vissuto bene, il Vangelo ci avverte:
"In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto ed egli vi rimase quaranta giorni, tentato da satana: stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni (Battista) fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio, e diceva: 'Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo" (Mc. l, 12-15)
Un programma denso di significato, ma che Gesù riassume con due parole dal contenuto difficile ma innovativo: convertirsi e credere al Vangelo!
Ma sapremo, in ogni modo, pone al centro della nostra vita, in questo tempo santo, l'urgenza di una necessaria conversione, con la guida del Vangelo?
Lasciamoci condurre dalle parole a noi sempre preziose di Paolo VI.
"Dobbiamo dunque convertirci al Signore. Qui sarebbe necessaria un'analisi previa.
Che cosa vuol dire questa parola «conversione», alla quale la nostra mente moderna è così poco disposta, fino quasi a cancellarla dal dizionario stesso della vita spirituale?
Qual è il vero significato di tale richiamo?
A cominciare da quello etimologico, molto semplice, convertirsi vuol dire cambiare strada, scegliere una direzione, un indirizzo. Ebbene la Quaresima chiama tutti a rivolgersi a Dio; a tracciare fra noi e il Signore una linea diretta, quella completa attenzione che molte volte è distratta dalle cose profane, con le faccende quotidiane, gli affanni della vita.
Occorre, invece, che risplenda su tutta questa esperienza così complessa, talvolta confusa e talvolta non del tutto limpida, lo splendore del raggio di immediatezza che ci indica Iddio.
E non si tratta di muoverci verso di Lui materialmente, fisicamente: sarebbe già gran cosa, perché ciò implica la pratica degli esercizi che a Dio ci portano.
C'è assai di più. Sappiamo tutti che la parola «conversione» indica un senso di mutamento, di rivolgimento, di metànoia: il rinnovarsi, cioè. Ora ed è ciò che più conta - tale rivolgimento non tocca tanto le cose esteriori, le abitudini, le vicende a cui è legata la nostra esistenza, bensì, invece, la cosa tanto nostra, e tanto poco nostra: il cuore.
C'è non poco da cambiare dentro di noi: è necessario rimodellare la nostra mentalità; avere il coraggio di entrare fin nel segreto della nostra coscienza, dei nostri pensieri, e là operare un cambiamento. Questo, inoltre, deve essere così vivo e sincero da produrre - e siamo ancora al contenuto della parola «conversione» - una novità.
Qui sta l'esigenza prima del grande esercizio ascetico e penitenziale della Quaresima. Allora ci chiediamo: che cosa fare per ottenere un tale risultato e come comportarci?
La risposta è ovvia: entrare in se stessi, riflettere sulla propria persona, acquisire una nozione chiara di quel che siamo, vogliamo e facciamo; e, a un certo momento - qui la frase drammatica, ma risolutiva - convertire, rompere qualche cosa di noi, spezzare questo o quell'elemento che magari ci è molto caro ed a cui siamo abituati, sì da non rinunciarvi facilmente.
Il termine «conversione» entra in queste profondità e dimostra queste esigenze.
E non è tutto. Stabilito il rinnovamento, è d'uopo incominciare di nuovo, far sorgere in noi un po' di primavera, di rifioritura; una manifestazione anche esteriore del fenomeno verificatosi all'interno del nostro essere.
Si diceva poco fa' che ricordare queste nozioni a chi già conosce le vie del Signore, ha ormai vissuto le ore decisive ed ha orientato nella maniera giusta la sua vita, sembrerebbe cosa superflua, convenzionale e quasi retorica.
Così non è: perché tutti abbiamo sempre bisogno di convertirci.
C'è un bel paragone, addotto da esperto maestro di spirito. Esso si riferisce al navigante il quale deve, di continuo, rettificare la guida del timone, e perciò guardare che la direzione sia sempre quella esatta indicata dalla bussola. Per sua natura, la nostra vita è incline a deviare. Siamo volubili, fragili; i nostri stati d'animo sono contraddittori, successivi, complicati, e soggetti agli stimoli esteriori, al punto che la nostra rettitudine interiore ne risulta compromessa.
È perciò logico, indispensabile ad ogni stagione ed anno, ad ogni Quaresima, riportarci al buon cammino primitivo se già fu determinato; trovare la direzione giusta se non fosse ancora allineata perpendicolarmente verso il Signore.
A così alta finalità mirano i doni e i carismi che la santa Quaresima ci offre. Come si fa a convertirsi?
Il primo passo - tutti lo sappiamo - consiste nell'ascoltare, sentire il richiamo e orientare la nostra mente là donde parte la voce. Questa voce è la parola di Dio, che deve risuonare sempre nuova, e quale eco personale che il Signore suscita nelle nostre anime.
Oh, come piacerebbe sostare in conversazione con ciascuna delle persone qui presenti e chiedere se hanno questa capacità di udito, se ascoltano la parola divina, a cominciare da quella che arriva dal di fuori con la sacra predicazione, che ora, nella Quaresima e nella riforma liturgica, diviene tanto organizzata, premurosa, sollecita, urgente.
Abbiamo tutti questa indispensabile ricettività? o non forse imitiamo anche noi tanti superficiali, allorché mormorano: sono cose già note, già sentite, non sono per me... e così via? (3 marzo 1965)
"Pregare non significa macinare 'avemaria' e poi essere lontani dalla legge del Signore; non è fare una doppia vita: fare delle scelte comode.
Pregare significa soprattutto aderire alla volontà di Dio;
entrare nella logica del Vangelo che è la logica della povertà, la logica della accoglienza, la logica del servizio, la logica della fiducia, la logica della speranza.
Logica di SPERANZA .. soprattutto nei momenti difficili, quando le cose vanno di traverso, quando la salute non c'è più.
Coltivare la speranza significa non darsi mai per vinti: significa sapere che Dio è più forte di tutti i nostri problemi, e che alla fine la spunta; significa sapere infine che la morte non è l'ultimo capitolo della vita .. Questo significa preghiera e speranza". (Tonino Bello)

mercoledì 22 febbraio 2012

Tempo di Quaresima

Carissimi, oggi interrompiamo il corso della programmazione perchè siamo in un giorno speciale: oggi entriamo ufficialmente nel tempo di Quaresima, un tempo di penitenza da dedicare interamente alla preghiera, al digiuno e all'elemosina. Ecco perchè conviene meditare queste parole di Gesù:
Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così:

Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.

Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.  Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.


Gesù ci ha indicato la via da seguire nella nostra vita: cerchiamo, in questo tempo quaresimale, di predisporci all'ascolto di queste sante parole, in modo da avvicinarci sempre di più a Gesù. Purtroppo, la nostra vita quotidiana ci allontana da Lui a causa delle numerose distrazioni: per questo, dobbiamo fare in modo che questa Quaresima porti nel nostro cuore non solo la pace, ma soprattutto Gesù e l'ascolto delle Sue Parole, affinché il mondo non continui a distrarci da Lui. Possiamo cominciare già da oggi, andando in Chiesa per ricevere sul capo la cenere, simbolo di penitenza. Presentiamoci dinanzi al Signore con cuore contrito, abbassiamo la nostra superbia, ammettiamo la nostra miseria di peccatori e chiediamo perdono all'Altissimo per tutto il male che abbiamo commesso e concepito: già dopo quest'atto penitente si cominceranno a vedere i frutti della liberazione.
Adesso, per meglio mettere in pratica le parole di Gesù che abbiamo letto poco fa, riflettiamo con Sant'Agostino il quale ha sapientemente commentato l'intero "discorso della montagna": noi oggi ne vediamo solo una parte in cui Sant'Agostino si sofferma su ciò che noi dobbiamo seguire e cioè la preghiera, l'elemosina e il digiuno:

2. 5. Quando dunque fai l’elemosina, dice il Signore, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e per le strade per essere lodati dagli uomini. Non voler farti notare, dice, come gli ipocriti. È evidente che gli ipocriti non hanno nel cuore quel che pongono davanti agli occhi degli uomini. Infatti gli ipocriti sono operatori di finzioni sul tipo dei presentatori dell’altrui personalità nelle rappresentazioni teatrali. Ad esempio chi nella tragedia fa la parte di Agamennone o di un altro personaggio storico o mitologico non è realmente lui, ma lo rappresenta ed è detto mimo. Così nella Chiesa e in tutta l’umana convivenza è un ipocrita chi vuol sembrare quel che non è. Infatti imita con finzione il virtuoso, non lo esibisce, perché ripone tutto l’utile nella lode umana, che possono conseguire anche quelli che fingono nell’atto che ingannano coloro a cui sembrano buoni e dai quali vengono lodati. Ma tali individui da Dio, che scruta il cuore, ricevono come ricompensa soltanto la condanna dell’inganno. Infatti hanno ricevuto dagli uomini, dice Gesù, la loro ricompensa. E molto giustamente sarà detto loro: Allontanatevi da me, operatori d’inganno, perché avete portato il mio nome, ma non avete praticato le mie opere. Hanno dunque ricevuto la loro ricompensa coloro che fanno l’elemosina soltanto per essere lodati dagli uomini, non però se sono lodati dagli uomini, ma se la fanno appunto per esser lodati, come è stato discusso precedentemente. La lode umana non si deve ambire dunque da chi fa opere buone, ma deve accompagnare chi le fa, affinché diventino migliori coloro che possono imitare ciò che lodano e non perché egli pensi che essi, lodandolo, gli siano di vantaggio.

2. 6. Invece mentre fai l’elemosina non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra. Se intenderai che con la sinistra sono indicati i non cristiani, sarà evidente che non v’è colpa nel voler essere gradito ai cristiani, mentre ci è assolutamente proibito di stabilire il vantaggio e il fine dell’opera buona nella lode di qualsiasi persona. Ma il complesso di atti, affinché ti imitino coloro ai quali saranno gradite le tue buone azioni, si deve mostrare non soltanto ai cristiani ma anche ai non cristiani, affinché nel lodare le nostre buone opere onorino Dio e giungano alla salvezza. Se poi per sinistra vorrai intendere un nemico nel senso che un tuo nemico non sappia quando fai l’elemosina, perché mai il Signore stesso, mosso a pietà, sanò alcune persone alla presenza dei Giudei suoi nemici? Perché l’apostolo Pietro, avendo guarito quell’uomo di cui alla porta Bella del tempio ebbe compassione in quanto storpio, dovette subire la collera dei nemici contro di sé e contro gli altri discepoli di Cristo? Se poi è necessario che il nemico non sappia quando facciamo l’elemosina, non sappiamo che fare col nemico stesso per adempiere il comandamento: Se il tuo nemico avrà fame, dàgli da mangiare; se avrà sete, dàgli da bere.

2. 7. Di solito v’è una terza interpretazione, assurda e ridicola, dei materialisti. Non la ricorderei se non conoscessi per esperienza che non pochi sono incappati nell’errore in quanto dicono che con l’appellativo di sinistra è indicata la moglie. Siccome abitualmente le donne nella gestione della famiglia sono più attaccate al denaro, non dovrebbero conoscere a causa dei litigi di famiglia quando i loro mariti danno qualcosa ai bisognosi. Come se soltanto gli uomini siano cristiani e il comandamento non sia dato anche per le donne. A quale sinistra dunque la donna deve occultare l’opera della propria misericordia? O anche l’uomo sarà la sinistra della donna? È proprio assurdo. Ovvero se si pensasse che l’uno è la sinistra dell’altro, qualora da uno si distribuisce qualcosa dal patrimonio familiare in modo che sia contro il volere dell’altro, tale matrimonio non sarebbe cristiano. Ma è inevitabile che se uno dei due, secondo il comandamento di Dio, vorrà fare l’elemosina, chiunque dei due avrà contro, sia nemico del comandamento di Dio e sia quindi da considerarsi tra i non cristiani. E su tali argomenti è comandamento di Dio che mediante un buon rapporto e comportamento il marito cristiano conquisti la moglie o la moglie cristiana il marito. Perciò non debbono nascondere l’uno all’altro le proprie buone azioni, alle quali si debbono spronare a vicenda, sicché possa l’un l’altro spronarsi alla comune professione della fede cristiana. E non si devono commettere furti per guadagnarsi la bontà di Dio. Ma poniamo che si debba occultare qualcosa fin quando la debolezza dell’altro non può sopportare con animo sereno, giacché questo non è né ingiusto né illecito. Tuttavia dall’esame di tutto il brano non appare con evidenza chi sia indicato come sinistra, perché da esso emergerà che è insieme all’altro chi potrebbe considerare come sinistra.

2. 8. Evitate, dice il Signore, di praticare la vostra virtù davanti agli uomini per essere da loro ammirati; altrimenti non avrete la ricompensa dal Padre vostro che è nei cieli. Nell’inciso ha parlato della virtù in generale, in seguito svolge separatamente. È un settore della virtù l’opera che si compie mediante l’elemosina e quindi ne deduce la massima: Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e per le strade per essere lodati dagli uomini. A questo si riferisce quel che ha detto prima: Evitate di praticare la vostra virtù davanti agli uomini per essere da loro lodati. Invece quel che segue: In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa si riferisce al pensiero che ha espresso precedentemente: Altrimenti non avrete la ricompensa dal Padre vostro che è nei cieli. Poi continua: Invece quando tu fai l’elemosina. Quando dice: Invece quando tu cosa dice di diverso che: non come loro? Che cosa mi comanda allora? Invece quando tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra. Quindi essi agiscono in modo che la loro sinistra sappia ciò che fa la loro destra. Quindi a te si proibisce di fare quel che in loro è reprensibile. E in loro è reprensibile che agiscano in modo da bramare le lodi degli uomini. Quindi è evidente che con immediata deduzione la sinistra simboleggia la compiacenza della lode, la destra l’intenzione di adempiere i precetti divini. Quando dunque alla coscienza di chi fa l’elemosina si congiunge il desiderio della lode umana, la sinistra si rende cosciente dell’azione della destra. Non sappia dunque la tua sinistra quel che fa la tua destra, cioè: Non si congiunga il desiderio della lode umana alla tua consapevolezza, quando nel fare l’elemosina t’impegni a osservare il comandamento divino.

2. 9. Affinché la tua elemosina rimanga nel segreto. Che cosa significa nel segreto se non nella stessa retta coscienza che non si può mostrare alla vista umana né svelare con le parole? Difatti molti dicono molte menzogne. Quindi se la destra agisce interiormente nel segreto, sono di competenza della sinistra tutte le cose esteriori poste nello spazio e nel tempo. Quindi la tua elemosina avvenga nella coscienza stessa in cui molti fanno l’elemosina con la buona volontà, sebbene non abbiano denaro o qualsiasi altro bene che si deve offrire al bisognoso. Molti invece agiscono all’esterno e non agiscono all’interno, in quanto vogliono apparire compassionevoli per ambizione o per amore di qualsiasi altro tornaconto esteriore, perché si deve ritenere che in essi agisce soltanto la sinistra. Così alcuni hanno una posizione di mezzo fra gli uni e gli altri, sicché fanno l’elemosina con l’intenzione volta a Dio e tuttavia s’insinua in questa ottima disposizione un certo desiderio della lode o di qualche altro vantaggio labile ed effimero. Ma nostro Signore con grande energia proibisce che in noi agisca soltanto la sinistra, quando proibisce che essa s’insinui nelle opere della destra affinché, cioè, non solo evitiamo di fare l’elemosina per il solo desiderio dei beni caduchi ma anche affinché in questa opera non volgiamo l’attenzione a Dio in modo che vi si confonda o aggiunga il desiderio di vantaggi esteriori. Si tratta infatti di purificare il cuore che, se non sarà limpido, non sarà puro. E come sarà limpido se serve a due padroni e non purifica il proprio sguardo con la sola percezione dei beni eterni, ma la offusca con l’amore delle cose caduche ed effimere? Sia dunque la tua elemosina nel segreto e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà. Assolutamente giusto e vero. Se infatti attendi il premio da colui che è il solo scrutatore della coscienza, ti basti a riscuotere in premio la coscienza stessa. Molti codici latini hanno: E il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà apertamente. Ma siccome nei codici greci, che sono più antichi, non ho trovato apertamente, ho pensato che non se ne deve trattare.

3. 10. E quando pregate, soggiunge, non siate come gli ipocriti che amano stare in piedi a pregare nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Ed anche in questo caso non è proibito essere visti, ma compiere queste azioni per farti vedere dagli uomini. E inutilmente ripetiamo tante volte i medesimi concetti, perché una sola norma si deve osservare, dalla quale si è appreso che non si deve temere o evitare se gli uomini conoscono questi fatti ma se si compiono con l’intenzione di presumere da essi il risultato di essere graditi agli uomini. E il Signore stesso usa le medesime parole nel soggiungere come prima: In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa, lasciando intendere di proibire che si desideri quella ricompensa, di cui godono gli stolti quando sono lodati dagli uomini.

3. 11. Voi invece quando pregate, soggiunge, entrate nella vostra camera da letto. Evidentemente la camera è il cuore stesso che viene anche indicato in un salmo, in cui si dice: Di quel che dite nel vostro cuore pentitevi anche sul vostro letto. E chiudendo la porta, continua Gesù, pregate il Padre vostro nel segreto. È troppo poco entrare nelle camere da letto, se la porta è aperta agli sfacciati, perché attraverso la porta le cose esterne irrompono dentro a frotte e disturbano la nostra interiorità. Ho detto che sono fuori tutte le cose poste nel tempo e nello spazio, le quali attraverso la porta, cioè attraverso il senso esteriore, s’introducono nei nostri pensieri e con la confusione delle varie immaginazioni ci disturbano mentre preghiamo. Si deve quindi chiudere la porta, cioè opporsi al senso esteriore, affinché la preghiera proveniente dallo spirito si levi al Padre perché essa avviene nel profondo del cuore, quando si prega il Padre nel segreto. E il Padre vostro che vede nel segreto vi ricompenserà. E l’argomento doveva aver termine con una simile conclusione. Difatti con esso non ci esorta a pregare ma a come dobbiamo pregare; e precedentemente non affinché facciamo l’elemosina, ma con quale intenzione dobbiamo farla. Difatti ingiunge di purificare il cuore e lo purifica soltanto il solo e schietto anelito alla vita eterna in un unico e puro amore della sapienza.

3. 12. Quando pregate poi, continua, non dite molte parole come i pagani, i quali suppongono di essere esauditi per le loro molte parole. Come degli ipocriti è esibirsi alla vista, poiché il loro intento è piacere agli uomini, così è degli etnici, cioè in latino pagani, ritenere di essere esauditi per le molte parole. E in verità il molto parlare proviene dai pagani che s’impegnano più ad educare il linguaggio che a purificare la coscienza. E si sforzano di adibire questa forma di futile attitudine a convincere Dio con la preghiera, perché suppongono che egli, come l’uomo giudice, sia mosso dalle parole a prendere una decisione. Non siate dunque come loro, dice l’unico vero Maestro, perché il Padre vostro sa di che cosa avete bisogno, prima che glielo chiediate. Se infatti si pronunziano molte parole per informare e istruire uno che non sa, che bisogno se ne ha per colui che conosce tutte le cose, perché a lui parlano tutte le cose nell’atto stesso che esistono e si segnalano come avvenute? Ed anche gli eventi futuri non sono nascosti alla capacità creativa e sapienza di lui, perché in essa sono presenti e non transeunti tutti gli eventi che sono passati e che passeranno.

12. 40. Segue il comando sul digiuno che riguarda anche esso la purificazione del cuore, di cui si tratta in questo brano. Anche in questo impegno si deve evitare che s’insinuino l’ostentazione e il desiderio della lode umana che infetta di doppiezza il cuore e non permette che sia puro e schietto a intendere Dio. Dice: Quando digiunate, non diventate tristi come gli ipocriti che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico, hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece quando voi digiunate, profumatevi la testa e lavatevi il viso per non far vedere agli uomini che digiunate, ma al Padre vostro che è nel segreto; e il Padre vostro, che vede nel segreto, vi ricompenserà. È evidente che con questi comandi ogni nostra intenzione è diretta alle gioie interiori, per non conformarci al mondo cercando la ricompensa al di fuori e per non perdere la promessa di una felicità tanto più compiuta e stabile, quanto più intima, con la quale Dio ci ha scelto a divenire conformi all’immagine del Figlio suo.

12. 41. Nel brano citato si deve soprattutto notare che non soltanto nella magnificenza e sfarzo delle cose sensibili, ma anche nel desolato sudiciume degli abiti vi può essere la millanteria, e tanto più dannosa in quanto inganna col pretesto del servizio a Dio. Chi dunque si distingue per una smodata raffinatezza dell’acconciatura e dell’abbigliamento e per la magnificenza delle altre cose è incolpato dalla realtà stessa di essere seguace degli sfarzi del mondo e non inganna nessuno con una illusoria apparenza di santità. Se qualcuno invece, nel presentarsi come cristiano, attira lo sguardo degli uomini con l’inconsueto squallore e con gli abiti sudici, se lo fa volontariamente e non perché costretto dal bisogno, si può arguire dalle altre sue azioni se lo fa nel rifiuto di una superflua raffinatezza o per ambizione, perché il Signore ha comandato di guardarci dai lupi in pelame di pecora. Dai loro frutti, egli dice: li riconoscerete. Quando incominceranno con determinate tentazioni ad essere tolte o impedite quelle prerogative che con quella copertura hanno conseguito o intendono conseguire, allora è inevitabile che appaia se è un lupo col pelame di pecora o una pecora col suo. Non per questo il cristiano deve attirare lo sguardo con ornamenti superflui, perché anche gli imbroglioni spesso assumono un atteggiamento d’indispensabile riserbo per ingannare gli imprudenti, perché anche le pecore non devono deporre il proprio pelame, se talora se ne coprono i lupi.

12. 42. È abituale porsi il problema che cosa significhino le parole: Invece voi, quando digiunate, profumatevi il capo e lavatevi il viso per non far vedere alla gente che digiunate. Difatti, sebbene abitualmente ogni giorno ci laviamo il viso, non si potrebbe ragionevolmente comandare che dobbiamo stare col capo profumato quando digiuniamo. E se tutti ammettono che la faccenda è molto sconveniente, si deve intendere che l’ingiunzione di profumarsi il capo e di lavarsi il viso è relativa all’uomo interiore. Quindi il profumarsi il capo è relativo alla gioia e il lavarsi il viso alla pulizia e perciò si profuma chi gioisce nell’interiorità con un atto del pensiero. Per questo convenientemente intendiamo per capo la facoltà che domina nell’anima, dalla quale è evidente che le altre sono dirette e regolate. E compie questa opera chi non cerca la gioia all’esterno per godere carnalmente delle lodi della gente. La carne infatti, poiché deve essere sottomessa, non può assolutamente essere il capo di tutto l’essere umano. Nessuno ha avuto in odio la propria carne, dice l’Apostolo quando ingiunge che si deve amare la moglie, ma capo della donna è l’uomo e capo dell’uomo è Cristo. Colui dunque, che secondo questo comando desidera avere il capo profumato, goda nell’interiorità durante il suo digiuno, per il fatto stesso che così digiunando si distoglie dai piaceri del mondo per essere sottomesso a Cristo. Così laverà anche il viso, cioè renderà pulito il cuore, con cui vedrà Dio, poiché non si verifica l’offuscamento per la precarietà proveniente dalle sozzure, ma egli sarà sicuro e stabile, perché pulito e schietto. Lavatevi, dice Isaia, purificatevi, togliete la cattiveria dalla vostra coscienza e dalla mia vista. Quindi il nostro viso si deve lavare da quelle sozzure, da cui è offeso lo sguardo di Dio. Difatti noi a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine.

La Quaresima ricorda i quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo nel Giordano e prima del suo ministero pubblico. Furono i giorni in cui Gesù si mise alla prova, sottoponendosi alle tentazioni del maligno e resistendo ad ogni seduzione.

lunedì 20 febbraio 2012

Scopriamo Santa Maria Faustina Kowalska - Quarantasettesimo appuntamento

Torniamo ad approfondire la figura di Santa Faustina Kowalska, nota come l'Apostola della Divina Misericordia. Vediamo cosa ci mostra oggi il Suo Diario:


15.VIII.35.
La sera dello stesso giorno sentii nell'anima una grande nostalgia di Dio. In questo momento non Lo vedo con gli occhi del corpo, come nel passato, ma Lo sento e non comprendo. Ciò mi procura una nostalgia ed una pena indescrivibile. Muoio dal desiderio di possederLo, per immergermi in Lui per l'eternità. Il mio spirito tende verso di Lui con tutte le forze; non c'è nulla al mondo che possa consolarmi. O amore eterno, ora comprendo in quali stretti rapporti di intimità era il mio cuore con Te. Infatti che cosa mai potrà soddisfarmi in cielo o in terra all'infuori di Te, o mio Dio, in Te è annegata la mia anima. Quando una sera guardai il cielo dalla mia cella e vidi un firmamento stupendo, disseminato di stelle e la luna, ad un tratto entrò nella mia anima una inconcepibile fiamma d'amore verso il mio Creatore. Non riuscendo a sopportare la nostalgia che era aumentata nella mia anima per Lui, caddi con la faccia a terra umiliandomi nella polvere. Lo adorai per tutte le Sue creature, e quando il mio cuore non riuscì a sopportare quello che avveniva in lui, scoppiai in un pianto dirotto. Allora il mio Angelo Custode mi toccò e mi disse queste parole: « Il Signore mi ordina di dirti che ti alzi da terra ». Lo feci immediatamente, ma la mia anima non venne consolata. La nostalgia di Dio mi prese ancora di più. Un giorno in cui ero all'adorazione ed il mio spinto era quasi in agonia per la nostalgia di Lui e non riuscivo a trattenere le lacrime, all'improvviso vidi uno spirito che era di una grande bellezza, che mi disse queste parole: « Non piangere, dice il Signore ». Dopo un attimo domandai: « Tu chi sei?». Ed egli mi rispose: « Sono uno dei sette spiriti che stanno giorno e notte davanti al trono di Dio e L'adorano senza posa ». Tuttavia quello spirito non alleviò la mia nostalgia, ma suscitò in me una maggior nostalgia di Dio. Quello spirito non mi lascia un istante, mi segue ovunque. Il giorno dopo, durante la S. Messa, prima dell'elevazione, quello spinto cominciò a cantare queste parole: « Santo, Santo, Santo ». La sua voce era come se equivalesse a migliaia di voci, impossibile descriverla. Ad un tratto il mio spirito venne unito a Dio; in un attimo vidi l'inconcepibile grandezza e santità di Dio e nello stesso tempo conobbi la nullità che io sono in me stessa. Conobbi in maniera più evidente di qualsiasi altra volta le Tre Persone Divine: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Tuttavia la loro essenza è una, come pure l'uguaglianza e la maestà. La mia anima è in rapporti di intimità con le Tre Persone, ma non riesco ad esprimere ciò a parole, però l'anima lo comprende bene. Chiunque è unito con una di queste tre Persone, per ciò stesso è unito con tutta la Santissima Trinità, poiché la loro unità è indivisibile. Questa visione, cioè questa conoscenza mi riempì l'anima di una felicità inimmaginabile, per il fatto che Dio è così grande. Quello che ho descritto qui non l'ho visto con gli occhi, come in passato, ma in una visione interiore, in modo puramente spirituale ed indipendente dai sensi. Questo durò fino alla fine della S. Messa. Ora questo mi capita spesso e non solo in cappella, ma anche durante il lavoro e quando meno me l'aspetto. Quando il nostro confessore partì io in quel periodo mi confessai dall'arcivescovo. Quando gli svelai la mia anima, ottenni questa risposta: « Figlia mia, armati di tanta pazienza. Se queste cose vengono da Dio, prima o poi raggiungeranno il loro risultato e ti dico di stare assolutamente tranquilla. Io, figlia mia, ti comprendo bene in queste cose. Ma ora per quanto concerne l'abbandono della Congregazione e l'idea di un'altra, a questo proprio non devi nemmeno pensarci, poiché sarebbe una grave tentazione interiore ». Finita la confessione, dissi a Gesù: « Perché mi ordini di eseguire queste cose e non mi dai la possibilità di portarle a termine? ». All'improvviso, dopo la S. Comunione, vidi Gesù nella stessa cappella dove mi ero confessata, con lo stesso aspetto con il quale sta dipinto su quell'immagine. Il Signore mi disse: « Non essere triste. Gli farò capire le cose che esigo da te ». Quando stavamo per uscire, l'arcivescovo era molto occupato, ma ci fece dire dì tornare indietro e di attendere un momento. Quando tornammo di nuovo nella cappella, udii nell'anima queste parole: « Digli quello che hai visto in questa cappella ». In quel preciso momento entrò l'arcivescovo e ci chiese se avevamo qualche cosa da dirgli. Tuttavia, benché avessi l'ordine di parlare, non mi fu possibile, perché ero in compagnia di una consorella. Ancora una parola dalla santa confessione: « Quella di impetrare la Misericordia per il mondo, è un'idea grande e bella. Sorella, preghi molto per chiedere Misericordia per i peccatori, ma lo faccia nel suo convento».

IL GIORNO DOPO, VENERDI 13.IX.1935.
La sera, mentre ero nella mia cella, vidi un Angelo che era L’esecutore dell'ira di Dio. Aveva una veste chiara ed il volto risplendente; una nuvola sotto i piedi e dalla nuvola uscivano fulmini e lampi che andavano nelle sue mani e dalle sue mani partivano e colpivano la terra. Quando vidi quel segno della collera di Dio che doveva colpire la terra ed in particolare un certo luogo, che per giusti motivi non posso nominare, cominciai a pregare l'Angelo, perché si fermasse per qualche momento ed il mondo avrebbe fatto penitenza. Ma la mia invocazione non ebbe alcun risultato di fronte allo sdegno di Dio. In quel momento vidi la Santissima Trinità. La grandezza della Sua Maestà mi penetrò nel profondo e non osai ripetere la mia invocazione. In quello stesso istante sentii che nella mia anima c'era la forza della grazia di Gesù. Quando ebbi la consapevolezza di tale grazia, nello stesso momento venni rapita davanti al Trono di Dio. Oh! quanto è grande il Signore e Dio nostro ed incomprensibile la Sua santità. Non cercherò nemmeno di descrivere tale grandezza, poiché fra non molto Lo vedremo tutti quale Egli è. Cominciai a implorare Dio per il mondo con parole che si udivano interiormente. Mentre pregavo così vidi l'impotenza dell'Angelo che non poté compiere la giusta punizione, che era equamente dovuta per i peccati. Non avevo ancora mai pregato con una tale potenza interiore come allora. Le parole con le quali ho supplicato Dio sono le seguenti: « Eterno Padre, Ti offro il Corpo e il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Nostro Signore Gesù Cristo, per i peccati nostri e del mondo intero; per la Sua dolorosa Passione, abbi misericordia di noi ». La mattina del giorno dopo, mentre entravo nella nostra cappella, udii interiormente queste parole: « Ogni volta che entri nella cappella, recita subito la preghiera che ti ho insegnato ieri ». Appena recitai quella preghiera, udii nell'anima queste parole: « Questa preghiera serve a placare la Mia ira. La reciterai per nove giorni con la comune corona del rosario nel modo seguente: prima reciterai il Padre Nostro, l'Ave Maria ed il Credo; poi sui grani del Padre Nostro, dirai le parole seguenti: Eterno Padre, io Ti offro il Corpo e il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Nostro Signore Gesù Cristo in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero. Sui grani delle Ave Maria reciterai le parole seguenti: Per la Sua dolorosa Passione abbi misericordia di noi e del mondo intero. Infine reciterai tre volte queste parole: Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale: abbi pietà di noi e del mondo intero ». Il silenzio è una spada nella lotta spirituale; non raggiungerà mai la santità un'anima ciarliera. Questa spada del silenzio reciderà nettamente tutto ciò che volesse attaccarsi all'anima. Siamo sensibili alle parole ed intendiamo rispondere subito con sensibilità, e non consideriamo se sia volontà di Dio che noi rispondiamo. L'anima silenziosa è forte; nessuna avversità le reca danno, se persevera nel silenzio. L'anima silenziosa è idonea alla più profonda unione con Dio; essa vive quasi di continuo sotto il soffio dello Spirito Santo. In un'anima silenziosa Iddio opera senza impedimenti. O mio Gesù, Tu sai, Tu solo sai bene che il mio cuore non conosce altro amore all'infuori di Te. Tutto il mio amore verginale è annegato in Te, o Gesù, per l'eternità. Sento bene come il Tuo Sangue Divino circola nel mio cuore; non c'è alcun dubbio che col Tuo Sangue Preziosissimo è entrato nel mio cuore il Tuo purissimo amore. Sento che dimori in me col Padre e lo Spirito Santo, o meglio sento che io vivo in Te, o Dio inimmaginabile. Sento che mi sciolgo in Te come una goccia nell'oceano. Sento che sei all'esterno e nelle mie viscere; sento che sei in tutto ciò che mi circonda, in tutto ciò che mi capita. O Dio mio, Ti ho conosciuto nell'intimo del mio cuore e Ti ho amato sopra ogni cosa, sopra qualunque cosa esista in terra o in cielo. I nostri cuori si comprendono a vicenda e nessuno intende ciò. Seconda confessione dall'Arcivescovo: « Sappi, figlia mia, che se questa è volontà di Dio, prima o poi si realizzerà, poiché la volontà di Dio si deve compiere. Ama Dio nel tuo cuore; abbi... [Frase rimasta incompiuta].

domenica 19 febbraio 2012

La ragione del dolore davanti a Dio

Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo la pagina evangelica che ci mostra come tutti andavano da Gesù in cerca di guarigione, attraverso il commento di mons. Antonio Riboldi:

Il Vangelo di oggi sembra rispondere alla grande domanda che l'uomo si pone davanti alla sofferenza o al dolore, che è la stessa cosa.
Anche se a volte ci riferiamo, parlando di sofferenza, più a quella interiore - ed è tanta - quasi una compagna della vita.
Sono tante le cause della sofferenza interiore, quella che sentiamo per esempio per una persona cara che soffre o è in difficoltà, oppure per l'isolamento o l'abbandono in cui ci si sente immersi, per motivi di ingiustizia nei nostri confronti o perché non si sa come far fronte alle difficoltà quotidiane che coinvolgono non solo noi stessi, ma anche i nostri cari. Sono davvero infinite le cause...
Il dolore è un poco la stessa cosa, anche se in genere lo si riferisce alla dimensione della salute: il dolore fisico, la malattia che colpisce il nostro corpo in modo più o meno grave.
Del resto sappiamo tutti come il corpo - pur essendo anch'esso destinato a risorgere - debba prima avviarsi giorno per giorno verso la corruzione nella morte.
Gesù oggi, nel Vangelo, dà una risposta al valore più grande della vita, la fede. Racconta l'evangelista Marco:
"Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta ed Egli annunziava la Sua parola.
Si recarono da Lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo davanti, a causa della folla, scoperchiarono il tetto, nel punto dove egli si trovava, e fatta un'apertura, calarono il tettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: 'Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati!'. Seduti là erano alcuni scribi, che pensavano in cuor loro: 'Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?'. Ma Gesù, avendo subito conosciuto il loro pensiero disse loro: 'Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua'. Questi si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: 'Non abbiamo mai visto nulla di simile! (Mc. 2, 1-12)
La domanda di Gesù certamente vuole evidenziare il problema: è più facile guarire fisicamente una persona o guarire un peccatore dal suo peccato?
Conosciamo persone che proprio nel dolore fisico o nella sofferenza morale hanno trovato la via per un cambiamento di mentalità: una guarigione interiore.
Basterebbe pensare a Santi come S. Ignazio di Loyola, che nella malattia trovò, per grazia di Dio, la bellezza della fede, al punto che poi fondò una grande congregazione religiosa: i Gesuiti.
O a S. Francesco di Assisi, che, ritornato dalla guerra, dopo una lunga prigionia e malattia, abbandonò il suo stato di benessere, su cui aveva impostato la vita e scelse Madonna povertà.
O ai martiri che riuscivano ad interpretare i tormenti che li attendevano come via maestra e gioiosa per poter incontrare presto Gesù.
Il dolore non è mai una maledizione; se parliamo di quello fisico, che è la malattia, il dolore è inevitabile, ma anche lì si può trovare la ragione per farne un'occasione di accostamento a Dio. Tutte le volte che si accompagna un pellegrinaggio a Lourdes, si nota una differenza sostanziale: spesso, nell'andata, domina il lamento e lo scoraggiamento. Ma al ritorno qualcosa è cambiato: si avvertono i frutti di una guarigione interiore, che sempre accade.
Mi è toccato più volte di dirigere la processione eucaristica del pomeriggio, e alla fine, passando a benedire gli ammalati - erano sempre tanti - sempre ho notato una serenità incredibile.
Maria sempre ci fa dono di riuscire a concepire la malattia come un'occasione di viaggio, aerso il Paradiso.
Più difficile il dolore interiore, per tante ragioni, soprattutto quando si assiste alla sofferenza di una persona cara e poi alla sua morte. Non si può non sentire dolore per la morte di una persona cara, che era la ragione, per il suo amore, di un senso e di una pienezza di gioia, direi una preziosa ragione di gioia.
Ma, per chi ha fede, anche in queste situazioni, che possono diventare devastanti, il dolore trova la sua consolazione nel credere che verrà un giorno che ci si troverà insieme in Cielo.
Ma la malattia più difficile da guarire è di chi vive in peccato.
C'è troppa gente che pare abbia fondato la ragione della propria soddisfazione nei piaceri della vita o nella ricchezza o in altro e non si sogna neppure che possa, solamente nella conversione, esistere una vera gioia. Questa è la grave malattia da cui è difficile guarire.
Come nel Vangelo, occorrerebbe rivedere la verità della nostra vita e la vera sorgente della pace e della gioia, nelle parole pronunciate da Gesù, oggi: 'Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati '.
Chi di noi ha provato la gioia di questa vera 'resurrezioné, nel cambiamento della vita, morendo al peccato e vivendo di grazia, sa di che cosa sto parlando.
Sono i veri momenti di Grazia, la vera medicina che Dio usa per guarirci dal male e davvero far conoscere la bellezza della salute spirituale.
Abbiamo bisogno di questa grazia: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati".
Come può infatti vivere una persona, se ha conservato ancora un briciolo di verità della vera vita in Dio, senza la Grazia della conversione? E' forse vera gioia quella di vivere con il peso del peccato? Credo proprio di no.
Come vorremmo anche noi provare la gioia del paralitico e sentirci dire da Gesù: 'Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati. Alzati e cammina".... Vivi in pienezza la tua vita!...
Credetemi è una grande gioia sentirsi in pace con Dio!
Così come dovrebbe essere una grande disgrazia vivere esclusi dall'amore del Padre, non perché Lui non ci voglia sempre bene, ma perché noi abbiamo deciso di voltarGli le spalle.
Dovremmo fare nostre le parole del profeta Isaia:
"Così dice il Signore: 'Non ricordate più le cose passate; non pensate più alle cose antiche! Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa ..
Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi.
Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe; anzi ti sei stancato di me, o Israele...
Ma io cancello i tuoi misfatti per riguardo a me, non ricordo più i tuoi peccati". (Is. 19,21-25) Non resta allora che accogliere il dolore, di qualunque sorta, per vederne seppur tra le lacrime, le ragioni più profonde: un compagno della vita, di tutti, senza eccezioni, ma soprattutto un'opportunità per farne la scalata verso la santità.
E' stata la strada dei santi ed è quello che tante volte si nota, come grande Grazia, visitando gli ammalati. Quante lezioni ci danno.
Che il Signore ci renda capaci di saper vedere nel dolore, ripeto, di qualunque natura sia - non certamente di quello frivolo, - la mano del Padre che ci sostiene, ci consola.
Il dolore non è una Sua 'creaturà e per questo ha mandato Gesù a salvarci dalla disperazione e dalla morte. Il dolore non possiamo evitarlo, ma con la Presenza amorevole e forte di Gesù possiamo accoglierlo come purificazione del cuore dal male o come espiazione, per renderei degni della vera gioia.

MERCOLEDI' delle CENERI: inizia il tempo santo della Quaresima.
C'è veramente bisogno che ci sia un tempo lungo, in cui ogni fedele metta da parte tanti aspetti solo umani, e si concentri su quel bene di estrema importanza che è la propria salvezza. La Quaresima vuole essere questo tempo di preparazione per 'risorgere' ogni giorno, vivendo intensamente il tempo che ci è donato, ma guardando al grande giorno della Resurrezione.
Resurrezione. Abbiamo tutti qualcosa da togliere, che è inutile se non dannosa nella nostra vita "Non vogliamo credere - scrive Paolo VI - che voi figli della nostra Chiesa, che ci ascoltate, non conosciate quale tipo di uomo risulti dalla disciplina dell'ascetica cristiana: risulta l'uomo forte, l'uomo libero, l'uomo seguace di Gesù Cristo. Si dirà forse da alcuni, sedotti da certe correnti amorali, che questo non può essere programma del figlio del nostro secolo, a cui si propone con tante blandizie di liberare finalmente se stesso abbandonandosi alla vita larga, che si chiama 'amoralità permissiva' e comporta una conversione a rovescio. Codesta bassezza è viltà e non chiamiamola 'libertà'. Non resta che ascoltare le parole di S. Paolo: "Gettiamo via le opere delle tenebre, rivestiamo le armi della luce". Non, dispiaccia imporre a noi stessi qualche maggiore vigilanza, qualche astinenza di cose vane e tentatrici. Questa è la palestra della Quaresima.
Non resta a noi tutti che entrare, ciascuno di noi, nella austerità della Quaresima: toglierci di dosso qualche aspetto o dissipazione che allontana dal vivere il tempo della Quaresima con serietà e sobrietà. Ciascuno, per quello che può, sappia toglie qualche cosa del superfluo, come prova della propria volontà di purificarsi dalle futilità, ma soprattutto - ed è quello che conta - impostiamo quotidianamente il nostro stile di vita, come segno di partecipazione alla Quaresima, soprattutto, aggiungerei, dedicando alla preghiera ed alla carità maggior tempo.
Insomma in qualche modo imitiamo Gesù che, prima di iniziare la sua vita pubblica, cercò la Parola del Padre e la forza dello Spirito nel deserto che, ancora oggi, visitando la Terra santa, si chiama il monte della Quarantena. L'importante è che ogni giorno porti il segno che viviamo la Quaresima. Se non ci sforziamo di cambiare vita e abitudini in questo tempo, quando lo faremo?
Che il Signore conceda a me e a tutti una Grazia: quella di una vera conversione, che è seguire Gesù nella morte 'a noi stessi', per aprirci alla pasqua di resurrezione.
"Donaci, o Dio onnipotente, di rinnovare, con propositi di vita più austera,
il nostro impegno cristiano, nella lotta contro lo spirito del male, e il coraggio di rinunce salutari".

lunedì 13 febbraio 2012

Scopriamo Santa Maria Faustina Kowalska - Quarantaseiesimo appuntamento

Torniamo ad approfondire la figura di Santa Faustina Kowalska, nota come l'Apostola della Divina Misericordia. Vediamo cosa ci mostra oggi il Suo Diario:

+ G.M.G. Wilno, 12.VIII.1935. ESERCIZI SPIRITUALI DI TRE GIORNI.
La sera del giorno precedente gli esercizi spirituali, durante l'assegnazione serale dei punti della meditazione, udii queste parole: « Durante questi esercizi spirituali ti parlerò per bocca di questo sacerdote, al fine di rassicurarti e rafforzarti sulla veridicità delle parole che ti rivolgo nel profondo dell'anima. Sebbene gli esercizi spirituali li facciano tutte le suore, tuttavia ho un riguardo particolare per te, per rafforzarti e toglierti ogni paura di fronte a tutte le contrarietà che ti attendono. Ascolta perciò attentamente le sue parole e meditale nel profondo dell'anima». Oh! come restai stupita, dato che tutto quello che il padre diceva sull'unione con Dio e sugli impedimenti a tale stretta unione, io l'avevo vissuto alla lettera nell'anima e l'avevo ascoltato da Gesù, che mi parla nel profondo dell'anima. La perfezione consiste in questa stretta unione con Dio. Nella meditazione delle dieci, il Padre parlò della Misericordia di Dio e della bontà di Dio verso di noi. Disse che, se si esamina la storia del genere umano, si vede ad ogni passo la grande bontà di Dio. Tutti gli attributi di Dio come l'onnipotenza, la sapienza, contribuiscono a rivelarci quest'unico attributo, che è il più grande, cioè la bontà di Dio. La bontà divina è il più grande attributo di Dio. Tuttavia molte anime che tendono alla perfezione non conoscono questa grande bontà di Dio. Tutto quello che il Padre ha detto durante questa meditazione sulla bontà di Dio, corrispondeva a tutto quello che Gesù aveva detto a me e si riferiva strettamente alla festa della Misericordia. Adesso in verità ho compreso chiaramente quello che il Signore mi aveva promesso e non ho più alcun dubbio: la parola di Dio è chiara ed evidente. Durante tutto il tempo della meditazione vidi Gesù sull'altare, in veste bianca, che teneva in mano il mio quaderno, nel quale sto scrivendo queste cose. Durante tutta la meditazione sfogliò le pagine del quaderno e taceva; il mio cuore però non riuscì a sopportare l'ardore che si era acceso nella mia anima. Nonostante gli sforzi della volontà per dominarmi e non far sapere a quelli che mi stavano attorno ciò che avveniva nella mia anima, verso la fine della meditazione, sentii che ero completamente fuori di me. Ad un tratto il Signore mi disse: « In questo quaderno non hai scritto tutto sulla Mia bontà verso gli uomini; desidero che non tralasci nulla. Desidero che il tuo cuore si consolidi in una completa tranqaillità ». O Gesù, il mio cuore si arresta quando penso a tutto quello che fai per me. Ti ammiro, Signore, perché Ti abbassi fino alla misera anima mia. Che sistemi impensabili usi per convincermi! È la prima volta in vita mia che faccio un corso di esercizi spirituali di questo genere; comprendo in modo particolare e chiaro ogni parola del Padre, dato che tutto questo l'ho vissuto prima nella mia anima. Ora vedo che Gesù non lascia nel dubbio un'anima che Lo ama sinceramente. Gesù desidera che l'anima, che tratta con Lui nel modo più stretto, sia pienamente tranquilla, nonostante le sofferenze e le contrarietà. Comprendo bene ora che ciò che unisce nel modo più stretto un'anima a Dio è il rinnegamento di sé, cioè l'unione della nostra volontà alla volontà di Dio. Ciò rende l'anima libera, facilita un profondo raccoglimento dello spirito, rende leggere tutte le pene della vita e dolce la morte. Gesù mi ha detto che se avrò qualche dubbio su quanto si riferisce alla festa od anche in merito alla fondazione della Congregazione «come pure su qualunque cosa di quello che ti ho detto nel profondo dell'anima, ti risponderò subito per bocca di quel sacerdote ». Durante la meditazione sull'umiltà, mi era ritornato il vecchio dubbio, che un'anima così misera come la mia, non poteva realizzare il compito, che il Signore esigeva. Mentre io rimuginavo su questo dubbio, il sacerdote che ci predicava gli esercizi, interruppe l'argomento e disse proprio quello che riguardava il mio dubbio, cioè che Dio sceglie in prevalenza come strumenti, per realizzare le Sue opere più grandi, le anime più deboli e più semplici. « E questa è una verità incontestabile; guardiamo infatti chi ha scelto per apostoli oppure esaminiamo la storia della Chiesa, e vedremo che grandi opere hanno compiuto anime che erano le meno adatte a ciò, perché proprio in questo le opere di Dio si rivelano come tali». Quando il dubbio mi scomparve completamente, il sacerdote ritornò sul tema dell'umiltà. Gesù, come al solito durante ogni predica, stava sull'altare e non mi disse nulla, ma col Suo sguardo penetrò amabilmente la mia povera anima, che non ebbe più alcuna scusa. Gesù, vita mia, sento bene che mi stai cambiando in Te, nel segreto dell'anima, dove i sensi scorgono ben poco. O mio Salvatore, nascondimi tutta nel profondo del Tuo Cuore e difendimi coi Tuoi raggi da tutto ciò che m'allontana da Te. Ti prego, Gesù, fa' che questi due raggi, che sono usciti dal Tuo misericordiosissimo Cuore, rafforzino continuamente la mia anima.

AL MOMENTO DELLA CONFESSIONE.
Il confessore mi domandò se in quel momento c'era Gesù e se Lo vedevo. « Sì, c'è e Lo vedo ». Mi ordinò di chiedere informazioni su certe persone. Gesù non mi rispose nulla, ma guardò verso di lui. Però, finita la confessione, mentre facevo la penitenza, Gesù mi disse queste parole: «Va' e confortalo da parte Mia ». Pur non comprendendo il significato di queste parole, ripetei immediatamente ciò che Gesù mi aveva ordinato di dire. Per tutto il periodo degli esercizi, fui continuamente in contatto con Gesù e trattai con Lui intimamente con tutta la forza del mio cuore. Il giorno della rinnovazione dei voti. All'inizio della santa Messa vidi come al solito Gesù che ci benedisse ed entrò nel Tabernacolo. Ad un tratto vidi la Madonna con una veste bianca, un manto azzurro e col capo scoperto, che dall'altare venne verso di me, mi toccò con le Sue mani, mi copri col Suo manto e mi disse: « Offri questi voti per la Polonia. Prega per essa ».

domenica 5 febbraio 2012

Se Tu vuoi, puoi guarirmi

Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo la pagina evangelica che ci mostra come tutti andavano da Gesù in cerca di guarigione, attraverso il commento di mons. Antonio Riboldi:

C'è nei comportamenti di Gesù, in quei primi approcci con la gente comune - così come ce lo presenta l'evangelista Marco - qualcosa che seguita a stupirci e avrà certamente affascinato quanti Lo avvicinavano. Facile capire come, al suo apparire sulla scena pubblica, dopo tanto silenzio a Nazareth, si sia fatto tanta strada tra la gente povera immediatamente, non solo per le sue Parole, ma per al Sua attenzione a quelli che soffrivano. Un' attenzione che non era solo pura compassione, ma andava oltre, fino al miracolo.
La gente a volte si lascia affascinare dalle parole di uno - e sappiamo come è facile imbastire un discorso, magari solo di bravura, ma senza concreti contenuti, discorsi che sono solo 'chiasso', amato da chi non riflette - ma Gesù affascinava, lasciando senza parole per lo stupore, quanti si accostavano a Lui, chiedendoGli l'impossibile per noi: essere guariti da una malattia. E la ottenevano. Nello stesso tempo, sapendo di essere oggetto di ammirazione e non volendo comunicare solo stupore, ma lasciare un segno concreto di divinità, per fare strada poi alla missione vera, affidata alla PAROLA, che annunciava il VANGELO della SALVEZZA: una salvezza che, per tutti, è ben più grande di una guarigione.
Poiché la gente si lascia tante volte incantare da eventi fuori del comune, Gesù davanti a questo atteggiamento preferisce fuggire, cercando di cancellare ogni errore si potesse compiere nella esatta interpretazione della sua missione tra noi, che aveva obbiettivi ben diversi dalle semplici attese della gente: la nostra totale guarigione dal male e quindi la salvezza.
Ma quante volte cadiamo anche noi nella tentazione di cercare in Dio solo la soluzione ai nostri problemi o difficoltà della vita quotidiana, dimenticando che Dio ha nell'amarci il solo obbiettivo di donarci la salvezza per sempre in Paradiso, pur prendendosi cura personalmente di ciascuno di noi, ma secondo i misteriosi 'pensieri' del Suo cuore, ben conoscendo qual è il nostro vero bene. Racconta il Vangelo di Marco:
"In quel tempo venne a Gesù un lebbroso, lo supplicava in ginocchio e gli diceva: 'Se vuoi, puoi guarirmi'. Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: 'Lo voglio, guarisci!'. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: 'Guarda di non dire niente a nessuno, ma VA', PRESENTATI AL SACERDOTE e offri la tua purificazione, quella che Mosé ha ordinato a testimonianza per lorò. ma quegli allontanatosi cominciò a promulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti e venivano a Lui da ogni parte". (Mc. 1,40-45)
Può forse meravigliare come Gesù fugga dalla folla dopo avere guarito il lebbroso, ma la sua fuga nel deserto, era un chiaro messaggio, che il Messia, era venuto tra di noi dal Cielo, non tanto per guarire l'uomo dalle malattie fisiche. Sapeva molto bene che la salute fisica è un bene, ma non definitivo, proprio per la nostra fragilità creaturale. E sarebbe stata, la Sua presenza tra di noi, in questo caso, una visita da 'medico della mutua', che non può assicurare, mai, la salute per sempre.
A Gesù stava a cuore un'altra salute, quella eterna, ossia salvarci dal peccato e quindi farci degni del Paradiso per sempre. Sappiamo tutti per esperienza che questa vita è un passaggio. Un passaggio che, nella volontà di Dio che ci ha creato, non doveva esserci.
Dio ci aveva creati a Sua Immagine e quindi felici e incorruttibili. E' stata la disobbedienza dei nostri progenitori ad allontanarci dal Padre e quindi a dover subire quella che è un campo di prova per tornare degni di essere di Dio, liberandoci dalla vera malattia che è il peccato.
Purtroppo le indicazioni che oggi, più che mai, arrivano dal mondo è di disinteresse per la verità del vero fine del nostro esistere, non siamo aiutati a comprendere quale sia il nostro vero bene, cioè purificarci dal male e quindi riscattarci per il Paradiso. La salvezza eterna, per troppi, non è il primo bene da cercare, e quindi non si riesce a comprendere che occorre fare delle difficoltà, comprese le malattie, una via, un mezzo, un 'trampolino di lanciò, per purificarsi dal vero male e presentarsi a Dio con la veste della santità.
Fa davvero impressione, a chi è stato in pellegrinaggio a Lourdes o Fatima o Medjugorie come gente, andata in questi luoghi di preghiera, per guarire fisicamente, affidandosi alla bontà di Maria, nostra amata Mamma in Cielo, alla fine si sia trovata davvero 'guarita dentrò, provando una grande serenità interiore, dopo aver come intravisto proprio la malattia e la sofferenza possano essere una strada privilegiata verso il Cielo.
Ricordo le diverse visite a Lourdes, avendo avuto come vescovo il privilegio di presiedere la meravigliosa processione eucaristica e al termine di benedire solennemente i malati, schierati a cerchio. Ero stupito dalla loro serenità, come se avessero compreso che la vera salute è l'amore di Dio che si trasmetteva, attraverso l'Eucarestia. Mai visto un gesto di stizza per non essere stati guariti... ma, al contrario, rinnovata fiducia e serenità.
Noi, impregnati di materialismo, a volte non riusciamo a vedere il bello che Dio dà a noi attraverso le prove della vita o le tante povertà di ogni genere. Eppure quante volte, visitando gli ammalati, si rimane meravigliati dal sorriso sul volto di chi sa con fede vedere nel male una occasione di amore che va oltre la salute. E' vero che Dio ci ha creati per la felicità, ma è anche vero, come Gesù sulla croce, che tale felicità è una conquista che passa nella sofferenza. Chi ha poca fede difficilmente sa scorgere nel male un'occasione per guarire. Capita a volte di trovare poveri, o gente sfortunata, che sanno accettare tutto: è quello che più meraviglia e dove mette in discussione la nostra sola fiducia nello stare fisicamente e materialmente bene, per offrire il grande bene della nostra carità.
Scriveva Paolo VI, pensando ai tanti poveri di ogni genere, che sono la stragrande maggioranza degli uomini sulla terra:
"Viene subito in mente una folla di pensieri, che ci fa sperimentare come sotto la lineare semplicità del Vangelo si racchiudano profondità immense e realtà straordinariamente complesse.
E' molteplice il numero dei fortunati che compongono l'umanità vittoriosa: molteplice nelle forme, nei tipi della santità per cui si accede al regno dei cieli. I santi sono molti, le forme di santità sono molte, come le beatitudini che canonizzano diversi modi dell'esperienza umana trasfigurata dallo Spirito di Cristo."
Parlando di beatitudini scrive ancora Paolo VI: "Le beatitudini rivelano una grande forza morale. Cristo, annunciando le beatitudini, sposta i cardini dell'operare umano. Sposta quello terminale, quello a cui tende necessariamente il nostro operare, cioè la felicità, dal presente al futuro, da questa vita presente a quella del futuro, da questa vita presente ad un'altra vita successiva, dal tempo alla eternità, dal regno della terra a quello del Cielo. Insegnava il grande Bossuet: 'Tutto lo scopo dell'uomo consiste nell'essere felice'. Gesù Cristo non è venuto che per darcene il mezzo. Mettere la felicità dove si deve, è la sorgente di ogni bene, e la sorgente di ogni male è metterla dove non si deve. Diciamo dunque, io voglio essere felice. Vediamo i mezzi per raggiungerla. Stabilire in Dio il fine dell'uomo e indicare il modo per raggiungerlo è l'innovazione più grande: è la fondazione di un nuovo modo di vivere (Paolo VI, l Novembre 1960)
E vorrei a questo punto farmi vicino a quanti soffrono fisicamente o materialmente o per tante altre ragioni. Lo so molto bene che è difficile dire parole quando il fratello soffre. Ma è una grande carità sapere mettersi nei loro panni e condividere la sofferenza. Può sembrare poco, ma è tanto: senza questa solidarietà la vita diventa un vero inferno, che si può evitare. E non pensiamo mai che le difficoltà o la sofferenza siano un castigo. Fanno parte della nostra vita terrena e mirano, se accolte con fede, a costruire la felicità eterna con Dio. Facciamo nostra la preghiera di santa Faustina:
"O mio Gesù, dammi la forza di sopportare le sofferenze, in modo che non mi rifiuti di bere il calice dell'amarezza. Aiutami tu stesso, affinché il mio sacrificio sia gradito:
non lo contamini l'amor proprio, anche se si prolunga negli anni.
La purezza di intenzioni te lo renda ben accetto, sempre nuovo e vitale. La lotta perenne, uno sforzo incessante, questa è la mia vita, per adempiere la santa volontà:
ma tutto ciò che è in me, sia la miseria che la forza, tutto ti lodi, o mio Signore".
E voglio assicurare che i malati che mi leggono o quanti soffrono, sono al centro del ricordo nella
mia S. Messa quotidiana, perché il Padre doni forza e serenità.
Che nulla vada perso agli occhi del Padre!

mercoledì 1 febbraio 2012

Alle sorgenti della Pietà - XXVI parte

Torniamo a meditare con l'opera di don Luigi Fusina che ha raccolto alcune meditazioni rivolte a semplici fedeli e capaci di sollecitare in loro un senso di meditazione e riflessione sulle grandi verità che generano nell'anima la vera pietà cristiana:


- Capitolo 24 -

"HA PARLATO PER MEZZO DEI PROFETI"

 RIVELAZIONE E ISPIRAZIONE 

Abbiamo visto, nei capitoli precedenti, il significato di quelle parole del Credo in cui si dice: Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita.

Ora vorrei meditare con voi le altre, che dicono: "ed ha parlato per mezzo dei profeti". Con questa espressione la Chiesa proclama la sua fede nella divina rivelazione e nella ispirazione della Bibbia. Sono due realtà molto interessanti per la nostra vita cristiana.

Dico due realtà perché altro è la divina rivelazione, altro l'ispirazione della Bibbia.

La fede cattolica proclama che alla fonte di queste due realtà sta l'azione divina dello Spirito Santo.

1° - La prima realtà è la divina rivelazione.

Che cosa intendiamo noi con queste parole? Immaginatevi di essere in una piazza all'inaugurazione di un monumento. La statua è coperta da un velo tricolore che la nasconde ai nostri occhi. Il sindaco tira una cordicella ed il velo cade a terra e vien tolto. Ed ecco appare il monumento in tutta la sua bellezza. La gente batte le mani felice e lo scultore della statua viene congratulato da tutti. E' commosso per la gloria che ne riceve. Poi il sindaco fa un discorso e spiega il perché di quel monumento illustrandone il significato. Così tutta la gente lo capisce e lo ammira ed ogni volta che passa da quel luogo, guardando quel monumento, rivive l'avvenimento che esso ricorda, il fatto glorioso o la persona famosa alla cui memoria e gloria è stato innalzato.

Ebbene, Dio ha fatto proprio così nella storia della salvezza. Egli ha innalzato numerosi monumenti per richiamare il suo amorevole disegno paterno verso l'uomo peccatore: la sua volontà di salvarlo ad ogni costo. Questi monumenti sono i grandi fatti storici che costellano i secoli della vicenda umana, da quando siamo stati creati fino all'ultimo giorno del mondo. Con linguaggio biblico-liturgico vengono chiamati "memoriali".

Il monumento centrale è la Croce Gloriosa di Cristo, ossia il mistero dell'Incarnazione, della Passione, della Morte, della Risurrezione, della Glorificazione di Gesù e dell'effusione dello Spirito Santo ai credenti. Ma attorno a questo avvenimento centrale e fondamentale ce ne sono molti altri sia nell'Antico, come nel Nuovo Testamento. Ebbene Dio si è servito di alcuni uomini per rivelarci il mistero racchiuso in questi fatti. Con le parole Egli ha tolto il velo che copriva questi misteri. Ecco da dove viene la parola rivelazione: significa appunto togliere il velo perché tutti possano vedere quello che Dio ha fatto, fa e continuerà a fare per tutti noi e per ciascuno di noi!

Gli uomini che hanno prestato la loro voce a Dio si chiamano ro eti. (Profeta vuol dire: colui che parla in nome di Dio).

In questi "profeti" Dio ha agito in tempi e modi diversi.

- A volte appariva loro in visione e rivelava loro i suoi progetti: così ha fatto con Abramo e Mosè.

- A volte, invece, li illuminava nel sonno con sogni che non erano frutto della fantasia, ma che venivano da Dio: così accadde a Giuseppe l'ebreo, quello che venduto dai fratelli divenne vicerè dell'Egitto. E così accadde anche a San Giuseppe, lo sposo di Maria.

- Altre volte ancora Dio illuminava la mente del profeta facendogli capire la divina volontà, il disegno della salvezza, i progetti del suo cuore. Allora il profeta si sentiva invaso da una luce interiore sconosciuta e soprannaturale e sapeva con certezza assoluta che in quel momento Dio parlava dentro di lui e lo spingeva a proclamare le parole del Signore al popolo. Così accadde ad Isaia, a Geremia ed a tanti altri profeti.

- Spesso Dio univa insieme visioni e parole interiori e rivelava al profeta anche cose future. In questo caso il profeta, pur sapendo di parlare in nome di Dio e di rivelare il futuro non capiva fino in fondo il significato di quello che profetizzava per cui era costretto a ricorrere a parole e ad immagini che, a prima vista, sembrano oscure, ma quando il futuro si realizza, appaiono in tutta la luce della loro verità.

- Infine alcune volte il profeta sentiva l'impulso interiore di esortare il popolo alla conversione, di richiamarlo dal peccato, di minacciarlo dei divini castighi e lo faceva con parole sue e con sentimenti suoi, anche se sapeva che era Dio stesso a volere ciò. Così è accaduto spesso ai vari profeti dell'Antico e del Nuovo Testamento.

Notate bene che non sempre il carisma della profezia era unito alla santità della vita. Dio si è sempre mantenuto libero nelle sue scelte. Talvolta si è servito anche di gente pagana ed idolatra (come Balaam), in certi casi anche di persone indegne e cattive, come accadde al pontefice ebreo Caifa quando affermò: "E' meglio che Gesù solo muoia per tutti noi, piuttosto che i Romani vengano a massacrarci" e così, senza saperlo e senza volerlo (come recita il Vangelo) egli disse una grande verità e cioè che Gesù è morto al nostro posto, per noi tutti. La Chiesa insegna che nei profeti è lo Spirito Santo che agisce e parla e perciò che dai loro gesti e dalle loro parole noi veniamo a conoscere il disegno di Dio sul mondo. Ecco: questa è la divina rivelazione!

Essa ha il suo centro in Gesù: Gesù è il Profeta per eccellenza. Egli infatti non solo ci dice di Dio cose che nessun altro ha mai detto né potrà dire, ma addirittura mostra Dio in se

stesso: "Chi vede Me, vede il Padre!". Per questo ogni altra rivelazione deve essere verificata con la rivelazione di Gesù e trova il suo compimento nella persona di Lui, nelle sue parole e nella sua opera.

Per questo anche non è possibile un'ulteriore rivelazione che aggiunga qualcosa alla rivelazione di Gesù. Certo, lo Spirito Santo ha ancora dei profeti in questo mondo e ne avrà sempre, ma essi non sono più chiamati a portare messaggi nuovi, bensì a richiamare ed a rischiarare il grande messaggio di Gesù, la sua Buona Novella. Oggi Dio ha dotato il suo popolo con un carisma nuovo: quello che ha affidato al Papa ed ai Vescovi, il carisma dell'infallibilità per confermare nella vera fede tutti i fratelli. Di fronte a nuove, presunte, rivelazioni stiamo ben attenti se siano in perfetta armonia con il Vangelo del Signore ed accolte come autentiche dalla Chiesa e dal suo Magistero. Purtroppo oggi c'è molta gente che corre a cercare rivelazioni a destra ed a sinistra... Gesù stesso e gli apostoli ci hanno messo in guardia da questa pericolosa insidia di Satana!

Il poeta Dante, raccogliendo la vera saggezza cristiana, afferma:

Avete il Vecchio e Nuovo Testamento e il Pastor della Chiesa che vi guida. Questo vi basti a vostro salvamento.

2° - Veniamo ora all'altro carisma dello Spirito Santo: quello dell'ispirazione.

Con questa parola intendiamo quell'azione dello Spirito mediante la quale, uomini scelti ed illuminati da Dio, hanno scritto tutte e solo quelle cose che Egli voleva trasmetterci. Nel corso dei secoli lo Spirito Santo si è posato su certe persone (profeti e non, apostoli e non) ed ha agito in esse con una triplice azione soprannaturale:

a) le ha spinte a mettere per iscritto alcune cose (fatti, discorsi, poesie, ecc.);

b) le ha illuminate perché scrivessero tutto e solo quello che Egli voleva fosse scritto;

c) le ha assistite perché nello scrivere non tradissero in nessun modo la verità, ma la servissero anche con la scelta delle stesse parole usate.

Queste persone, che usiamo chiamare autori sacri, agiografi o anche uomini ispirati non sempre erano i profeti. Spesso erano i loro segretari, o i loro discepoli: così, per esempio, il vangelo di S. Marco è stato scritto da Marco, discepolo di Pietro, pur contenendo la predicazione dell'apostolo. Altrettanto avvenne soprattutto per i profeti dell'Antico Testamento. Gli stessi discorsi di Gesù non sono stati scritti da Lui, ma dai suoi discepoli.

I profeti perciò erano illuminati dallo Spirito Santo affinché trasmettessero agli uomini la divina rivelazione; invece gli scrittori sacri erano ispirati affinché la scrivessero secondo il desiderio dello Spirito.

Non tutto ciò che è stato rivelato, è stato anche scritto, specialmente nel Nuovo Testamento. Per questo la Chiesa attinge la divina rivelazione dalla predicazione apostolica che arriva a noi e nella Sacra Scrittura e nella Sacra Tradizione.

Ecco come ne parla il Concilio Vaticano 11:

"La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un unico sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa. La Chiesa ha sempre considerato e considera le Divine Scritture, insieme con la Sacra Tradizione, come la regola suprema della propria fede: esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, impartiscono immutabilmente la Parola stessa di Dio e fanno risuonare, nelle parole dei Profeti e degli Apostoli, la voce dello Spirito Santo".

I santi Padri della Chiesa paragonano l'ispirazione biblica all'incarnazione di Cristo. E, a dire il vero, il paragone è quanto mai significativo.

a) Chi è che si incarna nel seno di Maria? E' il Verbo di Dio, cioè la Parola Persona, il Figlio Eterno del Padre.

E chi è che si rivela nelle sacre scritture? E' sempre Lui, la Parola Vivente di Dio.

b) In che modo si incarna il Verbo nel seno di Maria?

Si incarna per l'azione divina dello Spirito Santo. Gesù è il frutto dell'opera dello Spirito.

Così avviene nella Bibbia. E' l'azione dello Spirito che incarna, per così dire, la Parola Eterna di Dio ispirandola al sacro scrittore.

c) Come si incarna in Maria il Verbo di Dio?

Si incarna in un determinato momento storico, assumendo un determinato aspetto fisico, parlando, vivendo, agendo secondo la mentalità e le modalità di quel momento e di quel luogo.

Così è avvenuto anche per l'ispirazione della Bibbia. Lo Spirito Santo ha illuminato gli scrittori sacri, ma li ha lasciati nella loro situazione terrena di ambiente, di linguaggio, ecc. La Bibbia è stata scritta per tutti gli uomini di tutti i tempi: essa porta un messaggio divino che è sempre attuale.

Però la parola che incarna questo messaggio rispecchia una mentalità, un carattere, una particolare situazione storica. E come per capire Gesù mi è necessario uno sforzo per entrare nel suo tempo e nel suo linguaggio, così devo fare per capire la Bibbia. Essa mi porta sì un messaggio per me oggi, ma lo porta rivestito di parole umane frutto di una situazione e di una mentalità.

Ecco perché, tra l'altro, noi abbiamo bisogno di una guida e di una maestra nella lettura e nella comprensione della Scrittura. Questa guida e questa maestra è la Santa Chiesa:-

L'apostolo San Pietro scrive in proposito:

"Per mezzo dello Spirito Santo mandato dal Cielo, alcuni uomini vi hanno portato il messaggio del Vangelo...". E ancora: "Le parole dei profeti sono degne di fiducia, oggi più di prima. E voi farete bene a considerarle con attenzione. Esse sono come una lampada che brilla in un luogo oscuro, fino a quando non comincerà il giorno, e la stella del mattino illuminerà i vostri cuori. Soprattutto sappiate una cosa: gli antichi profeti non parlavano mai di loro iniziativa, ma furono uomini guidati dallo Spirito Santo e parlavano in nome di Dio. Perciò nessuno può spiegare con le sue sole forze le profezie che ci sono nella Bibbia" (cfr 2Pt 1,19-21) .

CONTEMPLAZIONE

Negli Atti degli Apostoli ci viene raccontato un fatto molto significativo per chi vuole conoscere la Bibbia. Chissà quante volte sarà capitato anche a te di non capire quello che leggi. Ebbene, hai vicino a te la Chiesa che, guidata dallo Spirito Santo, ti può condurre alla verità, Contempla questo episodio mettendoti umilmente accanto al ministro della regina Candàce.

Atti degli Apostoli cap. 8

Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: «Alzati, e và verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta».

Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etíope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme, se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia.

Disse allora lo Spirito a Filippo: «Và avanti, e raggiungi quel carro».

Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?».

Quegli rispose: «E come lo potrei se nessuno mi istruisce?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui.

Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora fu condotta al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.

E rivoltosi a Filippo l'eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?».

Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: «Ecco qui c'è acqua; che- cosa mi impedisce di essere battezzato?».

Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò.

Quando furono usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.