Per quanto riguarda la struttura essenziale del primo annuncio, è opportuno tenere presenti alcuni elementi irrinunciabili: la testimonianza della carità, come via privilegiata per l’evangelizzazione, sostenuta da una fede matura e consapevole; il dialogo schietto e cordiale con le persone, per far emergere interessi, interrogativi, ansie e speranze, riflessioni e giudizi, che confluiscono nel desiderio di dare o ridare un senso alla vita; la narrazione dell’evento pasquale come la vera, efficace “buona notizia” per colui che la comunica e colui che la riceve, per l’uomo di oggi e di sempre; la promessa del dono dello Spirito e della sicura efficacia del messaggio della Pasqua anche nella vita dell’ascoltatore, se esso verrà accettato nella fede; l’esortazione ad aderire al messaggio cristiano consegnandosi a Cristo liberamente, totalmente, senza riserve e senza rimpianti; l’indicazione della via da seguire fino ad arrivare al battesimo o alla sua riscoperta, per entrare o rientrare nella Chiesa e seguire un percorso di catechesi e di conversione permanente.
La pedagogia della fede terrà nel debito conto tutte quelle attenzioni e gli atteggiamenti conseguenti, ispirati al comportamento di Cristo: l’accoglienza dell’altro come persona amata e cercata da Dio; l’annuncio schietto e lieto del Vangelo; uno stile di benevolenza sincera, rispettosa e cordiale; l’impiego intelligente di tutte le risorse della comunicazione interpersonale. La prima trasmissione del messaggio cristiano richiede inoltre che ci si attenga a quei criteri fondamentali che fanno parte del tesoro di pedagogia della fede, acquisito dalla Chiesa lungo i secoli: l’attenzione alla segreta azione dello Spirito Santo, primo e insostituibile Maestro che guida alla verità tutta intera, il protagonista di tutta la missione ecclesiale; la cura della relazione interpersonale e del processo del dialogo; la fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo in uno stesso atteggiamento di amore; l’attenzione a non entrare mai nel giudizio delle coscienze, ricordando le parole di san Paolo: «Accogliete chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni» (Rm 14,1) e ancora: «Esaminate voi stessi, se siete nella fede» (2Cor 13,5).
21. Il ministero del vescovo e la coscienza missionaria della parrocchia
In quanto successori degli apostoli, testimoni oculari e araldi diretti del Risorto, i vescovi sono i primi annunciatori del Vangelo pasquale, come indica il rito dell’imposizione dell’evangeliario nella liturgia di ordinazione episcopale. A loro è rivolto l’invito: «Annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno» (2Tm 4,2); essi hanno il compito e di far risuonare nella propria Chiesa particolare il messaggio della Pasqua, in modo che raggiunga non solo i credenti, ma anche i non cristiani o coloro che, pur battezzati, dopo un periodo di lontananza, desiderano “ricominciare” un cammino di riscoperta della fede, come indicato nella terza nota sull’iniziazione cristiana[38]. In questo senso la visita pastorale, che ogni vescovo è tenuto a fare almeno ogni cinque anni per tutta la diocesi,[39] costituisce una valida occasione per tenere alta la coscienza missionaria e l’effettiva capacità evangelizzatrice di ogni comunità parrocchiale.
La parrocchia, a sua volta, dovrà porre un’attenzione particolare per curare la vita di fede di quanti già sperimentano la bellezza della vita cristiana, senza però dimenticare quanti non incrociano più i suoi percorsi, come pure senza trascurare mai coloro che frequentano più per convenzione sociale che per convinzione profonda e consapevole. «L’esperienza pastorale attesta, infatti, che non si può sempre supporre la fede in chi ascolta. Occorre ridestarla in coloro nei quali è spenta, rinvigorirla in coloro che vivono nell’indifferenza, farla scoprire con impegno personale alle nuove generazioni e continuamente rinnovarla in quelli che la professano senza sufficiente convinzione o la espongono a grave pericolo. Anche i cristiani ferventi, del resto, hanno sempre bisogno di ascoltare l’annuncio delle verità e dei fatti fondamentali della salvezza e di conoscerne il senso radicale, che è la “lieta novella” dell’amore di Dio»[40]. La parrocchia assolverà questo compito, innervando di primo annuncio tutte le azioni pastorali: la catechesi, che non potrà non cominciare o ripartire dalla prima evangelizzazione e dovrà sempre ricondurre al cuore vitale del messaggio cristiano; la celebrazione eucaristica, in cui si annuncia la morte del Signore, si proclama la sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta; l’omelia, parte della stessa liturgia, che ha tra le sue finalità principali quella di condurre i fedeli a rinnovare l’atto di fede; la testimonianza della carità, perché a tutti, soprattutto ai più bisognosi, sia annunciato il Vangelo della carità e insieme venga comunicata a tutti la carità del Vangelo.
Se quindi sarà soprattutto la vita ordinaria della parrocchia a mostrare come in essa rimanga sempre accesa la lampada dell’annuncio pasquale, andranno anche ripensate con fantasia pastorale le tradizionali occasioni straordinarie – come feste, pellegrinaggi, centri di ascolto del Vangelo, visita pasquale alle famiglie – perché la luce di Cristo risorto raggiunga, possibilmente, il cuore di tutti coloro che vivono e operano nel territorio.
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