domenica 15 gennaio 2012
Fede e Testimonianza
Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: quest'oggi, meditiamo la pagina evangelica al cui centro vi sono i discepoli che decidono di rimanere con Gesù, attraverso il commento di mons. Antonio Riboldi:
Sappiamo tutti come il mondo vada in cerca di persone che sappiano trasmettere, non solo la bellezza della vita, ma anche quelle virtù nascoste che Dio ha certamente deposto in noi e che hanno bisogno di manifestarsi concretamente.
Non suscita, se non freddezza, chi nella vita in qualche modo non dà spettacolo di grandi valori. Ognuno di noi sente la necessità di essere quelli che davvero siamo, forse senza che ce ne accorgiamo: testimoni di quella bontà e bellezza che è l'immagine che Dio ha messo in noi con il Battesimo e dovrebbe essere composta nelle ferialità della fede e della vita.
L'uomo guarda all'apparenza e vuole apparire, tranne le persone umili che cercano di nascondere la bontà che abita nel loro cuore, ma ottenendo di fatto un effetto meraviglioso: è proprio quella umiltà che diventa luce per chi osserva. Ed è di questi fratelli e sorelle che sentiamo il bisogno che ci siano tra noi per trovare anche noi il coraggio di dare alla vita il suo vero senso, che nasce da quei valori e quella bellezza che deve risplendere in ciascun essere umano.
Fanno molto rumore i tanti che si affidano alla fama ed al successo nel mondo, ma è un successo che ha vita breve.
Suscita spesso tanta compassione quel modo di esprimersi per affermare una fama che è davvero basata sul niente: "Lo sai chi sono io?". Suscita compatimento, conoscendo quanto pietosi siamo agli occhi di Dio - ma proprio per questo da Lui tanto amati! - Lui, che è la vera bellezza che trasmette ai santi.
Ed è quello che racconta oggi il Vangelo, descrivendo l'inizio della missione di Gesù tra di noi, per indicare con la Parola e la vita la via per arrivare a essere figli di Dio.
"Il giorno dopo, Giovanni (il Battista) stava ancora là con due suoi discepoli e, fissando gli occhi su Gesù che passava, disse: 'Ecco l'agnello di Dio!'. I due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che Lo seguivano, disse: 'Chi cercate?'. Gli risposero: 'Rabbì (che significa Maestro), dove abiti?'. Disse loro: 'Venite e vedete'.
Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui: erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due, che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: 'Abbiamo trovato il Messia, che significa il Cristo, e lo condusse da Gesù'.
Gesù, fissando lo sguardo su di lui disse: 'Tu sei Simone, il figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa (che significa Pietro)' ". (Gv. 1,35-42)
Fa davvero impressione come Gesù attira i discepoli di Giovanni e subito li chiama.
Ma cosa aveva Pietro di tanto interessante, - come a volte pensiamo noi - da richiamare l'attenzione di Gesù che poi lo inviterà a seguirLo?
Una storia, quella di Pietro, fatta di grandezza d'animo, di generosità, ma anche di quella debolezza, tutta umana, che lo porterà, di fronte alla prova, nella passione di Gesù, per paura, a rinnegarne la conoscenza. Un errore che rivela tutta la fragilità, che è nella nostra natura, nonostante la nostra presunzione, e che Pietro riscatterà solo dopo la resurrezione, quando, a Gesù che gli chiedeva" Mi ami?", per tre volte, senza esitare risponderà: "Signore tu lo sai che ti voglio bene", cancellando il suo errore e ricevendo così da Gesù, quasi a ricambiare questo amore ormai saldo e fedele, la missione di guidare la Sua Chiesa.
Episodi che richiamano alla nostra mente la nostra generosità, quando affermiamo la nostra fede e amore a Dio, ma nello stesso tempo, anche quando, di fronte alla necessità, ci comportiamo come Pietro. Ma guardando proprio a lui, sappiamo che possiamo sempre ravvederci, rinnovando il nostro amore a Cristo, con sincerità e umiltà di cuore: "Signore, tu sai che ti voglio bene, anche se sono povero e miserò.
Viene alla memoria l'incontro che ebbi con Madre Teresa di Calcutta, in una assemblea di giovani. Alla domanda che le venne fatta se, tornando per ipotesi indietro e sapendo delle difficoltà che avrebbe incontrato, avrebbe ancora seguito la chiamata di Gesù, dopo una lunga pausa di silenzio rispose: "Gli direi di no". Un 'no' che fu come un gelo calato su quel migliaio di giovani. Attendevano una risposta che andasse contro le paure della vita per seguire Gesù o un ideale, e la risposta non era quella che si erano aspettati.
Ricordo che, stando a fianco della Madre, anch'io fui allibito, senza riuscire a comprendere la sua risposta, perché davo per scontato un eroico "sì" da lei.
Di fronte alla sgomento di tutti, le chiesi se aveva capito bene la domanda. Serena mi rispose di "sì". Ci fu un silenzio strano nell'assemblea, il silenzio che non si arrende ad un sogno che abbiamo tutti, di riuscire nel bene a superare le inevitabili difficoltà. Dopo qualche attimo di riflessione, che parve un'eternità, Madre Teresa, con uno straordinario sorriso, diede una risposta, che fa risuonare quella di Pietro a Gesù: 'Ma Gli voglio tanto bene che Gli direi di sì'.
E' l'atteggiamento di tantissimi martiri, anche oggi, che di fronte alle minacce per la professione di fede, non hanno paura delle sofferenze che li attendono, accolte come lo scambio di un amore che non conosce difficoltà e confini.
Proviamo davvero un senso di vergogna pensando alla nostra povera fede o amore a Dio, noi, che Gli voltiamo le spalle per un nulla o per una difficoltà.
Siamo spesso così lontani dall'essere testimoni che possono attirare i fratelli!
"L'uomo contemporaneo - affermava Paolo VI - ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o se ascolta i maestri è perché questi sono testimoni. L'uomo contemporaneo, impegnato nella conquista della materia, ha fame d'altro, e prova una strana solitudine. Il cristiano, consacrato a Cristo, conosce un mistero: il mistero di Dio che invita l'uomo a una partecipazione di vita in comunione senza fine con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Oggigiorno più che mai occorrono testimoni dell'invisibile. Gli uomini del nostro tempo sono degli esseri fragili che conoscono facilmente l'insicurezza, la paura, l'angoscia. I nostri fratelli hanno bisogno di incontrare altri fratelli che irradiano la serenità, la gioia, la speranza, malgrado le prove e le contraddizioni dalle quali essi stessi sono colpiti. Le nuove generazioni sono particolarmente assetate di sincerità, di verità, di autenticità. Hanno orrore del fariseismo sotto tutte le forme. Il mondo insomma ha bisogno di santi'
(Paolo VI, Ottobre 1974)
Ed è bello sia così. Ed è da questa realtà, che non possiamo - nessuno - ignorare, che occorre dare alla vita feriale quel sapore di bontà, di fede vera e concreta, facendoci prendere mano da Gesù, perché sia Lui, e Lui solo, a guidarci.
Vivere alla giornata, affidandoci al nulla che la vita offre, non è sopportabile.
E' necessario che tutti ci lasciamo riempire dalla necessità di dare al nostro vivere feriale il sapore della fede vissuta e di una santità ricercata, che è poi vivere con Gesù, immersi nella Sua Presenza e Grazia. Ma occorre avere la prontezza a rispondere a Dio che ci invita con segni inequivocabili a seguirLo, come è nel racconto di Samuele:
"In quel giorno, Samuele era coricato nel tempio del Signore dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore lo chiamò: 'Samuele!'. E Samuele rispose: 'Eccomi!', poi corse da Eli e gli disse: 'Mi hai chiamato, eccomi!'. Egli rispose: 'No, non ti ho chiamato, torna a dormire!'. Tornò a dormire. Ma Dio lo chiamò una seconda volta e si ripeté la prontezza di Samuele.
"Per la terza volta il Signore tornò a chiamare: 'Samuele!'. Questi si alzò ancora e andò da Eli dicendo: 'Mi hai chiamato, eccomi!'. Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovanetto e disse a Samuele: 'Vattene a dormire e se ti chiamerà ancora dirai: 'Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascoltà? Samuele acquistò autorità, perché il Signore era con lui è lasciò andare a vuoto una sola delle Sue parole" (Sam. 3, 3-19)
Con santa Faustina preghiamo:
Da oggi la tua volontà, Signore, è il mio nutrimento.
Hai tutto il mio essere, disponi di me secondo i tuoi divini intendimenti.
Qualunque cosa mi porgerà la Tua mano patema, l'accetterò con gioia.
Non temo nulla, in qualunque modo vorrai guidarmi, e, con l'aiuto della Tua grazia, eseguirò tutto quello che vorrai da me.
Sappiamo tutti come il mondo vada in cerca di persone che sappiano trasmettere, non solo la bellezza della vita, ma anche quelle virtù nascoste che Dio ha certamente deposto in noi e che hanno bisogno di manifestarsi concretamente.
Non suscita, se non freddezza, chi nella vita in qualche modo non dà spettacolo di grandi valori. Ognuno di noi sente la necessità di essere quelli che davvero siamo, forse senza che ce ne accorgiamo: testimoni di quella bontà e bellezza che è l'immagine che Dio ha messo in noi con il Battesimo e dovrebbe essere composta nelle ferialità della fede e della vita.
L'uomo guarda all'apparenza e vuole apparire, tranne le persone umili che cercano di nascondere la bontà che abita nel loro cuore, ma ottenendo di fatto un effetto meraviglioso: è proprio quella umiltà che diventa luce per chi osserva. Ed è di questi fratelli e sorelle che sentiamo il bisogno che ci siano tra noi per trovare anche noi il coraggio di dare alla vita il suo vero senso, che nasce da quei valori e quella bellezza che deve risplendere in ciascun essere umano.
Fanno molto rumore i tanti che si affidano alla fama ed al successo nel mondo, ma è un successo che ha vita breve.
Suscita spesso tanta compassione quel modo di esprimersi per affermare una fama che è davvero basata sul niente: "Lo sai chi sono io?". Suscita compatimento, conoscendo quanto pietosi siamo agli occhi di Dio - ma proprio per questo da Lui tanto amati! - Lui, che è la vera bellezza che trasmette ai santi.
Ed è quello che racconta oggi il Vangelo, descrivendo l'inizio della missione di Gesù tra di noi, per indicare con la Parola e la vita la via per arrivare a essere figli di Dio.
"Il giorno dopo, Giovanni (il Battista) stava ancora là con due suoi discepoli e, fissando gli occhi su Gesù che passava, disse: 'Ecco l'agnello di Dio!'. I due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che Lo seguivano, disse: 'Chi cercate?'. Gli risposero: 'Rabbì (che significa Maestro), dove abiti?'. Disse loro: 'Venite e vedete'.
Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui: erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due, che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: 'Abbiamo trovato il Messia, che significa il Cristo, e lo condusse da Gesù'.
Gesù, fissando lo sguardo su di lui disse: 'Tu sei Simone, il figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa (che significa Pietro)' ". (Gv. 1,35-42)
Fa davvero impressione come Gesù attira i discepoli di Giovanni e subito li chiama.
Ma cosa aveva Pietro di tanto interessante, - come a volte pensiamo noi - da richiamare l'attenzione di Gesù che poi lo inviterà a seguirLo?
Una storia, quella di Pietro, fatta di grandezza d'animo, di generosità, ma anche di quella debolezza, tutta umana, che lo porterà, di fronte alla prova, nella passione di Gesù, per paura, a rinnegarne la conoscenza. Un errore che rivela tutta la fragilità, che è nella nostra natura, nonostante la nostra presunzione, e che Pietro riscatterà solo dopo la resurrezione, quando, a Gesù che gli chiedeva" Mi ami?", per tre volte, senza esitare risponderà: "Signore tu lo sai che ti voglio bene", cancellando il suo errore e ricevendo così da Gesù, quasi a ricambiare questo amore ormai saldo e fedele, la missione di guidare la Sua Chiesa.
Episodi che richiamano alla nostra mente la nostra generosità, quando affermiamo la nostra fede e amore a Dio, ma nello stesso tempo, anche quando, di fronte alla necessità, ci comportiamo come Pietro. Ma guardando proprio a lui, sappiamo che possiamo sempre ravvederci, rinnovando il nostro amore a Cristo, con sincerità e umiltà di cuore: "Signore, tu sai che ti voglio bene, anche se sono povero e miserò.
Viene alla memoria l'incontro che ebbi con Madre Teresa di Calcutta, in una assemblea di giovani. Alla domanda che le venne fatta se, tornando per ipotesi indietro e sapendo delle difficoltà che avrebbe incontrato, avrebbe ancora seguito la chiamata di Gesù, dopo una lunga pausa di silenzio rispose: "Gli direi di no". Un 'no' che fu come un gelo calato su quel migliaio di giovani. Attendevano una risposta che andasse contro le paure della vita per seguire Gesù o un ideale, e la risposta non era quella che si erano aspettati.
Ricordo che, stando a fianco della Madre, anch'io fui allibito, senza riuscire a comprendere la sua risposta, perché davo per scontato un eroico "sì" da lei.
Di fronte alla sgomento di tutti, le chiesi se aveva capito bene la domanda. Serena mi rispose di "sì". Ci fu un silenzio strano nell'assemblea, il silenzio che non si arrende ad un sogno che abbiamo tutti, di riuscire nel bene a superare le inevitabili difficoltà. Dopo qualche attimo di riflessione, che parve un'eternità, Madre Teresa, con uno straordinario sorriso, diede una risposta, che fa risuonare quella di Pietro a Gesù: 'Ma Gli voglio tanto bene che Gli direi di sì'.
E' l'atteggiamento di tantissimi martiri, anche oggi, che di fronte alle minacce per la professione di fede, non hanno paura delle sofferenze che li attendono, accolte come lo scambio di un amore che non conosce difficoltà e confini.
Proviamo davvero un senso di vergogna pensando alla nostra povera fede o amore a Dio, noi, che Gli voltiamo le spalle per un nulla o per una difficoltà.
Siamo spesso così lontani dall'essere testimoni che possono attirare i fratelli!
"L'uomo contemporaneo - affermava Paolo VI - ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o se ascolta i maestri è perché questi sono testimoni. L'uomo contemporaneo, impegnato nella conquista della materia, ha fame d'altro, e prova una strana solitudine. Il cristiano, consacrato a Cristo, conosce un mistero: il mistero di Dio che invita l'uomo a una partecipazione di vita in comunione senza fine con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Oggigiorno più che mai occorrono testimoni dell'invisibile. Gli uomini del nostro tempo sono degli esseri fragili che conoscono facilmente l'insicurezza, la paura, l'angoscia. I nostri fratelli hanno bisogno di incontrare altri fratelli che irradiano la serenità, la gioia, la speranza, malgrado le prove e le contraddizioni dalle quali essi stessi sono colpiti. Le nuove generazioni sono particolarmente assetate di sincerità, di verità, di autenticità. Hanno orrore del fariseismo sotto tutte le forme. Il mondo insomma ha bisogno di santi'
(Paolo VI, Ottobre 1974)
Ed è bello sia così. Ed è da questa realtà, che non possiamo - nessuno - ignorare, che occorre dare alla vita feriale quel sapore di bontà, di fede vera e concreta, facendoci prendere mano da Gesù, perché sia Lui, e Lui solo, a guidarci.
Vivere alla giornata, affidandoci al nulla che la vita offre, non è sopportabile.
E' necessario che tutti ci lasciamo riempire dalla necessità di dare al nostro vivere feriale il sapore della fede vissuta e di una santità ricercata, che è poi vivere con Gesù, immersi nella Sua Presenza e Grazia. Ma occorre avere la prontezza a rispondere a Dio che ci invita con segni inequivocabili a seguirLo, come è nel racconto di Samuele:
"In quel giorno, Samuele era coricato nel tempio del Signore dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore lo chiamò: 'Samuele!'. E Samuele rispose: 'Eccomi!', poi corse da Eli e gli disse: 'Mi hai chiamato, eccomi!'. Egli rispose: 'No, non ti ho chiamato, torna a dormire!'. Tornò a dormire. Ma Dio lo chiamò una seconda volta e si ripeté la prontezza di Samuele.
"Per la terza volta il Signore tornò a chiamare: 'Samuele!'. Questi si alzò ancora e andò da Eli dicendo: 'Mi hai chiamato, eccomi!'. Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovanetto e disse a Samuele: 'Vattene a dormire e se ti chiamerà ancora dirai: 'Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascoltà? Samuele acquistò autorità, perché il Signore era con lui è lasciò andare a vuoto una sola delle Sue parole" (Sam. 3, 3-19)
Con santa Faustina preghiamo:
Da oggi la tua volontà, Signore, è il mio nutrimento.
Hai tutto il mio essere, disponi di me secondo i tuoi divini intendimenti.
Qualunque cosa mi porgerà la Tua mano patema, l'accetterò con gioia.
Non temo nulla, in qualunque modo vorrai guidarmi, e, con l'aiuto della Tua grazia, eseguirò tutto quello che vorrai da me.
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