domenica 22 luglio 2012
Venite in disparte e riposatevi un poco
Torna l'appuntamento domenicale di meditazione del Vangelo: meditiamo la pagina evangelica attraverso il commento di mons. Antonio Riboldi:
Sia la lettura del profeta Geremia che il Vangelo, oggi pongono al centro della riflessione noi pastori. È, la nostra presenza nella Chiesa e nel mondo, una presenza a volte accettata, a volte discussa, a volte rifiutata. Sappiamo che essere pastori non è una scelta della persona, ma è una scelta di Dio. E' incredibile quanto sia grande responsabilità 'essere Cristo' nella Sua potenza misericordiosa, nella proclamazione della Sua Parola, ancor più nell'amministrazione dei Sacramenti, che sono azione diretta del Suo Spirito. Grande impegno di vita guidare i fedeli che la volontà di Dio ci affida!
Non è facile essere interpreti di questa grande vocazione, non è facile mettersi nei panni di Gesù, indicando le vie della salvezza e donando la Sua Grazia nei Sacramenti, a cominciare dall'Eucarestia. Ogni pastore, parroco o vescovo, non fa lui la scelta del gregge che deve pascere: è nell'obbedienza al proprio vescovo o superiore che si accolgono nella fede coloro che ci vengono affidati. E non sempre si trova subito accoglienza o fedeli che con fede ti attendono.
Ma, superate a volte le prime incertezze, i fedeli comprendono se possono affidarsi ad un pastore che vuole avere cura di loro, nel Nome di Cristo, Buon Pastore, pronto a dare la vita, come Lui, o se hanno di fronte un semplice amministratore di sacramenti, senza quella passione che sente spiritualmente il vero pastore.
Il profeta Geremia, oggi, ha parole durissime per questi pastori, che male interpretano la loro vocazione. Così afferma: Guai ai pastori che fanno perire o disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio d'Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore." (Ger. 23, 1-5)
Dio non solo affida a ciascun pastore i fedeli da guidare, ma esige quella passione di amore che sola è capace di entrare nel cuore delle persone e creare fiducia.
Sono ormai più di 50 anni che sono pastore della Chiesa con voi, che mi seguite, ma mi piace ricordare fatiche e gioie che ho incontrato, per poter lodare e ringraziare Colui che mi ha chiamato e guidato e per rinfrancare, con la mia testimonianza, coloro che ancora operano in prima linea: il Signore, chiamandoci, ci chiede solo quello che già ci ha donato e non ci lascia mai soli!
Ero convinto che nel mio Istituto sarei stato scelto per l'apostolato nell'insegnamento, ma la Provvidenza aveva altro in mente. Essendosi creata una situazione difficile in una parrocchia in Sicilia, S. Ninfa', a seguito dell'abbandono del parroco, il vescovo di Mazara chiese al mio Padre Generale di coprire quel vuoto nella Chiesa e nella Comunità, ormai quasi deserte, salvo qualche persona anziana, poche, che alla domenica seguivano la Messa. E lì fui inviato come parroco con altri due confratelli. Sapevamo e sentivamo che attorno a noi c'era diffidenza, tanta diffidenza. Accettammo in silenzio e rimanemmo in attesa, offrendo la nostra presenza e il nostro affetto. Lentamente la gente recuperò fiducia e sia pure con tanta difficoltà la Comunità ritrovò la sua bellezza, tanto che dopo nove anni venne il vescovo di Mazara e, vedendo la folla che assiepava la Chiesa, disse: 'Non avrei mai creduto che questa parrocchia, che per me era una dolorosa spina, sarebbe diventata bella come un giardino'. Non passò un mese da questo incontro e, nel gennaio 1968, venne il tristemente famoso terremoto del Belice, rase letteralmente al suolo, sbriciolandoli, decine di paesi con centinaia di vittime. E così la Chiesa, ossia i fedeli, divennero una comunità in strada a cui dover infondere nuova fiducia e tanto coraggio. Poi i mesi in tenda e gli anni in baracca... Non fu facile essere voce della Comunità, nel cammino del dopo terremoto, verso la ricostruzione. Si doveva dare speranza e gridare per richiamare alla responsabilità tutte le Istituzioni. Credo che alcuni dei miei lettori ricorderanno 'La Marcia dei fanciulli delle elementari' che fecero visita a Roma alle massime cariche dello Stato, dal Presidente della Repubblica ai vari Presidenti del Parlamento, fino a Paolo VI, che accogliendoci con amore paterno ci disse: 'Sarò il vostro avvocato'.
Quando dopo 20 anni di Belice, la Comunità aveva ritrovato la sua bellezza, l'obbedienza mi chiese di tornare in alta Italia, ma la Provvidenza manifestò un diverso progetto attraverso la volontà dello stesso Paolo VI che mi chiese di essere vescovo, affidandomi la Diocesi di Acerra.
Mancava di vescovo residenziale da ben 12 anni e quindi era una Diocesi in cui ogni parroco si sentiva vescovo! Mancava l'anima e la guida della comunità nel suo insieme. Fui accolto con una passione che aveva dell'incredibile, ma ci volle tanta pazienza e amore, anzitutto nel creare con i sacerdoti una vera comunità ecclesiale. Poi ci rivolgemmo ai laici e con i Convegni annuali, che duravano tre giorni, veramente prese volto e gioia la Diocesi, come Comunità. Fin dall'inizio il vero problema era una presenza, sul territorio, che intimoriva, rendendo incapaci di credere nel futuro: la criminalità organizzata, che impediva ogni voglia di libertà nel crescere. E iniziò quella lotta che molti credo conoscono. Il libretto-guida, che fu nelle mani di tutti, era 'Per amore del mio popolo non tacerò'. Mi costò un aperto scontro, la tutela dello Stato, che mi seguiva ovunque, privandomi -seppur per necessità e salvaguardia mia - della bellezza della libertà di movimento: un grande peso, che cercavo di non fare pesare sulla Comunità. Ma era tanta la stima che si era acquistata la Diocesi che in soli due anni la Santa Chiesa scelse due miei carissimi e bravi collaboratori, che vennero eletti all'episcopato. Quale grande dono!
Alla fine del mio mandato e in questo tempo di riposo pare sentire quanto Gesù dice ai SUOI Apostoli: "In quel tempo - racconta l'evangelista Marco - gli Apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Egli disse loro: 'Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un pocò. Infatti era molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti li videro partire e capirono e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose".
(Mc 6, 30-34)
Viene in mente la grande figura del Curato d'Ars che dava tutto il tempo alle folle che lo cercavano. Passò la vita nel donare la Parola di Gesù, il Suo Perdono misericordioso, con una semplicità disarmante, confessando. Non c'era spazio per se stesso. Si lasciò letteralmente mangiare dalle folle che accorrevano a lui da ogni parte d'Europa.
Un poco come succedeva - seppur in forme diverse - al grande Giovanni Paolo II, che aveva scelto il mondo, come luogo di annuncio della Parola.
Siamo davvero fortunati anche solo constatando come Dio si fa presente nei suoi pastori, con figure che, dove passano, lasciano il segno della presenza di Gesù. L'umanità ha bisogno di pastori che trasmettano la Presenza e Potenza misericordiosa dell'Amore di Dio verso ciascuno di noi.
Ma proprio perché uomini, anche i pastori possono sbagliare - e quanto sono gravi, in questi casi le conseguenze! Non resta dunque che pregare perché Dio, che continua a chiamare e scegliere, trovi pastori dalla fede e dal cuore grande, veri Suoi testimoni, perché abbiamo bisogno di 'vedere' nei sacerdoti la presenza di Gesù che, per mezzo loro, continua a camminare con noi e tra noi.
Così prega il salmista:
"Su pascoli erbosi, il Signore mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia.
Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo Nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
Mi danno sicurezza". (Salmo 22)
Sia la lettura del profeta Geremia che il Vangelo, oggi pongono al centro della riflessione noi pastori. È, la nostra presenza nella Chiesa e nel mondo, una presenza a volte accettata, a volte discussa, a volte rifiutata. Sappiamo che essere pastori non è una scelta della persona, ma è una scelta di Dio. E' incredibile quanto sia grande responsabilità 'essere Cristo' nella Sua potenza misericordiosa, nella proclamazione della Sua Parola, ancor più nell'amministrazione dei Sacramenti, che sono azione diretta del Suo Spirito. Grande impegno di vita guidare i fedeli che la volontà di Dio ci affida!
Non è facile essere interpreti di questa grande vocazione, non è facile mettersi nei panni di Gesù, indicando le vie della salvezza e donando la Sua Grazia nei Sacramenti, a cominciare dall'Eucarestia. Ogni pastore, parroco o vescovo, non fa lui la scelta del gregge che deve pascere: è nell'obbedienza al proprio vescovo o superiore che si accolgono nella fede coloro che ci vengono affidati. E non sempre si trova subito accoglienza o fedeli che con fede ti attendono.
Ma, superate a volte le prime incertezze, i fedeli comprendono se possono affidarsi ad un pastore che vuole avere cura di loro, nel Nome di Cristo, Buon Pastore, pronto a dare la vita, come Lui, o se hanno di fronte un semplice amministratore di sacramenti, senza quella passione che sente spiritualmente il vero pastore.
Il profeta Geremia, oggi, ha parole durissime per questi pastori, che male interpretano la loro vocazione. Così afferma: Guai ai pastori che fanno perire o disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio d'Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore." (Ger. 23, 1-5)
Dio non solo affida a ciascun pastore i fedeli da guidare, ma esige quella passione di amore che sola è capace di entrare nel cuore delle persone e creare fiducia.
Sono ormai più di 50 anni che sono pastore della Chiesa con voi, che mi seguite, ma mi piace ricordare fatiche e gioie che ho incontrato, per poter lodare e ringraziare Colui che mi ha chiamato e guidato e per rinfrancare, con la mia testimonianza, coloro che ancora operano in prima linea: il Signore, chiamandoci, ci chiede solo quello che già ci ha donato e non ci lascia mai soli!
Ero convinto che nel mio Istituto sarei stato scelto per l'apostolato nell'insegnamento, ma la Provvidenza aveva altro in mente. Essendosi creata una situazione difficile in una parrocchia in Sicilia, S. Ninfa', a seguito dell'abbandono del parroco, il vescovo di Mazara chiese al mio Padre Generale di coprire quel vuoto nella Chiesa e nella Comunità, ormai quasi deserte, salvo qualche persona anziana, poche, che alla domenica seguivano la Messa. E lì fui inviato come parroco con altri due confratelli. Sapevamo e sentivamo che attorno a noi c'era diffidenza, tanta diffidenza. Accettammo in silenzio e rimanemmo in attesa, offrendo la nostra presenza e il nostro affetto. Lentamente la gente recuperò fiducia e sia pure con tanta difficoltà la Comunità ritrovò la sua bellezza, tanto che dopo nove anni venne il vescovo di Mazara e, vedendo la folla che assiepava la Chiesa, disse: 'Non avrei mai creduto che questa parrocchia, che per me era una dolorosa spina, sarebbe diventata bella come un giardino'. Non passò un mese da questo incontro e, nel gennaio 1968, venne il tristemente famoso terremoto del Belice, rase letteralmente al suolo, sbriciolandoli, decine di paesi con centinaia di vittime. E così la Chiesa, ossia i fedeli, divennero una comunità in strada a cui dover infondere nuova fiducia e tanto coraggio. Poi i mesi in tenda e gli anni in baracca... Non fu facile essere voce della Comunità, nel cammino del dopo terremoto, verso la ricostruzione. Si doveva dare speranza e gridare per richiamare alla responsabilità tutte le Istituzioni. Credo che alcuni dei miei lettori ricorderanno 'La Marcia dei fanciulli delle elementari' che fecero visita a Roma alle massime cariche dello Stato, dal Presidente della Repubblica ai vari Presidenti del Parlamento, fino a Paolo VI, che accogliendoci con amore paterno ci disse: 'Sarò il vostro avvocato'.
Quando dopo 20 anni di Belice, la Comunità aveva ritrovato la sua bellezza, l'obbedienza mi chiese di tornare in alta Italia, ma la Provvidenza manifestò un diverso progetto attraverso la volontà dello stesso Paolo VI che mi chiese di essere vescovo, affidandomi la Diocesi di Acerra.
Mancava di vescovo residenziale da ben 12 anni e quindi era una Diocesi in cui ogni parroco si sentiva vescovo! Mancava l'anima e la guida della comunità nel suo insieme. Fui accolto con una passione che aveva dell'incredibile, ma ci volle tanta pazienza e amore, anzitutto nel creare con i sacerdoti una vera comunità ecclesiale. Poi ci rivolgemmo ai laici e con i Convegni annuali, che duravano tre giorni, veramente prese volto e gioia la Diocesi, come Comunità. Fin dall'inizio il vero problema era una presenza, sul territorio, che intimoriva, rendendo incapaci di credere nel futuro: la criminalità organizzata, che impediva ogni voglia di libertà nel crescere. E iniziò quella lotta che molti credo conoscono. Il libretto-guida, che fu nelle mani di tutti, era 'Per amore del mio popolo non tacerò'. Mi costò un aperto scontro, la tutela dello Stato, che mi seguiva ovunque, privandomi -seppur per necessità e salvaguardia mia - della bellezza della libertà di movimento: un grande peso, che cercavo di non fare pesare sulla Comunità. Ma era tanta la stima che si era acquistata la Diocesi che in soli due anni la Santa Chiesa scelse due miei carissimi e bravi collaboratori, che vennero eletti all'episcopato. Quale grande dono!
Alla fine del mio mandato e in questo tempo di riposo pare sentire quanto Gesù dice ai SUOI Apostoli: "In quel tempo - racconta l'evangelista Marco - gli Apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Egli disse loro: 'Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un pocò. Infatti era molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti li videro partire e capirono e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose".
(Mc 6, 30-34)
Viene in mente la grande figura del Curato d'Ars che dava tutto il tempo alle folle che lo cercavano. Passò la vita nel donare la Parola di Gesù, il Suo Perdono misericordioso, con una semplicità disarmante, confessando. Non c'era spazio per se stesso. Si lasciò letteralmente mangiare dalle folle che accorrevano a lui da ogni parte d'Europa.
Un poco come succedeva - seppur in forme diverse - al grande Giovanni Paolo II, che aveva scelto il mondo, come luogo di annuncio della Parola.
Siamo davvero fortunati anche solo constatando come Dio si fa presente nei suoi pastori, con figure che, dove passano, lasciano il segno della presenza di Gesù. L'umanità ha bisogno di pastori che trasmettano la Presenza e Potenza misericordiosa dell'Amore di Dio verso ciascuno di noi.
Ma proprio perché uomini, anche i pastori possono sbagliare - e quanto sono gravi, in questi casi le conseguenze! Non resta dunque che pregare perché Dio, che continua a chiamare e scegliere, trovi pastori dalla fede e dal cuore grande, veri Suoi testimoni, perché abbiamo bisogno di 'vedere' nei sacerdoti la presenza di Gesù che, per mezzo loro, continua a camminare con noi e tra noi.
Così prega il salmista:
"Su pascoli erbosi, il Signore mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia.
Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo Nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
Mi danno sicurezza". (Salmo 22)
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