mercoledì 29 settembre 2010

L'esistenza degli angeli - Una verità di fede

Considerando che molti pongono dubbi sull'esistenza reale degli Angeli, ho pensato di pubblicare qui il Catechismo della Chiesa Cattolica che mostra come gli angeli siano una verità di fede e non una tradizione popolare (anche se basterebbe leggere il Vangelo visto che è lì che incontriamo l'Arcangelo Gabriele che porta a Maria l'Annunciazione)

Gli angeli nel Catechismo della Chiesa cattolica (nn.328-336)


328 L'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione.

Chi sono?

329 Sant'Agostino dice a loro riguardo: “Angelus officii nomen est, non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus - La parola angelo designa l'ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura si risponde che è spirito; se si chiede l'ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo” [Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos, 103, 1, 15]. In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che “vedono sempre la faccia del Padre. . . che è nei cieli” (Mt 18,10), essi sono “potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola” (Sal 103,20).

330 In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali [Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3891] e immortali [Cf Lc 20,36]. Superano in perfezione tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria [Cf Dn 10,9-12].

Cristo “con tutti i suoi angeli”

331 Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono “i suoi angeli”: “Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli. . . ” (Mt 25,31). Sono suoi perché creati per mezzo di lui e in vista di lui: “Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1,16). Sono suoi ancor più perché li ha fatti messaggeri del suo disegno di salvezza: “Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?” (Eb 1,14).

332 Essi, fin dalla creazione [Cf Gb 38,7] e lungo tutta la storia della salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa salvezza e servono la realizzazione del disegno salvifico di Dio: chiudono il paradiso terrestre, [Cf Gen 3,24] proteggono Lot. [Cf Gen 19] salvano Agar e il suo bambino, [Cf Gen 21,17] trattengono la mano di Abramo; [Cf Gen 22,11] la Legge viene comunicata “per mano degli angeli” (At 7,53), essi guidano il Popolo di Dio, [Cf Es 23,20-23] annunziano nascite [Cf Gdc 13] e vocazioni, [Cf Gdc 6,11-24; Is 6,6] assistono i profeti, [Cf 1Re 19,5] per citare soltanto alcuni esempi. Infine, è l'angelo Gabriele che annunzia la nascita del Precursore e quella dello stesso Gesù [Cf Lc 1,11; Lc 1,26].

333 Dall'Incarnazione all'Ascensione, la vita del Verbo incarnato è circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. Quando Dio “introduce il Primogenito nel mondo, dice: lo adorino tutti gli angeli di Dio” (Eb 1,6). Il loro canto di lode alla nascita di Cristo non ha cessato di risuonare nella lode della Chiesa: “Gloria a Dio. . . ” (Lc 2,14). Essi proteggono l'infanzia di Gesù, [Cf Mt 1,20; Mt 2,13; Mt 1,19] servono Gesù nel deserto, [Cf Mc 1,12; Mt 4,11] lo confortano durante l'agonia, [Cf Lc 22,43] quando egli avrebbe potuto da loro essere salvato dalla mano dei nemici [Cf Mt 26,53] come un tempo Israele [Cf 2Mac 10,29-30; 2Mac 11,8]. Sono ancora gli angeli che “evangelizzano” (Lc 2,10) annunziando la Buona Novella dell'Incarnazione [Cf Lc 2,8-14] e della Risurrezione [Cf Mc 16,5-7] di Cristo. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, [Cf At 1,10-11] saranno là, al servizio del suo giudizio [Cf Mt 13,41; Mt 25,31; Lc 12,8-9].

Gli angeli nella vita della Chiesa

334 Allo stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto misterioso e potente degli angeli [Cf At 5,18-20; At 8,26-29; At 10,3-8; At 12,6-11; At 27,23-25].

335 Nella Liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; [Messale Romano, “Sanctus”] invoca la loro assistenza (così nell'“In Paradisum deducant te angeli. . . ” - In Paradiso ti accompagnino gli angeli - della Liturgia dei defunti, o ancora nell'“Inno dei Cherubini” della Liturgia bizantina), e celebra la memoria di alcuni angeli in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi).

336 Dal suo inizio [Cf Mt 18,10] fino all'ora della morte [Cf Lc 16,22] la vita umana è circondata dalla loro protezione [Cf Sal 34,8; Sal 91,10-13] e dalla loro intercessione [Cf Gb 33,23-24; Zc 1,12; Tb 12,12]. “Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita” [San Basilio di Cesarea, Adversus Eunomium, 3, 1: PG 29, 656B]. Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio.

domenica 26 settembre 2010

"Beata" Chiara Luce Badano

Chiara Luce Badano: un nome che significa speranza per tutti noi, soprattutto giovani. Ieri è stata celebrata la Messa di Beatificazione di questa ragazza morta a causa di una terribile malattia, a soli 19 anni. L'intervista che segue è tratta da Radio Vaticana e serve per sottolineare gli aspetti che hanno portato a definire la beatificazione di questa ragazza morta letteralmente con il sorriso sulle labbra, come tutti i santi di Dio:

***

Una ragazza “dal cuore cristallino”, “dall’amore grande come l’oceano”: così mons. Angelo Amato ha descritto, nella sua omelia, la Venerabile serva di Dio, Chiara Luce Badano, da oggi Beata. La cerimonia di beatificazione si è tenuta questo pomeriggio nel Santuario Romano del Divino Amore con la partecipazione di migliaia di persone venute da diversi Paesi del mondo. Il Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi ha definito questa giovane legata al Movimento dei Focolari- morta a soli 19 anni per un osteosarcoma - “una missionaria di Gesù, un’apostola del Vangelo”, colei che “ci invita a ritrovare la freschezza e l’entusiasmo della fede”. Il servizio di Isabella Piro:

Ma quali erano i tratti caratteristici della personalità di Chiara Luce Badano? Mons. Livio Maritano, vescovo emerito di Acqui, e promotore della causa di Beatificazione, ne parla in questa intervista di Isabella Piro:

R. – Una fede nell’amore di Dio: “Dio mi ama immensamente”. Di qui, la necessità di ricambiarlo: fare la volontà di Dio. L’ascolto della Parola di Dio l’ha conquistata fin da quando utilizza il Vangelo donatole in occasione della Prima Comunione. Poi, lo sviluppo della valorizzazione della Parola di Dio e dell’Eucaristia: sono state quelle le fonti principali della sua formazione, dando un esempio di serenità, di pace, di perseveranza che il Signore ha ricambiato dandole il centuplo, cioè la certezza del Paradiso, quella felicità per cui conclude la vita mettendo la mano sul capo della mamma e dicendo: “Ciao, mamma, sii felice perché io lo sono!”.

D. – Chiara aveva il soprannome di “Luce”, che le era stato dato da Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari: perché?

R. – Rispecchiava l’azione dello Spirito Santo su di lei. La luminosità del suo sorriso, dei suoi occhi, della sua disponibilità agli altri, del suo apostolato, del suo impegno nel donare tutto quello che aveva per i bambini dell’Africa, cosa che fede ripetutamente: i regali della Prima Comunione, poi quelli dei 18 anni e effettivamente poco dopo il 2000 abbiamo potuto realizzare due centri nel Benin proprio servendoci dei suoi primi doni per l’Africa.

D. – Mons. Maritano, cosa l’ha spinta a promuovere il processo di Beatificazione di Chiara?

R. – La certezza che fosse una ragazza veramente impegnata nella sua graduale santificazione, nell’apostolato che svolgeva, nella testimonianza di fede incrollabile, una fiducia incrollabile in Dio! L’amore così vicino a Gesù Cristo per cui tutto diventava l’occasione di un dialogo con lei: tutto questo mi assicurava un livello di virtù non comune! Non potevo tenere chiuso in una piccola diocesi, come quella di Acqui con 150 mila abitanti, una testimonianza così importante: di giorno in giorno si moltiplicano le risonanze della sua statura morale e spirituale. Tantissime persone mi hanno detto: “Mi ha cambiato la vita!”.

D. – A distanza di 20 anni dalla sua morte, cosa ci dice oggi, Chiara?

R. – Dice l’attualità dei valori per i quali lei è vissuta, quindi un messaggio per i giovani. Un’espressione sua: “Vorrei passare loro la fiaccola, come alle Olimpiadi, perché la vita è una sola e vale la pena di spenderla bene”. Può essere una bella testimonianza per animare i giovani a santificare il tempo dello studio come il tempo del gioco, dello sport, in unione con Gesù: e tutto questo da un senso di gioia, di apertura alla vita e di apertura alla vita soprannaturale.

D. – Mons. Maritano, lei ha conosciuto personalmente Chiara Badano: c’è un episodio che lei vuole ricordare ai nostri microfoni?

R. – Io ho visitato, nella mia vita, tantissimi malati, ma il discorso normale con i malati era sentire come va la salute, come va la malattia, eccetera. Con lei no, perché con lei bisogna subito orientarsi nel parlare della Chiesa: era innamorata della Chiesa, perché non si può non essere innamorati quando si vuole immensamente bene a Gesù.

Ma per una testimonianza sulla vita di Chiara Luce Badano, Fabio Colagrande ha intervistato il dott. Ferdinando Garetto, medico oncologo, esperto di cure palliative, che ha l’ha conosciuta e che ha collaborato come consulente alla sua Causa di Beatificazione:

R. - L’ho conosciuta quando ero stato a Torino. Mi ricordo che sono stato nella sua stanza pochi minuti e sono uscito di lì con due impressioni. Una: che splendore! Nei suoi 17 anni, la sua simpatia, la sua forza anche. L’altro pensiero: cosa sarà di questo sorriso, quando la malattia andrà avanti, quando capirà? Ma Chiara non si è mai fermata. Noi che le siamo stati accanto, a un certo punto, sentivamo che non potevamo fare a meno di andare a trovarla nella sua stanza perché entravamo lì e vedevamo la certezza dell’amore di Dio. Senza tante parole ma solo per il clima che c’era, sentivamo che dovevamo essere alla stessa altezza sua e vivere per qualcosa di grande. Chiara ci ha segnati per tutta la vita anche solo con quel sorriso e quella stretta di mano.

D. - Come medico oncologo, cosa pensa del modo in cui Chiara Badano ha vissuto la sua malattia?

R. - Soprattutto, Chiara è una grande risposta al grande interrogativo delle cure palliative. Una volta che abbiamo controllato il dolore, che abbiamo controllato i sintomi, resta la grande domanda del morire: quale può esserne il senso, quale può esserne il significato. Chiara vive questa dimensione. Perché rifiuta la morfina (una cosa che non capivo in certi momenti)? Perché aveva qualcosa di più grande per cui vivere. Me l’ha spiegato - pensi - un mio collega non credente. Quando gli ho raccontato di Chiara, mi ha detto: ma sai perché poteva rifiutare la morfina? Perché lei aveva trovato un senso, un significato più grande in quel dolore. E il dolore in cui trovi il senso e il significato, è già vinto.

D. - Che significato ha per lei questa giornata, la giornata della Beatificazione di Chiara Badano?

R. - E’ un’emozione travolgente! Io sono già qui al Divino Amore: vedere arrivare anche tanti giovani da tutto il mondo e pensare che tutto è iniziato, per me, in quella stanzetta di ospedale in cui eravamo veramente in tre o quattro a incontrare Chiara. D’altra parte, da subito noi ci siamo accorti che eravamo entrati in una straordinaria avventura dell’amore di Dio e che, quindi, potevamo aspettarci qualunque cosa da quest’avventura. Certo, non avremmo pensato questo, ma anche questo lo sentivamo proprio un tutt’uno con la “Chiaretta” che abbiamo conosciuto 17.enne in un sorriso e in una stretta di mano.

D. - C’è qualcos’altro che vuole aggiungere: un ricordo, un episodio, qualcosa legato a Chiara?

R. - L’ultima volta che l’ho vista aveva perso l’uso delle gambe. Corro in ospedale chiedendomi: adesso cosa sarà di questo sorriso? Entro in stanza, lei mi vede, avevo i libri sottobraccio, mi guarda con un sorriso splendido, luminoso, mi dice: "Come va il tuo esame?". Come se contasse solo quello. Chiara - mi sembra - ci ha fatto capire che abbiamo una vita sola e possiamo viverla per qualcosa di grande. Ai giovani Chiara dice che non è necessario ammalarsi e morire per farsi santi: basta spendere bene questa vita che abbiamo e viverla fino in fondo.

venerdì 24 settembre 2010

Imparando con le Lettere Apostoliche - Dodicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Il cammino di oggi ci mostra i "requisiti" per tendere alla santità:
 
Dodicesima parte della Lettera di San Paolo apostolo ai Romani 

12

1Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. 2Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.

3Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. 4Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, 5così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. 6Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; 7chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; 8chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.

9La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; 10amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. 11Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. 12Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, 13solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità.

14Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. 15Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. 16Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi.

17Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. 18Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti. 19Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore. 20Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. 21Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male.

COMMENTO PERSONALE

Questa di oggi, carissimi, è una pagina bellissima perchè designa la figura dell'uomo santo. Mentre leggevo queste righe, mi sono venute in mente le figure di santi come San Filippo Neri, San Francesco, Santa Madre Teresa di Calcutta e tanti altri: tutti loro hanno avuto in comune l'amore verso tutti, esattamente come richiesto da San Paolo. E dunque questa una pagina che serve a farci comprendere come migliorarci, in che cosa migliorarci e come tendere alla santità perchè essa non è solo una meta per pochi, ma è una meta per tutti! Ci sono molti modi per tendere alla santità e tutti impiegano la stessa volontà di sapersi sempre mettere in discussione dinanzi a Dio, in totale umiltà. Chi invece pensa di essere buono, allora è lontano da questa via perchè la superbia ha accecato il suo cuore: cosa dice San Paolo, in questo passo? "Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi." Questa frase non è casuale, ma significativa: forte era infatti, anche presso i primi cristiani, la superbia. Ricordiamo che persino i discepoli avevano queste idee di superbia che tendevano alla ricerca del migliore fra tutti. E ricordiamo anche cosa Gesù rispondeva loro e cioè che il più grande sarebbe dovuto essere servo di tutti! Ecco, la logica umana che viene capovolta da Gesù e San Paolo questo lo ribadisce con forza: il suo messaggio è di essere umili, di cercare e aspirare cose umili perchè è nell'umiltà che ci incontra Dio. I santi che conosciamo hanno sempre mostrato quest'umiltà piegandosi anche dinanzi ai soprusi: noi oggi invece non siamo in grado nemmeno di porgere la nostra guancia, ma ad un torto subito, rispondiamo arrecando un torto maggiore. E che dire della nostra voglia di primeggiare camuffata da competizione? La società stessa oggi ci costringe a competere gli uni con gli altri, per primeggiare nella scuola, nel lavoro, nella famiglia e nei possedimenti. Cosa possiamo fare? San Paolo dice una cosa valida per ogni generazione: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto."

Carissimi, queste ultime parole ci mostrano come noi dobbiamo essere in grado di ragionare da soli, secondo il nostro cuore e senza lasciarci influenzare dal mondo che sappiamo prendere direzione opposte a quella del Regno di Dio: dobbiamo avere la forza e il coraggio di distinguerci dalla massa e di preferire una vita da pecore piuttosto che una vita da pecoroni! Perchè chiunque rinuncia a sé stesso per seguire il mondo è solo un pecorone che segue il branco, mentre chi si distingue e sceglie di distinguersi per amore di Dio, allora sarà una pecore del gregge di Dio e come tale non sarà dispersa. Perciò, se qualcuno vuole competere con te, tu lascialo fare, ma non cedere al compromesso pur di primeggiare; allo stesso modo, se vuoi davvero vendicare un torto subito, fallo donando amore e misericordia perchè la vendetta sarà servita da Dio al tempo giusto: anzi, rispondendo con amore forse potrai addirittura contribuire alla conversione di colui che ti ha arrecato torto, così come accaduto ai santi: quante conversioni prodotte dal perdono e dall'amore! E allora sì che vi sarà gioia nei Cieli!
Come dice San Paolo: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male"! Ognuno dia il contributo che può dare in base al dono che ha ricevuto: sappiate che ogni uomo ha un talento e spetta a lui saperlo far fruttificare per il bene!


giovedì 23 settembre 2010

Udienza Generale Papa Benedetto XVI . 22 Settembre 2010

Il post del giorno del Giovedì è dedicato sempre all'Udienza Generale di Papa Benedetto XVI. Eccezionalmente oggi, in virtù della festa dedicata a San Pio, spostiamo questo appuntamento nell'Angolo di Angel:

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 22 settembre 2010



Viaggio Apostolico nel Regno Unito

Cari fratelli e sorelle!

Oggi vorrei soffermarmi a parlare del viaggio apostolico nel Regno Unito, che Dio mi ha concesso di compiere nei giorni scorsi. E’ stata una visita ufficiale e, in pari tempo, un pellegrinaggio nel cuore della storia e dell’oggi di un popolo ricco di cultura e di fede, qual è quello britannico. Si è trattato di un evento storico, che ha segnato una nuova importante fase nella lunga e complessa vicenda delle relazioni tra quelle popolazioni e la Santa Sede. Scopo principale della visita era quello di proclamare beato il Cardinale John Henry Newman, uno dei più grandi inglesi dei tempi recenti, insigne teologo e uomo di Chiesa. In effetti, la cerimonia di beatificazione ha rappresentato il momento preminente del viaggio apostolico, il cui tema era ispirato al motto dello stemma cardinalizio del beato Newman: “Il cuore parla al cuore”. E nelle quattro intense e bellissime giornate trascorse in quella nobile terra ho avuto la grande gioia di parlare al cuore degli abitanti del Regno Unito, ed essi hanno parlato al mio, specialmente con la loro presenza e con la testimonianza della loro fede. Ho potuto infatti constatare quanto l’eredità cristiana sia ancora forte e tuttora attiva in ogni strato della vita sociale. Il cuore dei britannici e la loro esistenza sono aperti alla realtà di Dio e vi sono numerose espressioni di religiosità che questa mia visita ha posto ancora più in evidenza.

Sin dal primo giorno della mia permanenza nel Regno Unito, e durante tutto il periodo del mio soggiorno, ovunque ho ricevuto una calorosa accoglienza da parte delle Autorità, degli esponenti delle varie realtà sociali, dei rappresentanti delle diverse Confessioni religiose e specialmente della gente comune. Penso in modo particolare ai fedeli della Comunità cattolica e ai suoi Pastori, che, pur essendo minoranza nel Paese, sono largamente apprezzati e considerati, impegnati nell’annuncio gioioso di Gesù Cristo, facendo splendere il Signore e facendosi sua voce specialmente tra gli ultimi. A tutti rinnovo l’espressione della mia profonda gratitudine, per l’entusiasmo dimostrato e per l’encomiabile solerzia con cui si sono adoperati per la riuscita di questa mia visita, il cui ricordo conserverò per sempre nel mio cuore.

Il primo appuntamento è stato a Edimburgo con Sua Maestà la Regina Elisabetta II, che, unitamente al suo Consorte, il Duca di Edimburgo, mi ha accolto con grande cortesia a nome di tutto il popolo britannico. Si è trattato di un incontro molto cordiale, caratterizzato dalla condivisione di alcune profonde preoccupazioni per il benessere dei popoli del mondo e per il ruolo dei valori cristiani nella società. Nella storica capitale della Scozia ho potuto ammirare le bellezze artistiche, testimonianza di una ricca tradizione e di profonde radici cristiane. A questo ho fatto riferimento nel discorso a Sua Maestà e alle Autorità presenti, ricordando che il messaggio cristiano è diventato parte integrante della lingua, del pensiero e della cultura dei popoli di quelle Isole. Ho parlato anche del ruolo che la Gran Bretagna ha svolto e svolge nel panorama internazionale, menzionando l’importanza dei passi compiuti per una pacificazione giusta e duratura nell’Irlanda del Nord.

L’atmosfera di festa e gioia creata dai ragazzi e dai bambini ha allietato la tappa di Edimburgo. Trasferitomi poi a Glasgow, città impreziosita da incantevoli parchi, ho presieduto la prima Santa Messa del viaggio proprio nel Bellahouston Park. E’ stato un momento di intensa spiritualità, molto importante per i cattolici del Paese, anche in considerazione del fatto che in quel giorno ricorreva la festa liturgica di san Ninian, primo evangelizzatore della Scozia. A quell’assemblea liturgica riunita in attenta e partecipe preghiera, resa ancor più solenne da melodie tradizionali e canti coinvolgenti, ho ricordato l’importanza dell’evangelizzazione della cultura, specialmente nella nostra epoca in cui un pervasivo relativismo minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo.

Nella seconda giornata ho iniziato la visita a Londra. Qui, ho incontrato dapprima il mondo dell’educazione cattolica, che riveste un ruolo rilevante nel sistema di istruzione di quel Paese. In un autentico clima di famiglia ho parlato agli educatori, ricordando l’importanza della fede nella formazione di cittadini maturi e responsabili. Ai numerosi adolescenti e giovani, che mi hanno accolto con simpatia ed entusiasmo, ho proposto di non perseguire obiettivi limitati, accontentandosi di scelte comode, ma di puntare a qualcosa di più grande, vale a dire la ricerca della vera felicità, che si trova soltanto in Dio. Nel successivo appuntamento con i responsabili delle altre religioni maggiormente rappresentate nel Regno Unito, ho richiamato l’ineludibile necessità di un dialogo sincero, che ha bisogno del rispetto del principio di reciprocità perché sia pienamente fruttuoso. Al tempo stesso, ho evidenziato la ricerca del sacro come terreno comune a tutte le religioni sul quale rinsaldare amicizia, fiducia e collaborazione.

La visita fraterna all’Arcivescovo di Canterbury è stata l’occasione per ribadire il comune impegno di testimoniare il messaggio cristiano che lega Cattolici e Anglicani. E’ seguito uno dei momenti più significativi del viaggio apostolico: l’incontro nel grande salone del Parlamento britannico con personalità istituzionali, politiche, diplomatiche, accademiche, religiose, esponenti del mondo culturale e imprenditoriale. In quel luogo così prestigioso ho sottolineato che la religione, per i legislatori, non deve rappresentare un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al cammino storico e al dibattito pubblico della nazione, in particolare nel richiamare l’importanza essenziale del fondamento etico per le scelte nei vari settori della vita sociale.

In quel medesimo clima solenne, mi sono poi recato nell’Abbazia di Westminster: per la prima volta un Successore di Pietro è entrato nel luogo di culto simbolo delle antichissime radici cristiane del Paese. La recita della preghiera dei Vespri, insieme alle diverse comunità cristiane del Regno Unito, ha rappresentato un momento importante nei rapporti tra la Comunità cattolica e la Comunione anglicana. Quando insieme abbiamo venerato la tomba di sant’Edoardo il confessore, mentre il coro cantava: “Congregavit nos in unum Christi amor”, abbiamo tutti lodato Dio, che ci conduce sulla via della piena unità.

Nella mattinata di sabato, l’appuntamento con il Primo Ministro ha aperto la serie di incontri con i maggiori esponenti del mondo politico britannico. E’ seguita la celebrazione eucaristica nella Cattedrale di Westminster, dedicata al Preziosissimo Sangue di Nostro Signore. E’ stato uno straordinario momento di fede e di preghiera – che ha anche evidenziato la ricca e preziosa tradizione di musica liturgica “romana” e “inglese” - a cui hanno preso parte le diverse componenti ecclesiali, spiritualmente unite alle schiere di credenti della lunga storia cristiana di quella terra. Grande è la mia gioia per aver incontrato un gran numero di giovani che partecipavano alla Santa Messa dall’esterno della Cattedrale. Con la loro presenza carica di entusiasmo ed insieme attenta e trepida, essi hanno dimostrato di voler essere i protagonisti di una nuova stagione di coraggiosa testimonianza, di fattiva solidarietà, di generoso impegno a servizio del Vangelo.

Nella Nunziatura Apostolica ho incontrato alcune vittime di abusi da parte di esponenti del Clero e dei religiosi. E’ stato un momento intenso di commozione e di preghiera. Poco dopo, ho incontrato anche un gruppo di professionisti e volontari responsabili della protezione dei ragazzi e dei giovani negli ambienti ecclesiali, un aspetto particolarmente importante e presente nell’impegno pastorale della Chiesa. Li ho ringraziati e incoraggiati a continuare il loro lavoro, che si inserisce nella lunga tradizione della Chiesa di cura per il rispetto, l’educazione e la formazione delle nuove generazioni. Sempre a Londra ho visitato poi la casa di riposo per anziani gestita dalle Piccole Sorelle dei Poveri con il prezioso apporto di numerose infermiere e volontari. Questa struttura di accoglienza è segno della grande considerazione che la Chiesa ha sempre avuto per l’anziano, come pure espressione dell’impegno dei cattolici britannici nel rispetto della vita senza tenere conto dell’età o delle condizioni.

Come dicevo, il culmine della mia visita nel Regno Unito è stata la beatificazione del Cardinale John Henry Newman, illustre figlio dell’Inghilterra. Essa è stata preceduta e preparata da una speciale veglia di preghiera svoltasi sabato sera a Londra, in Hyde Park, in un’atmosfera di profondo raccoglimento. Alla moltitudine di fedeli, specialmente giovani, ho voluto riproporre la luminosa figura del Cardinale Newman, intellettuale e credente, il cui messaggio spirituale si può sintetizzare nella testimonianza che la via della coscienza non è chiusura nel proprio “io”, ma è apertura, conversione e obbedienza a Colui che è Via, Verità e Vita. Il rito di beatificazione ha avuto luogo a Birmingham, nel corso della solenne Celebrazione eucaristica domenicale, alla presenza di una vasta folla proveniente dall’intera Gran Bretagna e dall’Irlanda, con rappresentanze di molti altri Paesi. Questo toccante evento ha portato ancor più alla ribalta uno studioso di grande levatura, un insigne scrittore e poeta, un sapiente uomo di Dio, il cui pensiero ha illuminato molte coscienze e ancora oggi esercita un fascino straordinario. A lui, in particolare, si ispirino i credenti e le comunità ecclesiali del Regno Unito, perché anche ai nostri giorni quella nobile terra continui a produrre frutti abbondanti di vita evangelica.

L’incontro con la Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles e con quella della Scozia, ha concluso una giornata di grande festa e di intensa comunione di cuori per la Comunità cattolica in Gran Bretagna.

Cari fratelli e sorelle, in questa mia Visita nel Regno Unito, come sempre ho voluto sostenere in primo luogo la Comunità cattolica, incoraggiandola a lavorare strenuamente per difendere le immutabili verità morali che, riprese, illuminate e confermate dal Vangelo, stanno alla base di una società veramente umana, giusta e libera. Ho inteso anche parlare al cuore tutti gli abitanti del Regno Unito, nessuno escluso, della realtà vera dell’uomo, dei suoi bisogni più profondi, del suo destino ultimo. Nel rivolgermi ai cittadini di quel Paese, crocevia della cultura e dell’economia mondiale, ho tenuto presente l’intero Occidente, dialogando con le ragioni di questa civiltà e comunicando l’intramontabile novità del Vangelo, di cui essa è impregnata. Questo viaggio apostolico ha confermato in me una profonda convinzione: le antiche nazioni dell'Europa hanno un'anima cristiana, che costituisce un tutt’uno col "genio" e la storia dei rispettivi popoli, e la Chiesa non cessa di lavorare per mantenere continuamente desta questa tradizione spirituale e culturale.

Il beato John Henry Newman, la cui figura e cui scritti conservano ancora una formidabile attualità, merita di essere conosciuto da tutti. Egli sostenga i propositi e gli sforzi dei cristiani per “diffondere ovunque il profumo di Cristo, affinché tutta la loro vita sia soltanto un’irradiazione della sua”, come scriveva sapientemente nel suo libro Irradiare Cristo.

[Saluti in varie lingue: Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los sacerdotes del Pontificio Colegio Mexicano, en Roma, y a los fieles provenientes de Medellín. Os invito a agradecer a Dios los numerosos frutos apostólicos de mi reciente visita a Reino Unido. Muchas gracias.]

APPELLO DEL SANTO PADRE

In questa settimana si svolge a Vienna la riunione plenaria della Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. Il tema della fase attuale di studio è il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa universale, con particolare riferimento al primo millennio della storia cristiana. L’obbedienza alla volontà del Signore Gesù, e la considerazione delle grandi sfide che oggi si presentano al cristianesimo, ci obbligano ad impegnarci seriamente nella causa del ristabilimento della piena comunione tra le Chiese. Esorto tutti a pregare intensamente per i lavori della Commissione e per un continuo sviluppo e consolidamento della pace e concordia tra i battezzati, affinché possiamo dare al mondo una testimonianza evangelica sempre più autentica.

* * *

Rivolgo ora un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare ai partecipanti al corso di Diritto Canonico promosso dalla Pontificia Università della Santa Croce, che sono venuti ad esprimere al Successore di Pietro sentimenti di affetto e di profonda comunione ecclesiale. Sono lieto di accogliere i religiosi Legionari di Cristo, giunti a Roma per iniziare gli studi filosofici e teologici; cari amici, nel rivolgervi i migliori auguri per il vostro impegno di studio, vi assicuro un particolare ricordo nella preghiera. Saluto il gruppo della Banca di Credito cooperativo, di Gatteo di Romagna, incoraggiando a testimoniare costantemente i valori umani e cristiani necessari per costruire una società realmente giusta e solidale.

Con speciale affetto il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati, ed agli sposi novelli. L’amicizia con Gesù, cari giovani, sia per voi fonte di gioia e motivo per compiere scelte impegnative. Questa amicizia, cari malati, vi rechi conforto nei momenti difficili ed infonda serenità al corpo ed allo spirito. Cari sposi, alla luce dell’amicizia con Gesù, impegnatevi a corrispondere alla vostra vocazione nell’amore reciproco, nell’apertura alla vita e nella testimonianza cristiana.


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martedì 21 settembre 2010

Ricordando Sandra Mondaini

Non posso non intervenire oggi, dopo aver appreso della scomparsa di Sandra Mondaini. Non intervengo perchè lei era famosa e quindi va ricordata. No, intervengo per il fulgido esempio che Sandra, insieme a Raimondo, sono stati in grado di dare: in televisione e fuori. Mai una parolaccia, mai uno scandalo: morale non era un optional, ma un valore. Ma il loro esempio non si ferma qui: sono stati testimonial per tantissimi anni, della ricerca contro il cancro. Hanno fatto di questa battaglia, una missione di vita perchè entrambi avevano provato la malattia e l'avevano sconfitta. Sandra, in particolare, è stata sempre prodiga di consigli per le donne, per evitare loro, di finire nella malattia senza accorgersene; invitava tutti alla prevenzione e ci teneva a diffondere il messaggio che il cancro era curabile e che non bisognava arrendersi. Queste le sue parole, alla conferenza della sua ultima fiction (Crociera Vianello, tra l'altro un film bello e piacevole, a dimostrazione di come il successo non dipenda dalle volgarità): "Per favore, lo scriva che non sto male per il cancro, perché il cancro si può curare. Ho questa malattia rara, ma non mi posso lamentare se penso a tanti giovani che soffrono. Io ho fatto la mia vita, ed è stata bellissima. Certo potrei andare avanti bene un altro po' ma purtroppo per i miei disturbi non si conosce la cura".

Purtroppo non ha resistito al dolore e la malattia ha fatto il resto: ci lascia, ma non dobbiamo essere tristi perchè la sua vita comincia adesso, sperando che il Signore la accolga insieme a Raimondo: cosa c'è di meglio dell'eternità per due anime che conoscono l'amore? Pensate che il Signore non li ha voluti nemmeno tenere lontani per tanto tempo: solo pochi mesi, giusto il tempo per preparare un posto anche per Sandra.

Insomma, Sandra ci mancherai, ma sappiamo che ora sei nel posto migliore, quello che ti sei meritata sopportando dolore e sofferenze e vivendo nell'amore verso il tuo compagno di vita, i tuoi figli adottivi e tutte le persone che ti hanno circondata di amore!

domenica 19 settembre 2010

Ad Caeli Reginam: la Dignità Regale della Santa Vergine Maria - Ultima parte

Torna l'appuntamento con l'Enciclica "Ad Caeli Reginam" di Papa Pio XII, con la quale viene riconosciuta la dignità regale di Maria. Ecco la parte conclusiva del nostro breve percorso:

IV


Dai monumenti dell'antichità cristiana, dalle preghiere della liturgia, dall'innata devozione del popolo cristiano, dalle opere d'arte, da ogni parte abbiamo raccolto espressioni e accenti; secondo i quali la vergine Madre di Dio primeggia per la sua dignità regale; e abbiamo anche mostrato che le ragioni, che la sacra teologia ha dedotto dal tesoro della fede divina, confermano pienamente questa verità. Di tante testimonianze riportate si forma un concerto, la cui eco risuona larghissimamente, per celebrare il sommo fastigio della dignità regale della Madre di Dio e degli uomini, la quale è stata «esaltata ai regni celesti, al di sopra dei cori angelici ».(53)

EssendoCi poi fatta la convinzione dopo mature ponderate riflessioni, che ne verranno grandi vantaggi alla chiesa se questa verità solidamente dimostrata risplenda più evidente davanti a tutti, quasi lucerna più luminosa sul suo candelabro, con la Nostra autorità apostolica, decretiamo e istituiamo la festa di Maria regina, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio. Ordiniamo ugualmente che indetto giorno sia rinnovata la consacrazione del genere umano al cuore immacolato della beata vergine Maria. In questo gesto infatti è riposta grande speranza che possa sorgere una nuova era, allietata dalla pace cristiana e dal trionfo della religione.

Procurino dunque tutti di avvicinarsi ora con maggior fiducia di prima, quanti ricorrono al trono di grazia e di misericordia della Regina e Madre nostra, per chiedere soccorso nelle avversità, luce nelle tenebre, conforto nel dolore e nel pianto, e, ciò che conta più di tutto, si sforzino di liberarsi dalla schiavitù del peccato, per poter presentare un ossequio immutabile, penetrato dalla fragrante devozione di figli, allo scettro regale di sì grande Madre. I suoi templi siano frequentati dalle folle dei fedeli, per celebrarne le feste; la pia corona del Rosario sia nelle mani di tutti per riunire insieme, nelle chiese, nelle case, negli ospedali, nelle carceri, sia i piccoli gruppi, sia le grandi adunanze di fedeli, a cantare le sue glorie. Sia in sommo onore il nome di Maria, più dolce del nettare, più prezioso di qualunque gemma; e nessuno osi pronunciare empie bestemmie, indice di animo corrotto, contro questo nome ornato di tanta maestà e venerando per la grazia materna; e neppure si osi mancare in qualche modo di rispetto ad esso.

Tutti si sforzino di imitare, con vigile e diligente cura, nei propri costumi e nella propria anima, le grandi virtù della Regina celeste e nostra Madre amantissima. Ne deriverà di conseguenza che i cristiani, venerando e imitando sì grande Regina e Madre, si sentano infine veramente fratelli, e, sprezzanti dell'invidia e degli smodati desideri delle ricchezze, promuovano l'amore sociale, rispettino i diritti dei poveri e amino la pace, Nessuno dunque si reputi figlio di Maria, degno di essere accolto sotto la sua potentissima tutela, se sull'esempio di lei non si dimostrerà mite, giusto e casto, contribuendo con amore alla vera fraternità, non ledendo e nuocendo, ma aiutando e confortando.

In molti paesi della terra vi sono persone ingiustamente perseguitate per la loro professione cristiana e private dei diritti umani e divini della libertà: per allontanare questi mali nulla valgono finora le giustificate richieste e le ripetute proteste. A questi figli innocenti e tormentati rivolga i suoi occhi di misericordia, che con la loro luce portano il sereno allontanando i nembi e le tempeste, la potente Signora delle cose e dei tempi, che sa placare le violenze con il suo piede verginale; e conceda anche a loro di poter presto godere della dovuta libertà per la pratica aperta dei doveri religiosi, sicché servendo la causa dell'evangelo, con opera concorde e con egregie virtù, che nelle asprezze rifulgono ad esempio, giovino anche alla solidità e al progresso della città terrena.

Pensiamo anche che la festa istituita con questa lettera enciclica, affinché tutti più chiaramente riconoscano e con più cura onorino il clemente e materno impero della Madre di Dio, possa contribuire assai a che si conservi, si consolidi e si renda perenne la pace dei popoli, minacciata quasi ogni giorno da avvenimenti pieni di ansietà. Non è ella l'arcobaleno posto sulle nubi verso Dio, come segno di pacifica alleanza? (cf. Gn 9, 13). «Mira l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto; esso è molto bello nel suo splendore, abbraccia il cielo nel suo cerchio radioso e le mani dell'Altissimo lo hanno teso» (Eccli 43, 12-13). Chiunque pertanto onora la Signora dei celesti e dei mortali - e nessuno si creda esente da questo tributo di riconoscenza e di amore - la invochi come regina potentissima, mediatrice di pace; rispetti e difenda la pace, che non è ingiustizia impunita né sfrenata licenza, ma è invece concordia bene ordinata sotto il segno e il comando della volontà di Dio: a fomentare e accrescere tale concordia spingono le materne esortazioni e gli ordini di Maria vergine.

Desiderando moltissimo che la Regina e Madre del popolo cristiano accolga questi Nostri voti e rallegri della sua pace le terre scosse dall'odio, e a noi tutti mostri, dopo questo esilio, Gesù, che sarà la nostra pace e la nostra gioia in eterno, a voi, venerabili fratelli, e ai vostri fedeli, impartiamo di cuore l'apostolica benedizione, come auspicio dell'aiuto di Dio onnipotente e in testimonianza del Nostro amore.

sabato 18 settembre 2010

Papa Benedetto XVI nell'Abbazia di Westminster

Come saprete, il Papa è in viaggio apostolico nel Regno Unito. Ci sono stati alcuni passi importanti di questo viaggio soprattutto in riferimento alla pedofilia, le cui vittime sono state equiparate a martiri. Ieri vi è stato anche un momento storico all'interno dell'Abbazia di Westminster ed è proprio il discorso in questa sede che oggi voglio proporvi perchè molto bello e interessante:
 

VIAGGIO APOSTOLICO NEL REGNO UNITO
(16-19 SETTEMBRE 2010)

PAROLE INTRODUTTIVE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
NELLA RECITA DEI VESPRI

Abbazia di Westminster - City of Westminster
Venerdì, 17 settembre 2010

Vostra Grazia,
Signor Decano,
Cari amici in Cristo,

vi ringrazio per il vostro gentile benvenuto. Questo nobile edificio ricorda la lunga storia dell’Inghilterra, così profondamente segnata dalla predicazione del Vangelo e dalla cultura cristiana dalla quale è nata. Vengo qui oggi come pellegrino da Roma per pregare davanti alla tomba di Sant’Edoardo il confessore ed unirmi a voi nell’implorare il dono dell’unità tra i cristiani. Che questi momenti di preghiera e fraternità ci confermino nell’amore per Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, e nella comune testimonianza del perenne potere che ha il Vangelo di illuminare il futuro di questa grande Nazione.

SALUTO DEL SANTO PADRE AL TERMINE DEI VESPRI


Cari amici in Cristo,

ringrazio il Signore per questa opportunità di unirmi a voi, rappresentanti delle confessioni cristiane presenti in Gran Bretagna, in questa magnifica Abbazia dedicata a San Pietro, la cui architettura e la cui storia parlano in maniera tanto eloquente della nostra comune eredità di fede. In questo luogo non possiamo non essere richiamati a come la fede cristiana abbia plasmato in modo così profondo l’unità e la cultura dell’Europa ed il cuore e lo spirito del popolo inglese. Qui, inoltre, siamo necessariamente richiamati al fatto che ciò che noi condividiamo in Cristo è più grande di ciò che continua a dividerci.

Sono grato a Sua Grazia l’Arcivescovo di Canterbury per il suo gentile saluto, così come al Decano e al Capitolo di questa venerabile Abbazia per il loro cordiale benvenuto. Ringrazio il Signore per avermi concesso, quale successore di san Pietro nella Sede di Roma, di compiere questo pellegrinaggio alla tomba di Sant’Edoardo il Confessore. Edoardo, re d’Inghilterra, rimane un modello di testimonianza cristiana ed un esempio di quella vera grandezza alla quale il Signore nelle Scritture chiama i suoi discepoli, come abbiamo appena ascoltato: la grandezza di un’umiltà e di un’obbedienza fondate sullo stesso esempio di Cristo (cfr Fil 2,6-8), la grandezza di una fedeltà che non esita ad abbracciare il mistero della Croce a motivo dell’amore per il divino Maestro e della sicura speranza nelle sue promesse (cfr Mc 10,43-44).

Quest’anno, come sappiamo, ricorre il centenario del movimento ecumenico moderno, che iniziò con l’appello della Conferenza di Edimburgo in favore dell’unità dei cristiani, come requisito previo per una credibile e convincente testimonianza del vangelo nel nostro tempo. Commemorando questo anniversario dobbiamo rendere grazie per i notevoli progressi compiuti verso questo nobile obiettivo tramite gli sforzi di cristiani impegnati di ogni confessione. Nel medesimo tempo, tuttavia, rimaniamo consapevoli che molto ancora rimane da fare. In un mondo segnato da una crescente interdipendenza e solidarietà, siamo sfidati a proclamare con rinnovata convinzione la realtà della nostra riconciliazione e liberazione in Cristo e a proporre la verità del Vangelo come la chiave di un autentico ed integrale sviluppo umano. In una società che è divenuta sempre più indifferente e persino ostile al messaggio cristiano, noi tutti siamo ancor più chiamati a dare una gioiosa e convincente testimonianza della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), e a presentare il Signore Risorto come la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Mentre entravamo in processione nel presbiterio, all’inizio di questa celebrazione, il coro ha cantato che Cristo è il nostro “sicuro fondamento”. Egli è l’Eterno Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, incarnato, come afferma il Credo, “per noi uomini e per la nostra salvezza”. Lui solo ha parole di vita eterna. In lui, come insegna l’Apostolo, “tutte le cose sussistono” … “poiché è piaciuto a Dio che abiti in lui tutta la pienezza” (Col 1,17.19).

Il nostro impegno per l’unità dei cristiani non ha altro fondamento che la nostra fede in Cristo, in questo Cristo, risorto da morte e assiso alla destra del Padre, che tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. È la realtà della persona di Cristo, la sua opera salvifica e soprattutto il fatto storico della sua risurrezione, che è il contenuto del kerygma apostolico e di quelle formule di fede che, a partire dal Nuovo Testamento stesso, hanno garantito l’integrità della sua trasmissione. L’unità della Chiesa, in una parola, non può mai essere altro che una unità nella fede apostolica, nella fede consegnata nel rito del Battesimo ad ogni nuovo membro del Corpo di Cristo. E’ questa fede che ci unisce al Signore, che ci fa partecipi del suo Santo Spirito e perciò, anche adesso, partecipi della vita della Santissima Trinità, il modello della koinonia della Chiesa qui sulla terra.

Cari amici, siamo tutti consapevoli delle sfide e delle benedizioni, delle delusioni e dei segni di speranza che hanno contraddistinto il nostro cammino ecumenico. Questa sera li affidiamo al Signore, fiduciosi nella sua provvidenza e nel potere della sua grazia. Sappiamo che la fraternità costruita, il dialogo iniziato e la speranza che ci guida, ci daranno la forza e indicheranno la direzione, mentre perseveriamo nel nostro cammino comune. Allo stesso tempo, con evangelico realismo, dobbiamo anche riconoscere le sfide che ci stanno davanti, non solamente sulla via dell’unità dei cristiani, ma anche nel nostro impegno di proclamare Cristo ai nostri giorni. La fedeltà alla parola di Dio, proprio perché è una parola vera, ci chiede una obbedienza che ci conduca insieme verso una più profonda comprensione della volontà del Signore, una obbedienza che deve essere libera dal conformismo intellettuale o dal facile adattamento allo spirito del tempo. Questa è la parola di incoraggiamento che desidero lasciarvi questa sera, e lo faccio in fedeltà al mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di San Pietro, incaricato di una cura particolare per l’unità del gregge di Cristo.

Riuniti in questa antica chiesa monastica, possiamo richiamare l’esempio di un grande Inglese e uomo di chiesa che onoriamo insieme: san Beda il Venerabile.

All’alba della nuova era nella vita della società e della Chiesa, Beda comprese sia l’importanza della fedeltà alla parola di Dio come trasmessa dalla tradizione apostolica, sia la necessità di un’apertura creativa ai nuovi sviluppi e alle esigenze di un adeguato radicamento del Vangelo nel linguaggio e nella cultura del suo tempo.

Questa nazione, e l’Europa che Beda e i suoi contemporanei hanno contribuito ad edificare, ancora una volta si trova alle soglie di una nuova epoca. Possa l’esempio di san Beda ispirare i cristiani di queste terre a riscoprire la loro comune eredità, a consolidare quello che hanno in comune e a continuare nel loro impegno per crescere in fraternità. Che il Signore Risorto rafforzi i nostri sforzi per riparare le divisioni del passato ed affrontare le sfide del presente con speranza verso il futuro che, Egli, nella sua provvidenza, riserva a noi e al nostro mondo. Amen.

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venerdì 17 settembre 2010

Imparando con le Lettere Apostoliche - Undicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Il cammino di oggi si sofferma ancora sugli ebrei invitando noi cristiani a non essere superbi e a ricordarci che anche loro saranno salvati così come noi siamo stati salvati nonostante la nostra disobbedienza!

Undicesima parte della Lettera di San Paolo apostolo ai Romani

11
 
 
1Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch'io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. 2Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio. O non sapete forse ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele?

3Signore, hanno ucciso i tuoi profeti,
hanno rovesciato i tuoi altari
e io sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita.
4Cosa gli risponde però la voce divina?

Mi sono riservato settemila uomini, quelli che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal.

5Così anche al presente c'è un resto, conforme a un'elezione per grazia. 6E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia.

7Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti, 8come sta scritto:

Dio ha dato loro uno spirito di torpore,
occhi per non vedere e orecchi per non sentire,
fino al giorno d'oggi.
9E Davide dice:

Diventi la lor mensa un laccio, un tranello
e un inciampo e serva loro di giusto castigo!
10Siano oscurati i loro occhi sì da non vedere,
e fa' loro curvare la schiena per sempre!


11Ora io domando: Forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta ai pagani, per suscitare la loro gelosia. 12Se pertanto la loro caduta è stata ricchezza del mondo e il loro fallimento ricchezza dei pagani, che cosa non sarà la loro partecipazione totale!

13Pertanto, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero, 14nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. 15Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti?

16Se le primizie sono sante, lo sarà anche tutta la pasta; se è santa la radice, lo saranno anche i rami. 17Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell'olivo, 18non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te.

19Dirai certamente: Ma i rami sono stati tagliati perché vi fossi innestato io! 20Bene; essi però sono stati tagliati a causa dell'infedeltà, mentre tu resti lì in ragione della fede. Non montare dunque in superbia, ma temi! 21Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te!

22Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso. 23Quanto a loro, se non persevereranno nell'infedeltà, saranno anch'essi innestati; Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo! 24Se tu infatti sei stato reciso dall'oleastro che eri secondo la tua natura e contro natura sei stato innestato su un olivo buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul proprio olivo!

25Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. 26Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:

Da Sion uscirà il liberatore,
egli toglierà le empietà da Giacobbe.
27Sarà questa la mia alleanza con loro
quando distruggerò i loro peccati.


28Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri, 29perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! 30Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, 31così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. 32Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!

33O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

34Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore?
O chi mai è stato suo consigliere?
35O chi gli ha dato qualcosa per primo,
sì che abbia a riceverne il contraccambio?


36Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

COMMENTO

L'altro giorno, parlando con un evangelico, ho saputo che vi è la credenza che i cristiani odiano gli ebrei e che seminano idee di odio nei loro confronti. Ovviamente si tratta di una sciocchezza al limite del diffamatorio. Lo scorso appuntamento avevamo visto il pregiudizio verso gli ebrei e avevamo visto come fosse sbagliato, anche alla luce delle considerazioni paoline.

Oggi, abbiamo un ulteriore conferma di questo pensiero e anzi muoviamo verso un livello superiore, cioè la salvezza per l'intero popolo di Israele. Il loro cuore, infatti, è stato indurito affinché non riconoscessero Gesù: ma questo è stato fatto perchè attraverso la loro caduta e il loro fallimento, Gesù ragigungesse il mondo intero, quello pagano che era devoto a dei ed idoli inesistenti. Pensandoci bene, cosa sarebbe accaduto se il popolo ebraico non avesse condannato Gesù? Non avremmo avuto la Passione e allo stesso tempo non avremmo avuto la Risurrezione di Gesù Cristo e quindi non avremmo avuto la salvezza eterna per tutti gli uomini del mondo!

Noi conosciamo Dio solo in parte: nessuno può dire di conoscere interamente Dio perchè la nostra intelligenza è limitata e non può certo indagare o scrutare la volontà di Dio: ma ancora una volta vediamo come ogni tassello sia posto al posto giusto. In questo caso, vediamo come il rifiuto ebraico abbia prodotto un frutto maggiore di quanto si possa immaginare! La loro recisione dall'albero santo ha condotto all'innesto di tutti noi su quell'albero! Ma attenzione! Perchè, come dice giustamente San Paolo, noi non solo non possiamo vantarci di questo innesto, ma dobbiamo essere attenti e prudenti per non essere anche noi recisi dall'Albero santo! Perchè la Giustizia di Dio non colpisce solo gli ebrei o chi non ha creduto in Lui, ma colpisce anche noi che ci perdiamo nella superbia di essere già salvi e al riparo da ogni conseguenza. Noi siamo innestati in virtù della fede, ma se perdiamo la fede come potremo restare rami dell'Albero santo?

L'ultimo pensiero di oggi è un incredibile capovolgimento del pensiero umano al punto che ci viene da chiederci come sia possibile. San Paolo, infatti, dice che gli ebrei e cioè l'intero popolo di Israele sarà salvato! Ed infatti, così come noi siamo stati salvati nonostante la nostra disobbedienza (ricordiamoci che eravamo un popolo di pagani che rendeva culto a statue e opere umane), allo stesso modo anche gli ebrei saranno salvati nonostante la loro forte disobbedienza. Come? Alla misericordia di Dio non vi possono essere posti dei limiti! "Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!"

Usare a tutti misericordia! Rendiamo lode a Dio perchè ha sempre agito per il bene del mondo, muovendosi a compassione e usando misericordia verso tutti i Suoi figli, dimenticandosi le disobbedienze e ricordandosi le Sue promesse! 

mercoledì 15 settembre 2010

Meditiamo Maria Addolorata

"E anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Luca 2,35b).

Con queste parole, Simeone preannunciò a Maria il dolore che avrebbe dovuto sopportare per il bene dell'umanità. Noi tendiamo a dare per scontato molte cose incluso il dolore patito da Gesù e da Maria. Quale madre vorrebbe vedere il figlio uscito dal proprio grembo, sacrificato su di una Croce? E quale madre troverebbe consolazione nel fatto che tale sacrificio è per il bene del mondo, soprattutto quando il mondo sembra malvagio?

A queste domande dobbiamo rispondere per capire il senso di questa ricorrenza odierna che segue la festa dell'Esaltazione della Croce. Tra ieri e oggi abbiamo visto il sacrificio di Gesù, il dolore, la morte, la sofferenza e le lacrime. Perchè tutto questo? Per farci capire il senso del sacrificio, del dolore, della morte e della sofferenza nonché delle lacrime. Il sacrificio così come il dolore e la sofferenza sono sensazioni che ci portano in comunione con Cristo proprio perchè Lui le ha provate direttamente. Era necessario che avvenisse questo per adempiere le Scritture e perchè l'uomo vedesse finalmente la speranza, la luce in un mondo circondato e dominato dalle tenebre.
Maria ha sempre sofferto anche perchè Gesù non era proprio il tipo di figlio che poteva pensare alla vita terrena invece che all'eredità. Pensiamo a molti madri di oggi: quando un figlio dichiara di voler intraprendere la strada del sacerdozio o della vita religiosa, come reagisce? Non bene nella maggior parte dei casi proprio perchè non capisce. Una madre vorrebbe vedere il proprio figlio sposarsi, costruirsi una famiglia ed un futuro. E' naturale che sia così. Però questo è un pensiero terreno che non tiene in debito conto ciò che conta realmente. Maria ha accettato tutto perchè sapeva che Gesù era la salvezza del mondo: di certo non poteva opporsi ad un simile disegno e non poteva opporsi nemmeno al fatto che Gesù l'avrebbe lasciata per la predicazione. Così, la madre di oggi dovrebbe capire che una scelta compiuta in nome della fede, è una scelta che va compresa, accettata e custodita nel proprio cuore: non va assolutamente ostacolata perchè significa ostacolare il progetto di Dio.

Qual è dunque il ruolo di Maria in tutto questo? Si ferma all'esempio? No, Maria non è solo un esempio per tutte la mamme del mondo. Maria è colei che è stata sempre presente nei momenti cruciali di Gesù: ovviamente c'era alla Nascita, c'era quando Gesù si è rifugiato in Egitto; c'era quando Gesù venne presentato al tempio (dove si soffermò a parlare con i dottori mentre i genitori lo cercavano ovunque); c'era al primo miracolo di Gesù narrato cioè quello delle nozze di Cana; c'era durante la predicazione di Gesù; c'era infine alla Morte ed infine alla Resurrezione di Gesù! Quindi, Maria ha provato su di sé la gioia e il dolore di Gesù. Quella spada che ha trafitto la sua anima non è minore alla lancia che ha trafitto il costato di Gesù. Le lacrime che hanno terso il suo viso sono simili alle lacrime versate da Gesù nel Getsemani. Maria e Gesù sono in pratica legati in maniera particolare: tutto ciò che prova Gesù, lo prova anche Maria. E persino l'ultimo pensiero terreno di Gesù è per Maria, quando provvede alla sua adozione come madre dell'uomo.

Il dolore di Maria ci serva dunque a farci comprendere che attraverso il dolore, la sofferenza e le lacrime vi è la porta stretta che conduce alla vita. Gesù ci ha mostrato la via e come? L'ha mostrata versando il Suo stesso Sangue fino all'ultima goccia. L'ha mostrata donando tutto il Suo Corpo per noi. Le Sue piaghe stanno lì a testimonianza dell'obbedienza completa al Padre e tutto questo ci deve servire anche per ripensare e per dare un senso nuovo alla sofferenza e al dolore, e quindi alle croci quotidiane della nostra vita. Ogni goccia di sudore che versiamo, ogni lacrima che terge il nostro viso, ogni sofferenza fisica o spirituale è comunione con Cristo: nulla del nostro dolore è invano, ma è attraverso di esso che giungeremo alla meta promessa. Infatti, il dolore che proviamo oggi è nulla in confronto alla gioia eterna e alla felicità che proveremo nel Regno di Dio e finalmente smetteremo di soffrire.

Se dunque non vogliamo che Gesù soffra ancora e così anche Maria, allora smettiamo di prendercela con Loro: smettiamola di accusare Loro del male che ci colpisce; smettiamola di vivere la nostra vita nell'egoismo; smettiamola di cercare solo e sempre una vita migliore perchè vita migliore è solo Cristo; smettiamola sopratutto di bestemmiare il Loro nome perchè è terribile che il Sacrificio di Gesù venga deriso e calunniato.
Meditiamo Maria addolorata per comprendere appieno cosa significa provare dolore dinanzi alla Croce e al Sacrificio di Gesù Cristo.

martedì 14 settembre 2010

Omelia di Giovanni Paolo II - Messa dell'Esaltazione della Santa Croce

Come avrete notato, ho molte volte dato spazio alle omelie del venerabile Giovanni Paolo II. Il motivo è perchè tutto noi conosciamo il suo alto valore e quindi tutti noi possiamo imparare dalle sue parole. Oggi, in occasione dell'Esaltazione della Santa Croce, ecco le parole pronunciate dal nostro amato Wojtyla, durante la medesima ricorrenza nel lontano 1984:

MESSA DELLA ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Central Commons (Halifax)
Venerdì, 14 settembre 1984

Ti adoriamo o Cristo e ti lodiamo,
perché con la tua croce hai redento il mondo. Alleluia.

Cari fratelli e sorelle.

1. Come rappresentanti del popolo di Dio nell’arcidiocesi di Halifax, di Cap Breton, di tutta la Nuova Scozia e dell’Isola Principe Edward, siete riuniti in questa acclamazione della liturgia con l’arcivescovo Hayes, con gli altri vescovi e con la Chiesa in tutto il mondo. La Chiesa cattolica celebra oggi la festa dell’Esaltazione della croce di Cristo. Come il Cristo crocifisso è innalzato dalla fede nei cuori di tutti coloro che credono, così egli innalza quegli stessi cuori con una speranza che non può essere distrutta. Poiché la croce è il segno della redenzione, e nella redenzione è contenuta la promessa della risurrezione e l’inizio della nuova vita: l’elevazione dei cuori umani.

All’inizio del mio ufficio nella sede di san Pietro ho cercato di proclamare questa verità con l’enciclica Redemptor Hominis. In questa stessa verità desidero oggi essere unito a tutti voi nell’adorazione della croce di Cristo:

“Non dimenticate le opere di Dio” (cf. Sal 78, 7).

2. Per conformarci all’acclamazione dell’odierna liturgia, seguiamo attentamente il sentiero tracciato da queste sante parole nelle quali ci viene annunciato il mistero dell’Esaltazione della croce.

In primo luogo, in queste parole è contenuto il significato del Vecchio Testamento. Secondo sant’Agostino, il Vecchio Testamento contiene ciò che è pienamente rivelato nel nuovo. Qui abbiamo l’immagine del serpente di bronzo al quale si riferì Gesù nella sua conversazione con Nicodemo. Il Signore stesso ha rivelato il significato di quest’immagine dicendo: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 14-15).

Durante il cammino del popolo di Israele dall’Egitto alla Terra Promessa - poiché la gente si lamentava - Dio mandò un’invasione di serpenti velenosi a causa della quale molti perirono. Quando i sopravvissuti compresero la loro colpa chiesero a Mosè di intercedere presso Dio: “Prega il Signore che allontani da noi questi serpenti” (Nm 21, 7).

Mosè pregò e ricevette dal Signore quest’ordine: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta. Chiunque dopo essere stato morso lo guarderà, resterà in vita” (Nm 21, 8). Mosè obbedì all’ordine. Il serpente di bronzo posto sull’asta rappresentò la salvezza dalla morte per tutti coloro che venivano morsi dai serpenti.

Nel libro della Genesi il serpente era il simbolo dello spirito del male. Ma adesso, per una sorprendente inversione, il serpente di bronzo issato nel deserto diventa una raffigurazione del Cristo, issato sulla croce.

La festa dell’Esaltazione della croce richiama alle nostre menti e, in un certo senso, rende attuale, l’elevazione di Cristo sulla croce. La festa è l’elevazione del Cristo redentore: chiunque crede nel Cristo crocifisso avrà la vita eterna.

L’elevazione di Cristo sulla croce costituisce l’inizio dell’elevazione dell’umanità attraverso la croce. E il compimento ultimo dell’elevazione è la vita eterna.

3. Questo evento del Vecchio Testamento è richiamato nel tema centrale del Vangelo di san Giovanni.

Perché la croce e il Cristo crocifisso sono la porta alla vita eterna?

Perché in lui - nel Cristo crocifisso - è manifestato nella sua pienezza l’amore di Dio per il mondo, per l’uomo.

Nella stessa conversazione con Nicodemo Cristo dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui (Gv 3, 16-17).

La salvezza del Figlio di Dio attraverso l’elevazione sulla croce ha la sua sorgente eterna nell’amore. È l’amore del Padre che manda il Figlio; egli offre suo Figlio per la salvezza del mondo. Nello stesso tempo è l’amore del Figlio il quale non “giudica” il mondo, ma sacrifica se stesso per l’amore verso il Padre e per la salvezza del mondo. Dando se stesso al Padre per mezzo del sacrificio della croce egli offre al contempo se stesso al mondo: ad ogni singola persona e all’umanità intera.

La croce contiene in sé il mistero della salvezza, perché nella croce l’amore viene innalzato. Questo significa l’elevazione dell’amore al punto supremo nella storia del mondo: nella croce l’amore è sublimato e la croce è allo stesso tempo sublimata attraverso l’amore. E dall’altezza della croce l’amore discende a noi. Sì: “La croce è il più profondo chinarsi della divinità sull’uomo. La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo” (Ioannis Pauli PP. II, Dives in Misericordia, 8).

4. All’avvento del Vangelo di Giovanni la liturgia della festa di oggi aggiunge la presentazione fatta da Paolo nella sua lettera ai Filippesi. L’apostolo parla di uno svuotamento di Cristo attraverso la croce; e allo stesso tempo dell’elevazione di Cristo al di sopra di tutte le cose; e anche questo ha avuto il suo inizio nella stessa croce:

“Gesù Cristo . . . spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini, e apparso in forma umana, umiliò se stesso ancora di più facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 6-11).

La croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo. Agli occhi del popolo di quel tempo costituiva il segno di una morte infamante. Solo gli schiavi potevano essere puniti con una morte simile, non gli uomini liberi. Cristo, invece, accetta volentieri questa morte, la morte sulla croce. Eppure questa morte diviene il principio della risurrezione. Nella risurrezione il servo crocifisso di Jahvè viene innalzato: egli viene innalzato su tutto il creato.

Nello stesso tempo anche la croce è innalzata. Essa cessa di essere il segno di una morte infamante e diventa il segno della risurrezione, cioè della vita. Attraverso il segno della croce, non è il servo o lo schiavo che parla, ma il Signore di tutta la creazione.

5. Questi tre elementi dell’odierna liturgia, il Vecchio Testamento, l’inno cristologico di Paolo e il Vangelo di Giovanni, formano assieme la grande ricchezza del mistero del trionfo della croce.

Trovandoci immersi in questo mistero con la Chiesa, che attraverso il mondo celebra oggi l’Esaltazione della santa croce, desidero dividere con voi, in una maniera speciale, le sue ricchezze, cari fratelli e sorelle dell’arcidiocesi di Halifax, caro popolo della Nuova Scozia, dell’Isola Edward e di tutto il Canada.

Sì, desidero dividere con voi tutte le ricchezze di quella croce santa - che, quale stendardo di salvezza - fu piantata sul vostro suolo 450 anni fa. Da allora la croce ha trionfato in questa terra e, attraverso la collaborazione di migliaia di canadesi, il messaggio di liberazione e di salvezza della croce, è stato diffuso ai confini della terra.

6. Nello stesso tempo desidero rendere omaggio al contributo missionario dei figli e delle figlie del Canada che hanno dato la loro vita così “perché la parola del Signore si diffonda, e sia glorificata come lo è anche tra voi” (2 Ts 3,1). Rendo omaggio alla fede e all’amore che li ha motivati, e al potere della croce che ha dato loro la forza di andare avanti ed eseguire il comando di Cristo: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 20).

E nel rendere omaggio ai vostri missionari, rendo parimenti omaggio alle comunità sparse per il mondo che hanno accolto il loro messaggio e segnato le loro tombe con la croce di Cristo. La Chiesa è grata per l’ospitalità loro concessa di un luogo di sepoltura, da dove essi attendono la definitiva esaltazione della croce santa nella gloria della risurrezione e della vita eterna.

Esprimo profonda gratitudine per lo zelo che ha caratterizzato la Chiesa in Canada e vi ringrazio per le preghiere, i contributi e le varie attività attraverso le quali voi sorreggete la causa missionaria. In particolare vi ringrazio per la vostra generosità verso la missione di aiuto delle società da parte della Santa Sede.

7. L’evangelizzazione resta per sempre il sacro retaggio del Canada, che vanta realmente una storia gloriosa dell’attività missionaria in patria e all’estero. L’evangelizzazione deve continuare ad essere esercitata attraverso l’impegno personale, predicando la speranza nelle promesse di Gesù e con la proclamazione dell’amore fraterno. Sarà sempre connessa con l’impianto e l’edificazione della Chiesa e avrà una profonda relazione con lo sviluppo e la libertà come espressione del progresso umano. Al centro di questo messaggio, tuttavia, c’è un’esplicita proclamazione di salvezza in Gesù Cristo, quella salvezza determinata dalla croce. Ecco le parole di Paolo VI: “L’evangelizzazione conterrà sempre - anche come base, centro e insieme vertice del suo dinamismo - una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto, la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio stesso” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 27).

La Chiesa in Canada sarà se stessa se proclamerà fra tutti i suoi membri, con parole e fatti, l’esaltazione della croce, e sempre che, in patria e all’estero, essa sia una Chiesa evangelizzante.

Anche se queste parole vengono da me, c’è un altro che parla ovunque ai cuori dei giovani. È lo stesso Spirito Santo, ed è lui che fa pressione su ciascuno di noi, come membro di Cristo, per indurci ad abbracciare e a portare la buona novella dell’amore di Dio. Ma ad alcuni lo Spirito Santo sta proponendo il comando di Gesù nella sua forma specifica missionaria: andate a reclutare discepoli di tutte le nazioni. Dinanzi alla Chiesa intera, io, Giovanni Paolo II, proclamo ancora una volta l’assoluto valore della vocazione missionaria. E assicuro tutti i chiamati alla vita ecclesiastica e religiosa che nostro Signore Gesù Cristo è pronto ad accettare e rendere fruttuoso il sacrificio speciale delle loro vite, nel celibato, per l’esaltazione della croce.

8. Oggi la Chiesa, annunciando il Vangelo, rivive in un certo qual modo tutto il periodo che ha inizio il mercoledì delle Ceneri, raggiunge il suo apice durante la Settimana Santa e a Pasqua e prosegue nelle settimane successive fino alla Pentecoste. La festa dell’Esaltazione della santa croce è come il compendio di tutto il mistero pasquale di nostro Signore Gesù Cristo.

La croce è gloriosa perché su di essa il Cristo si è innalzato. Attraverso di essa, il Cristo ha innalzato l’uomo. Sulla croce ogni uomo è veramente elevato alla sua piena dignità, alla dignità del suo fine ultimo in Dio.

Attraverso la croce, inoltre, è rivelata la potenza dell’amore che eleva l’uomo, che lo esalta.

Veramente tutto il disegno di Dio sulla vita cristiana è condensato qui in un modo meraviglioso: il disegno di Dio e il suo senso! Diamo la nostra adesione al disegno di Dio e al suo senso! Ritroviamo il posto della croce nella nostra vita e nella nostra società.

Parliamo della croce in modo particolare a tutti coloro che soffrono, e trasmettiamo il suo messaggio di speranza ai giovani. Continuiamo a proclamare fino ai confini della terra il suo potere salvifico: “Exaltatio Crucis!”: la gloria della santa croce!

Fratelli e sorelle: “Non dimenticate mai le opere del Signore”! Amen.

© Copyright 1984 - Libreria Editrice Vaticana


domenica 12 settembre 2010

Ad Caeli Reginam: la Dignità Regale della Santa Vergine Maria

Torna l'appuntamento con l'Enciclica "Ad Caeli Reginam" di Papa Pio XII, con la quale viene riconosciuta la dignità regale di Maria.

III


Come abbiamo sopra accennato, venerabili fratelli, l'argomento principale, su cui si fonda la dignità regale di Maria, già evidente nei testi della tradizione antica e nella sacra liturgia, è senza alcun dubbio la sua divina maternità. Nelle sacre Scritture infatti, del Figlio, che sarà partorito dalla Vergine, si afferma: «Sarà chiamato Figlio dell'Altissimo e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; e regnerà nella casa di Giacobbe eternamente e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 32-33); e inoltre Maria è proclamata «Madre del Signore» (Lc 1, 43). Ne segue logicamente che ella stessa è Regina, avendo dato la vita a un Figlio; che nel medesimo istante del concepimento, anche come uomo, era re e signore di tutte le cose, per l'unione ipostatica della natura umana col Verbo. San Giovanni Damasceno scrive dunque a buon diritto: «È veramente diventata la Signora di tutta la creazione, nel momento in cui divenne Madre del Creatore»(36) e lo stesso arcangelo Gabriele può dirsi il primo araldo della dignità regale di Maria.

Tuttavia la beatissima Vergine si deve proclamare regina non soltanto per la maternità divina, ma anche per la parte singolare che, per volontà di Dio, ebbe nell'opera della nostra salvezza eterna. «Quale pensiero - scrive il Nostro predecessore di felice memoria Pio XI - potremmo avere più dolce e soave di questo, che Cristo è nostro re non solo per diritto nativo, ma anche per diritto acquisito e cioè per la redenzione? Ripensino tutti gli uomini dimentichi quanto costammo al nostro Salvatore: "Non siete stati redenti con oro o argento, beni corruttibili, ... ma col sangue prezioso di Cristo, agnello immacolato e incontaminato" (1 Pt 1;18-19). Non apparteniamo dunque a noi stessi, perché "Cristo a caro prezzo" (1 Cor 6, 20) ci ha comprati».(37)

Ora nel compimento dell'opera di redenzione Maria santissima fu certo strettamente associata a Cristo, onde giustamente si canta nella sacra liturgia: «Santa Maria, regina del cielo e signora del mondo, affranta dal dolore, se ne stava in piedi presso la croce del Signore nostro Gesù Cristo».(38) E un piissimo discepolo di sant'Anselmo poteva scrivere nel medioevo: «Come ... Dio, creando tutte le cose nella sua potenza, è padre e signore di tutto, così Maria, riparando tutte le cose con i suoi meriti, è la madre e la signora di tutto: Dio è signore di tutte le cose, perché le ha costituite nella loro propria natura con il suo comando, e Maria è signora di tutte le cose, riportandole alla loro originale dignità con la grazia che ella meritò».(39) Infatti: «Come Cristo per il titolo particolare della redenzione è nostro signore e nostro re, così anche la Vergine beata (è nostra signora) per il singolare concorso prestato alla nostra redenzione, somministrando la sua sostanza e offrendola volontariamente per noi, desiderando, chiedendo e procurando in modo singolare la nostra salvezza».(40)

Da queste premesse si può così argomentare: se Maria, nell'opera della salute spirituale, per volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e in maniera simile a quella con cui Eva fu associata ad Adamo, principio di morte, sicché si può affermare che la nostra redenzione si compì se­condo una certa «ricapitolazione»,(41) per cui il genere umano, assoggettato alla morte, per causa di una vergine, si salva anche per mezzo di una Vergine; se inoltre si può dire che questa gloriosissima Signora venne scelta a Madre di Cristo proprio «per essere a lui associata nella redenzione del genere umano»(42) e se realmente «fu lei, che esente da ogni colpa personale o ereditaria, strettissimamente sempre unita al suo Figlio, lo ha offerto sul Golgota all'eterno Padre sacrificando insieme l'amore e i diritti materni, quale nuova Eva, per tutta la posterità di Adamo, macchiata dalla sua caduta miseranda»;(43) se ne potrà legittimamente concludere che, come Cristo, il nuovo Adamo, è nostro re non solo perché Figlio di Dio, ma anche perché nostro redentore, così, secondo una certa analogia, si può affermare parimenti che la beatissima Vergine è regina, non solo perché Madre di Dio, ma anche perché quale nuova Eva è stata associata al nuovo Adamo.

È certo che in senso pieno, proprio e assoluto, soltanto Gesù Cristo, Dio e uomo, è re; tuttavia, anche Maria, sia come madre di Cristo Dio, sia come socia nell'opera del divin Redentore, e nella lotta con i nemici e nel trionfo ottenuto su tutti, ne partecipa la dignità regale, sia pure in maniera limitata e analogica. Infatti da questa unione con Cristo re deriva a lei tale splendida sublimità, da superare l'eccellenza di tutte le cose create: da questa stessa unione con Cristo nasce quella regale potenza, per cui ella può dispensare i tesori del regno del divin redentore; infine dalla stessa unione con Cristo ha origine l'inesauribile efficacia della sua materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.

Nessun dubbio pertanto che Maria santissima sopravanzi in dignità tutta la creazione e abbia su tutti il primato, dopo il suo Figliuolo. «Tu infine - canta san Sofronio - hai di gran lunga sopravanzato ogni creatura. ... Che cosa può esistere di più sublime di tale gioia, o Vergine Madre? Che cosa può esistere di più elevato di tale grazia, che per volontà divina tu sola hai avuto in sorte?».(44) E va ancora più oltre nella lode san Germano: «La tua onorifica dignità ti pone al di sopra di tutta la creazione: la tua sublimità ti fa superiore agli angeli».(45) San Giovanni Damasceno poi giunge a scrivere la seguente espressione: «È infinita la differenza tra i servi di Dio e la sua Madre».(46)

Per aiutarci a comprendere la sublime dignità che la Madre di Dio ha raggiunto al di sopra di tutte le creature, possiamo ripensare che la santissima Vergine, fin dal primo istante del suo concepimento, fu ricolma di tale abbondanza di grazie da superare la grazia di tutti i santi. Onde - come scrisse il Nostro predecessore Pio XI di fel. mem. nella lettera apostolica Ineffabilis Deus - «ha con tanta munificenza arricchito Maria con l'abbondanza di doni celesti, tratti dal tesoro della divinità, di gran lunga al di sopra degli angeli e di tutti i santi, che ella, del tutto immune da ogni macchia di peccato, in tutta la sua bellezza e perfezione, avesse tale pienezza d'innocenza e di santità che non se ne può pensare una più grande al di sotto di Dio e che all'infuori di Dio nessuno riuscirà mai a comprendere».(47)

Inoltre la beata Vergine non ha avuto soltanto il supremo grado, dopo Cristo, dell'eccellenza e della perfezione, ma anche una partecipazione di quell'influsso, con cui il suo Figlio e Redentore nostro giustamente si dice che regna sulla mente e sulla volontà degli uomini. Se infatti il Verbo opera i miracoli e infonde la grazia per mezzo dell'umanità che ha assunto, se si serve dei sacramenti dei suoi santi come di strumenti per la salvezza delle anime, perché non può servirsi dell'ufficio e dell'opera della Madre sua santissima per distribuire a noi i frutti della redenzione? «Con animo veramente materno - così dice lo stesso predecessore Nostro Pio IX di imm. mem. - trattando l'affare della nostra salute ella è sollecita di tutto il genere umano, essendo costituita dal Signore regina del cielo e della terra ed esaltata sopra tutti i cori degli angeli e sopra tutti i gradi dei santi in cielo, stando alla destra del suo unigenito Figlio; Gesù Cristo, Signore nostro, con le sue materne suppliche impetra efficacissimamente, ottiene quanto chiede, né può rimanere inesaudita».(48) A questo proposito l'altro predecessore Nostro di fel. mem., Leone XIII, dichiarò che alla beata vergine Maria è stato concesso un potere «quasi immenso» nell'elargizione delle grazie;(49) e san Pio X aggiunge che Maria compie questo suo ufficio «come per diritto materno».(50)

Godano dunque tutti i fedeli cristiani di sottomettersi all'impero della vergine Madre di Dio, la quale, mentre dispone di un potere regale, arde di materno amore.

Però in queste e altre questioni, che riguardano la beata Vergine, i teologi e i predicatori della divina parola abbiano cura di evitare certe deviazioni per non cadere in un doppio errore; si guardino cioè da opinioni prive di fondamento e che con espressioni esagerate oltrepassano i limiti del vero; e dall'altra parte si guardino pure da un'eccessiva ristrettezza di mente nel considerare quella singolare, sublime, anzi quasi divina dignità della Madre di Dio, che il dottore angelico ci insegna ad attribuirle «per ragione del bene infinito, che è Dio».(51)

Del resto, in questo, come in altri campi della dottrina cristiana, «la norma prossima e universale» è per tutti il magistero vivo della chiesa, che Cristo ha costituito «anche per illustrare e spiegare quelle cose, che nel deposito della fede sono contenute solo oscuramente e quasi implicitamente».


venerdì 10 settembre 2010

Imparando con le Lettere Apostoliche - Decimo appuntamento

 Torna l'appuntamento settimanale con "Imparando con le Lettere Apostoliche". Il cammino di oggi si sofferma sugli ebrei che non hanno saputo riconoscere il messaggio di Dio e su due pilastri della nostra fede: la morte e l'ascensione di Gesù Cristo!

Decima parte della Lettera di San Paolo apostolo ai Romani

10

1Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza. 2Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza; 3poiché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. 4Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede.

5Mosè infatti descrive la giustizia che viene dalla legge così: L'uomo che la pratica vivrà per essa. 6Invece la giustizia che viene dalla fede parla così: Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? Questo significa farne discendere Cristo; 7oppure: Chi discenderà nell'abisso? Questo significa far risalire Cristo dai morti. 8Che dice dunque? Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. 9Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. 10Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. 11Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. 12Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano. 13Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.

14Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? 15E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!

16Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? 17La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo. 18Ora io dico: Non hanno forse udito? Tutt'altro:

per tutta la terra è corsa la loro voce,
e fino ai confini del mondo le loro parole.


19E dico ancora: Forse Israele non ha compreso? Già per primo Mosè dice:

Io vi renderò gelosi di un popolo che non è popolo;
contro una nazione senza intelligenza
susciterò il vostro sdegno.

20Isaia poi arriva fino ad affermare:

Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano,
mi sono manifestato a quelli che non si rivolgevano a me,
21mentre di Israele dice: Tutto il giorno ho steso le mani verso un popolo disobbediente e ribelle!


COMMENTO

Ancora una volta, San Paolo si sofferma sugli ebrei, chiamandoli fratelli. Permettetemi di soffermarmi su questo piccolo passo. E' importante che venga stabilito da San Paolo che gli ebrei sono fratelli nonostante abbiano perso la bussola che è data dalla conoscenza di Gesù Cristo. Egli prega per loro e per la loro salvezza e li apprezza per lo zelo che essi hanno nei riguardi di Dio. Oggi, purtroppo, idee malsane circolano circa gli ebrei che vengono considerati come progenie del demonio e come responsabili di ogni cosa brutta di questo mondo. E queste idee non sono atee, ma derivano (e questo mi dispiace molto) anche da cristiani i quali pensano che gli ebrei debbano pagare per aver ucciso Gesù e per aver progettato la fine del mondo. Queste sciocchezze vengono smentite non solo dalla Bibbia, ma anche dagli insegnamenti della Chiesa Cattolica e se avevamo qualche dubbio, oggi San Paolo lo elimina, chiamando comunque fratelli, coloro che appartengono, pur sempre, al popolo di Dio.

In realtà questo è un tema delicato fondato sul fatto che gli ebrei non hanno saputo riconoscere Gesù nemmeno attraverso le parole dei profeti. Per chi ci segue attentamente, abbiamo visto nei salmi di David che lo Spirito Santo aveva già annunciato l'avvenuta del Messia che in tutto e per tutto rappresenta proprio Gesù. E San Paolo oggi richiama persino Mosè e profeti di notevole importanza come Isaia. Il loro è stato un annuncio unanime non solo della Venuta del Messia, ma anche dell'universalizzazione del messaggio di Dio che avrebbe raggiunto le genti di ogni terra, persino coloro che non avevano mai invocato il nome di Dio. In quest'annuncio è incluso anche il fatto che gli ebrei, pur avendo avuto un contatto diretto con Dio per secoli interi, essi non sono riusciti a captare il Suo messaggio di salvezza al punto che Dio è stato trovato da chi non lo cercava ed è stato perso da chi lo ha avuto sempre al proprio fianco. Questo è il paradosso della vicenda ebraica: l'aver avuto Dio sempre accanto e non esser riusciti a comprendere il Suo progetto di salvezza per il mondo intero. Ma, escluso questo, nessuno può permettersi di emanare sentenze su di loro poiché essi sono pur sempre nostri fratelli che servono Dio con zelo e puntualità: nostro compito è seguire ciò che ha detto San Paolo e cioè pregare per la loro salvezza.

Ma questo passo non si esaurisce qui: in realtà esprime due punti essenziali su cui si basa la nostra fede, cioè la fede cristiana: la morte e l'ascensione di Gesù. Gesù è infatti morto ed è sceso negli inferi così come il Vangelo lo ha descritto. Ma poi, dopo la Resurrezione dai morti, Gesù è salito al Cielo per sedere alla Destra del Padre. Chi pone il dubbio sul Paradiso o chi pone dubbio sull'Inferno, pone il dubbio su Gesù stesso e sulla sua morte e Resurrezione. Oggi, purtroppo, ascoltiamo molti cristiani mettere in dubbio l'esistenza dell'Inferno e questo è grave: significa non avere fede in Gesù e non credere nel Suo percorso di salvezza dell'umanità. Per questo, San Paolo espone questi pensieri perchè il dubbio sull'Inferno (sul Paradiso il dubbio è minore, e forse riguarda più l'inganno del fatto che tutti vi possono accedere indipendentemente da tutto.) è diffuso tra i cristiani, non solo dell'epoca, ma di tutte le generazioni. Aver fede significa questo: "Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo". Giustizia e salvezza derivano da questo enunciato poiché esso richiama non solo la bocca che lo pronuncia, ma anche il cuore che lo concepisce.